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Porto Ercole, il primo maggio riapre Forte Stella
Da lextra.news del 30 aprile 2023

Apre i battenti lunedì 1° maggio Forte Stella a Porto Ercole, sono stati infatti espletati tutti gli adempimenti relativi all’indagine di mercato che ha portato all’affidamento della gestione della struttura fino al 31 dicembre 2023.

A curare l’apertura e gli altri servizi che il forte offre a turisti e residenti sarà la Pro Loco di Porto Ercole.

La più originale tra le fortificazioni dell’Argentario, costruita a metà del XVI secolo, dall’armonica forma di stella a sei punte, collocata tra la folta macchia mediterrana a dominare il mare si potrà dunque visitare dal 1° maggio al 30 giugno 2023 nei seguenti orari sabato – domenica ed altri festivi 10:30 – 12:30 e 16:00 – 18:00 ; dal 1° luglio al 31 agosto tutti i giorni dalle ore 17.00 alle 21.00 – dal 1° al 30 settembre tutti i giorni dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 16 alle 18

 

Un forte militare diventa un luogo di accoglienza e formazione
Da fulldassi.it del 30 aprile 2023

Di Maria Teresa Biscarini

Casa famiglia e supporto per maternità difficili e stati di emergenza. “Una struttura nata per la Guerra che diventa luogo di Pace dove offrire spazi per l’Aiuto, l’Accoglienza e la Formazione, restituendo alla memoria storica e alla fruizione sociale, un bene altrimenti destinato alla rovina e alla perdita”.

Questo quanto si legge all’interno della pagina web dell’associazione di volontariato La Piuma. Di cosa si sta parlando nello specifico? Forti/e insieme!!!” è il nome del progetto che La Piuma dedica al recupero del Forte Tenaglie. Infatti “solo insieme si è forti, solo insieme ha senso il Forte” tengono a precisare le persone che si stanno dando da fare all’interno de “La Piuma”. Un luogo che diventa dunque occasione e strumento di aiuto, di accoglienza e di formazione.

La location è quanto mai suggestiva all’interno dello straordinario contesto di Forte Tenaglie, sulle immediate alture di Genova. Una realtà più unica che rara che un Forte della cinta muraria venga concesso e restituito alla città, per la realizzazione dei più svariati progetti. Tra le varie attività messe in campo la ristrutturazione di una ex caserma e della Casa del Telegrafo. Interventi di ristrutturazione che oggi, stando a quanto riferisce la testata “Italia che cambia”, consentono ora di ospitare nei locali persone per una casa famiglia, per l’espletamento di attività sociali. In dirittura di arrivo anche degli appartamenti per accoglienze di maternità difficili e situazioni emergenziali. Per essere sempre aggiornati sulle attività promosse all’interno del Forte Tenaglie.

 

I bunker privati hanno i giorni contati in Svizzera? Forse non ancora
Da bluewin.ch del 29 aprile 2023

I rifugi nel seminterrato della propria abitazione sembrano avere i giorni contati. O forse non ancora? Quello che è certo è che non ci saranno nuovi bunker a breve. E sia che se ne costruisca uno nuovo o che si mantenga quello vecchio sarà comunque costoso.

Di Stefan Michele

Ogni persona in Svizzera può trovare posto in un rifugio in caso di emergenza. La Confederazione sotterranea è figlia della Guerra Fredda e quasi unica al mondo.

La professoressa di storia bernese Silvia Berger Ziaouddin ha detto: «Il concetto di bunker ottimizzato per la protezione civile ha consolidato la convinzione che la sicurezza e la sopravvivenza fossero possibili anche in caso di apocalisse nucleare. Nel nostro Paese ciò ha portato a un impiego di risorse finanziarie e di cemento senza precedenti in tutto il mondo».

Questa mentalità da bunker viene da sempre ridicolizzata. Friedrich Dürrenmatt scrisse: «Lo svizzero è una creatura antidiluviana in attesa del diluvio».

Ma ora sembra che qualcosa stia per cambiare. L'Ufficio federale della protezione della popolazione ha confermato ieri all'agenzia di stampa Keystone-ATS informazioni diffuse dalla «radio svizzerotedesca SRF» secondo le quali il numero di rifugi antiatomici di piccole dimensioni verrà gradualmente ridotto. La popolazione interessata da questo cambiamento verrà accolta, in caso di necessità, nei rifugi pubblici creati dai comuni.

La situazione attuale in Svizzera

Ma sta di fatto che, ad ora, il principio, ossia quello del rifugio per tutti, vale ancora e i posti sono effettivamente disponibili. Almeno per quanto riguarda lo spazio sotterraneo. Non tutti però sono realmente pronti all'uso. Il Consiglio federale aveva stabilito che i rifugi devono poter essere utilizzati entro cinque giorni.

Sono stati soprattutto i rifugi più piccoli, nelle case unifamiliari per cinque o sette persone, che hanno dato forma al mito della Svizzera dei bunker. Ma essi sono molto più che folklore. Ogni dieci anni, ogni rifugio viene ispezionato dall'autorità competente. In totale esistono circa 370.000 rifugi con circa 9 milioni di posti. Il 10% di questi sono micro-rifugi con soli cinque-sette posti.

«Se vengono riscontrate delle carenze, i proprietari devono porvi rimedio», afferma Urs Marti, responsabile dei rifugi nel Cantone di Zugo, in qualità di capo dell'Ufficio per la Protezione Civile e l'Esercito. Egli dirige anche la Conferenza degli ufficiali cantonali dell'esercito, della protezione civile e della difesa civile.

I micro-rifugi sono più costosi

I giorni dei micro-rifugi sono quindi contati? «Dal 2011, chi costruisce una casa unifamiliare non è più obbligato a creare anche il proprio rifugio», spiega Marti. Sono obbligatori solo per le proprietà residenziali con almeno 38 stanze. In caso di crisi prolungata, la Protezione Civile non può occuparsi di tutti i rifugi più piccoli, aggiunge Marti. È quindi più sensato ospitare le persone in un numero minore di rifugi più grandi.

Esiste anche l'obbligo di fornire un riparo nelle proprietà residenziali. I proprietari degli edifici sono tenuti a pagare una tassa di sostituzione se non viene costruito un rifugio. A seconda del cantone, si tratta di una somma che va dai 400 agli 800 franchi per rifugio, spiega Marti.

La Confederazione vuole ora rinnovare il sistema dei rifugi svizzeri e sta lavorando a un nuovo concetto. Il progetto non è ancora pubblico, ma alcune sue parti sono state rese note e la «SRF» ne ha dato notizia.

La Conferenza intergovernativa dei pompieri della Difesa Civile Militare, al cui Consiglio di amministrazione partecipa Urs Marti, critica il concetto nella sua forma attuale. Una dichiarazione in tal senso è disponibile per blue News.

Che si tratti di conservazione o di nuova costruzione, i rifugi costano

Da ciò risulta chiaro che dire addio ai piccoli rifugi non è così facile. Marti spiega: «È necessario cambiare la base giuridica e questo richiede tempo. E, dopo tutto, i rifugi vengono costruiti solo quando vengono create nuove abitazioni». Per questo motivo prevede che ci vorranno dieci o vent'anni prima che i bunker più piccoli possano essere effettivamente sostituiti da rifugi più grandi.

E questo comporta nuovi problemi, che la Conferenza sottolinea nella sua dichiarazione. Ad esempio, molti rifugi privati hanno unità di ventilazione vecchie di 40 anni che devono essere sostituite. Si prevede un costo di circa 4.000 franchi per ognuna di esse.

Solo nel Canton Berna, ad esempio, sarebbe necessario sostituire 30.000 dispositivi. Il costo sarebbe di 120 milioni di franchi. Tuttavia, nel fondo destinato a questo scopo ci sono solo 80 milioni. Il Consiglio federale deve precisare come finanziare la manutenzione dei rifugi più piccoli. Anche i requisiti finanziari necessari non sono stati chiariti. Inoltre, sarebbe necessario costruire nuovi rifugi, si legge nella dichiarazione.

La guerra in Ucraina aumenta l'interesse per i rifugi

Ma i cittadini svizzeri credono ancora in questo sistema costruito durante la guerra fredda? Vogliono spendere i loro soldi per mantenere una Svizzera sicura?

Marti dice di sì: «Dopo l'incursione russa in Ucraina, molte persone ci hanno contattato chiedendo se avrebbero avuto un posto in un rifugio. E anche altri Paesi si sono informati presso la Confederazione su come è impostato il sistema elvetico».

Urs Marti non ha fatto il nome dei Paesi in questione, ma erano più vicini all'Ucraina che alla Svizzera.

 

Il Project 141 e la ragnatela di basi militari: il piano della Cina
Da insiderover.com del 29 aprile 2023

Di Federico Giuliani

Il documento si intitola “Making Uneven Progress on Overseas Basing Efforts” ed è una sorta di aggiornamento sullo stato delle basi all’estero dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese (Epl)”. L’immagine raffigura una cartina geografica, a colori, comprendente parte dell’Europa, Africa, Asia e Oceania.

Una legenda distingue i Paesi per i quali esiste “un interesse confermato a partire dal 2014”, in lilla, e quelli, in giallo, nei quali sono state osservate non meglio specificate “negoziazioni”. Vengono inoltre indicate le nazioni dove sono presenti strutture in costruzione e altre nelle quali esistono “probabili contratti approvati”, mentre dei numeri mettono in risalto alcuni Stati strategici, inseriti in una tabella che ne sintetizza gli “sviluppi recenti”.

Dai Pentagon Leaks è emersa una nuova soffiata top secret sulla Cina, a pochi giorni di distanza dalla diffusione delle informazioni relative al super drone spia ipersonico WZ-8 cinese, e alle notizie relative ad armi informatiche che il Dragone starebbe costruendo nel tentativo di dirottare i satelliti nemici. Adesso i riflettori sono puntati sulla possibile ragnatela di basi militari che il gigante asiatico avrebbe intenzione di realizzare in giro per il mondo.

La rivelazione è contenuta in un report presumibilmente facente parte dei numerosi file altamente classificati condivisi online da Jack Teixeira, un ex aviere della Massachusetts Air National Guard, adesso arrestato.

Il Project 141

Secondo quanto riportato da un recente documento, la Cina starebbe perseguendo un’ambiziosa strategia militare globale che prevede, da qui al 2030, la creazione di almeno cinque basi all’estero e dieci siti di supporto logistico. Il file presenta anche una mappa che delinea altre strutture pianificate in diverse regioni, tra cui Medio Oriente, Sud-est asiatico e Africa.

I funzionari militari cinesi avrebbero chiamato questa iniziativa “Project 141” (ovvero “Progetto 141”). La scoperta ha fatto risuonare non pochi campanelli d’allarme a Washington, sempre più convinto dei continui sforzi di Pechino per espandere la sua presenza militare in posizioni strategiche in tutto il mondo.

Attenzione, inoltre, alla tempistica della rivelazione visto che la divulgazione del presunto progetto del Dragone è arrivata nel momento in cui il gigante asiatico stava cercando di espandere il suo ruolo di attore globale. La telefonata tra Xi Jinping e Volodymyr Zelensky, le visite dei leader europei a Pechino, la mediazione per il disgelo tra Iran e Arabia Saudita, gli incontri con Vladimir Putin, la diplomazia crescente con i governi latinoamericani e africani: queste sono soltanto alcune delle recenti mosse effettuate dalla Repubblica Popolare Cinese, che adesso rischiano di essere offuscate da un loro ipotetico secondo fine.

Stando al documento trapelato sul web, l’EPL prevede di sfruttare il Progetto 141 per stabilire una rete mondiale di avamposti militari e navali in Guinea Equatoriale, Gibuti, Emirati Arabi Uniti, Cambogia e Mozambico; due di questi sarebbero attualmente in costruzione, altrettanti si troverebbero in attesa di approvazione e uno soltanto (quello di Gibuti) è operativo.

Gli Usa avevano da tempo covato il dubbio che la Cina volesse dare vita ad una rete militare globale attraverso la Belt and Road Initiative (BRI), un progetto parallelo volto al rafforzamento di legami economici e commerciali tra Pechino e i membri dell’iniziativa. Sempre secondo il contenuto del documento riservato, il governo cinese considererebbe il Progetto 141 una leva per favorire la BRI, nonché un piano fondamentale per contrastare gli Stati Uniti e aumentare la propria influenza in alcune aree specifiche, compreso il Medio Oriente.

Gli Emirati Arabi e il Medio Oriente

È interessante dare un’occhiata alla mappa. Il dossier più caldo riguarda gli Emirati Arabi, dove la Cina starebbe costruendo, in gran segreto, una struttura militare. La stessa, tra l’altro, che già un anno fa aveva allertato Washington, spingendo l’amministrazione Biden a lanciare un avvertimento ad Abu Dhabi.

Sembrava che la questione fosse chiusa, e invece, stando ad alcune informazioni riservate, lo scorso dicembre i servizi di spionaggio americani avrebbero rilevato, sempre negli Emirati Arabi, la ripresa delle costruzioni della stessa “presunta base militare cinese”.

I funzionari statunitensi sono particolarmente concentrati sul porto di Khalifa, a circa 50 miglia a nord della capitale emiratina, dove opera un conglomerato marittimo cinese. “Abbiamo interrotto i lavori sulle strutture”, aveva detto Anwar Gargash, consigliere diplomatico della leadership degli Emirati Arabi Uniti, ad un evento del think tank di Washington tenutosi nel 2022.

Ma un anno dopo, si legge in uno dei report dell’intelligence Usa trapelati, la struttura dell’Epl “probabilmente era collegata all’elettricità e all’acqua municipali” ed “è stato completato un perimetro murato per un sito di stoccaggio logistico dell’Epl”. Un secondo documento avverte che “la struttura dell’Epl” costituisce “una parte importante” del piano di Pechino per stabilire una base militare negli Emirati Arabi Uniti.

Esaminando il sito di Abu Dhabi Ports si può notare come la Cina abbia fin qui investito circa 1 miliardo di dollari nello sviluppo del porto, con diverse società cinesi coinvolte nel processo di costruzione e gestione. Uno dei più importanti investitori cinesi nel porto è China Ocean Shipping (Group) Company (COSCO), e cioè una delle più grandi compagnie di navigazione del mondo. Gestisce un terminal container in loco, ampliato negli ultimi anni per ospitare navi più grandi.

Il porto di Khalifa, inoltre, è strategicamente importante per diversi motivi. In primo luogo, si trova sulla costa del Golfo Persico, dove si snoda una rotta marittima vitale per le esportazioni di petrolio e gas dal Medio Oriente. In secondo luogo, il porto è situato vicino a diverse basi militari chiave, tra cui la base aerea di Al Dhafra dell’esercito americano e la base navale degli Emirati Arabi Uniti a Mina Zayed. Infine, il porto si trova vicino allo Stretto di Hormuz, uno stretto corso d’acqua che rappresenta un punto di strozzatura critico per le spedizioni mondiali di petrolio.

Tra gli altri affari, ha evidenziato il WP, a ovest di Fujairah la Cina si è resa protagonista di profonde incursioni economiche al porto di Khalifa. Una filiale del suddetto gigante marittimo COSCO ha siglato un accordo da un milione di dollari con la società Abu Dhabi Ports e ha stipulato una concessione di 35 anni nel dicembre 2018, che ha consentito alla società cinese di gestire e sviluppare un terminal per container nel porto di Khalifa.

Come riportato dal media cinese People’s Daily, le aziende cinesi sono coinvolte anche nella costruzione dell’adiacente rete ferroviaria Etihad che passerà per Khalifaport e collegherà i cinque emirati di Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Fujairah e Ras Al Khaimah, il sistema di trasporto arteria che va da est a ovest degli Emirati Arabi Uniti.

CRRC Qingdao Sifang Co Ltd, una consociata di China Railway Rolling Stock Corp con sede nella provincia dello Shandong, dovrebbe invece fornire treni passeggeri diesel multipli a Etihad Rail. Affari economici, sostengono gli 007 Usa, che in realtà avrebbero profonde implicazioni nel settore militare.

Le nuove basi della Cina

Il Medio Oriente, dunque, è diventato un particolare punto focale nella competizione tra Usa e Cina. Eppure, Pechino avrebbe messo nel mirino anche altre regioni. Al momento, Gibuti è l’unico luogo all’estero nel quale la Repubblica Popolare ha una base riconosciuta, aperta ufficialmente nel 2017 dalla marina dell’Epl. Lì, secondo un’altra rivelazione classificata, lo scorso febbraio l’esercito cinese era “quasi certamente vicino al completamento di un edificio per le operazioni di antenna a Doraleh” per lo spionaggio satellitare su Africa, Europa e Medio Oriente.

In ogni caso, lo scorso giugno era rimbalzata la voce secondo cui la Cina stava procedendo con piani segreti per costruire una struttura navale ad uso esclusivo del proprio esercito in Cambogia, nel Golfo della Thailandia. Dal canto loro, i funzionari cambogiani spiegavano che la Cina stava semplicemente finanziando l’aggiornamento della base cambogiana esistente, la base di Ream, e aiutando ad addestrare i cambogiani nella riparazione navale.

Nel frattempo, da altri documenti è emerso che, a febbraio, un team inviato da Pechino avrebbe visitato sia la Guinea equatoriale che il Gabon, per assistere ai preparativi per la costruzione di un centro di formazione congiunto e per addestrare il personale guineano sulle apparecchiature di comunicazione.

Un appoggio in Gabon e in Guinea Equatoriale consentirebbe a Pechino di piantare una preziosa bandierina sulla costa occidentale dell’Africa, con vista sull’Oceano Atlantico, mentre la struttura negli Emirati potrebbe essere il perfetto trait d’union per unire il sito di Gibuti al cuore della regione mediorientale. Il Mozambico, invece, potrebbe agevolare, in futuro, l’espansione cinese nell’Oceano Indiano, così come eventuali strutture nel sudest asiatico.

L’espansione della Cina nei porti del mondo facilita la raccolta di informazioni di Pechino sui movimenti e le attività militari statunitensi in quelle aree, ha sottolineato Camille Lons dell’International Institute for Strategic Studies. In base a una legge cinese approvata nel 2017, infatti, le società commerciali cinesi sono obbligate a condividere informazioni con i militari, se chiamate a farlo. “È difficile sapere se ciò accadrà, ma è motivo di preoccupazione”, ha concluso l’esperta.

 

Il castello di Matilde di Canossa: a Prignano (Modena) partono gli scavi per recuperare il tesoro storico

 

Da ilrestodelcarlino.it del 28 aprile 2023

Il progetto del Comune e dell’Università di Verona interesserà la frazione di Montebaranzone La contessa vi trascorse un periodo di malattia prima di morire, nel bosco visibili resti di mura

Prignano (Modena), 29 aprile 2023 – Alla ricerca del castello perduto, nel nome della magna comitissa (grancontessa) Matilde di Canossa, signora delle terre lombarde, toscane ed emiliane durante quel Pieno Medioevo di cui è tuttora considerata fra i volti più rappresentativi nonché leggendari.

Quest’estate a Montebaranzone, frazione del comune di Prignano arroccata su una suggestiva collina tra il fiume Secchia e il torrente Fossa, prenderanno il via scavi archeologici del tutto inediti nella misura in cui, per la prima volta, indagheranno quella terra un tempo sede della residenza prediletta di Matilde di Canossa, dove infatti la stessa contessa, ci è stato tramandato, scelse nel 1114 di ritirarsi poiché gravemente malata, appena un anno prima di spegnersi a Bondeno di Roncore, esattamente il 24 luglio del 1115. A cercare quel che resta di uno dei fortilizi più importanti di epoca matildica, compresi utensili ed altri importanti reperti, non sarà Harrison Ford sotto la regia di Steven Spielberg, ma un gruppo di studiosi che è già stato in loco, ovvero sul punto più alto dell’antico borgo di Montebaranzone, e che proviene dall’Università di Verona. L’ateneo scaligero sta conducendo importanti progetti archeologici nell’area della Valle del Secchia e quello pronto ad essere avviato nella frazione di Prignano è sicuramente il più suggestivo. La vegetazione col passare dei secoli ha ricoperto l’intera area, ma è sufficiente andare sul posto per rendersi conto in un attimo di come in quel bosco la presenza discreta della storia sia in realtà proprio lì a portata di mano. Basta spostare le ramaglie per trovare pietre in ordine, allineate. Come dimostrano le fotografie scattate dagli studiosi, nella vegetazione si scorgono i resti di alcune strutture murarie in gran parte crollate, di qualche edificio ed anche di quella che era la cinta vera e propria.

Non è tutto, perché ci sono buone possibilità che nel corso dei lavori di scavo possano riemergere, da un terreno attiguo di proprietà della Diocesi, anche i resti di una chiesa duecentesca come di un piccolo cimitero ‘di corte’. La notizia del progetto pensato per recuperare il castello ‘dimenticato’ di Matilde di Canossa ha cominciato a circolare nei mesi scorsi su alcuni siti specializzati in archeologia, dove si scriveva senza troppi giri di parole di una ‘scoperta incredibile’. Ora però c’è un elemento in più a rafforzare la notizia: il sindaco di Prignano Mauro Fantini contattato dal Carlino ha confermato la veridicità di un’iniziativa che al momento opportuno sarà svelata con tutti i particolari del caso. Da quello che trapela, comunque, non mancherebbe molto.

“È con grande soddisfazione – le parole del primo cittadino – che il nostro Comune ha affiancato l’Università di Verona nella presentazione di questo progetto per indagare un sito ricco di storia la cui esistenza, tramandata da generazioni, è circondata da un alone di mistero. È mio dovere – continua Fantini – ringraziare il professor Nicola Mancassola, senza la cui guida illuminata e paziente nulla sarebbe partito ed il professor Roberto Giacobazzi, prorettore dell’Università di Verona, peraltro di origini prignanesi, per il sapiente e decisivo sostegno al progetto. Un ringraziamento va poi ai proprietari dei terreni per la sensibilità dimostrata".

Quelle terre di Montebaranzone sulle quali sorgeva il castello di Matilde di Canossa sono attualmente di proprietà degli eredi delle famiglie Manodori e Fiandri, senza il loro permesso i lavori di scavo dunque non potrebbero prendere il via. In attesa che gli archeologi veronesi tornino nella nostra provincia, e stavolta per restarci a lungo, ovvero il tempo necessario a capire cosa la terra di Montebarazone possa restituire, va infine aggiunto che il lavoro di recupero di ciò che resta della fortificazione di epoca matildica andrebbe ad aggiungere un altro importante luogo di testimonianza di un’epoca e di una figura così importanti per la nostra storia. Al di là del castello di Canossa, dove oggi affianco ai ruderi è presente un museo con i reperti recuperati proprio durante scavi simili a quelli che saranno avviati a Montebaranzone, esistono ancora oggi altre fortificazioni legate a Matilde di Canossa, fra le più famose quelle a Quattro Castella e Carpineti, entrambe in provincia di Reggio Emilia. Ma dalla prossima estate chi davvero vorrà studiare la magna comitissa non potrà escludere dalle sue tappe quella di Montebaranzone, una frazione che vanta case con portali trecenteschi e una torre rinascimentale e, soprattutto, una storia, forse più intima di altre, che attende da secoli di essere riportata alla luce.

 

Questo bunker nucleare è diventato un museo: ecco come visitarlo
Da siviaggia.it del 28 aprile 2023

Fonte: RebildPorten/Visit Denmark

Il suo nome è REGAN Vest, ed è un ex bunker nucleare costruito durante la Guerra Fredda, che è stato trasformato in un museo

L’ingresso è nascosto tra gli alberi che popolano una fitta foresta e la sua estensione, quella appena visibile in superficie, prosegue sottoterra. Stiamo parlando di un bunker nucleare, costruito durante gli anni della Guerra Fredda e adibito a rifugio per la Regina e i membri del Governo, che oggi è diventato un museo. Si tratta del REGAN Vest del Danish Cold War Museum e per visitarlo dobbiamo recarci in Danimarca e più precisamente nello Jutland settentrionale. Pronti a partire?

Un nuovo museo in Danimarca

Il nostro viaggio di oggi ci conduce di nuovo in Danimarca, nel Paese scandinavo che da sempre affascina e attira viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo. Le cose da fare e da vedere qui, lo sappiamo, sono tantissime, a partire dall’immancabile visita alla città di Odense, luogo di nascita dello scrittore Hans Christian Andersen, e passando per Copenaghen, la meravigliosa capitale che ospita il parco divertimenti Tivoli e l’iconica statua della Sirenetta.

Ma al di là delle celebri attrazioni che ogni anno attirano migliaia di turisti, la Danimarca conserva un importante patrimonio naturalistico, storico e culturale che si snoda in ogni parte del territorio e che vale davvero la pena di conoscere.

Oggi, per esempio, ci spostiamo nello Jutland settentrionale, per andare alla scoperta di Skørping, un ex comune danese ora accorpato alle città di Nørager e Støvring, che preserva una delle aree naturalistiche più affascinanti del Paese. Non è un caso che questo territorio, con gli anni, sia diventato un vero e proprio punto di riferimento per tutti gli amanti della natura.

Tutto merito delle colline verdeggianti e dei boschi lussureggianti che delineano in maniera incantata il paesaggio e che invitano a vivere e condividere esperienze outdoor tra scenari incontaminati.

Raggiungere Skørping adesso, inoltre, permette ai viaggiatori anche di fare un tuffo nel passato all’interno di un museo inaugurato lo scorso febbraio. Non si tratta di un museo qualunque, ma di un bunker sotterraneo costruito negli anni ’60 nel pieno della Guerra Fredda.

REGAN Vest: l’ex bunker nucleare ora è un museo Inaugurato a Skørping il 13 febbraio del 2023, l’ex bunker antiatomico fa parte del circuito del Nordjyske Museer, il Museo storico dello Jutland settentrionale, e compone il Danish Cold War Museum. La promessa è quella di permettere ai viaggiatori di toccare con mano il passato attraversando le atmosfere di un tempo.

Il bunker, infatti, è stato riportato alle sue origini, così come è successo per la villa di mattoni gialli, situata nelle immediate vicinanze, che era la casa dell’Ingegnere Capo, il cui compito era quello di supervisionare il rifugio. La dimora è stata ristrutturata e arredata in stile vintage, ed è diventata parte dell’esperienza museale.

Il Museo della Guerra Fredda di Skørping si snoda su un terreno di oltre 5.000 metri quadrati e comprende un centro visite e diversi edifici, situati in superficie, adibiti a esposizioni temporanee e una mostra che attraversa gli anni della Guerra Fredda. L’esperienza più suggestiva, ovviamente, è quella che permette ai visitatori di attraversare REGAN Vest, il bunker sotterraneo nascosto tra gli alberi della foresta e riportato alle sue origini.

 

Tolmezzo: Ex polveriera di Pissebus: aree prative concesse in uso all’Asd Falchi della Carnia a fronte di manutenzione e pulizia
Da friulisera.it del 28 aprile 2023

Taglio di arbusti infestanti, pulizia di cespugli ed erbacce il cui sviluppo incontrollato rappresenta un concreto pericolo di incendi, manutenzione della viabilità interna. Sono le attività poste in essere in questi mesi nell’area prativa dell’ex polveriera di Pissebus dall’Associazione Sportiva dilettantistica “Falchi della Carnia”, realtà alla quale il Comune di Tolmezzo ha concesso l’utilizzo della zona per l’attività ludico-sportiva. L’autorizzazione ha la durata di un anno e prevede che il sodalizio, a fronte dell’uso dell’area, effettui piccoli interventi di manutenzione e bonifica della vegetazione spontanea ai fini del decoro e della sicurezza, interventi che potrebbero anche estendersi all’edificio posto all’ingresso dell’ex Polveriera qualora la concessione venisse prorogata. “In questi mesi – spiega il presidente dell’associazione Maurizio Tomat – abbiamo ripristinato la viabilità interna, potato le piante, raccolto rifiuti provvedendo a una sistemazione generale dell’area. Lungo il perimetro della superficie in concessione, inoltre, abbiamo fatto in modo di creare una via taglia fuoco per evitare che, in caso di incendi, le fiamme si propaghino all’interno o all’esterno”. Oltre all’utilizzo per le proprie attività di soft air (dove i Falchi hanno già iniziato a portare associazioni da tutta la regione valorizzando l’area) e agli eventi correlati previsti per il prossimo anno ai quali parteciperanno squadre da tutta Italia, il sodalizio che riunisce una trentina di appassionati residenti nell’area dell’Alto Friuli si è già reso disponibile a collaborare per ospitare iniziative realizzate da altre realtà (camminate, piccole escursioni, …) per rendere l’area fruibile a un maggior numero di persone. Il canone annuo richiesto dall’amministrazione comunale è di 150 euro.

 

Il Castello di Murat, il simbolo dell’aristocrazia calabrese: uno scrigno di opere d’arte
Da calabriadirettanews.com del 26 aprile 2023

Il bellissimo castello si trova a Pizzo, cittadina della Calabria in provincia di Vibo Valentia, ed è noto anche come Castello Murat, in ricordo di Gioacchino Murat che nel 1815 qui venne prima imprigionato e poi fucilato il 13 ottobre dello stesso anno.

Lo stupendo maniero è visitabile ed ospita un museo, nelle cui sale è allestita una mostra che illustra gli ultimi giorni del suo illustre prigioniero, dall’incarcerazione al processo, fino alla confessione che precedette la fucilazione, ed un frammento di una scultura di Antonio Canova, andata persa durante il passaggio di Giuseppe Garibaldi, della quale è rimasta solo la parte rappresentante un elmo.

La costruzione attuale, di forma quadrangolare, da un lato a picco sul mare e dall’altro circondata da un profondo fossato, racchiude i vari edifici costruiti nel corso del tempo. In origine era stata eretta una torre di avvistamento, detta Torre maschia e risalente alla fine del 1300, che apparteneva al sistema di Torri costiere costruito nel corso del XIV secolo per contrastare le incursioni dei pirati saraceni, pirati che regolarmente attaccavano le zone costiere del regno di Napoli durante il periodo angioino.

Le torri ed il fossato

Gli attacchi saraceni perdurarono anche durante il dominio aragonese, pertanto Ferdinando I di Napoli, re di Napoli, con un decreto del 12 novembre 1480 ordinò di fortificarlo ulteriormente, all’interno di un sistema di difesa che prevedeva il rafforzamento delle difese di Reggio nonché l’edificazione di altri castelli, tra i quali quello di Crotone, Cariati, Corigliano e Belvedere.

Vennero quindi aggiunti alla preesistente torre angioina delle mura, un corpo centrale ed una torretta di guardia, conferendo l’aspetto attuale al maniero, al quale si accedeva tramite un ponte levatoio costruito in mezzo a due torrioni, ora sostituito da un ponte tradizionale in pietra calcarea.

 

Sbarco sull’Isola: 3000 militari, 700 mezzi
Da unionesarda.it del 25 aprile 2023

Le principali strade saranno bloccate da colonne di blindati e carri armati: la Nato simula in Sardegna il soccorso congiunto verso uno stato alleato sotto attacco

Menomale che è un’esercitazione, altrimenti c’era da star freschi in attesa del soccorso amico. L’operazione militare congiunta di otto paesi della Nato, “Noble Jump 2023”, nobile salto, che scatterà ufficialmente tra 48 ore in Sardegna ha un obiettivo messo nero su bianco: il soccorso congiunto verso uno Stato alleato sotto attacco. L’Isola dei Nuraghi, manco a dirlo, è stata prescelta, guarda caso, per simulare il Paese preso di mira da un ipotetico nemico. Il manuale della magnificenza della Nato prevede il rapido convergere di ogni genere di mezzi e uomini nel punto prescelto. In questo caso lo sbarco alleato è previsto da nord a sud, negli aeroporti di Cagliari-Elmas, Decimomannu e Alghero, nei porti di Cagliari, dal molo Ichnusa al Terminal container, sino a Olbia, passando per quello di Sant’Antioco. Uno sbarco concentrico di tremila uomini e ben settecento blindati e mezzi da guerra. Navi cariche di armi e munizioni che da giorni navigano dal nord Europa verso la Sardegna con tempi d’intervento che appaiono decisamente “biblici” se dovessero davvero prestare soccorso ad un alleato. Basti pensare alla “Ark Germania”, la nave ro-ro della potentissima Dfds, bandiera danese, giunta ieri mattina al cospetto del deserto del Porto Canale di Cagliari. Era salpata da Emden, nord della Germania, Bassa Sassonia, 6.000 km da Cagliari, il 17 aprile scorso. Sette giorni pieni di navigazione per “salvare” la Sardegna dall’attacco nemico. In realtà in una settimana, qualsiasi attacco ben attrezzato, non avrebbe lasciato scampo all’Isola.

Sette giorni per il «soccorso»

I tedeschi, però, anche se ci hanno messo sette giorni per varcare il Golfo degli Angeli, si presenteranno al cospetto di Teulada con l’ultima generazione di carri armati, i più potenti, quelli capaci di colpire un bersaglio (spiagge, mare e tratti magnifici di costa) a 5 chilometri di distanza. I Leopard A7V, sono a bordo della “Ark Germania”, posizionata, dopo l’ingresso mattutino in porto, in rada davanti a Giorgino. Carri armati dotati di nuove telecamere optroniche capaci di mirare e bombardare in piena notte. Si spiegano così le ordinanze della Capitaneria di Porto di Cagliari che preannunciano su gran parte della costa sud, davanti al poligono di Teulada, bombardamenti dalla mezzanotte sino alle 23.59, in teoria un minuto di tregua al giorno, sino alla fine delle “ostilità”, prevista per il 14 maggio. Il carico della nave arrivata ieri a Cagliari dalla Germania potrebbe, però, rappresentare per i tedeschi molto di più che un’esercitazione.

La fiera dei Leopard da 8 miliardi

In ballo, secondo fonti ben informate, ci sarebbe una trattativa in atto tra le forze armate italiane e l’industria bellica germanica per acquistare la “bellezza” di 250 carri armati modello Leopard 2A7, cioè la versione più aggiornata, ritenuto dai “guerrafondai” per eccellenza il miglior carro armato al mondo. Una spesa per il pacchetto (acquisto e supporto logistico) stimata attorno agli 8 miliardi di euro. Un’esercitazione dietro la quale si potrebbe, dunque, celare l’ennesima fiera delle armi sotto l’egida della Nato, con l’esibizione-dimostrazione di questi mezzi proprio nel teatro di guerra più paradisiaco del Mediterraneo, quello della Sardegna. Su questa presunta difesa congiunta, con tanto di sbarco da nord a sud dell’Isola, non esiste una tempistica certa, pare coperta da segreto militare. Si sa soltanto che ieri la Prefettura di Cagliari ha diramato un comunicato stile “proclama di Stato” con il quale si annuncia un dispiegamento bellico imponente in tutta l’Isola. «Dal 27 aprile al 14 maggio – scrive la Prefettura – è previsto lo schieramento sul terreno di forze alleate provenienti da diversi Paesi. Sono attesi circa 3 mila uomini e 700 mezzi e vi partecipano Germania, Olanda, Lettonia, Grecia, Repubblica Ceca, Norvegia e Lussemburgo in afflusso dagli aeroporti e porti della regione, prioritariamente da quelli di Elmas, Decimomannu e Cagliari. Le aree interessate dall'esercitazione saranno i poligoni di Quirra e di Capo Teulada, la base aerea di Decimomannu e il sito di Alghero». Nella comunicazione di Stato non poteva mancare la “celebrazione” della bontà di queste esercitazioni che – scrive la rappresentanza statale – «saranno condotte nel pieno rispetto delle norme di protezione previste per la popolazione e l'ambiente e verranno adottate tutte le misure necessarie per la salvaguardia e la tutela ambientale delle aree in cui le attività si concentrano».

Insomma, per la Prefettura valgono le parole dei Generali e non quelle della Procura di Cagliari che ha accertato, senza mezzi termini, il disastro ambientale sull’intero poligono di Teulada. Ipotizzare che queste esercitazioni “a fuoco”, con bombe, missili e armi di ogni genere producano “salvaguardia ambientale” è come affermare che la guerra sia una copiosa semina di rose e fiori. Non poteva mancare nel comunicato della Prefettura, con il quale si preannunciano disagi su tutte le arterie dell’Isola, l’inno al “benessere militare”: «Per quanto riguarda i comuni interessati, si rimarca la positiva ricaduta economica sul tessuto sociale sardo, derivante dai servizi logistici che saranno erogati in favore delle truppe».

 

In cima al Monte Orsa Gallerie della Linea Cadorna: spunta un secondo cannone
Da ilgiorno.it del 25 aprile 2023

Si aggiunge a quello collocato qualche anno fa. Si arricchisce così il museo a cielo aperto costituito dalle fortificazioni realizzate per la Prima Guerra Mondiale nei boschi di Valceresio

Di Lorenzo Crespi

È una zona già conosciuta e apprezzata dalla gente del posto e dagli appassionati di trekking che arrivano anche da fuori provincia. Ora ci sarà un motivo in più per salire in cima al Monte Orsa. All’interno di una delle gallerie della Linea Cadorna è stato infatti posizionato un secondo cannone, che va ad aggiungersi a quello già collocato qualche anno fa. Si arricchisce così il museo a cielo aperto costituito dalle fortificazioni realizzate per la Prima Guerra Mondiale nei boschi della Valceresio. Postazioni difensive che fanno parte della più ampia linea nota con il nome del generale Cadorna ma più propriamente detta Frontiera Nord, costruita con lo scopo di proteggere l’Italia da un possibile attacco proveniente da oltralpe. La guerra in realtà qui non arrivò mai, e questo ha permesso ai manufatti dell’epoca di giungere fino ad oggi ben conservati. A promuovere la posa del cannone sono stati il Gruppo Alpini di Viggiù-Clivio e l’associazione locale Ivantus.

All’inaugurazione, che si è svolta domenica 23 aprile, hanno partecipato gli amministratori dei due comuni e altre autorità. "Un pezzo di storia non solo locale - sottolinea l’assessore ai lavori pubblici di Viggiù Carmelo Chiofalo - mezzo di Guerra ma, oggi, simbolo di Pace". Ha portato il suo saluto Francesca Brianza, consigliere regionale nella scorsa legislatura: il progetto è stato realizzato anche grazie al contributo di Regione Lombardia. "Un meraviglioso museo a cielo aperto, tra storia, natura e panorami che tolgono il fiato", ha detto. Percorrendo i sentieri sul Monte Orsa c’è infatti anche la possibilità di ammirare scorci verso il Lago di Lugano e le valli. Tra i presenti anche il consigliere provinciale Alberto Barcaro. "La Protezione Civile di Saltrio e Clivio ha messo il cuore nella ristrutturazione del Rifugio Monte Pravello, consiglio a tutti una gita fuori porta per cogliere lo spirito di comunità che si respira in queste zone".

 

Bunker di Passo Palade
Da suedtirolerland.it  aprile 2023

Dal 1927, per due decenni Passo delle Palade (1.518 m.s.l.m.) nel meranese segnava il confine tra l'Alto Adige e il Trentino, prima che l'Alta Val di Non venisse annessa all'Alto Adige e il confine spostato un po' più a sud, dopo la località di San Felice. Al passo, negli anni Quaranta, venne eretto nell'ambito del Vallo Alpino italiano una delle più grandi reti di bunker dell'Alto Adige. L'imponente costruzione però non venne mai portata a termine e mai resa operativa.

Il Bunker di Passo Palade, lungo 1,5 km, può essere in parte visitato dal 2010. Nella parte iniziale della Gampen Gallery, una mostra fotografica, si può dare un'interessante sguardo alla storia e a "La Strada delle Palade".

Costruita tra il 1935 e il 1939, rappresenta un capolavoro ingegneristico e ancora oggi un'importante strada di collegamento e strada panoramica, che il 10 giugno 1939 venne aperta al traffico.

Le fotografie in bianco e nero illuminate creano un'atmosfera unica. In uno degli altri cunicoli si trova l'esposizione di minerali più grande dell'Alto Adige: 40 vetrine ti mostrano in mezzo alla roccia ben 2.500 minerali raccolti in tutta Europa da Toni Kiem.

Il Bunker di Passo Palade (Gampen Bunker), però, non è l'unico museo all'interno di un bunker. Anche a Dobbiaco in Alta Pusteria infatti ne esiste uno, con sede sempre in uno delle fortificazioni del Vallo Alpino, in questa regione al confine tra l'Italia e l'Austria.

Un'altro invece si trova in Val Passiria ed ospita il Bunker Mooseum e il punto informativo del Parco Naturale Gruppo di Tessa.

E come si raggiunge il Bunker di Passo Palade?

La strada ti porta da Tesimo all'altezza del passo. Presso il bunker, che si trova sulla sinistra all'incirca 100 metri dopo il cartello stradale che indica il passo, ci sono possibilità di parcheggio e una fermata dell'autobus (linea 246 Lana - San Felice).

 

Salvato un bunkerino in Sardegna con un trasloco spettacolare
Da metronews.it del 24 aprile 2023

Di Lorenzo Grassi

Il salvataggio di un bunkerino in Sardegna è andato a buon fine. Due gigantesche gru hanno sollevato in cielo la postazione in calcestruzzo pesante 160 tonnellate, ben protetta in una gabbia di acciaio, e l’hanno spostata 15 metri più in là per fare posto al cantiere Anas che sta realizzando la nuova strada statale 195 “Sulcitana”. Per sua sfortuna il piccolo bunker sopravvissuto alla Seconda Guerra Mondiale – protetto dalla vista degli aerei nemici grazie ad una ingegnosa e rara simulazione che con un finto rivestimento in pietra lo faceva apparire come un inoffensivo meccanismo idraulico – si è venuto a trovare sul tracciato di questa infrastruttura progettata diversi anni fa, quando ancora non c’era la sensibilità maturata negli ultimi anni sulla necessità di salvaguardare anche le vestigia belliche del ventesimo secolo.

La nuova vita del bunkerino in Sardegna

Da molto tempo il ricercatore Daniele Grioni segretario dell’Associazione studi storici fortificazioni Sardegna aveva richiamato invano e con forza l’attenzione sulla presenza del sistema difensivo costituito dai quattro “fortini” del Caposaldo IV “Gela”, costruiti negli anni ’40 del secolo scorso sul territorio del Comune di Capoterra, nel cagliaritano. Opere che oggi sono a tutti gli effetti dei Beni culturali tutelati, in quanto concreti testimoni della memoria storica. «Anche l’attività progettuale della statale “Sulcitana” viene da molto lontano – spiega Pina Maria Derudas, archeologa specialista Anas – e risale ad un’epoca precedente a quella in cui è stata istituita la verifica preventiva dell’interesse archeologico, che attualmente è un iter sempre seguito da Anas e secondo il quale già nelle primissime fasi progettuali si contempla la tutela dei beni culturali indirizzando le scelte del tracciato da questo punto di vista».

La soluzione della traslazione

«Quando Anas è venuta a conoscenza della presenza dei bunker – prosegue Derudas – per la “Sulcitana” si era ormai in una fase avanzata, in cui erano state già edificate le opere primarie dell’infrastruttura. Immediatamente si è creata una sinergia con la Soprintendenza ai Beni archeologici di Cagliari per collaborare nella ricerca di una soluzione per salvaguardare il bunker, consapevoli che le ingenti risorse spese sull’opera non avrebbero consentito modifiche al tracciato originario.

Così si è concordemente deciso che si sarebbe salvato il manufatto traslandolo il minimo indispensabile, in modo da conservare la sua posizione nell’ambito del contesto del Caposaldo difensivo “Gela”. È stata dunque progettata una complessa operazione di trasloco, che è stata effettuata con le regole e le modalità che si applicano ai Beni culturali». «Siamo riusciti così a salvaguardare un’importante vestigia bellica – sottolinea Francesco Ruocco, responsabile Anas Sardegna – liberando l’asse stradale della nuova SS 195 e consentendone il completamento».

Un’operazione molto complessa

L’operazione di trasloco è stata spettacolare. Prima di mettere mano alla postazione vera e propria si è pensato al corpo aggiunto, che era stato realizzato con conci e malta. «Per questo si è deciso di utilizzare la tecnica dell’anastilosi – precisa Pina Maria Derudas – che normalmente viene utilizzata nel restauro archeologico. Ovvero con la numerazione dei 400 blocchi per poterli rimuovere e poi procedere al loro rialloggiamento nella giusta posizione».

«Il progetto di trasferimento del bunker ha seguito le indicazioni date dalla Soprintendenza competente, con lo scopo di mantenere inalterata la configurazione della struttura originaria in modo da conservare la memoria storica della posizione – spiega Michele Coghe, direttore lavori Anas per la “Sulcitana” – quindi è stata individuata all’interno delle aree di esproprio la posizione definitiva e si è proceduto allo spostamento garantendo che il monumento non venisse danneggiato durante lo spostamento.

Per prima cosa è stata smontata la scala di accesso seminterrata con l’intenzione di ricostruirla nella posizione definitiva. Naturalmente è stato necessario imbragare il bunker e puntellarlo internamente in modo che durante la traslazione non subisse danni anche per eventuali movimenti imprevisti. La gabbia superiore è stata realizzata con travi in acciaio che hanno consentito di proteggere anche il rivestimento esterno che era costituito da uno strato di intonaco che riproduce delle false pietre per la mimetizzazione».

Le gru e il sollevamento del “fortino”

«Nel progetto è stato previsto di sbancare la nuova posizione, realizzando delle fondazioni in cemento armato su cui è stato spostato il bunker in via definitiva – prosegue Coghe – sarà poi eseguito un getto di completamento che consentirà dimantenere il bunker preservato. La parte più interessante del lavoro eseguito dall’impresa specializzata è stata soprattutto quella di posizionare le 12 travi di sostegno con piastre in acciaio e martinetti idraulici, che hanno costituito la nuova base del bunker e hanno consentito di staccarlo da terra.

Ciò è avvenuto anche attraverso lo scavo manuale, con lo sbancamento per una profondità di 5 metri sino alla quota di fondazione. È stato così realizzato un piano di travi di acciaio che, oltre a tenere il fortino nella sua configurazione originaria, ha permesso il sollevamento con le due gru e il posizionamento nel sito prescelto».

Finalmente non si demoliscono più

Il meritorio intervento di salvataggio svolto dall’Anas in Sardegna è figlio della nuova sensibilità nei confronti delle vestigia belliche, che in tempi recenti hanno visto diverse Soprintendenze procedere al rafforzamento della protezione di queste strutture con la specifica richiesta della dichiarazione di “particolare interesse” ai sensi del Codice dei Beni culturali. «Fino a qualche anno fa però – ricorda il Network Italiano bunker e rifugi antiaerei – queste preziose testimonianze della memoria storica sono state considerate solo come scomodi ostacoli da demolire con i martelli pneumatici e con le ruspe per fare spazio alle infrastrutture contemporanee». Così è accaduto ad esempio nel 2013 per alcune postazioni del Caposaldo di Ponte Galeria, parte del sistema difensivo del litorale di Roma, che sono state demolite per la realizzazione di uno svincolo stradale; o in tempi ancor più recenti, nel 2019 in Alto Adige, dove è stata smantellata l’Opera 14, ultimo bunker fuori terra dello Sbarramento Bolzano sud della linea meridionale del Vallo Alpino. Una memoria cancellata e sacrificata per sempre per consegnare il terreno ad un insediamento produttivo.

 

Serco supporterà i siti radar della difesa aerea del Regno Unito
Da aresdifesa.it del 24 aprile 2023

Serco, il fornitore internazionale di servizi governativi, si è aggiudicato un nuovo contratto dal Ministero della Difesa del Regno Unito (UK MoD) del valore di circa 32 milioni di sterline per la manutenzione dei radar della difesa aerea e fornire il funzionamento quotidiano delle testate radar remote per i prossimi cinque anni. Serco sarà l’appaltatore principale per il nuovo contratto con Lockheed Martin come subappaltatore principale.

Il contratto copre cinque siti radar a Brizlee Wood, Northumberland; Saxa Vord, Isole Shetland; Buchan, Scozia orientale; Benbecula, Scozia occidentale e Neatishead, Norfolk. Il contratto include un programma di sostituzione del personale per la Royal Air Force ed impiega oltre 30 persone.

Commentando il premio, Doug UmbersAmministratore Delegato dell’attività di difesa del Regno Unito di Serco, ha dichiarato: “Serco ha una lunga ed orgogliosa storia di supporto ai radar nel Regno Unito e siamo lieti di aver ricevuto questo nuovo contratto per garantire la disponibilità e la prontezza di questo elemento dell’infrastruttura nazionale critica del Regno Unito“. 

Serco ha fornito supporto come subappaltatore a Lockheed Martin per i sistemi di difesa aerea del Regno Unito dal 2005 e più recentemente ha consegnato tre nuovi radar di difesa aerea TPS-77 al Ministero della Difesa del Regno Unito.

 

Una nuova sorprendente foto delle antiche Mura di Forlì
Da forlitoday.it del 24 aprile 2023

Foto Nicola Marincola

Ancora nell’odierno viale Salinatore, ma con la prospettiva verso Ravaldino: qui è riconoscibile il primo torrione dell’acquedotto di Ravaldino fresco di costruzione

A cura di Piero Ghetti

L'appello lanciato in calce all’ultimo blog ha già un riscontro: dall’archivio di un noto cultore di memoria forlivese è infatti emersa una nuova foto delle antiche Mura della città, scomparse da oltre un secolo. Nella precedente puntata è stata pubblicata l’immagine, scattata nel 1902, dell’ampio tratto di Mura poi soppiantato dall’attuale viale Matteotti. Molto intrigante anche la seconda foto, del 1904, proveniente dall’archivio Alinari e postata da Nicola Marincola nei gruppi Facebook “Sei di Forlì se…” e “Forlì- Quanti Forlivesi…”: in questo caso risaltano le Mura, capitozzate ma ancora esistenti, soprastanti l’argine del fiume Montone a Schiavonia, poco prima della chiesa omonima.

Adesso è il turno di Mirko Spagnoli, foriero di tante belle immagini del passato, spesso comparate con lo stato attuale. Siamo ancora nell’odierno viale Salinatore, ma con la prospettiva opposta: qui è riconoscibile il primo torrione dell’acquedotto di Ravaldino fresco di costruzione, visto che venne innalzato a partire dal 1905, utilizzando proprio i materiali recuperati dalla demolizione delle Mura. Lo scatto è datato 1910 e gli avanzi lapidei visibili sulla destra attestano un altro dato fondamentale: la distruzione dei bastioni difensivi cittadini, completati da Caterina Sforza nel 1499, è stata sicuramente avviata nel 1905, ma non si sa quando venne completata, almeno in questo tratto (siamo verosimilmente subito dopo la rotonda d’imbocco di via Romanello). E molto probabile che quei resti abbiano resistito fino agli anni Trenta, allorché sorse la Scuola Elementare Sandro Italico Mussolini, oggi sede dell’Istituto d’Arte, seguita nei decenni successivi da una serie di edifici privati a carattere residenziale.

Sempre su quel lato, anche se in posizione più arretrata rispetto al punto immortalato nella foto di Spagnoli, è riuscito a giungere ai giorni nostri la misteriosa Torre del Giglio. Detta anche Torre dei Quadri per via dei blocchi marmorei un tempo visibili alla base, affonda le radici nell’epoca romana. Nelle sue adiacenze esisteva il ponte “Rupte”, che collegava l’antica Forum Livii alla Via Aemilia. In quel punto si apriva la Porta Liviense o Valeriana, da cui nel 1282 entrò Guido da Montefeltro, diretto al Campo dell’Abate per completare la vittoriosa battaglia di Calendimaggio col “sanguinoso mucchio” di dantesca memoria. Nel XVI secolo, per iniziativa di monsignor Marco Antonio del Giglio, vescovo di Forlì dal 1578 al 1580, sui resti della torre dei Quadri fu innalzata una celletta votiva mariana, che venne restaurata nel 1790 da Francesco Bezzi.

 L’oratorio, piccolo ma molto frequentato dalla popolazione, assurse prepotentemente alle cronache cittadine nel 1886 in occasione di un evento endemico.

“Corre l'anno 1886 – riporta Tullio Tognoli in “Il colera a Forlì”, Lions 1997 - quando a Forlì arriva il cholera, malattia acuta e contagiosa[...] Entro 2-3 giorni può sopraggiungere la morte e questo si verifica nel due terzi dei casi.[...]

Raggiunse l'Europa nel corso della pandemia del 1830 a cui fecero seguito diverse epidemie: la più grave colpì Forlì nel 1855 causando ben 1.800 vittime”. “Addì 23 agosto – scrive Filippo Guarini nei suoi Diari - il colera si è mostrato in 6 casi e 2 morti; uno di questi in via Battuti. Questa sera alla Madonna del Giglio, in fondo a questa strada, si sono accesi molti lumi, cantate le Laudi e recitato il Rosario, un po' per spavento, un po' per sentimento religioso che a Schiavonia c'è ancora”.

La Celletta del Giglio ritorna a far parlare di sé quando ormai è troppo tardi: nel 1905 deve infatti soccombere alla drastica decisione del Comune di abbatterla, essendo inglobata nelle Mura cittadine che andavano assolutamente rimosse.

Si riuscì a salvare l’immagine venerata al suo interno, opportunatamente recuperata dal parroco di Schiavonia don Nicola Cicognani, che l’accolse nella sua chiesa.

Si tratta di una tela risalente al XVII secolo di autore ignoto.

L’appetito vien mangiando: si aspettano altri contributi e immagini delle Mura scomparse.

 

Sigonella, la maxi polveriera di Stati Uniti e Nato in Sicilia
Da paginesteri.it del 24 aprile 2023

nella foto il nuovo hangar per i pattugliatori P-8A “Poseidondi US Navy a Sigonella

Di Antonio Mazzeo

Pagine Esteri, 24 aprile 2023 – Una maxi santabarbara a Sigonella per le future missioni delle forze armate USA e NATO in Africa, Europa e Medio oriente. A fine marzo il Dipartimento della Marina Militare degli Stati Uniti d’America ha chiesto al Congresso lo stanziamento di 77.072.000 dollari per realizzare all’interno della grande stazione aeronavale siciliana nuovi depositi superprotetti dove stoccare i sistemi d’arma, le munizioni e gli esplosivi destinati alle unità da guerra, ai sottomarini e ai velivoli aerei USA e dei paesi partner con lo scopo dichiarato di contrastare la penetrazione russa nel Mediterraneo allargato.

EDI – Ordnance Magazines è il nome dell’ennesimo progetto di potenziamento infrastrutturale della Naval Air Station (NAS) di Sigonella. “Saranno costruiti quattro box in cemento armato rinforzato D type, due magazzini sotterranei con aggiornamenti anti-sismici e due depositi modulari di stoccaggio”, rileva il Dipartimento di US Navy. Nello specifico il nuovo arsenale occuperà complessivamente un’area di 4.802 m2: 4.205 m2 per i depositi ad alto potenziale esplosivo (High Explosive Magazines) e 600 m2 per l’edificio protetto destinato alle attività di “revisione e manutenzione” delle munizioni (Ammunition Rework and Overhaul Shop – AROS).

“Il progetto è a supporto delle operazioni con ordigni a NAS Sigonella e includerà condutture con sistemi anti-intrusione e un nuovo accesso stradale”, si legge nella scheda tecnica elaborata da US Navy. “L’infrastruttura servirà a ricevere, stoccare, isolare, ispezionare, caricare, scaricare e consegnare gli ordigni così come ad assemblare, costruire, smontare, assicurare la manutenzione e riparare le munizioni. Il progetto risponderà pienamente ai requisiti previsti dai Comandi di guerra e alle direttive sugli standard anti-terrorismo del Dipartimento della Difesa. I sistemi di controllo della facility includeranno quelli per la sicurezza cibernetica in accordo con gli odierni criteri del Pentagono”.

Per costruire i nuovi depositi di armi ed esplosivi sarà demolito un edificio nell’area di NAS II ad uso esclusivo delle forze armate USA, quello indicato con il numero #881 e fino ad oggi utilizzato come officina di manutenzione delle armi subacquee avanzate modificate (MAUW – Modified Advanced Underwater Weapons). (1)

“Il Naval Munitions Command (NMC) Atlantic Detachment Sigonella fornisce il supporto munizionamento al Comando delle forze navali USA in Europa (NAVEUR), a quello per le operazioni nel continente africano (US Africom), alle unità della VI Flotta e risponde alle richieste di munizioni ed esplosivi convenzionali del Dipartimento della difesa nell’area sotto la sua responsabilità (Europa, Africa e Medio oriente, ndr)”, spiega il Comando della Marina Militare USA nella richiesta di finanziamento della nuova santabarbara. “Il distaccamento di Sigonella assicura inoltre i team di pronto intervento a supporto delle operazioni VLS/CLS (presumibilmente i sistemi missilistici navali a lancio verticale, ndr) all’interno dell’area sotto la responsabilità della V Flotta USA e dei partner NATO. Per poter svolgere in modo adeguato la propria missione a Sigonella, il Naval Munitions Command ha bisogno di magazzini di stoccaggio delle munizioni e degli esplosivi ben progettati e in grado di supportare le richieste di munizionamento di US Navy, del Corpo dei Marine, di US Air Force, della NATO e dell’OPLAN – Operation Plan”. Con l’acronimo OPLAN viene inteso in ambito militare il piano operativo predisposto dagli alti Comandi delle forze armate per la conduzione delle operazioni congiunte in un ambiente ostile. (2)

Nella richiesta al Congresso, il Dipartimento della Marina USA spiega che la necessità di realizzare il nuovo arsenale a Sigonella è dovuta principalmente alla vetustà dei depositi esistenti. “Si tratta di infrastrutture vecchie di 60 anni che non rispondono ai requisiti richiesti dalle forze armate USA e NATO”, spiega US Navy. “Attualmente l’NMC Atlantic Detachment Sigonella non possiede un Ammunition Rework and Overhaul Shop per assemblare, costruire, smontare e distruggere le munizioni. L’esistente NATO Ordnance Facility è localizzata in un’area che è stata colpita in passato da inondazioni che hanno danneggiato gli edifici e la vicina rete stradale”.

La progettazione delle infrastrutture ha preso il via nell’agosto 2020 e sarà completata entro la fine del novembre di quest’anno. Il contratto di design per un importo di 596.516 dollari è stato affidato dal Naval Facilities EngineeringCommand all’Alliance Consulting Group Inc., società di engineering con quartier generale a Boston (Massachusetts). (3) Il cronogramma prevede che dopo l’autorizzazione del Congresso sia bandita la gara dei lavori e che questi vengano avviati a partire dell’ottobre 2024 per poi concludersi entro il settembre 2026. Oltre alla somma destinata all’esecuzione delle opere, il Dipartimento della Marina prevede di destinare 1.450.000 dollari all’acquisto di attrezzature e apparecchiature C4I (comando, controllo,comunicazione, computer e intelligence) e cibersecurity per “difendere” il nuovo arsenale di Sigonella.

Il progetto Ordnance Magazines è stato inserito all’interno del piano di investimenti finanziario per l’anno fiscale 2024 dell’European Deterrence Initiative (EDI), l’iniziativa di rafforzamento della presenza delle forze armate USA in Europa avviata da Washington in accordo con i partner della NATO a seguito dell’annessione russa della Crimea nel 2014. Si tratta di un budget di spesa di dimensioni abnormi, oltre 3,6 miliardi di dollari, che servirà ad accrescere il numero degli stazionamenti su base rotativa dei reparti terrestri e aeronavali delle forze armate USA e alla realizzazione di nuove infrastrutture militari e depositi di stoccaggio armi e munizioni. “I programmi EDI previsti per il 2024 continueranno a rafforzare le capacità e la prontezza delle forze USA, degli alleati NATO e dei partner regionali nel rispondere nel modo più rapido ad ogni aggressione nell’area di intervento dell’U.S. European Command e contro le minacce transnazionali da parte degli avversari regionali alla sovranità territoriale degli alleati NATO”, spiega il portavoce del Pentagono.

“Le priorità difensive per scoraggiare gli attacchi strategici contro gli Stati Uniti d’America e i suoi alleati e partner consentono di rafforzare gli sforzi di collaborazione e la robusta deterrenza contro l’aggressione russa”, aggiunge Washington. “Grazie ai prossimi finanziamenti dell’European Deterrence Initiative si potenzierà la postura di sicurezza in Europa e la rapidità di difesa contro l’aggressione della Russia alle nazioni NATO, saranno riempiti i siti preposizionati (con reparti, mezzi di guerra, armi e munizioni, ndr), così come potranno essere svolte le attività addestrative e le esercitazioni per assecondare i cicli rotativi (…) Il budget 2024 dell’EDI continua a puntare agli investimenti nella deterrenza integrata, nelle campagne e negli interveti che costruiscono vantaggi duraturi”.

Per la cronaca, il progetto di Sigonella è l’unico predisposto dal Dipartimento della Marina USA nell’ambito del capitolo di spesa per il “potenziamento infrastrutturale” (complessivamente si tratta di opere per 544,2 milioni di dollari). “Le risorse per rafforzare le infrastrutture e le facility in tutto il teatro europeo forniscono ai nostri alleati e partner e ai potenziali avversari una chiara indicazione dell’impegno a lungo termine degli Stati Uniti d’America in Europa”, spiega il Pentagono. “L’accesso a infrastrutture robuste in località strategiche è essenziale per il supporto delle attività e delle operazioni. I miglioramenti pianificati assicurano il pronto intervento e diverse attività ed eventi militari nella regione e rafforzano le funzioni di mobilità, accoglienza, stazionamento, proiezione e integrazione congiunta (JRSO&I)”. Nello specifico il pacchetto finanziario sarà destinato prioritariamente al potenziamento delle infrastrutture destinate ad ospitare equipaggiamenti, munizioni e carburante; delle basi per le unità inviate a rotazione; dei poligoni e dei centri addestrativi; degli scali aeroportuali; delle reti d’intelligence e dell’architettura di sorveglianza. (4)

“La missione primaria di NAS Sigonella è quella di assicurare le attività operative consolidate e logistiche avanzate e i centri di comando, controllo e amministrativo a supporto delle forze armate USA e di altri paesi NATO”, si legge nella scheda inviata al Congresso dal Dipartimento di US Navy. “Sigonella supporta i vari squadroni aerei multi-funzioni e multi-nazionali in transito a rotazione. La facility presente nella baia di Augusta (Siracusa) assicura il rifornimento di carburante e viveri alle unità da guerra della VI Flotta e alle navi di supporto logistico. Anche la stazione di telecomunicazioni (a Niscemi, ndr) e il Pachino Target Range forniscono il supporto alla flotta USA. Inoltre NAS Sigonella è il punto di rotta per il transito di personale militare e dei voli cargo attraverso l’Europa, l’Africa e l’Asia sud-occidentale”.

Nella grande stazione aeronavale, sede di quasi una quarantina di comandi operativi delle forze armate degli Stati Uniti d’America e centro nevralgico per le operazioni dei droni-spia e killer USA e NATO, proliferano intanto i cantieri infrastrutturali. Dopo che lo scorso anno è stato completato un maxi-hangar per il ricovero e la manutenzione dei nuovi pattugliatori marittimi P-8A “Poseidon” di US Navy (costo 26,5 milioni di dollari) (5), a breve saranno realizzate le vie di rullaggio e i piazzali destinati a questi velivoli che sono impiegati quotidianamente in operazioni di intelligence e sorveglianza della flotta russa nel Mar Nero e dei sottomarini nucleari di Mosca in transito nel Mediterraneo. Per la realizzazione delle nuove taxyway per i “Poseidon” sono stati stanziati 66.050.000 dollari.

Nella primavera 2024 entrerà in funzione anche una nuova Stazione di telecomunicazioni satellitari. “L’infrastruttura nella Naval Air Station di Sigonella, per cui è prevista una spesa di 42 milioni di dollari, comprenderà pure una facility per le informazioni sensibili e riservate e consentirà di effettuare comunicazioni – vocali e di dati – più sicure e affidabili alle unità navali, sottomarine, aeree e terrestri di US Navy”, spiega il Pentagono. Imponente anche il costo delle apparecchiature elettroniche e dei sistemi di comando, controllo, comunicazione ed intelligence che saranno installati nella stazione satellitare: 57 milioni di dollari. Il nuovo centro opererà sotto il Comando della U.S. Naval Computer and Telecommunications Station (NCTS) Sicily, che supporta le comunicazioni critiche delle forze armate USA, NATO e delle coalizioni alleate che operano nelle regioni sotto la responsabilità dei comandi di US Africom, CENTCOM ed EUCOM. (6)

E’ inoltre in progettazione la modernizzazione delle infrastrutture e dei sistema di atterraggio nelle piste della base (il contratto di design ha il valore di 3.610.000 dollari), mentre a metà luglio sarà bandita la gara per realizzazione il nuovo quartier generale delle unità cinofile dei marines USA impiegate in operazioni “antiterrorismo” e nella ricerca e rimozione di munizioni ed esplosivi (costo 5.900.000 dollari) (7). Pagine Esteri. 

 

Palmanova, la città a nove punte
Da mitomorrow.it del 21 aprile 2023

Di Camilla Catalano

Volare tra le nuvole di un cielo infinito per cogliere una terra in cui il tempo sembra essersi fermato, Palmanova. È quello che abbiamo fatto per scovare tutte le ricchezze della città fortezza a nove punte, dal 2017 Patrimonio Unesco, un vero gioiello dell’architettura militare. Da Milano la dividono trecentosessanta chilometri, circa, macinati in treno attraversando parte del Nord Italia. Un viaggio che vale: prezioso nella storia che ha da condividere e nel territorio da esplorare. Alle porte della città, realizzata strategicamente a fine del Cinquecento, è possibile immergersi in un’esperienza completa tra arte, mondo culinario e shopping.

Palmanova Village, dove le mura riqualificate dall’artista Geometric Bang, dimostrano quanto l’arte possa raccontare la storia di un territorio

È al Palmanova Village che consigliamo di compiere la prima tappa. Non un semplice villaggio per lo shopping, ma un luogo in cui, ora, è possibile cogliere la storia di Palmanova grazie al racconto dei dipinti realizzati sulle pareti dall’artista lodigiano Geometric Bang. Grazie al progetto interdisciplinare di rigenerazione ambientale Art is in the Land, il Village, che ospita numerosi negozi, si è trasformato in una galleria d’arte a cielo aperto.

Già dall’esterno, fin dalla strada, è possibile essere attratti dai colori e dai disegni dell’artista. «Ho iniziato a disegnare a tredici anni facendo i graffiti», inizia a raccontare Geometric Bang, protagonista indiscusso di questo intervento i cui valori trasmessi sono spirito rivoluzionario, unicità e ribellione. Le sue influenze arrivano da Henri Matisse e Joan Mirò: «Per il mio percorso artistico, i loro lavori sono stati molto importanti. Poi, allo stesso tempo, ho avuto grandi maestri nel mondo della street art».

Sulle pareti e sulle facciate del Palmanova Village ha rappresentato il presente, il passato e il futuro della città attraverso enormi dipinti colorati, elementi tridimensionali e luminosi di lighting design. «Ho lavorato a questo progetto per un mese. Tutte le pareti hanno una storia e, tra di loro, si richiamano: ogni lavoro ha qualcosa di quello precedente e del successivo. L’esterno del Village presenta linee più astratte, deve colpire il visitatore anche dall’esterno senza distrarlo troppo. All’interno, invece, ho sviluppato diverse storie con personaggi del mondo animale, come tigri e leoni, uomini ed elementi naturali, come le palme».

In questo modo, Geometric Bang ha portato unicità a un luogo, celebrando il territorio del Friuli Venezia Giulia e dei suoi gioielli nascosti. Del resto l’arte ha sempre avuto questo compito allo stesso tempo indiretto e principale, raccontare qualcosa, far riflettere. «Mi piace molto poter portare nei miei lavori temi d’attualità – continua l’artista – amo raccontare quello che succede e ho particolarmente a cuore il tema dell’inclusione sociale. L’arte, come la musica, la scrittura, deve portare le persone a pensare e a far riflettere. Uno dei lavori a cui sono più legato è quello che ho realizzato nel quartiere di Certosa a Genova, vicino al ponte Morandi, subito dopo il crollo. Ho riqualificato una parete di sette piani raccontando la storia delle persone del posto. È stato emotivamente molto forte».

Anche la città di Milano è stata tappa importantissima per la crescita dell’artista: «Lambrate è il quartiere a cui sono sicuramente più legato, l’ho frequentato moltissimo in passato, ma presto mi piacerebbe anche poter lavorare in qualche area da riqualificare che abbia bisogno di colore, ma soprattutto di un messaggio importante». Palmanova è un gioiello da scoprire, nei suoi percorsi culturali, nella sua particolarità e con questo progetto artistico comunica non solo che l’unicità che vive è la ribellione di oggi, ma anche che il nostro Paese custodisce ancora terre ancora poco esplorate, magiche e con grandi valori.

 

Bagnoli di Sopra: ex commilitoni alla base di San Siro per il centenario dell’Aeronautica
Da lapiazzaweb.it del 20 aprile 2023

Più di duecento persone hanno raggiunto l’ex caserma dell’80mo Gruppo Intercettori Teleguidati di Bagnoli

Tra ricordi e prospettive future: l’ex base di San Siro ha ospitato la grande festa per la celebrazione del centenario dalla fondazione dell’Aeronautica Militare su iniziativa di un gruppo di ufficiali e sottufficiali in congedo che ha creato il nucleo dell’associazione Arma Aeronautica.

Più di duecento persone hanno raggiunto l’ex caserma dell’80mo
Gruppo Intercettori Teleguidati di Bagnoli, per  ripercorrere la storia di questo gruppo che operò per decenni a San Siro. Molte le autorità presenti fra le quali il colonnello Aldo Palmitesta, presidente Arma Aeronautica. Dopo la visita guidata nella caserma ristrutturata e diventata qualche anno fa anche un set cinematografico, oltre che un frequentato cento sportivo, tutti hanno ammirato il sorvolo degli aerei storici delle associazioni Ali di Bagnoli e Historical Aircraft Group decollati dalla vicina aviosuperficie. All’evento hanno partecipato numerosi associati, ex militari in congedo e loro familiari, a livello provinciale ma anche dal resto del Veneto per un ritrovo dal sapore particolare: un ritorno di ex commilitoni nella loro ex base militare, luogo per molti anni delle loro attività e delle lunghe sessioni di addestramento.

Gli ex avieri in servizio a San Siro si sono riuniti in un comitato promotore, che in questi giorni è diventato il nucleo dell’associazione Arma Aeronautica Sezione di Padova con il nome di “Ex 80° Gruppo IT – Bagnoli di Sopra”, intitolato al generale Giambattista Ceoletta, pilota decorato della Seconda Guerra Mondiale già comandante dal 1969 al 1973, che con il Generale Mario Squarcina diede vita all’attuale Pattuglia Acrobatica Nazionale, facendone parte nel ruolo di “solista.

“Lo scopo del nostro gruppo- spiegano- è far conoscere ai giovani l’Aeronautica e avvicinarli alla meravigliosa realtà del volo. Speriamo di avere uno spazio dal comune all’interno dell’ex base per svolgere le attività dell’associazione”.

Il sindaco Roberto Milan ha fatto sapere che “questo è solo il primo degli eventi che saranno ospitati nella struttura di San Siro. La Pro Loco ha allestito una cucina permanente in modo da poter organizzare altri momenti di incontro e convivialità. Inoltre è confermato l’accordo con la Conselve Nuoto per l’uso della piscina e per i centri estivi”.

Di Cristina Lazzarin

 

Dove si trovano e quante sono le basi militari americane e i soldati USA nel mondo
Da geopop.it del 19 aprile 2023

È frequente l'intervento delle forze armate statunitensi in conflitti in varie parti del mondo. Ma perché ci sono così tante basi e truppe americane fuori dai confini degli USA? E soprattutto, sappiamo quante sono e a cosa servono?

Di Carolina Mantini in collaborazione con Alessandro Beloli

In tutta la storia dell'umanità non era mai capitato che le forze armate di un Paese fossero così tanto presenti nel mondo come quelle degli Stati Uniti, sia in termini di quantità di mezzi e uomini sia in termini di distribuzione nello spazio. Basti pensare che solamente negli ultimi vent’anni il governo americano ha speso la cifra enorme di 8 trilioni di dollari per finanziare la "guerra al terrore" in Medio Oriente e che attualmente almeno 170 Paesi nel mondo accolgono militari USA e almeno 76 Stati ospitano in totale circa 642 basi.

La presenza militare americana in tutto il Pianeta ha garantito e
continua a garantire a Washington una grande influenza su moltissimi
contesti geografici diversi e il dominio sulle rotte commerciali globali e sui choke points (i colli di bottiglia marini corrispondenti a stretti o
canali strategici). In questo articolo vediamo quante sono e dove si
trovano le basi militari e le truppe USA.

Quante basi e soldati hanno gli USA nel mondo

Il numero di basi militari americane nel mondo, così come la quantità di soldati all'estero sono cambiati molto negli ultimi trent’anni. Nell'ultimo documento ufficiale disponibile, contenente i dati del 2021, risultano 544 basi degli USA in 43 Stati esteri più altre 159 in territori statunitensi d'oltremare. Tuttavia, il Base Structure Report del Pentagono si limita a elencare le proprietà del Dipartimento della Difesa che valgono oltre 10 milioni di dollari e/o hanno una dimensione superiore a 10 acri (circa 40.000 m2).

Il Professor David Vine, dell'American University di Washington ha approfondito l'argomento e ha censito almeno 642 basi in 76 Paesi (dati aggiornati al luglio 2021). Nonostante questo, molte informazioni rimangono segrete. Lo dimostrano una nota del Joint Chiefs of Staff del Pentagono e le stime della CIA: ci sono truppe americane operative in ogni mare e in ogni continente, Antartide compreso, e si può trovare personale militare statunitense in più di 170 Paesi del mondo. Considerando che gli Stati riconosciuti a livello internazionale sono 195, significa che gli USA sono presenti in almeno l'87% dei Paesi del mondo.

In particolare, utilizzando i dati stimati dalla CIA, i quadranti e gli Stati con una maggiore presenza di truppe americane sarebbero l'Europa (circa 100.000 militari, in particolare in Germania, Italia e Regno Unito), il Giappone (circa 56.000 militari), la Corea del Sud (circa 28.000 militari) e il Medio Oriente (circa 15.000 militari). E in effetti queste cifre collimano col maggior o minor numero di basi statunitensi presenti nei vari Paesi.

Dove si trovano le basi americane: la mappa

Partendo dal presupposto che, come abbiamo visto, è difficile reperire dati aggiornati e precisi sulle basi americane nel mondo, anche perché molte sono segrete, se andiamo a dare un’occhiata alla distribuzione di quelle note ed evidenziamo su una mappa gli Stati che ne ospitano (come quella che vedete qui sotto), si capiscono facilmente gli obiettivi strategici degli USA e le minacce che più temono.

Attualmente, infatti, il più alto numero di basi si trova in due Paesi in particolare: la Germania e il Giappone, i due principali Paesi sconfitti durante la Seconda Guerra Mondiale (e perciò da controllare con particolare attenzione). La prima contiene almeno 123 basi, il secondo almeno 113. Usiamo "almeno" per i paletti usati nel Base Structure Report rispetto al valore e alla dimensione delle basi censite (che abbiamo riportato nella sezione precedente). La base di Ramstein, in Germania, è anche la più grande in Europa, e occupa più di 1400 ettari di territorio (14,4 km2).

La presenza americana in Germania e Giappone è funzionale oggigiorno a contrastare le due più grandi minacce che Washington sente di dover arginare: la Russia, occupata in questo momento nella sanguinosa guerra in Ucraina, e la Cina, che si sta imponendo come gigante economico e che ha mire espansionistiche verso l'isola di Taiwan.

Al terzo posto come numero di basi statunitensi ospitate si attesta la Corea del Sud, con almeno 79 basi, che gli USA ritengono cruciale sempre per far fronte alla minaccia posta da Pechino e anche della Corea del nord. Al di là di Taiwan, infatti, vari analisti militari e geopolitici concordano sul fatto che la prossima arena di scontro fra Cina e Stati Uniti sarà proprio nel quadrante dell'oceano Pacifico e dell'oceano Indiano, dove gli USA hanno molti alleati e dove Pechino cerca sempre più sbocchi sicuri negli oceani, tramite il controllo dei mari costieri e la tessitura di nuove alleanze.

E l'Italia? È al quarto posto, con almeno 49 basi americane. Secondo stime che considerano anche siti molto piccoli, tuttavia, sarebbero più di 120.

Che tipologie di basi USA esistono

Non tutte le basi americane sono uguali. Dipende sempre dallo scopo e dall’uso strategico che il Dipartimento della Difesa americano rinviene di volta in volta in giro per il mondo. Le basi differiscono così per dimensione e per gestione.

Ad esempio, la base militare di Aviano, una delle basi americane in Italia, è molto ampia e comprende piste di decollo e atterraggio, poligoni, bunker dove dovrebbero essere conservate alcune armi atomiche, scuole americane e fast food di catene statunitensi come Taco Bell. In sostanza, molti le paragonano a delle mini-colonie. Altre basi, invece, come la base Al Udeid in Qatar, e si stima come altre 400 simili, sono minori: si tratta perlopiù di ristrette rampe di lancio o magazzini di conservazione oppure di basi di trasmissione.

Nel corso degli anni, comunque, proprio per la grande influenza degli USA trasmessa tramite queste basi, molti Stati sono diventati riluttanti a ospitarle e in alcuni Paesi sono scoppiate anche aperte proteste. Ad esempio a Shannon, in Irlanda, le persone sono scese in strada per la decisione di lasciare a Washington l’uso dell’aeroporto cittadino per il trasporto di armi.

Analogamente, nel 2009 il Presidente dell’Ecuador Rafael Correa si rifiutò di rinnovare la licenza per le basi americane dichiarando che gli Stati Uniti avevano, tramite quelle, troppo controllo sul suo Paese. In ogni caso, quando il governo americano non rinviene più la necessità di avere delle basi, chiuderle è relativamente facile, dato che in nessuna fase del procedimento viene coinvolto il Congresso (il Parlamento statunitense), rendendo la decisione rapida.

Come sono divise le forze armate USA

Non tutte le basi, come abbiamo già appurato, accolgono tutte le possibili funzioni militari. La distinzione tra l'una e l'altra dipende molto anche dal corpo d’armata delle forze statunitense che gestisce la base, perché più strategico per il contesto occupato.

A questo proposito è bene ricordare che le forze armate statunitensi si suddividono in 6 corpi d'armata (le prime 4 delle quali con basi all'estero), ognuno con una specializzazione e dei compiti diversi e più o meno definiti (esistono comunque alcune sovrapposizioni). Eccoli, con le relative basi all'estero e in territori d'oltremare (censite dal Base Structure Report 2022)

1. United States Army (esercito): 220 basi all'estero e 29 in territori d'oltremare
2. United States Marine Corps (fanteria anfibia): 31 basi all'estero
3. United States Navy (marina): 123 basi all'estero e 97 in territori d'oltremare
4. United States Air Force (aeronautica): 170 basi all'estero e 9 in territori d'oltremare
5. United States Space Force (astronautica)
6. United States Coast Guard (guardia costiera)

 

Un milione per recuperare l’antico Forte di Lunetta
Da gazzettadimantova.it del 18 aprile 2023

Con i fondi Pnrr la giunta approva il progetto definitivo: previste telecamere di sorveglianza e interventi sul verde e sulle murature

Il progetto definitivo di riqualificazione del Forte di Lunetta e delle relative aree di pertinenza ha avuto l’ok della giunta comunale. L’intervento sarà finanziato con i fondi del Pnrr grazie all’assegnazione di un contributo per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, finalizzati alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale. Per realizzare il progetto il Comune di Mantova ha ottenuto dallo Stato 955mila euro. Dalle  casse di via Roma usciranno altri 42mila euro. L’intervento è quindi di un milione di euro. «Il progetto – spiega una nota del Comune – mira a coniugare la conservazione delle murature, a favorire la comprensione delle fortificazioni e a rendere percorribili luoghi oggi difficilmente accessibili.

Per realizzare il progetto sono previste varie opere, a partire dagli interventi conservativi sui manufatti: rimozione, dopo l’estirpazione della vegetazione infestante, dello strato superficiale del terreno e del tetto crollato all’interno; messa in sicurezza delle porzioni pericolanti di muratura, rimozione delle superfetazioni. Previsti anche l’ eliminazione delle patine biologiche, la pulitura delle murature storiche, il consolidamento delle murature e la protezione delle creste murarie, la sostituzione dei portoni e la realizzazione di alcuni nuovi accessi in metallo. Si interverrà anche sulla vegetazione spontanea con la potatura e l’eliminazione delle specie infestanti all’interno del forte che compromettono le murature e rendono difficile l’accesso all’area.

Quindi saranno asportate dal fossato le piante secche o male ancorate al terreno. Inoltre, sono previsti interventi come la realizzazione di un impianto di illuminazione all’interno del forte e del percorso circostante. Non ultimo, sarà realizzato un impianto di videosorveglianza all’interno del forte, sostituito il parapetto del fossato in pali di legno con uno nuovo in metallo. Infine l’operazione di restauro prevede la manutenzione delle recinzioni esterne e del cancello di accesso in via dei Caduti.

 

Bunker spostato dal tracciato della nuova 195: «Strada aperta entro fine anno»
Da unionesarda.it del 18 aprile 2023

Fortino militare da 160 tonnellate, risalente alla seconda guerra mondiale, rimosso dall’Anas: a Capoterra necessarie due gru

Deve passare la nuova 195, via il bunker della seconda guerra mondiale.
Questa mattina, in territorio di Capoterra, sono state eseguite le operazioni di spostamento di un fortino militare che si trovava all’interno del tracciato in costruzione della nuova “Sulcitana”.
La struttura, risalente agli anni ’40 del secolo scorso e pesante 160 tonnellate, faceva parte di un sistema di difesa assieme ad altre tre strutture limitrofe. Per il suo valore storico, fanno sapere dall’Anas, è stato quindi necessario salvaguardarne completamente la struttura, ricollocandola al di fuori dell’area dove sorgerà la nuova strada.

Per spostarlo sono state necessarie due gru, rispettivamente del peso di 250 e 450 tonnellate.

«L’intervento si è reso necessario per il completamento del lotto 1», spiega il responsabile Anas per la Sardegna, Franceco Ruocco, «che secondo le previsioni sarà aperto al traffico entro la fine dell’anno».

 

Torre Canai: un bene identitario considerato alla stregua di uno stabilimento balneare
Da italianostra.org del 18 aprile 2023

Da oltre 30 anni Italia Nostra è concessionaria della Torre Canai a Sant’Antioco e garantisce la libera fruizione di tale importante bene culturale e identitario

Circa 3000 turisti all’anno (soprattutto nei mesi estivi) la visitano GRATUITAMENTE grazie all’impegno volontario dei soci che assicurano visite guidate della Mostra sulle torri costiere e del patrimonio culturale e ambientale della parte meridionale dell’isola di Sant’Antioco. La Torre annualmente ospita numerose iniziative culturali (concerti, corsi fotografici e di educazione ambientale, manifestazioni artistiche) ed è inserita tra i monumenti da visitare nell’ambito delle iniziative organizzate da Enti pubblici quali il Comune di Sant’Antioco, il Ministero dei Beni culturali e il Consiglio d’Europa. Non va dimenticato che Italia Nostra ha progettato alla fine del secolo scorso il restauro conservativo della Torre poi realizzato con un finanziamento del Ministero dell’Ambiente e della Soprintendenza di Cagliari.

Il punto dolente è relativo al canone demaniale recentemente richiesto che è stato decuplicato rispetto a quello degli anni precedenti e che per l’anno corrente verrà aumentato di un ulteriore 25%, (da circa 350 euro nel 2018 a 3.377 euro nel 2023). Sostanzialmente la Torre viene considerata alla stregua di uno stabilimento balneare, quasi che l’Associazione lucrasse alcunché dalla sua attività che è, piuttosto, un servizio assolutamente gratuito a favore della collettività e non potrebbe essere diversamente visto che Italia Nostra è una APS, svolge attività senza scopo di lucro e il cui interesse pubblico è riconosciuto per decreto del Presidente della Repubblica.

La questione non riguarda solamente Italia Nostra con la gestione della Torre, sono tante in Italia le Associazioni del terzo settore, oltre a numerosi enti pubblici, che usufruiscono di beni e spazi demaniali per svolgere attività culturali o sportive, che forniscono un servizio alla comunità e che sono parte integrante dell’offerta culturale e turistica del nostro Paese.

Se non si dovesse intervenire riportando il canone ai precedenti importi, Italia Nostra si troverà costretta a rinunciare alla concessione non essendo in grado di far fronte (oltre alle spese correnti) anche all’elevato canone e verrà vanificato l’impegno e il servizio offerto da diversi decenni alla comunità residente e ai numerosi turisti. er cercare di superare questa difficoltà sono state coinvolte le Autorità ministeriali competenti e si spera in un positivo riscontro.

Sant’Antioco 18 aprile 2023 Graziano Bullegas Presidente Italia Nostra Sant’Antioco

 

Festa al Parco della Polveriera: l’area ha bisogno di spazi non di recinzioni e divieti
Da giornalelavoce.it del 17 aprile 2023

La partecipata festa di primavera, che da anni si svolge al lago San Michele di Ivrea, è stata animata da bambini e persone di tutte le età e dalla presenza di diverse associazioni del nostro territorio.

Il nostro gruppo politico da anni segue le importanti iniziative educative e sportive svolte dalle associazioni e dal laboratorio ambientale all’interno del parco; riteniamo che il patto di collaborazione tra queste realtà e l’Amministrazione abbia un grande valore e debba essere favorito ed esteso.
L’utilizzo dell’area si è ampliato negli anni alle sponde del lago, ad alcuni sentieri che la collegano al quartiere San Lorenzo e ai percorsi che salgono verso il lago Sirio.
Purtroppo recentemente chi opera all’interno del parco, senza essere informato dall’Amministrazione e dai proprietari di parte dell’area, si è trovato chiuso con una recinzione elettrosaldata il percorso ad anello esterno al parco, sentiero molto frequentato che da decenni viene utilizzato ad uso civico; questo fatto denota una grave mancanza di confronto tra l’Amministrazione, le Associazioni che vi operano e i proprietari.
Risulta incomprensibile perché gli uffici abbiano permesso la recinzione, questo perché il progetto preliminare del nuovo piano regolatore, approvato in Consiglio e quindi già vincolante, prevede attorno al lago San Michele un anello destinato ad uso
pubblico finalizzato alla realizzazione di un percorso naturalistico.
La recinzione e i molti cartelli di divieto d’accesso ai percorsi lungo via San Michele e la sponda del lago hanno provocato indignazione e motivato alcuni cittadini ad organizzare una raccolta firme a sostegno di una petizione popolare che chiede
risposte rapide all’Amministrazione.
Centinaia di firmatari hanno sottoscritto, durante la giornata di festa, un documento dove si chiede “… quali siano le prospettive di uso pubblico di un’area di indubbio valore naturalistico e sociale ricreativo” e si descrivono le azioni agite dai proprietari; cancello, recinzione, cartelli. Il testo della petizione auspicando “un giusto equilibrio tra diritto privato e interesse pubblico chiede all’Amministrazione: “… di verificare lo stato dei luoghi sopracitati e in caso di abusi si richiede il ripristino della legalità e delle servitù di passaggio ad uso pubblico e di illustrare, in un incontro pubblico presso il parco la Polveriera, la pianificazione territoriale prevista per le aree in oggetto ed di chiarire le tempistiche di realizzazione dei progetti annunciati dal comune”.

Nel 2022 durante una riunione della conferenza dei capogruppo il gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle propose all’Amministrazione di inserire l’area del San Michele tra i progetti da presentare al Ministero; la nostra proposta venne accettata e successivamente si ottenne dal Ministero un finanziamento di 300.000 euro dal PNRR per la dotazione di nuovi servizi alla Polveriera e per la realizzazione di un percorso pedonale con panchine e parcheggi lungo via San Michele.
Per indirizzare e sollecitare la realizzazione del percorso capace di mettere in sicurezza i pedoni e i ciclisti e rendere accessibili e fruibili le sponde del lago, i cittadini organizzarono nel mese di settembre del 2022 una petizione sottoscritta da 600 residenti successivamente consegnata al Sindaco.
La giunta rispose in Consiglio comunale ad una nostra interpellanza affermando che la proposta del percorso pedonale e della conseguente messa in sicurezza di Via San Michele sarebbe stata progettata dagli Uffici e quindi finanziata dal PNRR. In una risposta scritta dell’Assessore del 22 dicembre 2022 ad una nostra interrogazione che chiedeva un aggiornamento sulle progettazioni interne al Parco della Polveriera e del percorso ci fu risposto che: ”Tra i 6 progetti presentati, risultati tutti finanziati, vi è anche quello specifico dell’area in questione, dal titolo “Interventi per la fruizione sostenibile del parco della Polveriera e del Lago San Michele al fine del potenziamento della capacità inclusiva dell’area, per un importo complessivo di 300.000,00 euro. I due principali indirizzi da cui partire per gli sviluppi progettuali: Accessibilità e Allestimenti. Se la Polveriera vuole diventare l’ingresso al Parco dei 5 Laghi deve essere dotata delle infrastrutture necessarie per essere effettivamente la partenza di percorsi territoriali. Il parcheggio e soprattutto una sentieristica che permetta di arrivare a via Canton Gabriel saranno quindi fondamentali. Ciò non solo per una fruizione turistica ma anche e soprattutto per la quotidianità dei cittadini che risiedono nell’area e che con molta difficoltà percorrono al momento via Lago San Michele”.

In secondo luogo sarà opportuna una risistemazione degli immobili della Polveriera ed una implementazione delle attrezzature per migliorarne la fruizione”.
Alle parole rassicuranti dell’Assessore Michele Cafarelli sono seguiti contatti dell’Amministrazione con i proprietari; riteniamo, viste le nuove recinzioni e i molti cartelli di divieto, che la contrattazione sia finita male e che le opere prospettate siano a rischio. La legge prevede l’esproprio di aree private per la realizzazione di opere pubbliche, ma purtroppo l’Amministrazione non ci risulta stia procedendo in questa direzione dimostrando di non avere la capacità di perseguire l’interesse pubblico e di mantenere le promesse annunciate..

 

Ha riaperto le porte il Forte Olimpio
Da laregione.ch del 16 aprile 2023

La giornata inaugurale è stata preceduta dalla cerimonia della posa di un cannone da 7,5 cm di campagna. Prossima apertura il 30 aprile

Di Red Locarno

L'associazione Fortificazioni Gambarogno ha riaperto il portone del Forte Olimpio, un fortino di fanteria della prima guerra mondiale in calcestruzzo armato, composto da una galleria che circonda il ricovero completo dove trovano posto quattro postazioni per mitragliatrici e due proiettori. La costruzione era concepita per la difesa della strada cantonale del Gambarogno e della ferrovia Luino-Cadenazzo, ma proteggeva le feritoie del forte di artiglieria di Magadino Superiore, dove alloggiavano due cannoni da 7,5 cm a tiro rapido.

La giornata di apertura (alla quale hanno partecipato una settantina di persone, che hanno vissuto una giornata vintage dell'esercito svizzero) è stata preceduta dalla cerimonia della posa di un cannone da 7,5 cm di campagna. Alla presenza di un discreto numero di soci, delle autorità comunali e del Patriziato, dopo il discorso di benvenuto da parte del Presidente dell'associazione Fortificazioni Gambarogno Renato Bonetti è stato scoperto il cannone del 1938 ritrovato in un arsenale e recuperato per poi essere posato lungo la strada cantonale per indicare la presenza del vicino Forte Olimpio. La prossima apertura è prevista domenica 30 aprile.

 

Dal favoloso castello, uno spettacolo: il verde delle colline si fonde con il blu del mare
Da calabriadirettanews.com del 16 aprile 2023

La bella Calabria che non finirà mai di stupire e sorprendere.

Tra gli innumerevoli e stupendi castelli, che insistono nella nostra regione, anche quello di San Fili (o castelletto Lamberti) è un casino fortificato costruito, tra il 1710 e il 1720, dal capitano e patrizio stilese Giuseppe Lamberti, secondo i canoni dell’architettura militare su un promontorio dello storico suffeudo di San Fili in provincia di Reggio Calabria.

 

 

 

 

Pregevole il salone ottagonale del piano nobile e il ponte levatoio di accesso trasformato in seguito in muratura.

Nelle vicinanze del castelletto i Lamberti edificarono anche una chiesetta di campagna dedicata a Santa Maria del Carmine .

Nella seconda metà del XIX sec. i Lamberti alienarono tutta la proprietà di San Fili a Ponziano Alvaro di Riace.

Attualmente il castelletto e la chiesa rurale sono di proprietà del Comune di Stignano in Calabria.

 

Porte aperte al bunker militare di Mairano
Da laregione.ch del 16 aprile 2023

Appuntamento domenica 23 aprile dalle 11 a Iragna

Di Red Bellinzona

Domenica 23 aprile, dalle 11 alle 16, sarà possibile visitare il bunker militare di Mairano, a Iragna. “Ristrutturato e riattivato dalla Società ticinese di artiglieria, è situato sulla Via della Pietra, itinerario turistico e di interesse storico e naturalistico”, si legge in una nota. Per partecipare alla giornata è necessario iscriversi a: art.fort9@gmail.com.

L’opera fortificata (nome in codice A8154) risale agli anni 40: chiudeva l’accesso alle Alpi da nord di Bellinzona e faceva parte delle opere della Linea Lona. Il bunker, armato di un obice di 10,5 cm, operava nel contesto della difesa del fronte sud, sviluppato su 23 fortini di fanteria e di artiglieria oltre che allo sbarramento anticarro a forma di ‘V’. Il dispositivo era completato da una linea di opere di artiglieria lungo la trasversale Mairano-Mondascia. Il sistema difensivo, tra l’altro, venne potenziato dopo la Seconda guerra mondiale.

 

LA CITTÀ NASCOSTA I bunker di Volosca, una sorpresa dietro l’altra
Da lavoce.hr del 15 aprile 2023

Di Ornella Sciucca

Il maestoso arco. Foto: Željko Jerneić

Le suggestive località di Volosca, Abbazia, Icici e Ica vengono generalmente associate al lungomare, alle passeggiate tranquille, a paesaggi docili e mondani, a momenti di relax, a ristoranti e turisti, a colori e profumi che accarezzano la vista e l’anima. Difficilmente possono far venire in mente conflitti, asti, soldati e armi in attesa o postazioni di guerra. Eppure, come lungo tutta la costa, di cui in parte abbiamo già raccontato, anche in quei luoghi si possono scoprire una miriade di casematte di cemento armato, risalenti alla Seconda guerra mondiale, alcune delle quali sono state integrate in strutture o palazzi successivi, in altri sono rimaste a ricordo e monito perenne.

Per la conformazione del nostro territorio, la difesa delle coste era una necessità imprescindibile, ma difficilmente realizzabile.

 

 

 

Il bunker sotto la villa di Črnikovica. Foto Željko Jerneić

Difenderle significava proteggere i porti e le città, ma anche e soprattutto i tratti di costa fuori dai centri urbani, strategicamente impossibili da difendere interamente.

Durante il succitato periodo le stesse furono così protette con artiglierie in postazione fissa, bunker dotati di mitragliatrici e/o cannoni, di mura antisbarco e di ostacoli anticarro lungo le spiagge e sulle alture, a firma sia delle forze italiane che di quelle tedesche. Come ormai per ogni visita, ci siamo armati di tempo, pazienza e della nostra guida, il collega Igor Kramarsich, e siamo partiti alla ricerca delle stesse.

 

 

 

Il bunker sotto il Centro per la dialisi. Foto Željko Jerneić

Foto Željko Jeneić

Casematte allo sbaraglio
La nostra prima tappa è stata la boscaglia di Volosca, sopra la curva verso Abbazia. Posteggiata la macchina, abbiamo affrontato una breve scalinata, la quale ci ha subito tuffati in uno scenario naturale, costituito da una vegetazione ostica, secca, quasi nemica, in cui le uniche tracce umane sanno di strano e inverosimile: enormi gomme di camion, scheletri arrugginiti di sedili di autobus, magliette, qualche lattina.

Dopo circa dieci minuti di cammino, Igor ci ha indicato due residuati bellici, molto probabilmente di costruzione italiana (considerata la modalità di costruzione e la cementazione), ovvero due bunker di dimensioni non grandissime. Il primo è quasi la replica, eccetto per la forma della base, di quelli osservati nel parco del Santuario di Tersatto e l’altro, interrato e ormai camuffato dai rami e dalle foglie, si presenta con la scritta in nero bene in vista “Entrata severamente proibita”.

La stessa, invasa da rami e spazzatura, non è accessibile. Ciò che ci ha per l’ennesima volta fatto riflettere è che le casamatte, come tante altre, siano oggi inserite, o meglio dire abbandonate nel territorio, prive di qualsiasi contestualizzazione o spiegazione. Non una segnalazione che ne indichi la presenza, non un cartello sulla loro costruzione, funzione e storia. Questi cimeli, se li vogliamo chiamare così, oltre a stuzzicare l’interesse principalmente di storici locali o di appassionati, non interessano affatto le istituzioni?

Il bunker sotto il Centro per la dialisi. Foto Željko Jerneić

Foto Željko Jerneić

In riva al mare
Il secondo giro ci ha fatto scendere fino alla riva, dove ad attenderci è stato, oltre al paesaggio che fa sempre battere fortemente il cuore, un paletto cementato, trasportato chissà da dove, al quale una volta venivano legati i cavalli o altro bestiame. A pochi metri dallo stesso un maestoso arco dal bordo in mattoni rossi ci ha introdotti in quello che doveva essere stato un bunker importante, sito in prima linea sul mare, del tutto amalgamato con l’ammasso roccioso circostante. “Un ottimo lavoro di mimetizzazione italiana”, ha commentato Igor e non potevamo che essere d’accordo: se non fosse per la definizione realizzata in mattoni (probabilmente edificata successivamente), l’entrata nello stesso, molto diverso da tutti quelli visti sinora, sembrerebbe quella di una grotta. Incuriositi e guardinghi ci siamo avvicinati, guadagnando pochissimi metri del tunnel. Ma è bastato così. Il tempo di fare alcuni scatti, di sorprenderci nuovamente, di pensare a chi ci ha trascorso del tempo per dovere, di assaporare la bella giornata e il panorama e via. Le altre casamatte ci stavano attendendo.

 

Il bunker militare di La Quinta, a Santa Úrsula, sarà trasformato in un belvedere
Da leggotenerife.com del 15 aprile 2023

Il piano Costa de Acentejo mira a consolidare e migliorare le strutture esistenti e a crearne di nuove che consentiranno di contemplare l’Area Naturale.

Il bunker militare situato nell’urbanizzazione di La Quinta, a Santa Úrsula, è una costruzione risalente al 1942, progettata da Francisco Franco per sorvegliare gran parte della costa settentrionale in caso di invasione durante la lotta tra gli alleati e le potenze dell’Asse nell’ambito della Seconda Guerra Mondiale e quindi per far fronte a qualsiasi tipo di sbarco che potesse avvenire sulle spiagge di Puerto de la Cruz.
Sebbene non abbia mai assolto a questa funzione difensiva perché costruito con materiale obsoleto, la verità è che a capo di questa batteria c’erano prestigiosi militari dell’epoca, come il capitano José García Borg, e non merita di rimanere nel deplorevole stato di conservazione in cui si trova da più di un decennio, pieno di graffiti, con danni significativi all’interno e un accumulo di rifiuti di ogni genere e senza una targa diidentificazione del patrimonio.
Dal sito sono stati rimossi anche importanti resti preispanici, attualmente conservati nel Museo Archeologico di Puerto de la Cruz.
Per sottrarlo all’attuale abbandono, il Piano Speciale per il Paesaggio Protetto della Costa de Acentejo, già approvato e che ha da poco terminato il periodo di allegazione, propone di convertirlo in un grande belvedere, dato che offre una delle viste più spettacolari della Costa de Acentejo, uno spazio unico per la diversità del paesaggio, che si intreccia tra le bocche dei burroni e le scogliere.
Tuttavia, non è la prima volta che sorge la proposta di riabilitare e utilizzare questa batteria militare, proposta che è stata ripresa da tutti i partiti politici, ma che non è facile da attuare perché il primo ostacolo da superare è quello delle competenze, divise tra il Ministero della Difesa, il Comune di Santa Úrsula e la proprietà privata del terreno su cui sorge.
Non è nemmeno l’unico punto di osservazione suggerito in un documento che propone di migliorare le strutture esistenti e di crearne di nuove, associate alla rete di sentieri e strade, che consentiranno di avere una visione dell’Area Naturale, soprattutto dalle zone con ampi bacini visivi in cima alle scogliere.
La costruzione di punti panoramici, così come l’ampliamento di alcuni tratti di sentieri in queste aree, è stata associata non solo alla creazione di luoghi per godere del paesaggio, ma anche al miglioramento delle condizioni dei margini, in alcuni tratti coincidenti con gli insediamenti abitativi, e alla valorizzazione di alcuni elementi unici o di interesse patrimoniale, come il bunker di Santa Úrsula o la stazione superiore dell’argano della tenuta Domínguez, a Tacoronte.
Dei nuovi punti di osservazione, quattro si trovano a Santa Úrsula e uno a El Sauzal.
In particolare, nel primo comune, oltre al belvedere della batteria militare o bunker, sono proposti il Mirador del Negro, il Mirador de Barranco Hondo e il Mirador de La Forada. Si propone inoltre di riabilitare i belvedere La Mancha II, Lomo Román e La Quinta.
Nel caso di El Sauzal, il documento dello Studio Ambientale Strategico del Piano Speciale per il Paesaggio Protetto della Costa de Acentejo prevede un nuovo punto panoramico a El Jagre e miglioramenti a quello esistente a Las Breñas. In ogni caso, in molti casi, i lavori sui punti panoramici nell’ambito del piano non prevedono grandi interventi, ma piuttosto la ristrutturazione di alcune enclavi, da Tacoronte a La Orotava.

Franco Leonardi

 

CamminaMantova 2023: domenica si scoprono le antiche e moderne fortificazioni
Da mantovauno.it del 14 aprile 2023

MANTOVA – Torna CamminaMantova 2023. Il prossimo percorso è in programma domenica 16 aprile e sarà dedicato alle antiche e moderne fortificazioni, luoghi che tramandano la memoria di avvenimenti che hanno scritto lunghe pagine della storia militare italiana ed europea.

La partenza è alle 14.30 in piazza Porta Giulia a Cittadella. Il percorso è di 7 chilometri, la durata è di 3 ore. Per partecipare è richiesto un contributo di 10 euro. (gratuito fino ai 12 anni). Tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.reggedeigonzaga.it . Per le prenotazioni: Infopoint Casa del Rigoletto, telefono 0376 288208. Email info@infopointmantova.it . Aperto tutti i giorni dalle 9 alle 18.

L’iniziativa è promossa dall’associazione Porta Giulia-Hofer – Spazio culturale Andreas Hofer Mantova Mito Memoria, in collaborazione con associazione Gli Scarponauti – Turismo attivo – Mantova Carolingia.

 

Bunker vandalizzati a Ravenna, mattoni rotti e porte divelte: "Dentro rifiuti rovesciati"
Da ilrestodelcarlino.it del 13 aprile 2023

Punta Marina, è successo nel weekend di Pasqua: la delusione dei volontari. "Vogliamo valorizzarli, ma ora non sappiamo come rimediare a questi danni"

Ravenna, 14 aprile 2023 – Un muretto divelto, due porte blindate aperte. E tutto per entrare e lasciarsi alle spalle un po’ di devastazione: cimeli tirati giù dalle pareti, rifiuti presi dai cassonetti e lanciati qua e là, escrementi. È questa la brutta scena che si sono trovati davanti i volontari che da anni si prendono cura dei bunker nella pineta di Punta Marina, fortificazioni fatte costruire dai tedeschi lungo la ’linea Galla Placidia’ nel timore che il nemico potesse sorprenderli dal mare. Due le strutture prese di mira nel weekend pasquale: una più grande, in mezzo alla pineta e all’incirca di fronte al bagno Kiribati, e un’altra più piccola, vicina a via della Fontana. La Pro loco di Punta Marina ha fatto denuncia alle forze dell’ordine.

Il bunker più grande era chiuso da due porte blindate, entrambe aperte. "Per la prima hanno rotto l’infisso, forse con due piedi di porco – racconta Bruno Zama, tra i volontari che si occupano dei bunker – ma ciò che ci ha lasciato l’amaro in bocca è vedere che sono riusciti ad aprire anche la seconda, che era di metallo molto spesso. Hanno usato forse una sega o una fiamma ossidrica". Dentro c’erano alcuni manifesti appesi, che sono stati buttati a terra. Ciò che è capitato nel secondo bunker suona di più come uno spregio. L’accesso era stato murato decenni fa: "È successo nel 1981 – prosegue Zama – perché c’erano brutti giri, persone che andavano a drogarsi all’interno. Noi non eravamo mai entrati, ci eravamo limitati a pulire esternamente la struttura. Ora i mattoni sono stati tirati giù, forse con un piede di porco. Poi hanno preso tutti i sacchi dei rifiuti che erano nei dintorni e li hanno svuotati dentro: ci sono bottiglie rotte, carta igienica, schifezze varie... E anche degli escrementi, che forse sono i loro".

I volontari del ’Bunker tour’ sono avviliti: dal 2015 si impegnano per portare alla luce queste testimonianze belliche, fatte costruire dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943 agli italiani prigionieri. "Un brutto ricordo, sì, ma anche una testimonianza del passato – commenta Zama –. All’interno si può accedere solo con l’autorizzazione: le visite guidate per ora sono solo esterne, ma da anni siamo al lavoro per valorizzarli ed eventualmente, con i relativi permessi, aprirli al pubblico. Ora siamo avviliti: per riparare questi danni servono migliaia di euro, che non abbiamo. E per cosa, poi? Se sono stati in grado di rompere un muro e porte blindate, possono farlo ancora". Zama si chiede se il blitz dei vandali non sia stato fatto proprio per fermare il progetto: "Forse a qualcuno dà fastidio che la collettività possa riappropriarsi di questi luoghi".

 

Festa della Liberazione: venerdì incontro per parlare delle fortificazioni del Vallo Alpino
Da sanremonews.it del 13 aprile 2023

Domani, venerdì 14 aprile, alle 16,30, nella Sala Punto d’incontro Coop di Sanremo, (ingresso adiacente punto vendita di C.so Matuzia) si terrà la conferenza "Memorie di guerra, I forti della Linea Maginot e del Vallo Alpino - Dal Balcone di Marta a Sospel, da Vievola a Saint Agnes".


L'iniziativa rientra nell’ambito del programma di attività sociali ‘Corsi & Percorsi’ dell’Associazione Tempo Libero di Coop Liguria, la Sezione Soci Coop di Sanremo e si inserisce nelle celebrazioni del 25 aprile, Festa della Liberazione 2023.

L'incontro sarà accompagnato dalla proiezione di suggestive immagini a cura di Marco Macchi, studioso della storia e delle tradizioni del territorio. "Vantano una storia antica le fortificazioni nell'estremo Ponente ligure dal XIII secolo fino all'ultimo conflitto mondiale; attraverso queste postazioni è così possibile rivivere alcune importanti vicende del nostro Paese sia sotto il profilo militare che delle comunicazioni. - spiegano i promotori dell'iniziativa - Dopo la spartizione tra Provenza e Repubblica di Genova della Contea di Nizza, infatti, la Val Roja divenne terra di confine. La parte bassa divenne possesso della Repubblica di Genova, in mezzo del Regno di Provenza e in alto della Contea di Tenda e Briga. Dal 1388 ai provenzali succedettero i Savoia con la Contea di Nizza e infine, nel 1860, con la cessione operata dal Cavour, fu il turno dei francesi".

"A questo periodo risalgono i primi forti, quando l'Italia nel 1883 si alleò con Impero austroungarico e Germania. Furono edificati in cima alla Val Roja per impedire un attacco francese al Piemonte. Ma il maggiore sforzo, da entrambi i lati del confine, fu fatto in vista del secondo conflitto mondiale. Da parte francese si edificarono alcuni forti sul modello della Linea Maginot; da parte italiana si edificarono una miriade di postazioni difensive di quello che fu detto Vallo Alpino” - concludono.

 

Riceviamo e pubblichiamo dal Comitato Forte San Felice
Da chioggianews.it del 13 aprile 2023

“Per i lettori di Chioggia News 24 che non conoscono ancora il problema, ricordiamo che abbiamo chiesto che il Sindaco revochi la delibera con cui riduce ulteriormente gli orari di apertura della Batteria per il 2023, d’estate di pomeriggio sarà sempre chiusa ed ecco che il cittadino dice che ci vogliono privare di questo luogo bellissimo, anche perché temiamo che se va avanti così nei prossimi anni la fruizione pubblica diventerà solo simbolica. Chiediamo che si ritorni a quanto previsto dalle convenzioni firmate davanti al notaio tra Comune e Società Mosella.

Per i lettori non informati proviamo a sintetizzare la questione sulla base di fatti e documenti.

1-La Batteria è stata restaurata nel 2003-2007 dal Magistrato alle Acque in accordo di programma con il Comune di Chioggia all’interno del 5° stralcio del Lusenzo, con l’obiettivo di prolungare la passeggiata pubblica dall’abitato di Sottomarina fino al Forte San Felice. 15 milioni di importo, il Comune ha partecipato con 1,3 milioni, in buona parte destinati alla Batteria: vedi i lampioni dell’illuminazione con lo stemma di Chioggia. Per la Batteria la finalità di fruizione pubblica viene confermata con il decreti di interesse culturale emanato dal Ministero beni culturali nel 2010.

2-Nel 2007 la Batteria è stata data in concessione alla società Mosella (vecchi proprietari): alla società facevano capo gli interventi di manutenzione.

3-I nuovi proprietari della società Mosella, subentrati anche nella concessione, presentano progetti per l’ampliamento dell’albergo, della darsena, del parcheggio per permettere la realizzazione dei quali il Consiglio Comunale per due volte adottò una variante al PRG, impegnando la società ad alcuni obblighi, primo fra tutti gestione a proprie spese e apertura al pubblico della Batteria. Tutto codificato in convenzioni sottoscritte dal notaio, la seconda del 18-5-2016 che fissa con la delibera di GM n. 52/2015 anche periodi e orari di apertura al pubblico (circa 2300 ore annue).

4- Nel 2018, a seguito di avviso d’asta pubblica dell’Agenzia del Demanio, la società Mosella acquisisce la proprietà della Batteria, con l’obbligo dell’osservanza di precise prescrizioni elencate nel contratto di compravendita (pena la risoluzione del contratto stesso) tra cui la fruizione pubblica alle condizioni precedentemente date (che sono quelle della delibera GM n. 52/2015).

5-Nel 2019 sono iniziati i lavori di riqualificazione della Batteria dovuti sia ai sensi della Convenzione con il Comune che ai sensi dell’atto di compravendita con l’Agenzia del Demanio. Dovevano durare tre mesi, sono durati tre anni con relativa chiusura della Batteria. In previsione della riapertura la Giunta Ferro deliberò con GM. n. 212/2020, senza plausibile motivazione, una riduzione degli orari apertura portandoli a circa 1150: delibera contestata dalla Soprintendenza, che ha rivendicato una propria competenza sulla definizione della fruizione pubblica.

6-Ora la Giunta Armelao con delibera GM n. 20 ha senza motivazione ridotto ulteriormente gli orari di apertura, portandoli a circa 750 ore annue, con l’assurda previsione che nei tre mesi estivi di pomeriggio la Batteria sia chiusa al pubblico (oltre che per le intere giornate di lunedì e martedì). E questo per il 2023. Significa che per gli anni futuri avremo ancora ulteriori riduzioni, fino ad arrivare a una fruizione pubblica solo simbolica? Tutto ciò in barba ad atti firmati davanti al notaio, vanificando i diritti che sono dei cittadini di usufruire secondo le leggi e gli atti conseguenti di questo bene di carattere storico e ambientale.

Su questi fatti e documenti abbiamo chiesto la revoca della delibera della Giunta Armelao e siamo pronti a confrontarci pubblicamente con chiunque.” Comitato Forte San Felice

 

Ecco la mappa dei bunker segreti italiani in caso di attacco nucleare
Da metronews.it del 11 aprile 2023

L'ex bunker Soratte

Di Lorenzo Grassi

La mappa dei bunker anti atomici italiani in attività non è mai stata resa nota. Le lancette dell’Orologio dell’Apocalisse sono state appena spostate a soli 90 secondi dalla mezzanotte, ovvero dalla catastrofe nucleare. E molti si chiedono, anche nel nostro Paese, dove si potrebbe cercare scampo in questa eventualità. In particolare nel caso del ricorso “limitato” ad un’arma nucleare tattica su scala regionale, ipotesi che purtroppo è stata ventilata da parte russa nel conflitto in Ucraina. O anche solo per il lancio di micidiali missili ipersonici o termobarici. Va detto subito che la salvezza sarebbe davvero per pochi. Nessun bunker per civili con protezione anti atomica è mai stato predisposto in Italia. La sopravvivenza sarebbe garantita, al massimo, per le élite politico-militari. Del resto le strutture blindate a disposizione, salvo quelle al servizio delle basi Usa e Nato, si contano sulle dita di una mano. Quelle eredità della Seconda Guerra Mondiale – a partire dall’avveniristico bunker cilindrico progettato per Mussolini nella sua residenza romana di Villa Torlonia, per altro mai completato – sono inutilizzabili.

Ecco la mappa dei bunker a disposizione

La sala crisi di Centocelle

Il bunker di Monte Cavo

Dunque gli esponenti istituzionali – a partire dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dai presidenti delle due Camere e dai membri del Governo e della Magistratura apicale – dovrebbero convergere almeno in prima battuta nella “sala crisi” del bunker sotto l’ex aeroporto “Francesco Baracca” di Centocelle, nella prima periferia della Capitale, dove hanno sede il Comando operativo di vertice interforze e l’Italian Joint Force Headquarters. Sino a qualche anno fa invece, ovvero sino alla chiusura nel 2015 del Centro operativo dello Stato maggiore dell’Aeronautica sui Castelli Romani a Rocca di Papa, sarebbero stati prelevati in elicottero per essere portati rapidamente in salvo nelle profonde gallerie del bunker di Monte Cavo.

Il sito mai completato del Monte Soratte

Più remota la possibilità di poter sfruttare le estese gallerie del bunker del Monte Soratte a Sant’Oreste, sulla Flaminia, ad una sessantina di chilometri da Roma: nel 1967 durante gli anni della Guerra Fredda la Nato avviò all’interno dei sotterranei – che già avevano ospitato la base tedesca del Comando Supremo del Sud guidato dal Feldmaresciallo Kesselring – la realizzazione di un settore con protezione anti atomica. Ma nel 1972 i lavori furono improvvisamente e inspiegabilmente interrotti, lasciando incompleto il bunker che oggi è diventato un frequentato Museo della memoria. Per riattivarlo ci vorrebbero anni e milioni di euro.

Santa Rosa

La galleria di SuperMarina a Santa Rosa

Una seconda alternativa invece attualmente praticabile per mettere al sicuro le massime cariche del Paese, sicuramente più capiente ma allo stesso tempo più distante dai palazzi del potere rispetto al bunker di Centocelle, è la grande galleria blindata nella storica base di “SuperMarina”, costruita fra il 1936 e il 1939 a Santa Rosa sulla Cassia ad una ventina di chilometri da Roma.

Completamente rinnovato nel 2012, il Centro di Santa Rosa ospita il Comando in Capo della Squadra navale con la Centrale operativa di sorveglianza marittima, la Centrale operativa aeronavale e lo European maritime component commander ashore. Di recente si è saputo che proprio dal bunker di Santa Rosa, realizzato 37 metri sotto terra, l’Italia sta fornendo il suo più importante contributo di “intelligence” per l’Ucraina, con il monitoraggio dei campi di battaglia.

Il deposito bunker di Santo Chiodo

Backup fiscali e caveau di Bankitalia

Tornando alle strutture anti atomiche, se gli italiani sono assolutamente privi di protezione, lo stesso non si può dire per i loro preziosi dati fiscali a partire dall’anagrafe tributaria. Il suo backup è infatti ben custodito su apparati di archiviazione ospitati nel bunker della Caserma della Guardia di Finanza a Coppito, frazione del Comune dell’Aquila. Insieme ci sono anche i caveau della Banca d’Italia con i fondi di riserva della Zecca dello Stato. Una “cittadella fortificata” sotterranea di 38 ettari e di massima segretezza (salvo la visita in auto dell’allora premier Silvio Berlusconi, con giornalisti al seguito, durante il G8 del luglio 2009). E un bel bunker era già a portata di mano anche in occasione del vertice Nato-Russia del 28 maggio 2002 organizzato da Silvio Berlusconi – con la presenza di George Bush e Vladimir Putin – nell’Aeroporto militare “Mario De Bernardi” a Pratica di Mare, sul litorale 20 chilometri a Sud di Roma. Lo scalo, classificato Main operating base e dotato di un Air Terminal operational center, si è poi trasformato nel dicembre 2020 in un inedito “bunker dei vaccini“. Ora è utilizzato per il decollo verso il Mar Nero e l’Est Europa dei sofisticati velivoli Gulfstream per sorvegliare le operazioni dei reparti di guerra russi. Dallo scalo romano partono inoltre gli aerei cisterna utilizzati per il rifornimento dei velivoli impiegati nella vigilanza dello spazio aereo dell’Europa orientale.

Si salvano i quadri e gli svizzeri

Di recente, dopo il terremoto del 1997, una protezione rafforzata è stata predisposta anche per i beni culturali. A Santo Chiodo di Spoleto, vicino Perugia, è stato infatti completato nel 2008 su impulso del Ministero della Cultura un “deposito bunker” dove vengono ricoverate le opere d’arte salvate in occasione di eventi sismici. Sopravviveranno quindi all’Armageddon nucleare un piccolo nucleo di politici e militari, qualche oggetto di valore e gli elvetici. Già perché la Svizzera, Paese storicamente neutrale, è l’unico che si è dotato di 360 mila bunker anti atomici costruiti obbligatoriamente in case, istituti e ospedali. A questi si aggiungono altri 5 mila rifugi “pubblici”, raggiungendo così un grado di copertura che supera il 100% della popolazione.

Bunker Proto

Bene attrezzate solo basi Usa e Nato

In Italia sono invece bene attrezzate solo le basi Usa e Nato. Diversi siti sorti in Italia negli anni Sessanta sono stati dismessi – dalla West Star sotto il monte Moscal ad Affi nel veronese, bunker segreto più grande d’Europa destinato a trasformarsi in Museo della Guerra Fredda, all’ex base Proto di Mondragone – ma molti sono gli scali attivi dove, essendo stoccate armi nucleari, sono presenti di conseguenza anche bunker anti atomici. Nelle basi Nato di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone) sono in arrivo dalle 30 alle 50 bombe nucleari B61-12 per cacciabombardieri, con potenza distruttiva regolabile, guidate da un sistema satellitare e capacità di penetrare nel sottosuolo per esplodere in profondità. In potenziamento anche la base siciliana di Sigonella con il sistema avanzato di sorveglianza con droni spia attivo sul Mar Nero e ai confini con il territorio ucraino. Bunker sono presenti anche nelle basi Usa dell’ex aeroscalo “Dal Molin” di Vicenza e di Camp Darby a Pisa. E ancora nelle basi navali Nato pugliesi di Taranto e Brindisi, negli aeroporti di Amendola, Gioia del Colle e Galatina. In Campania la base nel porto di Napoli e quella a Capodichino.

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BUNKER: PROGETTO CON MOSTRA, INSTALLAZIONE E PERFORMANCE AL MAKE SPAZIO ESPOSITIVO E NEL BUNKER DI PIAZZA PRIMO MAGGIO
Da cafetv24.it del 11 aprile 2023

Il 14 e il 22 aprile due eventi inaugurali a Udine per l’articolato progetto ‘Bunker: rifugio dell’arte’ di Espressione Est che farà tappa fino al 4 giugno anche a Trieste

Inaugura il 14 aprile nella galleria dello Make Spazio Espositivo di Udine (via Manin 6/A) il progetto artistico e divulgativo curato da Arianna Romano e dall’Associazione Espressione Est APS, dedicato al tema della gentrificazione.

Bunker: rifugio dell’arte è il titolo dell’iniziativa articolata in performance, installazioni e una conferenza spalmati nell’arco di un mese e mezzo tra Udine e Trieste che concretizza il progetto incentrato sul tema della gentrificazione con il caso studio di Berlino ideato dalla stessa associazione a partire dal 2022 con incontri, proiezioni e ospiti.

Il 14 aprile alle ore 18 si terrà al Make Spazio Espositivo l’inaugurazione del progetto. La galleria ospita fino al 22 aprile l’anteprima della mostra con l’installazione temporanea di videoarte Gentrification: Chronicles of Resistance communities threatened by displacement che intreccia il passato ed il futuro di una metropoli ideale, simbolo di diversi luoghi nel mondo e centro del tema trattato nel progetto che riflette sul tema della gentrificazione e sulle conseguenze sociali del riuso della architetture. L’evento espositivo, accompagnato da pannelli fotografico – testuali, lavora sull’immaginario del rifugio (antiaereo per la Seconda Guerra Mondiale e antiatomico per la Guerra Fredda) come luogo di “resistenza” della cultura e dell’arte di fronte ad una società sempre più effimera e superficiale.

L’installazione di videoarte verrà allestita nuovamente, sempre a Udine, il 23 aprile all’interno del Bunker antiaereo di Piazza Primo Maggio (e dal 12 maggio al 4 giugno a Trieste nel bunker Kleine Berlin di via Fabio Severo) dove sarà accompagnata da una coinvolgente performance dal vivo con azione scenica eseguita da una attrice/ performer (la performance verrà eseguita anche il 28, 29, 30 aprile e il 6, 7 maggio alle 18).

La performance

La performance è funzionale e direttamente connessa all’opera di videoarte proiettata sulla parete retrostante/adiacente la performer. Tramite programmi di disegno e animazione digitale vi si vede illustrata l’evoluzione di alcune zone della città con un timelapse che ne mostra la trasformazione nel tempo. Le immagini – a cura di Gabo Antonutti, regista e videomaker di Aeten Production e Cristiano Antonutti, architetto e visual artist – partono da zone reali e riconoscibili della città di Berlino fino ad arrivare ad una città immaginaria, simbolo di molte città nel mondo, che appunto divengono nel tempo metropoli uniformi ed anonime. Vengono evidenziate anche le trasformazioni della popolazione connesse al fenomeno, sempre con la costruzione virtuale di personaggi. L’animazione vuole enfatizzare il fenomeno della gentrificazione applicata ad una metropoli contemporanea come Berlino, la quale viene progressivamente privata delle proprie identità culturali underground per diventare una città omologata ed effimera.

 

Il castello di Montebello, ricco di misteri e bellezze: da visitare una volta nella vita
Da nanopress.it del 11 aprile 2023

Se siete alla ricerca di un’antica e maestosa fortezza da visitare, che però abbia delle leggende da raccontare, questo fa al caso vostro. Il castello di Montebello è un luogo che merita una visita, scopriamolo insieme.

Quando si parla di castelli solitamente la caratteristica che più affascina all’unanimità è la ricca storia antica che si respira passeggiando tra le loro mura. La loro magnificenza, lo splendido paesaggio che quasi sempre li circonda e perché no, anche alcune storie che si tramandano negli anni. L’Italia è ricca di fortezze degne di visita da nord a sud, e quello di oggi si trova in una regione molto amata.

Il castello di Montebello un luogo ricco di misteri e bellezze.

Quando si parla di Rimini, la prima cosa che viene in mente è la vivacità della vita estiva, il mare bellissimo, la meta ideale per vacanze all’insegna del divertimento e del relax. Se vi dicessimo che però nell’entroterra in una deliziosa località di provincia ci sono alcuni tesori storici da visitare, ci credereste?

Il bel castello di Montebello si trova infatti a Montebello di Torriana, una piccola frazione di epoca romana. La fortezza è nota anche come castello di Guidi di Bagno, una antica famiglia nobile che insieme ai Malatesta ne fu proprietaria. Di Montebello di Torriana è la principale attrazione, anche grazie all’imponente restauro effettuato nel 1973, che lo ha trasformato a tutti gli effetti in una sede museale molto visitata e utilizzata anche per eventi culturali, soprattutto nel periodo estivo.

Alla scoperta della poderosa fortezza in provincia di Rimini.

Principale attrattiva del luogo è sicuramente la posizione: visitandolo è possibile godere di una visione mozzafiato sulla valle sottostante. Il castello si trova a circa 400 metri di altezza. Nato infatti a scopo difensivo come la maggior parte di queste fortezze, in origine era costituito solo di una torre romana. Il nome sembra dunque essere di origine latina, da Mons Belli, Monte della guerra. La rocca è la sua parte più interessante perché quella che più ha ancora visibili i segni dell’architettura medievale. Inoltre è ricca di vicoli, passaggi segreti e una imponente armeria.

Se gli esterni sono espressioni della funzione più militare della fortezza, l’interno invece ha mantenuto lo sfarzo e l’eleganza del rinascimento. Per volere della famiglia Guidi di Bagno, sono conservati ancora gli arredi originali e i visitatori possono ammirare l’imponente collezione di gioielli, dipinti, e anche una cospicua collezione di cassapanche antichissime.

Il castello di Montebello e il fantasma di Azzurrina

Ogni castello ha la sua leggenda e anche quello di Montebello non è certo da meno. La storia del fantasma di Azzurrina è profondamente legata alla storia della fortezza ed è assolutamente una delle cose che più attira visitatori da ogni angolo d’Italia.

Azzurrina secondo la leggenda si chiamava in realtà Guendalina di Montebello o Adelina o secondo un’altra versione della storia Delia, ed era figlia del conte Uguccione. Nata nella seconda metà del 1300, scomparve improvvisamente mentre giocava nei dintorni del castello: scesa in un sotterraneo a recuperare uno dei suoi giochi, non fu mai più ritrovata dalle guardie che avevano il compito di sorvegliarla. La bambina infatti per volontà dei genitori non usciva mai dal castello per via del suo aspetto particolare: nata infatti con fisionomia albina, veniva sottoposta a periodiche tinture nere dei capelli, che però scolorivano dandole una sfumatura blu come i suoi occhi. Da qui il soprannome Azzurrina. Nel tentativo di proteggerla dalle dicerie del popolo (l’albinismo era considerato un tratto diabolico), i genitori non riuscirono però a salvarla dalla curiosità che aveva di avventurarsi da sola nei luoghi meno adatti ad una bimba.

La leggenda narra che il suo fantasma abiti ancora dentro il castello e lo si possa sentire parlare e lamentarsi ogni cinque anni in occasione del solstizio d’estate, giorno della sua scomparsa.

Visitare il castello, quando è possibile?

Il Castello di Montebello è aperto da settembre a giugno solo di sabato, domenica e festivi dalle 14:30 alle 18:00, mentre da giugno a settembre tutti i giorni esclusi il lunedì dalle 14:30 alle 19:00.
La particolarità è la possibilità di effettuare delle visite guidate in notturna dalle 21:30 alle 23:00. In questo caso è necessaria la prenotazione telefonica e i bambini possono accedere solo al di sopra degli 11 anni.

 

Il fortino dimenticato della radio clandestina per gli italiani in Istria
Da ilgazzettino.it del 9 aprile 2023

L’antenna di Radio Venezia Giulia trasmetteva fino a 400 chilometri dalla struttura militare della Rocchetta al Lido di Venezia fino al 1950. Ora è del Demanio civile.

Di Raffaella Vittadello

VENEZIA - Autunno 1945, immediato dopoguerra: Il Lido di Venezia è la propaggine sull'Adriatico più vicina alle terre che fino a pochi mesi prima erano italiane. L'antenna di Radio Venezia Giulia, alta 70 metri, riusciva a trasmettere in un raggio di 400 chilometri, ed era il principale mezzo di informazione clandestina che riusciva a raggiungere gli italiani rimasti oltre confine. La radio infatti era ascoltata di nascosto soprattutto dalle popolazioni dell'Istria sotto il controllo jugoslavo, che sfidavano possibili ritorsioni, anche se le frequenze erano captate fino alla Lombardia e all'Emilia Romagna.

La redazione dell'emittente era a Venezia, prima a Palazzo Tiepolo Passi a San Tomà e poi a Sant'Angelo, in calle degli Avvocati. L'impianto ad alta frequenza era collegato con un trasmettitore, dapprima posizionato nel convento di San Nicolò del Lido. Ma poiché lì talvolta erano ospitati in gran segreto anche dei profughi, nel timore che fossero scoperti l'antenna fu spostata al forte del Ridotto, a poca distanza, di proprietà della Marina Militare. E lì la posizione fu probabilmente individuata. Il controspionaggio degli angloamericani ordinò che fosse disattivata. Si optò per un nuovo trasferimento, alla Batteria Rocchetta degli Alberoni, area militare sempre della Marina, ma più defilata.

E da lì continuò a trasmettere fino al 1950, quando la gestione della stazione radio fu acquisita dalla Rai e l'impianto fu trasferito altrove, probabilmente a Campalto. Oggi di quella parentesi di storia recente rimane solo un basamento di cemento armato, all'interno della costruzione militare, la Rocchetta, che si affaccia sulla bocca di porto di Malamocco, un complesso passato nella gestione del Demanio civile, negli anni 2000, che ne è appena rientrato in possesso dopo la morte dell'ultimo concessionario.

LA TRACCIA

La riscoperta di questa traccia del passato così interessante, per una delle numerosissime fortificazioni del Lido di Venezia, è stata rispolverata da Daniela Giadresco, dell'Associazione italiana Castelli, attraverso il libro di Roberto Spazzali "Radio Venezia Giulia. Informazione, propaganda e intelligence nella «guerra fredda» adriatica (1945-1954)" scritto una decina di anni fa. Un modo per riportare d'attualità il possibile riutilizzo a fini didattici e di valorizzazione storica di questo luogo dal passato così travagliato. Occasione di divulgazione è stata una conferenza di Andrea Grigoletto, dell'Istituto Italiano dei Castelli, sulla storia delle fortificazioni veneziane nel secondo Dopoguerra "nella complessa vicenda del confine orientale e sul caso della Batteria Rocchetta", che sarà replicata a Trieste a fine mese.

«Il Lido, prima di essere l'isola d'oro della bella vita e del relax, con sviluppo negli anni 30, era essenzialmente un'isola militare, la cui popolazione era composta da soldati e contadini in piccoli borghi - spiega Grigoletto - Le fortificazioni edificate dalla Serenissima a difesa delle bocche di porto, da Forte Sant'Andrea a Forte Ca' Roman e forte San Felice a Chioggia, erano state riempite di artiglieria e attrezzate durante la dominazione austriaca. Dal 1866 Venezia fu annessa all'Italia e gli italiani ammodernarono quelle fortificazioni. Ma è stato scoperto che i servizi segreti austriaci, ad inizio secolo, avevano un piano di attacco contro Venezia, ben prima dello scoppio della prima Guerra Mondiale: gli austro-ungarici avevano catalogato tutte le fortificazioni con allegate le piantine, molto dettagliate e precise, denominate con il luogo in cui si trovavano». Tanto che ad esempio nella batteria Emo, a Ca' Bianca, c'erano i generatori che dovevano alimentare la rete elettrica di tutti gli apparati militari. Ma il Lido ebbe un altro destino, e dopo la Grande Guerra divenne l'isola delle vacanze dell'elite, la spiaggia di Venezia, con la costruzione dell'Hotel Excelsior e delle ville Liberty.

RISCHIO

Oggi queste fortificazioni sono abbandonate e rischiano di trascinare nell'oblio i fatti di cui sono state protagoniste. Negli anni 2000 sono passate dalla gestione militare alla proprietà del Demanio Civile. Ci sono stati alcuni tentativi di valorizzazione. Ad esempio, di recente, il forte di Sant'Andrea, baluardo nord all'ingresso della bocca di porto del Lido, è stato messo sul mercato perché venga espressa una "manifestazione di interesse", con la sua eventuale trasformazione. Ma la procedura non ha ancora sortito l'effetto sperato. L'unico forte recuperato attualmente è quello di San Felice, a Chioggia, dove una collaborazione con il Provveditorato alle Opere pubbliche e con il Comune ha permesso il restauro e il riutilizzo.

Più sfortunata l'asta dell'ottagono di Ca' Roman, un'isola che un imprenditore marchigiano aveva "conquistato" con un bando ad evidenza pubblica del Demanio, per trasformarla in un'isola dedicata al turismo esperienziale, ai "glampers", campeggiatori da hotel 5 stelle che amano immergersi in una natura incontaminata. Salvo poi ritrovarsi "bocciato" dal Demanio stesso per "incongruità del valore della proposta".

PROGETTI

E come per gli altri forti, anche per la Batteria Rocchetta degli Alberoni si pone il problema del futuro riutilizzo, tra l'ipotesi di vendita o di una progettualità ancora lontana, una storia diversa da quella che si è invece concretizzata nella vicina area di Cavallino Treporti, dove la riscoperta della Batteria Pisani è diventata occasione di ampliamento dell'offerta turistica.

«Si potrebbero sfruttare i fondi per le opere di compensazione del Mose - abbozza Grigoletto - si tratta di una parte di quei 122 milioni che devono essere utilizzati per "mitigare" e ristorare l'ambiente legati al Mose. Ci sono delle associazioni ambientaliste interessate alla gestione, ovviamente una volta che gli edifici fossero messi in sicurezza. Si tratta di un'area di altissimo valore ambientale, tutelata dall'Unione europea come sito simbolo di biodiversità. Ci vorrebbe un progetto che coniughi l'importanza storica che riveste la Batteria con il pregio ambientale dell'area in cui è immersa».

 

A Stintino operazione di riqualificazione delle fortificazioni storiche
Da unionesarda.it del 9 aprile 2023

Appello ai cittadini che intendono partecipare all’iniziativa

Nel comune di Stintino scatta l’operazione pulizia e riqualificazione delle fortificazioni storiche della Seconda guerra mondiale, spesso trascurate e in stato di abbandono.
I fortini oggetto dell’intervento sono situati tra l’area delle Saline e Monti Frattu, un importante sito storico che comprende ben 17 postazioni tra tobruk, pillo, bunker, postazioni per le artiglierie, ma anche casermette coperte e blocchi anticarro appartenenti alla 204esima Divisione costiera italiana.

L’iniziativa, promossa dall’associazione di volontari Clean Up e sostenuta dall’amministrazione comunale, è in programma martedì 11 aprile alle 9.30 con punto di ritrovo, per quanti vorranno partecipare, presso il parcheggio situato davanti allo stabilimento balneare Beach Club 69. L’appello è rivolto a tutti i cittadini che intendono preservare e valorizzare il patrimonio storico e culturale, contribuendo alla pulizia e alla manutenzione dell’area circostante.

Ai partecipanti verranno consegnati guanti e sacchetti per la raccolta.

Di Mariangela Pala

 

Riaprono i forti del monte Brione
Da gardapost.it del 3 aprile 2023

RIVA DEL GARDA - Con la primavera riprendono le attività attorno alle fortificazioni del monte Brione: venerdì 7 aprile l'apertura di forte Garda, domenica 23 aprile della Batteria di mezzo.

Il forte Garda sarà aperto al pubblico dalle 10 alle 17; la Batteria di mezzo dalle 10 alle 16.

Forte Garda

Localizzato lungo il sentiero della Pace del monte Brione vicino al forte San Nicolò, fu realizzato fra il 1904 e il 1907. Forte corazzato (quarta generazione), è di calcestruzzo armato, molto razionale all’interno per poter ospitare 150-200 uomini, mimetizzato e aderente al terreno.

Dal fossato di gola del forte parte una lunga galleria di circa 300 metri, con scalinate e punti di osservazione sulla parete del Brione. La sua funzione era sia difensiva che offensiva data la sua posizione altamente strategica sul lago di Garda.

Batteria di mezzo

Situata sul sentiero della Pace del monte Brione nei pressi delle antenne, fu costruita fra il 1898 e il 1900. Forte di montagna, “Gebirgsforts” (terza generazione), si tratta di una fortificazione sui dossi realizzata perché le tagliate non erano più sufficienti al controllo del territorio. Una parte è in pietre squadrate, tra le quali alcuni grossi graniti, mentre la copertura è in calcestruzzo.

Poteva ospitare tra 100 e 150 uomini. Nel 1915 è stata dotata di una lunga galleria molto capiente che portava a osservatori sulla parete strapiombante del Brione. Il forte serviva a controllare la zona di Nago e della foce del fiume Sarca.

Come si arriva

Da porto San Nicolò (65 metri slm) a Riva del Garda (in viale Rovereto n°140) parte il Sentiero della pace che costeggia il crinale del monte Brione. Salendo a piedi, dopo circa 15 minuti si arriva al forte Garda (185 metri slm).

Con una camminata di circa 30 minuti si raggiunge infine la Batteria di mezzo (360 metri). I forti non sono raggiungibili in automobile, trovandosi in un’area sottoposta a tutela ambientale.

► https://www.museoaltogarda.it

 

Il Comitato Forte San Felice lancia il tour in bici tra forti e cippi
Da chioggiatv.it del 2 aprile 2023

Da San Felice a Brondolo tra forti e cippi, questa la nuova proposta da parte del Comitato San Felice per far conoscere ed amare le bellezze della città.

Spiegano i promotori dell’iniziativa, presentando quello che è stato il numero zero di questo progetto: “Ieri, sabato 1 aprile, con una ventina di amici ed amiche di AUSER di Sottomarina, abbiamo percorso in bicicletta questo semplice itinerario alla scoperta dei segni lasciati nel nostro territorio dal SISTEMA DELLE FORTIFICAZIONI che con perno al Forte San Felice di origine medievale si è poi sviluppato negli ultimi due secoli sul litorale e dalla CONTERMINAZIONE LAGUNARE stabilita nel 1797 dalla Repubblica di Venezia, mirabile esempio di gestione di un ambiente così delicato come la Laguna con l’apposizione sul terreno di ben 100 CIPPI”.

Il tour è stato molto apprezzato anche perché ha portato alla scoperta di angoli non sempre conosciuti della città, ci racconta Erminio Boscolo Bibi presidente del comitato: “Partiti con la nebbia, ma arrivati con il sole, è stata una bella esperienza che ha portato i partecipanti a scoprire aspetti sconosciuti e purtroppo spesso anche trascurati del nostro territorio.

Mano a mano che si progrediva nell’itinerario, un amico non si capacitava dell’esserne stato all’oscuro: “Ho quasi 80 anni, com’è possibile che non sapessi che c’erano queste batterie, la testa di ponte, i cippi!?!”. Impressionante per tutti scoprire l’esistenza dei tunnel di Forte Penzo.

Le tappe del percorso erano 5 e ci si è spostati in gran parte su pista ciclabile; auspicabile con alcuni interventi riuscire a renderlo tutto su pista ciclabile, rendendo il percorso di sicuro interesse oltre che per i nostri concittadini anche per i turisti”.

Ecco le tappe:

1 – Batteria San Felice e Cippo n.15
2 – Batteria Forte Penzo
3 – Campo trincerato Sottomarina (Campo Cannoni)
4 – Testa di ponte, Ridotto Madonna, Cippo n. 14, capitello Bg. S. Giovanni
5 – Brondolo: Forte, vecchie chiuse, Cippo n. 13.

Conclude Ermanio Boscolo Bibi: “ieri è stata la prima volta ma sicuramente ripeteremo il tour.

 

LA CITTÀ NASCOSTA Bunker Katarina A: una fortificazione tutta italiana
Da lavoce.hr del 1 aprile 2023

Di Ornella Sciucca

Dopo avere esplorato i rioni di Tersatto, Vežica superiore e inferiore, Costabella e Bivio, siamo tornati al punto di partenza, ovvero a Pulac – dove avevamo già in precedenza affrontato svariate perlustrazioni, in quel frangente della casamatta Katarina B – al fine stavolta di visitare quello denominato Katarina A.

Sita in un’area controllata e recintata sotto l’ingerenza della Questura litoraneo-montana, per accedervi è stato necessario ottenere il benestare dalla stessa.

Effettuati, così, i dovuti controlli all’ingresso, abbiamo intrapreso una comoda salita circondata dal verde e, a circa cinque minuti dall’entrata, abbiamo parcheggiato in uno spazio piano e ampio, attorniato da svariati magazzini e caseggiati abbandonati e in evidente stato di degrado. Per raggiungere a piedi una delle entrate del bunker di nostro interesse (ve ne sono diverse), indicataci dal collega Igor Kramarsich, nostra fidata guida, ci sono voluti una decina di minuti.

Superata la stessa, barricata da una specie di portone in spesso filo metallico, il primo impatto con la struttura è stato di un non lieve disagio, dovuto al cavernoso buio. Accesa la potente e rassicurante torcia frontale di Igor e quella del cellulare di Željko, fotoreporter del nostro quotidiano, abbiamo proseguito spingendoci lungo un largo corridoio ricoperto da sassi e mattoni, guadagnando, dopo non molto, le prime gallerie, tutte strettissime e caratterizzate dalla tipica cementazione utilizzata anche nel resto delle casematte del luogo.

Ciò che abbiamo notato sin da subito, a parte le scritte e le firme colorate lasciate dai pochi visitatori in anni recenti, è stata l’originaria segnaletica a muro in lingua italiana, non cancellata come negli altri rifugi blindati, relativa per lo più all’orientamento dei soldati all’interno del bunker e, in molti casi, corredata da frecce direzionali, tipica della Seconda guerra mondiale. Altri particolari ricorrenti, non osservati nel corso delle esplorazioni precedenti, sono stati la presenza delle panchine cementate, sistemate all’interno di nicchie scolpite lungo le pareti degli infiniti tunnel e le numerose e impegnative scalinate, per lo più di larghezza ridotta, sia in discesa (verso le altre sale), che in salita, verso le postazioni di controllo e/o osservazione. Inoltre, non potevamo non notare che nella casamatta vi è una miriade di oggetti e parti achitettoniche (scale, volte, telai e controtelai di quelle che una volta erano le porte antigas) in acciaio massiccio, ormai corrose e arrugginite, come pure le cupole dei postamenti d’osservazione, tutte in condizioni abbastanza buone, soprattutto quella in cui abbiamo riscontrato l’iscrizione “FIAT”, affiancata altresì dall’anno di costruzione (1933).

Casamatta sicura e completa
Considerando le dimensioni, i contenuti e il numero dei locali, scrive il sito www.projectrevival.eu, si può presumere che i bunker Katarina A e Katarina B rappresentassero, all’epoca, le principali strutture militari della zona. Quest’ultima si avvaleva anche degli alloggi per i soldati (di larghezza 3 metri e lunghezza variabile a seconda della posizione – 10, 15, 20 e 25 metri), adibiti a una permanenza più lunga in caso di situazione d’assedio, come pure quelli degli ufficiali e dei sottufficiali, una cucina, un serbatoio dell’acqua, i servizi igienici, ventilazioni e filtri d’aria, un generatore di corrente elettrica, nonché un fotofono, atto alla comunicazione con le fortificazioni circostanti. A detta del succitato sito, il Katarina A, denominato altresì Angheben, risalente alla Seconda guerra mondiale, è stato costruito quale casamatta sotterranea costituita da un ben organizzato sistema di gallerie e da una serie di bunker e garitte antibomba in superficie.

La stessa, edificata dalle forze italiane tra il 1931 e il 1941 (“Circolare 200”) è una delle poche strutture militari dell’area quarnerina portate completamente a termine e costituisce parte integrante della cintura difensiva in acciaio e cemento del Vallo Alpino, innalzato dal Regno d’Italia durante il periodo fascista e mirato alla difesa dei propri confini.

Riporta, a tale proposito, Vladimir Tonić, nel suo scritto “Sulle tracce del bastione alpino” (“Tragom Alpskog bedema”): “Il complesso militare Katarina A consisteva in due fortificazioni note come “Centro n. 1” e “Centro n. 2”, costruite nelle colline sopra il canyon dell’Eneo, le quali dominavano il porto di Sušak (Baross, nda). Collegate da un passaggio sotterraneo lungo circa 160 metri, con quella delle gallerie interrate e delle svariate diramazioni secondarie corrispondente a 1.000 metri, le roccaforti erano del tutto autonome e pronte a una resistenza prolungata, anche in caso di totale accerchiamento da parte del nemico”.

Data la loro funzione e tipologia, scrive ancora l’autore, le strutture militari di questo genere venivano realizzate nella massima segretezza e risultavano fisicamente inaccessibili alla popolazione locale, oltreché abilmente mimetizzate e, quindi, quasi impossibili da localizzare.