RASSEGNA STAMPA/WEB

 2022 2021 2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010  2009  2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 Archivio  

ANNO 2023

gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre

Cliccare sulle immagini per ingrandirle

 

Albania, alla scoperta del bunker più grande del Paese
Da ilsole24ore.com del 31 marzo 2023

(LaPresse) L'ex rifugio antibombe di Kukes, nel nord dell'Albania, potrebbe essere aperto anche a residenti e turisti. E' l'idea delle autorità locali che vorrebbero ripristinare e mostrare la rete di tunnel nascosta sotto la città. Si tratta del bunker più grande del Paese, la cui costruzione è iniziata negli Anni '70 ed è stata completata negli Anni '90.

Il rifugio si estende per circa 5-7 chilometri e si stimava che potesse contenere 20mila-30mila persone. Al suo interno comprendeva una fabbrica di pane, una scuola, un ospedale, una casa di maternità, l'ufficio del procuratore, la polizia, una stazione radio, una tipografia per la propaganda comunista e spazi per uomini e donne per esercitarsi al tiro e per l'addestramento militare. Il regime comunista negli anni costruì circa 175.000 bunker di cemento in tutta l'Albania.

 

Cinta magistrale, il comune di Verona ne acquisisce altri tre “pezzi”
Da veronaoggi.it del 30 marzo 2023

Di Giulia Cambazzu

I bastioni di San Giorgio, oggi “casa” degli scout, la cinta in via Nievo che ospita parco giochi e campi sportivi, e l’area tra Porta Palio e Porta San Zeno dove sorgerà un parco urbano grazie ai fondi del Pnrr: sono i progetti per le tre nuove porzioni di cinta magistrale diventate proprietà del comune di Verona, un ulteriore tassello nel percorso di acquisizione dei compendi demaniali dello Stato.

Nello specifico, con il trasferimento siglato in municipio, il comune è proprietario a pieno titolo delle porzioni di cinta magistrale corrispondenti al Bastione/fortino di S. Giorgio (adiacente all’omonima porta monumentale già acquisita), della porzione di cinta esterna in fregio a via Ippolito Nievo e via Castel S. Felice e alla porzione esterna in fregio a via Colonnello Galliano (comprendente il parcheggio di Porta Palio, il complesso delle piscine Castagnetti e piscine Lido, il complesso dell’associazione Tennis Verona e i giardini Caduti di Nassiriya). Circa 11 ettari di superficie pari a 110 mila metri quadrati, per un valore inventariale di 17,5 milioni di euro.

A ciascuna porzione corrisponde un progetto di valorizzazione, che nel mese di maggio sarà presentato alla città con visite guidate nel fine settimana per far conoscere questa parte di patrimonio a veronesi e turisti.

Un trasferimento iniziato nel 2012.

“Verona è patrimonio Unesco proprio grazie alla cinta muraria cittadina”, ha detto l’assessore al patrimonio Michele Bertucco“. Con il trasferimento siglato prosegue il percorso avviato con il Federalismo fiscale e l’importante collaborazione con l’Agenzia del demanio. I passaggi di proprietà sono vincolati a specifici programmi di valorizzazione, ciò nell’intento comune di preservare e valorizzare questo straordinario patrimonio storico di cui Verona è ricca. Le nuove porzioni sono già in parte utilizzate da associazioni del territorio ad eccezione della vasta area limitrofa alle piscine Lido per la quale ereditiamo un progetto che stiamo valutando per concretizzarlo nel migliore dei modi”.

Il trasferimento di immobili demaniali è iniziato nel dicembre 2012 con l’accordo di valorizzazione previsto dalla normativa sul “Federalismo demaniale”. Dal 2013 ad oggi, il comune ha acquisito Forte Caterina, una parte del compendio di Castelvecchio, Forte Lugagnano, Forte Preare a Montorio, Forte Sofia, la vasca dell’Arsenale, la 1a Torricella Massimiliana, le Porte cittadine di San Zeno, Palio, Nuova, Vescovo, San Giorgio, Porta Catena, la torretta in mezzo all’Adige presso ponte Risorgimento e porzioni di Bastioni in fregio a Viale Colombo, circonvallazione Maroncelli, nonchè lungo via Castel S. Felice.

 

Ancona, il Cardeto tra orrore e recupero, scolaresche e degrado
Da centropagina.it del 30 marzo 2023

ANCONA – Il Parco del Cardeto, che sta entrando a far parte del Parco del Conero, non è solo un polmone verde di Ancona: è un luogo bellissimo dove convivono storia anconetana e natura, con scorci a picco sul mare e sulla città, nonché sugli altri parchi cittadini, quello della Cittadella e quello del Pincio. Trentacinque ettari che vanno dalla zona dell’anfiteatro romano e dal faro vecchio sul colle Cappuccini, passando per il Campo degli Ebrei, fino a via Panoramica dove il parco confina con la Marina Militare. In questi giorni s’è parlato spesso dell’area, soprattutto per il recupero del faro vecchio cui potrebbe provvedere il Comune effettuando uno scambio di immobili con il demanio. L’ampia zona in questione, però, come già riportato da CentroPagina, che esercita un innegabile fascino sul visitatore, meriterebbe maggiore cura da parte di cittadini e amministrazione comunale.

Un sopralluogo effettuato nella zona adiacente all’ingresso al parco, dal lato del colle Cardeto, ha mostrato aspetti sicuramente migliorabili per un’area che è frequentata da scolaresche, bambini e famiglie che, con l’arrivo della primavera e della bella stagione, cercano sempre più spesso parchi urbani come quello del Cardeto dove passeggiare. L’edificio della Polveriera Castelfidardo, riqualificato di recente e trasformato in un auditorium, come recita anche il sito del Comune stesso, è un luogo interamente visitabile. Peccato che sia chiuso e senza alcuna indicazione per un orario di visita. Ma il fabbricato a fianco è fatiscente: una porta è aperta, i muri pieni di graffiti, la recinzione per evitare l’accesso a estranei è sollevata, dunque facilmente oltrepassabile, potrebbe entrarvi chiunque. Se a questo si aggiunge l’altro fabbricato di fronte, ormai un rudere avvolto da sterpi e recinzioni sfondate, l’orrore è completo. Urge riqualificare, perché questa prima parte di accesso non è certo adatta ad accogliere cittadini, bambini e turisti, tra l’altro proprio all’ingresso del parco.

Invece poco più avanti sulla sinistra, a fianco al Deposito del Tempo, struttura recuperata nel 2005 e trasformato in biblioteca multimediale ma chiusa, c’è un edificio ristrutturato dove ha sede la Hort, cooperativa che si occupa di ricerca e sperimentazione agronomica, laboratori didattici, attività ricreative a contatto con la natura, agricoltura sociale, escursionismo e altro e che proprio lì sta realizzando orti per bambini e anziani. C’è vita, al Cardeto, insomma, ma ci sono anche degrado e incuria: in diversi punti i muri sono diventati luogo per sperimentazioni artistiche da parte di writers a caccia di notorietà e gli stessi frequentatori del parco, come mostrano le immagini, sembrano non avere più di tanto a cuore la pulizia e il rispetto del luogo.

Serve manutenzione e servono progetti, perché il Parco Cardeto vanta un potenziale ancora inespresso e ha tutti i mezzi per poter esercitare la sua attrattiva nei confronti non solo delle scolaresche e dei cittadini, ma anche dei turisti.

 

Forte Falcone riapre con il portone restaurato dal Lions Elba
Da elbapress.it del 28 marzo 2023

In occasione della prossima riapertura delle fortezze Medicee venerdì 31 marzo

In occasione della prossima riapertura delle Fortezze Medicee verrà presentato il progetto di restauro del Portone di forte Falcone eseguito su iniziativa del Lions Club Isola d’Elba.

L’evento, di notevole rilevanza sia sotto il profilo storico-culturale che per la miglioria dell’immagine della città, è aperto al pubblico ed avrà luogo venerdì 31 marzo con inizio alle ore 18.00.

Il Presidente del Lions Club Isola d’Elba Francesco Andreani ed il Sindaco di Portoferraio Angelo Zini invitano la cittadinanza a partecipare all’incontro al quale seguiranno la visita del museo dedicato a Cosmopoli ed un rinfresco offerto dal Gruppo Nocentini.

 

La storia della base camerese
Da primanovara.it del 28 marzo 2023

Oggi ha assunto per la Forza Armata il ruolo di principale polo ingegneristico-manutentivo e logistico dell’Aeronautica Militare

Il centenario dell'Aeronautica militare è l'occasione giusta per ripercorrere la storia della base camerese.

Tutto inizia nel 1910

In data 28 febbraio 1910 venne effettuato, dal pioniere dell’aviazione Umberto Cagno, il primo volo su Cameri con un velivolo Voisin. Fu l’inizio dell’avventura aerea nei cieli novaresi e la nascita del campo volo di Cameri.
Successivamente, sul sedime dell’aeroporto furono costruite le officine aeronautiche “Gabardini” la cui omonima scuola di aviazione diventerà, negli anni precedenti la 1ª Guerra Mondiale, la più grande del mondo. Nel solo 1917, a titolo di esempio, furono brevettati oltre 700 piloti militari. Tra questi è doveroso ricordare Silvio e Natale Palli, ai quali nel 1921 venne intitolato l’aeroporto di Cameri.
Con l’entrata in guerra nel maggio 1940 la scuola fu sciolta e la base di Cameri vide il passaggio di diversi reparti operativi per le esigenze belliche. L’aeroporto venne pressoché distrutto dalle truppe tedesche in ritirata sul finire della 2ª Guerra Mondiale.

Il dopoguerra

Negli anni del dopoguerra la base ricostruita vide operare vari reparti dell’Aeronautica Militare tra cui, a partire dal 1957, la 2ª Aerobrigata nell’ambito della quale nel 1958 fu costituita la pattuglia acrobatica “Lanceri Neri” su velivolo F86e. Dal 1967 al 1999 ha ospitato il 53° Stormo caccia intitolato alla medaglia d’oro al valor militare Capitano Guglielmo Chiarini, con alle dipendenze il 21° Gruppo Caccia Intercettori dotato di velivolo F104 prima e Tornado poi.

Oggi

Oggi la base di Cameri, con il Comando Aeroporto Cameri e il 1° Reparto Manutenzione Velivoli, ha assunto per la Forza Armata il ruolo di “principale polo ingegneristico-manutentivo e logistico dell’Aeronautica Militare”, per velivoli di elevate prestazioni “fast jet”: Tornado, Eurofighter ed F35.
La base, all’occorrenza, è sede di rischieramento di velivoli per la difesa aerea a protezione di aree urbane sensibili, e fornisce il supporto alle operazioni di Protezione Civile per i velivoli impegnati nella lotta degli incendi boschivi in Piemonte e Lombardia, mantenendo così anche una notevole valenza operativa. Importante è anche il ruolo svolto dall’industria aeronautica nazionale che, operando in sinergia con la componente militare, ha posto l’aeroporto di Cameri all’avanguardia nel settore dello sviluppo per importanti progetti militari e commerciali.

 

La Sant'Anna d'Alfaedo militare tra storia, cultura e architettura: l'incontro
Da larena.it del 27 marzo 2023

Una serata culturale, sabato 1° aprile, alle 17.30, nel teatro del paese, ripercorre gli eventi storici del paese

Sant’Anna d’Alfaedo, un paese di montagna al centro di varie vicissitudini militari nel corso dei secoli. Una serata culturale, sabato 1° aprile, alle 17.30, nel teatro del paese, ripercorre gli eventi storici che hanno portato il piccolo comune della Lessinia a diventare un «fortino» strategico per il Regno d’Italia contro l’impero austro-ungarico, agli albori del Novecento, quando venne costruito Forte Monte Tesoro sull’omonimo promontorio, come pure successivamente, negli anni della Guerra Fredda, durante i quali fu allestita la base Nato, dismessa solo nel 2016.

Vicende militari di carattere nazionale e internazionale, ma ancora poco note, verranno quindi raccontate al pubblico, con la moderazione dell’architetto Fiorenzo Meneghelli, grande esperto di fortificazioni. Sara presente anche il sindaco di Sant’Anna, Raffaello Campostrini.

Per la prima volta dall’acquisizione dell’ex base Nato da parte del Comune, il generale Gerardino De Meo e il primo maresciallo luogotenente Gaetano Faella descrivono l’importanza rivestita dal sito militare nel corso della sua attività. E nella seconda parte della serata, verrà proiettato in anteprima il video realizzato dall’associazione Verona Report su Forte Monte Tesoro: una passeggiata virtuale alla scoperta di questa straordinaria struttura difensiva, fra le più importanti dell’arco alpino.

Infine, il sindaco Campostrini illustrerà i progetti di valorizzazione che il Comune sta mettendo in campo affinché gli ex insediamenti militari, con il loro bagaglio di storia, vengano valorizzati con nuove funzioni, dialogando con il paese e con i visitatori. L’ingresso alla serata è gratuito.

 

I bunker raccontano la storia d’Italia, e si possono visitare
Da siviaggia.it del 27 marzo 2023

Lungo il confine italo-austriaco, a partire dagli Anni '30, venne realizzata un'estesa linea di difesa formata da bunker, sbarramenti anticarro e trincee

In occasione delle ultime Giornate FAI di primavera, il luogo più visitato in Italia è stato il tunnel del bunker antiatomico West Star di Affi, in provincia di Verona. Si tratta di una base militare sotterranea fra le più grandi d’Italia, costruita durante gli anni della Guerra Fredda. Poteva ospitare 999 militari in caso di guerra. Al bunker non è ancora possibile accedere, ma, visto il grande interesse per questo tipo di costruzioni, ce ne sono altri in Italia che si possono visitare.

Molti si trovano lungo il confine italiano, in particolare ce ne sono diversi in Val Venosta, vicino all’Austria. Uno di questi, il bunker n. 20, si trova a Curon, il Comune divenuto famoso per il Lago di Resia e il suo campanile che spunta dalle acque e per ssere stato scelto come location per una serie Tv.

Lungo il confine, a partire dagli Anni ’30, venne realizzata un’estesa linea di difesa formata da ben 66 bunker, sbarramenti anticarro, strade di rifornimento e trincee di combattimento, per proteggersi da una potenziale invasione della Germania di Hitler. La linea di difesa nel paese di confine di Resia è ancora oggi ben conservata.

Il bunker n. 20

Questo sbarramento alpino, che appare come una bizzarra opera d’arte, oggi  può essere riscoperto e ci si può passeggiare in mezzo. Merita assolutamente una visita il bunker della sorgente dell’Adige n. 20 a Curon e lo sbarramento di Pian dei Morti, che si trova in una zona paludosa, oggi monumento naturale, sopra l’abitato di Resia. Sia in estate sia in inverno l’ufficio del turismo organizza visite guidate.

Le fortificazioni al Passo Resia, chiamate Vallo Alpino, sono una meta perfetta per gli appassionati di storia. Le visite guidate al bunker n. 20 permettono di immergersi nel periodo dei grandi conflitti mondiali moderni.

Il bunker si trova in corrispondenza della sorgente del Fiume Adige facilmente individuabile perché c’è una targa di pietra, a 1.525 metri di quota e a solo una ventina di minuti a piedi dal centro di Resia, raggiungibile percorrendo l’Altavia Val Venosta lungo il sentiero n. 2, una bellissima escursione in alta quota da fare a piedi d’estate e con le ciaspole d’inverno. Con i suoi 415 chilometri di lunghezza, l’Adige, che attraversa Trentino-Alto Adige e Veneto per poi sfociare a Rosolina Mare sull’Adriatico, è il secondo fiume d’Italia.

Il bunker n. 20 è stato realizzato in parte in calcestruzzo e in parte scavato direttamente nella roccia. La parte interrata ha una lunghezza di circa 270 metri e la superfice calpestabile è di circa 450 metri quadrati. L’ingresso è consentito solo con la guida.

Lo sbarramento Pian dei Morti

Lo sbarramento di Pian dei Morti è un’opera difensiva che fa parte del “XIII Settore di Copertura Venosta”, all’in t e rn o d e l Va llo Alp in o in Alt o Ad ige . Si t ro va p ro p rio a Pian dei Morti, da cui prende il nome, a duemila metri di quota, sopra al Lago di Resia, al confine con l’Austria. La sua particolarità è data dal fossato anticarro realizzato in modo particolare: a forma di “denti di drago”, un ostacolo insormontabile per l’eventuale passaggio dei carri armati.

Per raggiungere il Pian dei Morti oggi esiste un sentiero, lo stesso n. 2 che conduce al bunker n. 20 e che prosegue fin lassù. Si tratta di un percorso di trekking piuttosto impegnativo lungo circa 7 km, ma tranquillamente adatto a una famiglia e che si può fare anche in sella a una comoda e-bike. Si attraversano boschi che ancora oggi dividono l’Italia dall’Austria (ogni tanto si incontra un cavo che delinea il confine), laghetti e paesaggi incantati, spesso frequentati da cavalli Haflinger (o avelignesi, una razza originaria di Avelengo, sempre qui in Alto Adige) allo stato brado.

Lungo tutto il sentiero, che si snoda lungo una strada a tornanti che segue il crinale della montagna, e sulla cima di Pian dei Morti si trovano diversi bunker che si mimetizzano con il terreno. Le porte e le finestre di queste opere sono state realizzate con del materiale che simula la pietra.

Qui si trova uno dei punti più amati dagli escursionisti che vengono fin quassù. Si tratta del “belvedere” sul Lago di Resia, che si trova quasi alla fine dello sbarramento. Non è una vera terrazza, quanto una grossa roccia sulla quale salire e da cui ammirare la spettacolare vista dall’alto del Lago di Resia.

La rete di sotterranei

Essendo un luogo di passaggio attraverso le Alpi, l’Alta Val Venosta ha da sempre avuto una grande importanza strategico-militare. Romani, Asburgici e l’esercito napoleonico passarono di qui, e anche la Seconda guerra mondiale ha lasciato le sue tracce. In tutta la zona, nascosta in mezzo ai frutteti e ai prati, si dirama una fitta rete di sotterranei che è possibile visitare. Le visite guidate nei sotterranei dell’Alta Val Venosta ripercorrono un gigantesco sistema di gallerie invisibili a occhio nudo ostruito come rifugio in epoca fascista. La visita lunga comprende due bunker, di cui uno a Malles e l’altro a Tarces e la galleria sotterranea di collegamento.

La Val Venosta

È una valle tranquilla, che confina da un lato con l’Austria e dall’altro con la Svizzera, la Val Venosta, un piccolo paradiso delle vacanze, lontana dalle folle di turisti che, strano a dirsi, regala ancora scorci incontaminati. Qui, dove nasce l’Adige e dove svettano picchi che sfiorano le nuvole, si dipanano piccole e incantevoli vallate ideali per chi è alla ricerca di una vacanza attiva, ma anche slow. E, cosa alquanto inusuale, nasconde un lato della nostra storia che pochi conoscono e che merita di essere scoperta.

 

LE “TERRAZZE” DELLO STRETTO: VIAGGIO TRA I FORTI MESSINESI
Da letteraemme.it del 26 marzo 2023

QUANTI SONO, LE LORO FUNZIONI ATTUALI E LA LORO STORIA: TUTTO QUELLO CHE C'È DA SAPERE SULLE FORTIFICAZIONI CHE SORGONO SULLE COLLINE MESSINESI, COSTRUITE CON L'ORIGINARIO OBIETTIVO DI DIFENDERE MESSINA MA CHE OGGI RAPPRESENTANO IL PUNTO PANORAMICO DA CUI AMMIRARE IL PAESAGGIO TRA LA SICILIA E LA CALABRIA

MESSINA. Solo nella città di Messina sono presenti 15 forti, da Nord a Sud della città, alcuni più in periferia mentre altri ben visibili anche dal centro: basta alzare lo sguardo verso le colline. Tutti di origine umbertina, rappresentano l’affaccio sullo Stretto e sono stati costruiti a fine ‘800 con l’obiettivo di difendere la città da eventuali attacchi navali e di terra (provenienti dalla Piana di Milazzo). Oggi, perso il loro originario scopo (facevano parte del Piano Generale di Difesa dello Stato elaborato dalla Commissione presieduta dal Generale Luigi Mezzacapo, con l’intento di rendere sicuri i confini nazionali subito dopo l’Unificazione d’Italia), sono le “terrazze” da cui ammirare Messina e il paesaggio tra la Sicilia e la Calabria, dove esistono altre 7 fortificazioni inserite in un unico catalogo.

«L’avvento delle nuove navi da guerra dotate di cannoni rigati posizionati sui ponti corazzati che, con i loro tiri, avevano reso inservibili le fortificazioni cinquecentesche, troppo visibili e a bassa quota, condusse alla costruzione di una nuova tipologia di fortificazioni realizzate sulle colline, completamente invisibili dal mare, con terrapieni a ridosso delle murature e dotate di potenti artiglierie – spiega all’interno di un opuscolo l’assessore alla cultura e al turismo Vincenzo Caruso – I 18 Forti che si affacciano sullo Stretto (Batterie da costa anti-nave) avevano il compito di colpire il naviglio nemico, mentre i 4 Forti di montagna, Antennamare, Campone, Ferraro e dei Centri (costa siciliana), armati solo con artiglierie di piccolo calibro, avevano invece una funzione di controllo sul Tirreno, per eventuali attacchi di fanteria provenienti dalla piana di Milazzo. Il Sistema difensivo dello Stretto risulta unico nel suo genere perchè, a differenza di quelli italiani ed europei, non ha come oggetto la difesa della città, bensì lo specchio d’acqua dello Stretto».

Dell’intero Sistema difensivo, nove di esse sulla costa messinese (e cinque sulla costa calabrese), sono state restaurate e restituite alla collettività intorno ai primi anni 2000, anche se alcuni sono tornati inagibili e le condizioni non siano delle migliori. Oggi sono gestiti in concessione demaniale da Enti e Associazioni e rappresentano comunque dei contenitori culturali. Questi quelli situati a Messina:

FORTE CAVALLI

Forte Cavalli si trova nella località di Larderia ed attualmente è gestito dall’Associazione Comunità Zancle Onlus. Veniva chiamato “Batteria da Costa Monte Gallo” e il suo scopo era difendere il settore di tiro compreso tra Catona e Reggio Calabria dai nemici: rappresenta, infatti, la prima postazione posta a sud a guardia dello Stretto. Era nata per ospitare 5 ufficiali 290 uomini di truppa e 70 uomini nel baraccamento. L’antica denominazione era data dal nome del monte su cui sorge, mentre la nuova deriva al Generale Cavalli, inventore del cannone a canna rigata a retrocarica. Il forte è riuscito a resistere al terremoto del 1908 e ha superato indenne le due guerre mondiali. Una volta dismesso dalla Marina Militare nel 1954, è stato sottoposto ad un lungo periodo di abbandono e di degrado. Dichiarato bene storico-artistico, il Forte è stato recuperato e reso fruibile alla collettività dall’Associazione “Comunità Zancle”-ONLUS, che lo ha ottenuto in concessione demaniale nell’anno 2000. L’ampia Piazza d’Armi si presta per accogliere attività teatrali e concerti.

II Forte è sede del Museo Storico della Fortificazione Permanente dello Stretto di Messina, inaugurato il 23 maggio 2003. Nelle sue sale è documentata la storia dei forti umbertini e la difesa dello Stretto tra il 1860 e il 1943. Grazie alla collaborazione di operatori agri-turistici della zona è possibile offrire ai visitatori percorsi enogastronomici ed assistere, in determinati periodi, alla preparazione della ricotta e del formaggio. Inoltre, Forte Cavalli offre ospitalità a gruppi giovanili mettendo a disposizione una cucina attrezzata e 30 posti letto in branda.
Una curiosità: per quanto i tempi possano renderlo difficile da credere, il forte fu costruito in appena un anno e nel luglio del 1890 si dichiarava la fine dei lavori costati 650.000 delle vecchie lire.

FORTE OGLIASTRI

Dall’altra parte della città, a Tremonti, sorge il Forte Ogliastri, di cui concessionario è il Comune di Messina. Anche questo terminato dopo appena un anno e mezzo e quasi 500.000 lire, è stato costruito per ospitare fino a 3 ufficiali e 200 uomini di truppa e difendere Messina dagli ancoraggi, in particolare da quelli derivanti dagli sbarchi francesi, proteggendo la parte meridionale della città. Inizialmente fu intitolato al Capitano Vittorio Bottego, temerario esploratore e valente militare. Per un periodo è stato utilizzato per attività culturali nei settori delle arti musicali, dell’artigianato, della tecnica e delle attività alberghiere e culinarie (era stato dato in gestione al V Quartiere e c’era una convenzione con la scuola alberghiera di Messina). Oggi è chiuso perché inagibile.

FORTE S. JACHIDDU

Ancora in zona nord, su un’area pianeggiante su Monte Serrazzo, a 400 metri di altezza, si trova il Forte S. Jachiddu, gestito dagli “Amici del Fortino”. Costato 400.000 delle vecchie lire, ha servito la causa di difendere il settore di tiro di Messina compreso fra Capo Faro e il villaggio di Gazzi. All’interno risiedevano fino a 3 ufficiali e 210 uomini di truppa, più 10 uomini all’interno della Batteria. Si tratta di un complesso collinare molto articolato, che con profonde digitazioni si inserisce fra le vallate dell’Annunziata, del S. Licandro e del Giostra/S. Michele. Il forte è raggiungibile da tutte le tre vallate e un sentiero conduce su un percorso complessivo di circa due chilometri a Monte Ciccia (m. 609). L’area è ricoperta per ampi tratti da fitti boschi,  on panorami che consentono la vista sia sullo Stretto che sul mar Tirreno. Dal forte percorrendo strade carrozzabili, sentieri e brevi tratti di strada asfaltata sono possibili escursioni sull’intera area dei monti Peloritani. II Parco Ecologico S. Jachiddu, trovandosi sulla rotta degli uccelli migratori, è luogo privilegiato per l’osservazione di questo straordinario fenomeno che da sempre si ripete nella sua unicità.

Sono diverse le attività a cui si presta: percorsi didattici per le scuole, laboratori artigianali, progetti di ricerca ed esplorazione dell’ambiente. Ma anche escursioni naturalistiche e storico/artistico/culturali sui colli Peloritani e nell’area dello Stretto, mostre d’arte, spettacoli di musica e teatro, manifestazioni culturali e visite guidate al Forte e al Parco.

FORTE DEI CENTRI

Ancora più a Nord, a Salice, sorge dal 1990 Forte dei Centri, gestito dalla Coop Giovanile “La Zagara”. Le 232.000 lire spese per questa fortificazione servivano per proteggere la provinciale Messina- Milazzo, della spiaggia del Tirreno e delle foci delle diverse fiumare che sfociano da Serro a Fondaco Nuovo. Un po’ più piccolo rispetto a quelli visti finora, ospitava 2 ufficiali e 81 uomini di truppa, anche se a 300 metri dalla batteria c’è anche una casermetta capace di ospitare 150 uomini su paglia a terra e di 80 uomini su brande.

Con esattezza, si trova sopra l’abitato di Salice e fu realizzato dallo Stato Maggiore del Regio Esercito Italiano con lo scopo di difendere il territorio, insieme ai Forti Antennamare, Campone e Ferraro, da sbarchi nemici sulla Piana di Milazzo (infatti si affaccia sul Mar Tirreno con vista panoramica su Milazzo e sulle Isole Eolie). È dotato di agevole accesso ed è raggiungibile da Portella Castanea, dalle Quattro Strade e dalla S.S. 113 (Marmora). Guarda i colli S. Rizzo e dista 21 km dal mare. Possiede una ricca vegetazione di alberi di eucalipto, pini, unitamente a macchie mediterranee. Il forte vanta di turismo rurale, che si estrinseca soprattutto sulla salvaguardia del patrimonio artistico-culturale dei luoghi, compresi i piccoli affioramenti sabbiosi ricchi di resti fossili di invertebrati marini e di vetri e minerali vulcanici che testimoniano le profonde trasformazioni subite dal territorio che, fino a tempi geologicamente recenti, era in parte coperto dal mare. I resti fossili e i materiali vulcanici documentano l’esistenza di una attività vulcanica forse riferibile ad una fase precoce della formazione dell’Arco Eoliano. Vengono organizzate anche attività di trekking a cavallo in calesse.

Infine, sono previste anche visite guidate al villaggio di Salice, dove è possibile ammirare il cosiddetto “Castelluccio”, noto anche come “Torre Benini” avente in passato, scopi di avvistamento; la Chiesa dell’Annunziata (sec. XVI), il cui altare maggiore è arricchito da un rilievo dell’Annunciazione di scuola scultorea affine ai Calamech; il Palazzo del Conte Pettini (oggi Mazzeo, sec. XIX); una fontana barocca del 1716; la Chiesa parrocchiale “S. Stefano Juniores” (sec. XVI) con dipinti di Alibrandi e di Antonello Riccio (sec. XVI) Venerata “l’impronta” del ginocchio del Santo, martirizzato dai barbari e sepolto nel villaggio, rinvenuta nei dintorni del Forte. Lungo la via che attraversa il villaggio si possono osservare tipologie di case ottocentesche e il campanile a vela della Chiesa parrocchiale (sec. XVII). Oltre il bivio del Forte dei Centri è possibile raggiungere la frazione Urni dominata dall’ottocentesca “Villa Ainis”, con annessa cappella neogotica, residenza della nota famiglia messinese.

FORTE SERRA LA CROCE

Senza allontanasi dalla periferia Nord di Messina, a Curcuraci si trova il forte Serra La Croce, gestito dalla “Trapper Soc. Coop. Sociale Onlus”, terminato nel 1890 (per 330.000 lire) con lo scopo di difendere lo specchio d’acqua del mar Tirreno tra Torre Faro e la foce del fiume Tono. In totale era stato realizzato per ospitare 2 ufficiali e 130 uomini di truppa, ma anche 20 uomini nella Batteria e 50 nel baraccamento. Situato a circa 200 metri di altezza sul lato nord – est di Messina, offriva sostegno all’azione del Forte Polveriera. Possiede una vegetazione piuttosto rada, costituita prevalentemente da macchia mediterranea ed eucalipti. Oggi è una struttura ricettiva, volta prevalentemente ad attività sociali (campi ed attività ludico educative per i giovani) e culturali (mostre, concerti, spettacoli).

FORTE PUNTAL FERRARO

Sui Colli Sarrizzo, l’Azienda Foreste Demaniali è concessionaria del forte Puntal Ferraro, noto soprattutto per la colonia di daini presente fino a qualche anno fa, prima che si ammalassero. Lo scopo per cui è stato ultimato nel maggio del 1890 era quello di difendere la strada provinciale Messina-Milazzo, da Torre S. Rizzo a Gesso, ma anche delle rotabili di Salice e Castanea, della strada ferrata nella fiumara Gallo e della mulattiera che conduce a Serro. Ospitava 4 ufficiali e 169 uomini di truppa, più 70 uomini nella Batteria su paglia a terra e altri 50 su brande. Dal forte, si può ammirare e conoscere il territorio dal punto di vista ecologico paesaggistico, geografico, geologico e storico sociale, con la vista del mar Tirreno e delle isole Eolie e dello Stretto di Messina con il mare lonio. Vengono organizzate delle visite alla Batteria, al bosco dei Monti Peloritani, al parco e su richiesta si può visitare anche il Centro Recupero di Fauna Selvatica. Più avanti, percorrendo la strada provinciale 50 bis, si trovano i resti della polveriera di Ziriò, oggi vivaio della forestale e, infine, il monte Dinnamare (1127 metri), da dove si ammira un panorama mozzafiato sullo Stretto. Lungo il percorso si trovano aree attrezzate (anche per i più piccoli) e un percorso per mountain bike. Inoltre, si organizzano escursioni nei boschi, sentieri autoguidati (a Ziriò, da 5 km) e fino alla Badiazza (1 km), e su richiesta anche degustazioni di prodotti tipici.

FORTE CAMPONE

Sempre sui Colli Sarrizzo, lungo la strada che prosegue verso il borgo di Musolino, la “Trapper Soc. Coop. Sociale Onlus”, che gestisce anche forte Serra La Croce, è concessionaria di forte Campone, che fine ‘800 è stato costruito per 330.000 lire al fine di difendere i versanti delle fiumare di Saponara, Castelluccio e Gallo, ospitando 3 ufficiali, 120 uomini di truppa, 70 uomini nella batteria su paglia a terra e altri 50 su brande.

Sono presenti percorsi di trekking, per mountain bike, a cavallo e jeep sui Monti Peloritani: tutti itinerari turistici e paesaggistici. Inoltre il forte rappresenta una base scout e per campeggiatori ed escursionisti, oltre che essere un Circuito Turistico Discover Messina Sicily con visite guidate multilingue.

FORTE PETRAZZA

Delle fortificazioni cittadine Forte Petrazza è il più centrale: costruito per difendere il settore di tiro compreso tra il porto di Messina e la fiumara Tremestieri e sul fianco destro la valle di Bordonaro, sorge a Camaro, a sostegno anche delle azioni di forte Cavalli e S. Jachiddu. Oltre 500.000 delle vecchie lire spese per ospitare, a partire dal 1889, 3 ufficiali, 220 uomini di truppa e altri 150 uomini nella batteria. Gestito dal “Consorzio Sol.E.”, risulta essere un punto panoramico e paesaggistico di notevole interesse, con ampia vista sul lato est sullo Stretto di Messina e sulla zona falcata, con in primo piano il Castel Gonzaga; sul lato Ovest, invece, vanta un’ampia vista della cintura dei monti Peloritani. Attualmente è presente una piccola collezione di piante officinali e aromatiche all’interno del cortile del forte. Tra le attività per cui si presta, ci sono delle visite guidate con informazioni sullo Stretto, sulla fondazione della città, sui principali monumenti e sulle fortificazioni, ma si svolgono anche azioni di ricerca, formazione e documentazione relativi ai temi delle energie rinnovabili, sistemi complessi, economia solidale e politiche sociali; ospitalità con possibilità di pernottamento e ristorazione. Ancora, è possibile organizzare delle osservazioni astronomiche notturne per gruppi di 15 persone, o anche degli ecosistemi marini in collegamento con il Parco Horcynus Orca. E, infine, si organizzano delle escursioni sui Monti Peloritani e dei laboratori naturalistico-ambientali.

TORRE DEGLI INGLESI – PARCO HORCYNUS ORCA

Infine, tra quelli degni nota, a Torre Faro si trova la Torre degli inglesi, gestita dalla fondazione Horcynus Orca: è inserita in una cinta muraria bastionata databile tra il XVI ed il XVII secolo. Di origine antichissima, trovandosene memoria nella Geografia di Strabone – secolo I A.C., fu soggetta ad una serie di interventi eseguiti dalle truppe inglesi intorno al 1810. La torre principale venne rinforzata ed arrotondata su tre lati (tipologia della “martello tower”) per deviare le cannonate. In epoca successiva i lavori furono ripresi dal governo borbonico fino al completamento dell’attuale fortino. Altri interventi furono effettuati dalla Marina Militare Italiana fino all’immediato dopoguerra soprattutto presso il lato ovest. In una carta del XV-XVI secolo sembra, inoltre, esserci traccia di una torre precedente a quella attuale risalente alla fine del 1500. Gli scavi condotti dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici di Messina hanno portato alla luce la struttura del basamento del faro di epoca romana. Il bene è di proprietà del Ministero delle finanze ed è attualmente dato in concessione all’Università degli Studi di Messina che, in qualità di socia della Fondazione Horcynus Orca, lo ha destinato allo svolgimento delle attività culturali e scientifiche previste dal progetto del Parco stesso. Si tratta di percorsi multidisciplinari, seminari e convegni in sale attrezzate, promozione del territorio e del patrimonio artistico e culturale, visite guidate alla struttura e al sito archeologico, percorsi ludico-didattici rivolti alle scuole, rassegne d’arte contemporanea ed eventi di arti performative (musica e teatro).

Gli altri sulla costa messinese sono: il forte di Dinnammare, la  polveriera Masotto (vicino forte Serra La Croce a Curcuraci), forte Spuria (a Ganzirri), forte Menaja (a Sant’Agata), forte Mangialupi e forte Schiaffino; mentre in Calabria si trovano: forte Pignatelli, forte Matiniti Superiore (Siacci), forte Matiniti Inferiore, forte Telegrafo (Beleno), forte Catona, forte Arghillà (Gullì), forte Pentimele Nord (Pellizzari), forte Pentimele Sud e forte Sbarre. A Messina, invece, per quanto riguarda Forte San Salvatore, Forte Matagriffone di Cristo Re e Castel Gonzaga, risalgono al ‘500.

I forti hanno e fanno parte di numerose azioni di valorizzazioni, come ad esempio il protocollo d’intesa “Dalla Laguna allo Stretto e dallo Stretto alla Laguna” sottoscritto nel 2006 tra il Comune di Messina e il Comune di Venezia, al fine di coordinare tutte le fortificazioni unitamente e fare in modo che si potessero avere produzioni materiali da portare alle fiere e per poter organizzare escursioni sistemiche. Un’iniziativa che, in particolare nella persona dell’assessore Caruso, è stata avviata per riuscire nell’intento di restituire alle costruzioni messinesi il loro antico splendore, facendoli tornare al centro di un progetto più ampio. Una visione a cui si è dato seguito anche nel 2018, con la Carta di Corfù, un altro protocollo d’intesa che valorizza i forti d’Europa dando loro visibilità nei cataloghi e all’interno dei convegni. «Di mezzo, però, c’è stata la pandemia – spiega Caruso – Ma quello che mi immagino io adesso è la città del futuro dalle terrazze messinesi che sono i forti, supportate da mezzi di trasporto. A differenza di Venezia, infatti, i nostri forti sono sulle colline e i cittadini li hanno sempre visti come strutture precluse. L’idea adesso è quella di realizzare un centro studi dei sistemi fortificati italiani ed europei con l’associazione “MedFort”. La mia intenzione è quella di organizzare a breve un convegno con i gestori tutti i forti sullo Stretto per riaccendere i riflettori e rilanciarci nella nuova stagione turistica. Quello che a me interessa di più è far sognare questa città con l’aiuto di una figura identitaria, come quella di Antonello Da Messina. Vogliamo far riconoscere Messina come la città che ha dato la natalità ad Antonello da Messina».

Di Andrea Denaro

 

Celebrato stamane a Forte Marghera il 175° anniversario della cacciata degli austriaci e dell'inizio della Prima guerra d'Indipendenza
Da live.comune.venezia.it del 25 marzo 2023

Marzo 1848- marzo 2023: è una ricorrenza storica importante quella che si celebra quest’anno. Ricorrono infatti i 175 anni dalla cacciata degli austriaci da Venezia e del suo territorio, con la conseguente proclamazione della Repubblica di san Marco”, e l’inizio della Prima guerra d’Indipendenza.

Eventi importanti per la storia non solo della città ma dell’intero Paese, che sono stati ricordati questa mattina in uno dei luoghi simbolo di quelle giornate e dei lunghi mesi di guerra, ovvero Forte Marghera.   

Presente, in rappresentanza della Città, il presidente della X Commissione consiliare, Matteo Senno, accompagnato dell’assessore comunale alla Promozione del territorio, Paola Mar e dal presidente della Fondazione Forte Marghera, Stefano Mondini, “E’ importante – ha sottolineato Senno – conoscere questi eventi e onorare il sacrificio, il coraggio, la voglia di libertà di tanti giovani che hanno combattuto sacrificando la propria vita: il loro esempio non deve essere dimenticato, ma diventare un punto di riferimento per il nostro presente e per il futuro.”

Dopo il picchetto d’onore e l’alzabandiera, si sono tenuti gli interventi dei rappresentanti d’Arma, a cui è seguita la benedizione, e la deposizione di una corona d’alloro, al sacello dei Caduti.

 

Di Torre in Torre con sosta ristoro vista mare
Da iltaccodibacco.it del 25 marzo 2023

Le sentinelle di guardia: da Torre San Foca a Torre dell’Orso con sosta ristoro presso Pasticceria Dentoni.

Escursione costiera lungo il sentiero di comunicazione tra la Torre di San Foca e Torre dell’Orso. Un trekking a passo lento immersi in una cornice incantevole, incontrando il mare e i luoghi incontaminati all’interno di paesaggi mozzafiato e fioriture della macchia mediterranea.

Un percorso antico già noto ai guardiani delle torri costiere che ancora oggi svettano come sentinelle lungo le coste della nostra penisola. Monumenti di grande bellezza e fascino che hanno avuto un ruolo importante nella difesa del territorio.

Partendo da San Foca, si percorrerà il sentiero che costeggia l’area archeologica di Rocavecchia e grotte della Poesia, fino ad arrivare a Torre dell’Orso dove ci sarà una piccola sosta ristoro presso la Pasticceria Dentoni sulla splendida terrazza vista mare.

Luogo di ritrovo: area antistante la Torre di San Foca Orario: 8:30 - 13:30. Ritrovo 15 minuti prima della partenza. Durata: circa 5 ore.

 

Un nuovo ingresso per rendere visitabile la Rondella della Boccare
Da veronasera.it del 24 marzo 2023

Rondella delle Boccare - Di Adert - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=70373330

Lo studio di fattibilità approvato dalla giunta comunale di Verona, prevede la realizzazione di un ingresso da via Madonna del Terraglio, insieme alla riapertura di un vecchio accesso murato, a cura della Direzione Tutela e Valorizzazione Edifici Monumentali del Comune

Di Luca Stoppele

La Rondella della Boccare diventerà finalmente fruibile a cittadini e visitatori. Parliamo di un vero e proprio gioiello di architettura militare, inserito lungo le mura magistrali tra i quartieri di Santo Stefano e Valdonega, ad oggi sconosciuto ai più per la difficoltà ad accedervi.
Attualmente infatti, si entra al fortino solamente attraverso il cortile di un istituto scolastico presente nel quartiere, e quindi in giorni e orari limitati e sempre previo accordo con la scuola.

Una situazione che troverà soluzione grazie allo studio di fattibilità approvato martedì dalla giunta comunale di Verona e che prevede la realizzazione di un ingresso da via Madonna del Terraglio, insieme alla riapertura di un vecchio accesso murato, a cura della Direzione Tutela e Valorizzazione Edifici Monumentali del Comune.

In corrispondenza di Via Madonna del Terraglio sarà realizzata una apposita rampa, necessaria per superare l'attuale dislivello e relative barriere architettoniche al fine di consentire la massima fruibilità e accesso a tutta l'utenza. Da lì, si arriverà alla Rondella attraverso un percorso in superficie lungo il muro di cinta, che sarà anch’esso oggetto di un intervento di verifica e messa in sicurezza.

«La programmazione della realizzazione dell’accesso e del percorso pedonale alla Rondella delle Boccare da Via del Terraglio, con l’approvazione del progetto di fattibilità per complessivi 300.000 euro, è il primo importante passo verso la riqualificazione di questo straordinario baluardo cinquecentesco realizzato dalla Serenissima Repubblica di Venezia, un luogo magico, di straordinario pregio storico e architettonico, che merita di essere aperto a cittadini e turisti - afferma la vicesindaca e assessora all’Edilizia Monumentale Barbara Bissoli -. Ringrazio la precedente Amministrazione che, con l’Ufficio comunale Unesco, si è attivata per ottenere il finanziamento da parte del Ministero per il Turismo: ci avviamo dunque alla realizzazione di un intervento che evidenzia la grande potenzialità artistica e culturale, ancora inespressa, della nostra città».

L’intervento rientra nel più ampio progetto "Smart Verona, città patrimonio mondiale Unesco", presentato l’estate scorsa e che ha ottenuto dal Ministero del Turismo il contributo di 1 milione 500 mila euro, una parte dei quali destinati alla valorizzazione della Rondella delle Boccare.
Quanto ai tempi, è in fase di assegnazione il pacchetto relativo alla progettazione esecutiva, l’obiettivo è iniziare i lavori entro l’anno e rendere fruibile al pubblico la Rondella nel 2024.

 

I bunker delle ville storiche chiusi e abbandonati al degrado
Da romatoday.it del 24 marzo 2023

A Villa Ada e Villa Torlonia i rifugi antiaerei hanno visto in totale quasi 15.000 visite tra il 2018 e il 2021, ma quando è scaduta la convenzione con Roma Sotterranea la Sovrintendenza non ha indetto nessun nuovo bando né fatto interventi di manutenzione

Sono passati esattamente due anni da quando è scaduta la convenzione tra Roma Capitale, la Sovrintendenza e l'associazione Roma Sotterranea per l'apertura, la gestione e la valorizzazione dei bunker storici della città. Il Savoia a Villa Ada e il Mussolini a Villa Torlonia sono chiusi, senza gestione né cure. Successe anche tra il 2017 e il 2018, con oltre 300 giorni di "buio", risolto con un accordo triennale partito nel 2018. Ora però i giorni sono diventati oltre 700.

I bunker storici di Roma gestiti da Roma Sotterranea

Con la firma della convenzione con Roma Sotterranea, incaricata di occuparsi del bunker costruito da Benito Mussolini a Villa Torlonia, dove aveva la sua residenza ufficiale e di quello dei Savoia, costruito all'interno di Villa Ada, l'amministrazione Raggi garantì la fruizione di due luoghi di grande importanza storica e monumentale. In tre anni, tra il 2018 e il 2021, secondo i dati forniti da Roma Sotterranea, oltre 10.200 persone hanno visitato il bunker Mussolini e quasi 3.500 il bunker Savoia. Alla fine dell'accordo triennale, però, nessun nuovo bando è stato pubblicato.

Chiusi da due anni dopo la scadenza della convenzione

"É inaccettabile che esperienze virtuose come queste - denuncia Dario Nanni, presidente della commissione speciale Giubileo 2025 e membro di quella cultura - vengano interrotte dalla burocrazia. Il patrimonio che corre sotto i nostri piedi non è solo di tipo archeologico, ma assume altrettanto valore storico ed educativo, anche se appartenente a tempi più recenti. Dopo anni di abbandono, i due siti sono stati recuperati e riaperti al pubblico tra il 2014 e 2016, grazie ad una convenzione tra Sovrintendenza Capitolina e le associazioni. La conoscenza di questi siti meno noti al pubblico, oltre ad essere un valore aggiunto in sé, ha inciso positivamente sulla valorizzazione di entrambe le ville storiche".

Nanni (Azione): "Ingiustificabile dilazione dei tempi"

Nel 2021, però, è finita l'esperienza. Dopo marzo di quell'anno l'amministrazione Raggi in collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina avrebbe dovuto reperire nuovi soggetti oppure confermare quanto avvenuto nel triennio precedente, ma non ci sono state novità: "I due siti sono chiusi al pubblico - ricorda Nanni di Azione - e al posto dei visitatori sono subentrate incuria e degrado. La Sovrintendenza capitolina non ha ancora indetto nessun bando, mentre ha dichiarato che saranno necessari lavori di manutenzione. È ingiustificabile un’ulteriore dilazione dei tempi in attesa del bando di valorizzazione e gestione del sito". E' prevista, nelle prossime settimane, una commissione cultura ad hoc per affrontare il tema.

Il bunker Mussolini a Villa Torlonia

Il bunker Mussolini è stato realizzato a partire dal 1942, su volontà dell'allora Capo del Governo, in piena Seconda Guerra Mondiale. Ha una pianta a croce con quattro bracci a forma cilindrica, attrezzato con un'uscita secondaria. Il rifugio, però, non è mai stato utilizzato dal Duce, che venne arrestato il 25 luglio 1943.

Il bunker Savoia a Villa Ada

A Villa Ada, dove la famiglia Savoia ha mantenuto la sua sede ufficiale fino alla fine della Monarchia in Italia, i reali vollero la costruzione del rifugio tra il 1941 e il 1942, in contemporanea con il bunker di Mussolini a Villa Torlonia. Scavato nel tufo, ha porte blindate, un sistema di ricircolo d'aria, un'uscita secondaria e i servizi igienici.

 

Giornate del Fai di primavera, a Palau la visita alla Batteria Militare Talmone
Da unionesarda.it del 23 marzo 2023

Costruita nel 1914, faceva parte del sistema difensivo della Piazzaforte di La Maddalena

La XXXI edizione delle Giornate FAI di Primavera, evento dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico d’Italia, con l’apertura eccezionale di oltre 750 luoghi inaccessibili o poco noti, offre l’opportunità, sabato 25 e domenica 26 marzo, di visitare a Palau la Batteria Militare Talmone.

«Un breve trekking guidato lungo il sentiero naturale che conduce all'ex caserma restaurata – scrivono gli organizzatori - con spiegazione delle principali peculiarità storiche e naturalistiche del luogo, la visita e il racconto degli spazi interni, normalmente chiusi al pubblico fuori dal periodo estivo».

Situata a circa 7 km dal paese, a Punta Don Diego, la Caserma Talmone, costruita nel 1914, occupa una superficie di circa 400 mq suddivisi in 12 stanze. Faceva parte del sistema difensivo della Piazzaforte di La Maddalena. Fu dismessa nel 1947 con la firma del trattato di Parigi che imponeva il disarmo della stessa piazzaforte.

L'esperienza, scrivono sempre gli organizzatori, «si svolgerà nell'arco di 90 minuti e sarà composta di momenti all'aria aperta e momenti di visita guidata negli edifici restaurati, domande e risposte, osservazione e ascolto dell'ambiente».

Di Claudio Modesto Ronchi

 

Gli Usa inaugurano la loro prima base militare permanente in Polonia
Da insideover.com del 23 marzo 2023

Di Paolo Mauri

Martedì 21 marzo l’esercito americano ha inaugurato la sua prima base permanente in Polonia. La struttura, ufficialmente chiamata Us Army Garrison Poland, è situata nella città di Poznan e fungerà da quartier generale del comando avanzato del V corpo d’armata dell’esercito americano. Per il momento il quartier generale Usa in Polonia vede la presenza di 13 militari e 140 civili, ma molto probabilmente il numero di soldati stanziati in modo permanente a Poznan aumenterà, e in prospettiva anche altrove, per tenere fede alla promessa del presidente Joe Biden fatta al vertice Nato di Madrid dello scorso giugno.

In quella occasione, infatti, Biden aveva affermato che “gli Stati Uniti rafforzeranno la loro posizione di forza in Europa per rispondere al cambiamento del contesto di sicurezza, oltre a rafforzare la sicurezza collettiva”. L’annuncio del presidente era giunto sulla scia dell’arrivo in Europa di 20 mila militari statunitensi che hanno portato il numero complessivo di truppe Usa presenti nel Vecchio Continente a più di 100 mila soldati, molti dei quali schierati lungo il fronte orientale dell’Alleanza Atlantica. In particolare, il presidente degli Stati Uniti aveva preannunciato che “in Polonia, stabiliremo un quartier generale permanente del V corpo d’armata degli Stati Uniti e rafforzeremo l’interoperabilità della Nato lungo l’intero fianco orientale”.
La base di Poznan dell’esercito statunitense sarà quindi posto di comando avanzato, un quartier generale della guarnigione, e avrà la struttura di un battaglione di supporto, con lo scopo di migliorare le capacità di comando e controllo, l’interoperabilità e la gestione delle attrezzature preposizionate.

Perché la Polonia

La Polonia è, da tempo, tra i più fedeli alleati degli Stati Uniti in Europa e la sua politica ha agevolato molte delle mosse dell’Alleanza. Gli Stati Uniti nel Paese manterranno anche la presenza di forze secondo un meccanismo rotazionale, tra cui un reparto di una brigata corazzata ed elementi dell’aviazione. In questo modo gli Usa avranno modo di schierare più rapidamente le proprie unità lungo tutto il fianco orientale.

I governi polacchi hanno spinto a lungo per avere una maggiore presenza statunitense nel Paese: durante l’amministrazione Trump, ad esempio, in occasione della crisi tra Stati Uniti e Germania che aveva portato la Casa Bianca a minacciare il ritiro di 12mila soldati dal suolo tedesco, Varsavia si era prontamente offerta per ospitarli e aveva avviato negoziati con Washington in tal senso. Allora l’accordo parlava del già citato comando di Poznan (che però avrebbe dovuto essere un quartier generale di divisione), e di un centro di addestramento a Drawsko Pomorskie, già sede di esercitazioni Nato multinazionali. Si parlava anche di un hub logistico dell’aeronautica militare, un quartier generale per una brigata (a rotazione) dell’aviazione, due strutture per operazioni speciali e un’altra base vicino al confine tedesco che avrebbe ospitato un reparto di una brigata corazzata.

Possiamo quindi vedere che, sostanzialmente, gran parte di quell’accordo risalente alla presidenza Trump è stato rispettato e messo in atto. Ancora prima, nel 2018, la Polonia aveva ventilato la possibilità di stanziare ben 2 miliardi di dollari per avere basi statunitensi permanenti sul proprio territorio anche al di fuori dell’ambito dell’Alleanza Atlantica, quindi via accordi strettamente bilaterali tra i due Paesi. Dopodiché, quell’accordo che avrebbe portato ad almeno una nuova base che avrebbe preso il nome di “Fort Trump”, è stato messo nel cassetto dagli Usa per questioni legate al posizionamento delle installazioni, che Washington voleva più a occidente rispetto alla proposta polacca.

Il messaggio alla Russia

Oggi quindi vediamo l’infrangersi definitivo di quel “accordo tra gentiluomini” tra Usa e Urss alla dissoluzione di quest’ultima che avrebbe stabilito il non posizionamento di basi statunitensi permanenti negli ex Paesi del Patto di Varsavia. Inoltre è stata  infranta anche la base giuridica del Nato-Russia Act del 1997, un accordo inteso ad allentare le tensioni e rafforzare la cooperazione tra gli ex rivali della Guerra Fredda, che del resto si può considerare ormai carta straccia da quando Mosca ha deciso di invadere l’Ucraina.

Del resto il detto “pacta sunt servanda” è valido solo fintanto che una delle due parti dimostra di attenersi agli accordi presi, e il Cremlino attaccando l’Ucraina a febbraio del 2022 ha rotto definitivamente un equilibrio già messo in crisi dalla destabilizzazione del Donbass e dall’annessione della Crimea alla Federazione nel 2014.

Mosca ha sempre avuto la possibilità di scegliere il modo di risolvere certe controversie internazionali, anche in considerazione dell’avvicinamento, più o meno lecito, di Kiev nell’orbita occidentale precedente ai fatti in Crimea e Donbass.

Soprattutto Mosca non ha mai saputo offrire un’alternativa accattivante al passaggio al lato occidentale, avendo dimostrato precedentemente (in Georgia nel 2008, ad esempio) di preferire utilizzare la coercizione al soft power, che del resto – se escludiamo l’ambito energetico e quello degli armamenti – non è mai stato sviluppato in modo da avere capacità di attrattiva.

L’entusiasmo di Varsavia

Tornando alla base Usa di Poznan, il governo polacco festeggia: Mariusz Blaszczak, ministro della Difesa polacco, durante la cerimonia ufficiale di apertura ha affermato che “questo è un evento importante sia nella storia della Polonia che nella storia delle relazioni polacco-americane”. Gli ha fatto eco Mark Brzezinski, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Polonia, che ha affermato che la presenza dell’esercito americano in Polonia crea una sicurezza duratura per la Polonia. “È un segno che resteremo qui, che gli Stati Uniti sono impegnati con la Polonia e la Nato e che siamo uniti di fronte all’aggressione russa”, ha aggiunto Brzezinski.

Cosa aspettarsi ora? Mosca rafforzerà la sua presenza militare lungo i suoi confini occidentali – cosa che sta già iniziando a fare – e la sua propaganda, rivolta sia internamente sia esternamente verso l’opinione pubblica europea, che narra dell’accerchiamento da parte della Nato, avrà una freccia in più al suo arco. Dal punto di vista degli equilibri interni all’Alleanza, come già detto, la Polonia avrà più peso decisionale col rischio che i Paesi mediterranei (tra cui l’Italia) vedano essere essa in secondo piano l’esigenza di prestare maggiore attenzione al Fronte Sud della Nato, che risulta essere, secondo chi scrive, ben più minaccioso di quello orientale.

 

A Pisa “Fortmed 2023” il convegno Internazionale sulle fortificazioni nel Mediterraneo
Da intoscana.it del 23 marzo 2023

Mura di Pisa

Dal 23 al 25 marzo nella città toscana architetti, ingegneri, archeologi, storici, geografi, cartografi, operatori e amministratori del patrimonio culturale, professionisti del settore turistico e restauratori da tutto il mondo

A Pisa presso il Polo Congressuale Le Benedettine il 23, 24 e 25 marzo si tiene FORTMED 2023 la la sesta edizione del Convegno Internazionale Fortifications of the Mediterranean Coast.

L’obiettivo principale del convegno è lo scambio di conoscenze e la condivisione per una migliore comprensione, valutazione, gestione e valorizzazione della cultura e del patrimonio dell’architettura fortificata sviluppatisi lungo la costa del Mediterraneo, prendendo in considerazione anche i fenomeni che hanno avuto luogo oltremare. Il Convegno avrà un carattere interdisciplinare, a cui contribuiranno architetti, ingegneri, archeologi, storici, geografi, cartografi, operatori e amministratori del patrimonio culturale, professionisti del settore turistico, restauratori ed esperti in restauro-conservazione e divulgazione del patrimonio.

Centro focale di indagine saranno le fortificazioni nel Mediterraneo (Spagna, Francia, Italia, Malta, Tunisia, Cipro, Grecia, Albania, Algeria, Marocco), senza escludere altri paesi e altre fortificazioni costruite oltremare (Cuba, Porto Rico, Filippine, Panama).

Le prime cinque edizioni del Convegno si sono svolte: nel 2015 presso l’Instituto Universitario de Restauración del Patrimonio dell’Un ive r s ita t Politè cn ica d e València; nel 2016 presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze; nel 2017 presso la Escuela Técnica Superior de Arquitectura della Universitat d’Alacant; nel 2018 presso il Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino, nella sede del Castello del Valentino; nel 2021 alla Escuela de Estudios Árabes di Granada.

Il Convegno è organizzato dal Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni (DESTeC) dell’Università di Pisa.

 

Un gioiello di architettura militare sarà presto visitabile
Da veronanews.net del 22 marzo 2023

La Rondella della Boccare diventerà finalmente fruibile a cittadini e visitatori. Parliamo di un vero e proprio gioiello di architettura militare, inserito lungo le mura magistrali tra i quartieri di Santo Stefano e Valdonega, ad oggi sconosciuto ai più per la difficoltà ad accedervi. Attualmente infatti, si entra al fortino solamente attraverso il cortile di un istituto scolastico presente nel quartiere, e quindi in giorni e orari limitati e sempre previo accordo con la scuola.

Una situazione che troverà soluzione grazie allo studio di fattibilità approvato oggi dalla giunta e che prevede la realizzazione di un ingresso da via Madonna del Terraglio e la riapertura di un vecchio accesso murato, a cura della Direzione Tutela e Valorizzazione Edifici Monumentali del Comune.

In corrispondenza di Via Madonna del Terraglio sarà realizzata una apposita rampa, necessaria per superare l’attuale dislivello e relative barriere architettoniche al fine di consentire la massima fruibilità e accesso a tutta l’utenza. Da lì, si arriverà alla Rondella attraverso un percorso in superficie lungo il muro di cinta, che sarà anch’esso oggetto di un intervento di verifica e messa in sicurezza.

“La programmazione della realizzazione dell’accesso e del percorso pedonale alla Rondella delle Boccare da Via del Terraglio, con l’approvazione del progetto di fattibilità per complessivi 300.000 euro, è il primo importante passo verso la riqualificazione di questo straordinario baluardo cinquecentesco realizzato dalla Serenissima Repubblica di Venezia, un luogo magico, di straordinario pregio storico e architettonico, che merita di essere aperto a cittadini e turisti- afferma la vicesindaca e assessora all’Edilizia Monumentale Barbara Bissoli-. Ringrazio la precedente Amministrazione che, con l’Ufficio comunale Unesco, si è attivata per ottenere il finanziamento da parte del Ministero per il Turismo: ci avviamo dunque alla realizzazione di un intervento che evidenzia la grande potenzialità artistica e culturale, ancora inespressa, della nostra città.”

L’intervento rientra nel più ampio progetto ‘Smart Verona, città patrimonio mondiale Unesco’, presentato l’estate scorsa e che ha ottenuto dal Ministero del Turismo il contributo di 1 milione 500 mila euro, una parte dei quali destinati alla valorizzazione della Rondella delle Boccare. Quanto ai tempi, è in fase di assegnazione il pacchetto relativo alla progettazione esecutiva, l’obiettivo è iniziare i lavori entro l’anno e rendere fruibile al pubblico la Rondella nel 2024.

 

Forte San Felice, le visite guidate ritornano dal 13 maggio
Da chioggiatv.it del 21 marzo 2023

La Marina militare (MARIFARI di Venezia) ha autorizzato il programma di visite guidate al Forte per il 2023 richiesto dal Comune di Chioggia in collaborazione col Comitato FSF.

 Queste le date delle visite: 13 maggio, 17 giugno, 8 luglio, 5 agosto, 23-24 settembre.

Spiegano gli organizzatori delle visite: “Gli abituali percorsi potranno avere degli adattamenti nel caso di apertura di nuovi cantieri per il restauro degli storici edifici. Rimangono in vigore le misure precauzionali sanitarie, specie per la consistenza numerica ridotta dei partecipanti (non più di 25 per gruppo, con 4 turni di visita)”.

Le iscrizioni avverranno come al solito online sul sito www.evenbrite.it e saranno aperte due settimane prima della data di svolgimento delle visite.

Le prime visite si svolgeranno nel pomeriggio di SABATO 13 MAGGIO in occasione delle GIORNATE NAZIONALI DEI CASTELLI indette dall’Istituto Italiano dei Castelli: il cuore del Forte è ancora il Castello della Luppa, costruito nel 1385, subito dopo la guerra tra Veneziani e Genovesi che mise a ferro e fuoco Chioggia quasi 650 anni fa!

 

La Maddalena, all’Ute si parla di fortificazioni militari dell’800 del ‘900
Da unionesarda.it del 21 marzo 2023

Caprera, fortezza di Punta Rossa (foto Ronchi)

Relatrice è Assunta Maria Pastò

Doppio appuntamento questa settimana all’Università della Terza Età con le opere e le architetture realizzate tra ‘800 e ‘900 dal Genio Militare nella piazzaforte di La Maddalena. Oggi si parla di “Genio Militare di La Maddalena e le opere destinate alla difesa del Nord Sardegna”; venerdì 24 marzo invece sarà approfondito il tema delle “Architetture militari: uno straordinario patrimonio storico-culturale a tutela di un contesto di notevole pregio ambientale”.

Relatrice delle due serate, quella di oggi e quella di venerdì prossimo, che si terranno sempre alle 17:30 nella Biblioteca del Circolo Ufficiali MM, sarà Assunta Maria Pastò, del Genio Militare di La Maddalena.

Dopo l’istituzione della piazzaforte militare il Governo italiano stanziò cifre notevoli per la realizzazione di numerose fortezze, sia nelle isole dell’arcipelago sia nella costa prospiciente, poste a difesa dell’estuario, ovvero a protezione della flotta che qui aveva una delle sue basi principali, con tanto di arsenale per manutenzioni e riparazioni, ordinarie e straordinarie. Tali fortificazioni furono realizzate in funzione principalmente antifrancese, per respingerne un eventuale attacco.

Le fortificazioni che vennero realizzate furono talvolta impattanti sull’ambiente circostante, modificandone per sempre il paesaggio, talaltra invece si integrarono con esso in una sorta di simbiosi. Quasi tutte dismesse dopo la Seconda Guerra Mondiale, queste fortezze fanno ormai parte del paesaggio “naturale” dell’arcipelago, che sarebbe oggi impensabile senza di esse, costituendone ormai una peculiarità. Anche perché, dal punto di vista architettonico, molte di esse rappresentano una rilevante ed apprezzabile testimonianza della capacità degli ingegneri del Regio Genio Militare che le progettarono.

Sarà interessante, nei due appuntamenti di questa settimana, ascoltare dalla voce della dottoressa Pastò, grande conoscitrice di questi argomenti, gli approfondimenti su questo patrimonio storico-culturale-ambientale, e su come tutelarlo.

Di Claudio Modesto Ronchi

 

Reuse the Tower: una seconda vita per Torre Rinalda, architettura di avvistamento del XVI secolo sul mare leccese
Da professionearchitetto.it del 19 marzo 2023

È possibile riportare la vita all'interno di un'architettura militare marittima del XVI secolo? È questa la domanda posta dal sesto concorso internazionale di idee organizzato da Re-use Italy in collaborazione con il Comune di Lecce. Il montepremi è di 4000 euro, è richiesta una sola tavola A1.

Architetti, ingegneri e studenti sono invitati questa volta a trasformare le rovine di una delle tante torri di avvistamento che caratterizzano la costa pugliese, piccole architetture affacciate sul mare posizionate in maniera strategica per avvistare eventuali invasori provenienti dal mare e segnalare il loro arrivo ai paesi limitrofi.

Nello specifico, i partecipanti si dovranno occupare della Torre Rinalda nel territorio del Comune di Lecce. La torre realizzata nel XVI secolo utilizzando arenaria locale, ha una base di circa 10 metri di lato e un corpo scarpato, tipico delle torri del Regno di Napoli.

Le prime informazioni sulla torre risalgono al 2 ottobre 1567, quando la costruzione fu commissionata dal Regno di Napoli a Nicola Saletta. Non si hanno molte altre notizie nei secoli successivi, ma è indicata nelle antiche mappe come Torre Rinalda a partire dal XVII secolo. A metà del XVIII secolo è stata invece utilizzata come barriera doganale. La torre è stata restaurata nel 2001, ma il livello del mare che aumenta gradualmente e si avvicina alla sua base, sta mettendo di nuovo in pericolo il rudere.

Obiettivi del concorso

I partecipanti sono chiamati a trasformare Torre Rinalda in un landmark contemporaneo riconoscibile e in uno luogo pubblico di incontro, dove le persone possono sedersi, riposarsi, meditare, ammirare il paesaggio, etc...

Il progetto dovrà essere concepito come caso studio esplorativo da replicare anche in altre torri.

L'intervento può essere inteso sia come installazione artistica che come innesto architettonico, permanente o temporaneo. Viene richiesto di adottare una strategia progettuale che manifesti la presenza della torre a livello territoriale creando una connessione (fisica / virtuale / ideale/ concettuale / artistica, ecc.) con le altre torri.

L'iniziativa è promossa in partnership con il Comune di Lecce.

Chi può partecipare | quota di iscrizione

Il concorso è aperto ad architetti, ingegneri e studenti. La partecipazione è ammessa sia individualmente che in gruppo di massimo 4 persone.

È prevista una quota di iscrizione destinata a coprire le spese di organizzazione, i premi, la giuria, la pubblicazione di un libro e l'esposizione dei progetti, e altre prestazioni tecniche relative alle organizzazioni.

◾ Early registration fino al 13 aprile 2023
◾ Regular registration dal 14 aprile al 17 maggio 2023
◾ Late registration dal 18 maggio al 14 giugno 2023

 

Giuria

◾ Kosmos Architects
◾ Kuehn Malvezzi Architects
◾ Meritxell Inaraja
◾ Zamboni Associati Architettura

Premi

◾ 1° premio: 2.500 euro
◾ 2° premio: 1.000 euro
◾ 3° premio: 500 euro

I progetti vincitori verranno esposti in una mostra a Lecce nel mese di luglio 2023.

Le date di scadenza visualizzate sono frutto di attività redazionale. Le uniche date ufficiali sono quelle contenute nel testo del bando e/o sul sito web di chi organizza o promuove il concorso. Controllarne sempre la validità presso l'Ente banditore.

 

LA CITTÀ NASCOSTA Costabella: mare, rocce e… bunker
Da lavoce.hr del 19 marzo 2023

Foto Roni Brmalj

Di Ornella Sciucca

Occhieggiano sui lidi, tra brandelli di boscaglia e il mare, sotto le appartate villette costruite nel periodo tra le due guerre e il pacato lungomare, in posizioni strategiche con panorami emozionanti, ben mimetizzati con i colori delle rocce scagliose, indelebili memorie di cemento del passaggio del conflitto. Sono le vestigia belliche puntellanti la costa di Costabella, che scegliamo di rintracciare dopo esserci avventurati lungo i già narrati percorsi silvestri. Lasciamo la macchina lungo la strada, non lontano dal nuovo resort Hilton Costabella Beach Resort & Spa e confidando, come sempre, nelle competenze del collega Igor Kramarsich, scendiamo lungo una piacevole scalinata protesa verso il mare.

In men che non si dica ci ritroviamo abbracciati da una sinfonia di colori in cui il blu del mare si fonde con l’azzurro del cielo e il verde della macchia mediterranea incontra il biancore e il grigio chiaro degli scogli. Appoggiati alla ringhiera lasciamo riaffiorare i ricordi di cui tanti, tra i tuffi con gli amici, le rumorose famiglie, le interminabili merende/pranzo sotto l’ombrellone e le pennichelle all’ombra degli alberi di Costabella, scopriamo avere in comune. Tra questi, però, non emergono alcuni relativi ai manufatti militari i quali, siti a pochi metri più in là, ci vengono indicati da Igor. Trattasi di casematte di controllo e presidio dissimulate ad arte, abilmente mimetizzate con l’ambiente circostante, eccezionali esempi dell’architettura dell’inganno.

Foto Roni Brmalj

L’entrata in uno dei bunker. Foto Roni Brmalj

Le cupole in mezzo agli scogli

Come molti altri raccontati negli appuntamenti precedenti, i bunker individuati a Costabella, di datazione incerta ed entrambi edificati in cemento armato, senza segni di feritoie, consistono in due cupole corazzate fisse destinate alla difesa ravvicinata oppure all’osservazione.

Realizzati secondo progetti standard perfettamente definiti per esigenze svariate, il primo è costituito da una camera ricovero interrata con un ingresso principale e un accesso di sicurezza formato da un pozzo circolare in cemento che consentiva di raggiungere la postazione di combattimento.

La stessa è raggiungibile tramite una piccola e stretta scalinata fermata da due mura, ai piedi della quale ci si trova davanti uno scenario poco invitante anche per i più appassionati, contrassegnato da rifiuti e detriti di ogni genere, il quale ci distoglie dall’idea di farci una capatina.

Idem per l’entrata nel secondo bunker, non molto lontano, dove nel tempo si sono accumulati materiali di vario tipo, sterpi,lunghi pezzi di legni, teli in nylon e vegetazione incolta, per diventare, infine, un deposito di spazzatura. Ci allontaniamo allibiti, consapevoli della loro insensatezza come segni di una forza offensiva e difensiva che implode in sé stessa, si sbriciola e si abbatte lasciando resti che, considerandone la collocazione, potrebbero venir (ri)utilizzati in quale occasione per un turismo consapevole e originale.

I resti di un fortino. Foto Roni Brmalj

Foto Roni Brmalj

La guerra, volendolo, potrebbe venir trasformata in pace e le casematte del rione di Costabella, in opposizione al loro significato originario, potrebbero ospitare contenuti per trascorrere momenti di ilarità e/o crescita.

Dopo esserci fermati a osservare due basamenti in pietra, con un foro al centro per l’inserimento della bandiera, molto più piccoli e bassi in relazione a quello incrociato nel bosco e descritto la volta scorsa, diamo una lunga e curiosa occhiata alla sunnominata struttura.

Rimaniamo fortemente colpiti dal suo incredibile impastamento con le rocce circostanti, come pure dalla fusione delle sfumature di grigio e dei materiali con la costa, ravvivate soltanto da una sporadica gigantesca scritta nero-azzurra. Ce ne andiamo, impensieriti e consci, per l’ennesima volta, di quanto Fiume abbia ancora da essere (ri) scoperta. Il percorso di ritorno, stavolta nel mezzo della macchia boschiva, a pochi metri dalla strada principale, ci riserva un’altra sorpresa: altre rovine, altri ammassi di pietre, distintamente indicanti una costruzione circolare, altri accenni dell’indubbia presenza di qualche fortino o altra testimonianza architettonica militare, sommersi in gran parte dalla vegetazione.

 

Il sogno di Cosimo I de' Medici - Parte 5: Declino di Cosmopoli
Da elbareport.it del 18 marzo 2023

Nella foto di copertina: I ‘Presidios’ sulla costa Toscana

Di Alessandro Canestrelli

Il XVII e XVIII secolo segnano la decadenza politica e commerciale del mar Mediterraneo a favore della grande navigazione atlantica e oceanica che allargano l’orizzonte degli scambi marittimi verso nuovi continenti. Le lotte politiche, le grandi guerre, le flotte possenti escono dal ‘Mare Nostrum’ per affrontarsi in ben più vasti orizzonti. Il declino è generalizzato e le tante battaglie fra l’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano e le flotte turche e piratesche. La Croce e l’Islam si combattono in un gran numero di scontri navali dove talvolta rifulge l’eroismo dei Cavalieri, quanto l’audacia dei turcobarbareschi.

Cosmopoli perde importanza per i motivi strategici e politici che costringono Cosimo a scegliere il più favorevole sito di Livorno, come porto fortificato e commerciale del Granducato. Per l’‘enclave’ cosmopolitana sono fatti lavori di rafforzamento affinché rimanga un valido baluardo contro pericolosi eserciti e flotte nemiche di Firenze e non mancano gli sforzi economici per l’arredo bellico, per aggiornare l’architettura militare della città e mantenervi una discreta guarnigione.
Altro fattore di decadimento di Cosmopoli è la costruzione, agli inizi del XVII secolo, della fortezza di Longone, per i colori di Spagna e del vicereame di Napoli. Tale fatto provoca la tripartizione territoriale dell’isola, divisa fra Cosmopoli medicea, Longone sotto il regno di Napoli e integrato nel sistema dei ‘Presidios’ e il resto dell’isola in mano alla compagine dei signori di Piombino, gli Appiani e in seguito i Boncompagni Ludovisi.

Hieronimus Bellarmato, Tusciae, Insignis Italiae, 1536

Il governo fiorentino continua a essere oculato nei riguardi dell’isola. Francesco I stipula con Giacomo VI Appiani un accordo-appalto per lo sfruttamento minerario del versante orientale dell’isola, per un periodo di novanta anni, in cambio di un pagamento anticipato di tredicimila ducati d’oro. A Cosmopoli sono edificate nuove chiese: la Chiesa dell’Invocazione di San Salvatore, con otto sacerdoti e due laici dell’Ordine francescano; è edificata una Cappella della Compagnia del CorpusDomini nel 1564 e due anni più tardi è costituita la Confraternita della Reverenda Misericordia. Sono costruiti nuovi e capaci granai e grandi pozzi per cui la città può disporre di autonomia in caso di lunghi assedi. In questo secolo XVII, vi sono svariati interventi di manutenzione, di restauro, di aggiornamento, sulla evoluzione degli strumenti bellici di attacco e di difesa e sono inviati a alla futura Portoferraio, Governatori con grande esperienza in ingegneria militare, per seguire i lavori di ammodernamento e di aggiornamento alle nuove tecniche di difesa.

Nel 1614, in una relazione è scritto: “Le fortificazioni sono più di nome che di fatto, essendo ogni cosa imperfetta (...)”. In realtà i vari Governatori di Cosmopoli cercano di operare al meglio; giacché la loro opera, oltre che dipendere dalle loro capacità, è determinata dalla situazione politica ed economica del Granducato. Durante il governatorato del Tornaquinci, è definitivamente sistemata la zona del Ponticello, con la completa fortificazione del grande fossato che rende istmica quell’area, posta dinanzi al ‘fronte di attacco di terra’.
Il governatore barone Del Nero fa costruire il Forte di San Giovanni Battista sulla collina di San Rocco, mentre i successori Girolamo Niccolini e Coresi Del Bruno, nonostante il bisogno di grandi investimenti, sono costretti a un forte ridimensionamento delle spese.
Cosmopoli durante questo periodo ha funzione di Sanità marittima cui Livorno ricorre in casi straordinari, come quando la flotta stefaniana è messa sotto osservazione medica, ovvero in ‘quarantena’. Si cerca di mantenere la neutralità militare della piazza e quindi della darsena, per cui molte sono le navi che sostano nel porto. Da questa franchigia marittima deriva la presenza di alcuni consolati, fra cui quello di Spagna, di Francia, della Repubblica di Genova, d’Inghilterra, d’Olanda, e dei vascelli armati dell’Ordine dei Cavalieri di Malta.
Giangastone, ultimo granduca de’ Medici, rilancia la pesca del tonno, con la relativa lavorazione e conservazione, adibendo l’area della Linguella a tale uso; fa inoltre costruire da manovalanza specializzata proveniente da Trapani un sistema di coltivazione del sale, utilizzando i bassi fondali che circondano il golfo di Portoferraio, mettendo in produzione ben tre saline: San Rocco, San Giovanni e San Pietro.

 

Aeronautica militare, i 100 anni della base di Poggio Renatico
Da corriere.it del 18 marzo 2023

Ferrara, in occasione del centenario della base Comando Operazioni Aerospaziali un evento di aeromodellismo e apertura al pubblico

Di Martina De Tiberis

«Desideriamo identificarci come professionisti al servizio del Paese; definisco la struttura ‘la casa del contribuente’ poiché siamo qui di passaggio. Spirito di servizio, passione e entusiasmo sono i valori che ci contraddistinguono da sempre». Sono queste le parole del comandante del Comando Operazioni Aerospaziali di Poggio Renatico, il Generale Claudio Gabellini, per comunicare alla cittadinanza il lavoro quotidiano della Forza Armata. La base del COA di Poggio Renatico costituisce da anni il punto nevralgico di molte attività di cooperazione, nazionali e internazionali, circa la difesa aerospaziale. Nell’anno 1918 sul territorio si insediò la costruzione del primo campo d’aviazione, il quale venne completamente raso al suolo a causa dei bombardamenti bellici durante la Seconda Guerra Mondiale. In un clima di profonda riorganizzazione delle forze armate, negli anni Settanta venne ubicato l’11° Gruppo Radar sino ad arrivare, passo dopo passo, all’organizzazione attuale del COA. Il prossimo 28 marzo ricorrerà il Centenario dell’ Aeronautica Militare e l’occasione vedrà un programma ricco di eventi. Si inizierà proprio il 28 marzo con la Messa alle ore 18 nella chiesa di Santa Maria in Vado, proseguendo poi dal 15 al 25 aprile con una mostra fotografica a Bondeno dedicata allo spegnimento delle cento candeline

Le missioni e le onorificenze: gli eventi in programma

Dopo una serie di conferenze, le giornate dal 26 al 28 maggio saranno dedicate all’aeromodellismo con stand specifici nel settore. Il 17 settembre la base logistica ferrarese di via Wagner sarà protagonista di un ‘Open Day’ rivolto ai cittadini. Il planning si concluderà il 3 dicembre con un Concerto di Beneficenza presso il Teatro Comunale Claudio Abbado. «Nella nostra struttura- ha incalzato il comandante del COA- sono svolte mansioni fondamentali a tutela della difesa nazionale. È necessario che lo ‘Spazio’ venga protetto e sfruttato per opportuni scopi e tutto ciò richiede sia competenze che risorse specifiche». Per l’operazione ‘Aquila Omnia’ , in cui sono state trasportate e salvate migliaia di persone provenienti dall’Afghanistan, nell’anno 2021, il reparto dell’Aeronautica Militare è stato insignito delle onorificenze e a tal proposito parlando di missioni operative, nel 2022, sono stati 53 gli interventi su terra e 27 su mare. «L’Italia concorre a rotazione- ha approfondito il colonnello Fabio Martin- insieme ad altre cinque nazioni, a fornire collaborazione alla Nato, mantenendo un delicato equilibrio tra accordi internazionali».

La centrale operativa e il bunker

ùLa visita è proseguita nell’individuazione di alcune aree, tra cui il Bunker sotterraneo, centro di sicurezza e controllo di tutto il traffico aereo, e il Centro SSA, che abilita la conoscenza e la caratterizzazione degli oggetti, come minacce artificiali, al fine di identificarne i rischi nello spazio, arrivando anche a monitorizzare i detriti in esso presenti. Un esempio è stato l’effetto del missile russo che nel 2021 è riuscito ad abbattere il suo satellite. «Ci attendono ancora nuove sfide, come il cyber per la protezione dei dati o nuove figure legali nell’ambito delle operazioni militari. Ci auguriamo di crescere sempre più per essere in grado di affrontare nel migliore dei modi il futuro», ha concluso il Generale Gabellini.

 

L'Area 51, la segretissima base militare nel deserto del Nevada
Da geomagazine.it del 17 marzo 2023

Negozio di alimentari che sfruttando le teorie cospirative, vende oggetti e gadgets sugli alieni

L’Area 51 sorge nel deserto del Nevada, nella vasta regione appartenente alla Nellis Air Force Base. La base non è riportata in alcuna cartina geografica o mappa stradale e nasconde da sempre le attività che vengono svolte nel suo interno. L’ingresso è segnato da una strada sterrata che si biforca nella contea di Lincoln e che poi interseca la pista che conduce da est al Groom Lake, attraversando a sud la catena delle Groom Mountains, una serie di alture che corrono quasi parallele alla statale.Ciò che accade all’interno è segreto governativo, nonostante abbia riconosciuto uficialmente la sua presenza nel 2013.

Ciò ha scatenato la fantasia di registi, scrittori e giornalisti, che da sempre hanno provato a ipotizzare cosa ci fosse nel suo interno. Inoltre, tali limiti hanno ispirato tante teorie cospirative, in primis sul fenomeno UFO. La sorveglianza armata non permette di oltrepassare un certo limite, e non è nemmeno consentito scattare fotografie, pena pesantissime sanzioni penali e amministrative.

Stando a voci non ufficiali, la struttura si svilupperebbe a grandi profondità. Sarebbe stata gestita dalla CIA sino al 1972, prima del passaggio all’Air Force System Command. L’ipotesi più credibile, anche in virtù di alcune dichiarazioni rilasciate da ex- unzionari, sarebbe quella dello sviluppo di apparecchiature militari tecnologicamente all’avanguardia. Quindi test e fasi di addestramento di nuovi velivoli.
Questa tesi è supportata dal fatto che l’esterno è provvisto di lunghissime piste d’atterraggio e di hangar, e che nel corso della notte molti testimoni sostengono di aver visto levarsi svariati velivoli. Si contano più di 2.850 decolli dell’A-12, un aereo spia con corpo in titanio scambiato puntualmente per veicolo alieno dai curiosi.

BOB SCOTT LAZAR

Tra gli ex dipendenti della base c’è Scott Lazar, un imprenditore statunitense, nonché fisico e figura molto controversa. Lazar dichiarò di aver lavorato presso l’area S-4 del Nevada Test Site sotto speciale richiesta di Edward Teller. Egli sostenne che la CIA avrebbe cancellato la sua identità quando iniziò a lavorare nella base e che la sua casa sarebbe stata oggetto di continue perquisizioni. In una sua nota intervista, Lazar descrisse alcuni dischi volanti nei dettagli, dopo averli disegnati, affermando che questi “aeromobili” si sostentavano grazie a tre specie di “marmitte pieghevoli”, che avrebbero permesso di scegliere le direzioni di volo.

Tra i punti più controversi della sua intervista c’è la descrizione della cabina di pilotaggio a dimensione di bambino. Un’affermazione che aprì alla possibilità di veicoli costruiti e pilotati da alieni. Inoltre, Lazar non fece riferimento a punti di saldature o a materiali conosciuti sulla Terra. Affermazioni subito criticate da scienziati di caratura internazionale, i quali fecero riferimento a scarse conoscenze dei concetti fisici di base. A ragione, visto che Lazar non frequentò il Massachusetts Institute of Technology, né il California Institute of Technology, come invece egli stesso dichiarò.

MIKE HUNT

Lazar non fu l’unico a descrivere attività ufologiche all’interno dell’Area 51. Negli anni ’80, un giornalista ed ufologo che risponde al nome di Mike Hunt, fu tra coloro che associarono le attività della base agli UFO. Nelle sue testimonianze, Hunt sosteneva di aver lavorato nei primi anni ’60 per conto della Commissione Atomica Statunitense, e di aver appreso che un UFO vi sarebbe stato trasportato dalla base aerea di Edwards, in California. Hunt avrebbe visto contenitori con il timbro: ”Project Red Light“, uno dei supposti progetti governativi americani sugli UFO.
Secondo le sue fonti il “Project Red Light” avrebbe incluso lo studio di due alieni e della propulsione di almeno tre oggetti volanti non identificati catturati. Stevens riferì di un incontro di un pilota militare con un vero e proprio disco volante avvenuto nel ’77 nel cielo della vicina base di Tonopah, e l’avvistamento sulla zona, nel ’78, di un grande sigaro grigio accompagnato da due elicotteri militari. Hunt, inoltre, avrebbe visto al suolo un disco di color opaco del diametro di 8-9 m, e avrebbe più volte constatato che le frequenze radio della base erano come “ammutolite” per cause a lui misteriose.

STORM AREA 51

Nel corso degli anni le teorie cospirative, in particolare di origine aliena, hanno lasciato spazio a ciò che probabilmente si verifica realmente nella base, ossia test e sviluppo di prototipi di velivoli militari. Tuttavia, l’area è ancora raggiunta da innumerevoli gruppi di curiosi che, affascinati dalle teorie cospirazioniste, sperano di intravedere ciò che a loro modo di vedere viene smentito. Noto l’evento del 2019 “Storm Area 51”, durante il quale circa 6.000 persone si sono presentate nel deserto per cercare le prove della presenza degli alieni.

La ex Nevada State Route 375, oggi ribattezzata Extra-Terrestrial Highway.

Non è un mistero il fatto che per molti, davvero tanti, questi racconti siano in qualche modo affascinanti. La domanda “siamo soli nell’universo?” attanaglia l’uomo sin dalla notte dei tempi e ha sempre cercato di ottenere delle risposte. Tuttavia, è bene scindere l’eventuale presenza di forme aliene su altri mondi dalla visita di extraterrestri sul nostro pianeta. Le enormi distanze che ci separano lasciano seri dubbi circa un’eventuale visita di semplice ricognizione. Inoltre, la stragrande maggioranza di filmati e fotografie presentano risoluzioni precarie, con evidenti segni di alterazioni o fotomontaggi accertati.

I FILMATI DIFFUSI DAL PENTAGONO

Qualche anno fa il Pentagono ha pubblicato tre filmati di velivoli non identificati registrati tra il 2004 e il 2015 durante esercitazioni militari. In Flir1, Gimbal e GoFast, come sono stati denominati, si nota un oggetto sferico effettuare una strana rotazione ed eseguire manovre molto rapide prima di sparire dalla visuale. «Mentre mi avvicinavo… ha rapidamente accelerato verso sud ed è scomparso in meno di due secondi», aveva detto David Fravor, uno dei che piloti che incontrò i misteriosi oggetti nel 2004, «Era stato estremamente brusco, come una pallina da ping pong che rimbalza su un muro: lo colpisce e poi va da un’altra parte”.
Lo stesso Pentagono dopo aver diffuso i filmati, ha invitato il pubblico a non definirli UFO. E non perché l’acronimo non sia corretto, ma perché il termine è divenuto fantasioso e associato a forme di vita aliene. In effetti un oggetto volante non identificato deve significare essenzialmente un oggetto privo di catalogazione, ma con estrema probabilità di origine terrestre.

 

Genova, bando di gara per i lavori di riqualificazione di Forte Begato
Da ilsecoloxix.it del 17 marzo 2023

Progettazione ed esecuzione lavori per un valore complessivo di 7,5 milioni, il bando scadrà il 17 aprile. I fondi saranno recuperati dal Pnrr e dal Mibact

Genova - Il Comune ha aperto la procedura per l’affidamento in appalto della progettazione ed esecuzione dei lavori di realizzazione dell’intervento di “Restauro e valorizzazione del Sistema dei Forti e della Cinta Muraria: Forte Begato”. Il bando, in scadenza il 17 aprile alle ore 12, prevede l’impiego complessivo nei lavori di 6,4 milioni iva compresa. Mentre il quadro economico totale dell’operazione è di 7,5 milioni di euro, grazie al fondo complementare al Pnrr accordato al Comune di Genova dal ministero della Cultura.

La presentazione alla gara sarà accessibile in modalità completamente telematica, attraverso la piattaforma di e-procurement (il sito a questo link) del comune di Genova. Definita anche l’offerta del Comune sui tempi: per la progettazione definitiva 30 giorni, per la progettazione esecutiva 30 giorni, per i lavori 862 giorni.

I soldi rientrano nel finanziamento di circa 70 milioni che il Mibact ha concesso per la riqualificazione dell’intero sistema dei forti e che in gran parte serviranno per collegare Forte Begato alla Darsena, grazie alla discussa funivia sopra il quartiere del Lagaccio. A questo proposito è ancora in corso da parte della Regione Liguria lo studio del progetto per decidere se dovrà o meno essere sottoposto a Via, valutazione di impatto ambientale, cosa che non permetterebbe di partire con i lavori in tempi brevissimi.

Al termine dell’intervento Forte Begato sarà messo in sicurezza e dotato di impianti elettrici, idrici e di condizionamento. Saranno necessarie opere murarie, demolizioni, bonifiche e interventi impiantistici. Il tutto dovrà essere fatto nel rispetto dei vincoli imposti dalla sovrintendenza. Rimangono i dubbi su cosa l’amministrazione comunale voglia realizzare all’interno del forte. Se l’opera della funivia sarà completata, il sindaco di Genova Marco Bucci vorrebbe favorire la multifunzionalità dei forti, che potrebbero ospitare postazioni culturali e ricettive comprensive di ristoranti, bed & breakfast e basi per le attività outdoor. Da capire quando saranno affidati questi spazi rinnovati, a chi e con quale formula.

La storia del forte (fonte Wikipedia)

“L’altopiano sul quale sorge il forte fu compreso all'interno della cinta muraria seicentesca che dal Forte Sperone scendeva lungo il crinale della Val Polcevera. La struttura, iniziata a costruire nel 1818 dal governo sabaudo, venne ultimata nel 1830. Ospitava una guarnigione di 340 soldati, che potevano arrivare ad oltre 800 in caso di necessità. Tra il 1832 e il 1836 fu completato il recinto bastionato che si affaccia sull'attuale strada, isolando il complesso dalla città. Durante i moti del 1848 il forte fu occupato per diversi mesi dai rivoltosi, che da lì potevano controllare la valle, attraversata dalla strada di accesso a Genova dei soldati regi.

Durante la Prima guerra mondiale nel forte furono imprigionati i prigionieri di guerra austriaci impiegati nelle opere di rimboschimento del monte Peralto. Nel periodo della Seconda guerra mondiale vi furono approntate delle postazioni contraeree, e nel 1941 un bombardamento aereo inglese distrusse completamente uno dei quattro bastioni. Dopo l’armistizio il forte fu occupato dalle truppe tedesche, che lo tennero fino alla fine del conflitto.

Nel dopoguerra, prima di essere militarmente dismesso, fu ancora utilizzato dall'esercito come deposito fino ai primi anni 2000.

Nel 2010 arriva un primo accordo di rivalutazione fra comune di Genova, Mibac e Agenzia del demanio, e l'8 ottobre 2015 il forte passa definitivamente di proprietà dal pubblico demanio al Comune di Genova. La struttura è stata restaurata, in quanto il forte avrebbe dovuto inizialmente essere la sede per associazioni di ex-combattenti e adibito a museo, ma successivi problemi burocratici e decisionali hanno rallentato la messa in opera del progetto iniziale che è rimasto non visitabile”.

 

Mura e bastione da recuperare Incontro domani con le associazioni
Da lanazione.it del 17 marzo 2023

Il neo comitato incontrerà i rappresentanti di tutti i gruppi del paese interessati a partecipare "C’è bisogno di un intervento, faremo leva sulla nuova giunta per arrivare alla Sovrintendenza" .

"Le mura hanno bisogno di un intervento, faremo leva sulla nuova giunta per arrivare in Sovrintendenza". Nei giorni scorsi si è ufficialmente costituito il comitato "per il recupero delle mura e del bastione Santa Barbara". Presidente è stato nominato Lorenzo Fusini, storico e scrittore portoercolese che, assieme a Enrico Bistazzoni, si è attivato per sensibilizzare sulla necessità di un recupero per la fortificazione del paese vecchio. "Lo scopo – sottolineano – è quello di promuovere tutte le attività necessarie per il restauro della quattrocentesca cinta muraria e del bastione che sostiene la piazza più antica e scenografica del paese.

Dato che entrambe le strutture, tra loro collegate, versano in uno stato di assoluto degrado e pericolo, come è ben evidente anche all’esterno". Allo scopo di allargare il più possibile forze e consensi al sostegno del progetto domani, alle 20,30 nella sede de "Il Girotondo" sul lungomare Andrea Doria, il neo comitato incontrerà i rappresentanti di tutte le associazioni del paese interessate a partecipare. Domenica 26 marzo poi, alle 11 nella Sala Franchino annessa al teatro della Parrocchia, ci sarà una riunione ampliata a tutti i cittadini e a tutti gli interessati a iscriversi e partecipare al comitato. "Da quel momento inizieremo a prendere contatti per muovere i passi necessari a innescare attivamente l’iter per il recupero – proseguono Fusini e Bistazzoni – con la redazione di progetti e il coinvolgimento degli enti amministrativamente interessati, sperando di poter contare su un numero di partecipanti che testimoni l’interesse dell’intero paese".

Secondo Fusini, inoltre, "ci sono molti punti che presentano fessure e crepe verticali – aggiunge –. Altri dove i sassi sono a rischio crollo. La zona con più problemi è quella sotto piazza Santa Barbara, dove il peso della piazza stessa sta facendo lentamente scivolare la muraglia sulla roccia madre su cui poggia. Il rischio è che in futuro si presentino dei problemi statici alla piazza che adesso non si vedono ma, con eventuali eventi atmosferici, potrebbe accadere qualcosa un po’ come avvenuto qualche anno a fa al Lungarno Torrigiani di Firenze. E al bastione ci sono un po’ gli stessi problemi. Puntiamo a produrre degli elaborati che poi serviranno alla Sovrintendenza per il progetto di restauro, affiancando la prossima amministrazione per muovere la macchina regionale con i permessi necessari". Andrea Capitani

 

Porta Galliana e la visita virtuale coi visori: un simbolo della città restituito ai riminesi
Da ilrestodelcarlino.it del 16 marzo 2023

Nel 2022 è stata valorizzata grazie ai lavori di scavo e riqualificazione degli archeologi di AdArte .

Alcune classi della scuola media Bertola di Rimini hanno svolto una uscita presso Porta Galliana, una porta di età Malatestiana, datata grazie a un deposito di 32 medaglie malatestiane. Una volta arrivati lì, ad aspettarci c’era l’archeologo Marcello Cartoceti di AdArte (foto) che ha seguito i lavori di scavo e riqualificazione e che con grande passione e precisione ci ha raccontato la storia di porta Galliana. Era una porta di difesa della città importante, una delle più munite di armigeri, perché dava accesso al porto. La porta faceva parte della cinta muraria a difesa della città nel 1400 circa. Come tutti ricordiamo, prima dei lavori di riqualificazione, la porta era interrata e si vedevano solo le estremità superiori, a livello della strada. Per dissotterrarla sono riusciti a riempire circa 400 camion di terra.

Nel 2022 è stata restituita al pubblico ed è stata finalmente valorizzata per offrire anche un nuovo punto di interesse turistico alla città di Rimini. Per rendere ancora più particolare la visita a porta Galliana, l’azienda The Edge Company ha realizzato una visita virtuale con dei visori. Queste riscoperte sono importanti per chi abita qui: è come sentirsi discendente di una storia importante.

Di Oscar Masci, Martina Carlini

 

Convegno “Opere di architettura e di ingegneria militare in ambito vanvitelliano” alla Scuola Specialisti dell’Aeronautica Militare
Da casertaweb.it del 16 marzo 2023

Caserta – All’Auditorium della Scuola Specialisti dell’Aeronautica Militare si è tenuto oggi, 16 marzo, il Convegno dal titolo “Opere di architettura e di Ingegneria militare in ambito vanvitelliano”, organizzato dall’Associazione Culturale Luigi Vanvitelli, in collaborazione con l’Associazione Arma Aeronautica – Sez. di Caserta, per ricordare, in occasione del 250° anniversario della morte dell’illustre architetto napoletano, i grandi contributi che ha fornito anche nell’architettura e nell’ingegneria militare.

Il benvenuto al Convegno è stato presentato dal Comandante della Scuola Specialisti dell’A.M., Col. Francesco SASSARA, che nel suo indirizzo di saluto ha sottolineato come questo evento sia “l’occasione propizia per ricordare la figura del grande architetto, artefice della prodigiosa e meravigliosa Reggia che, dal 1926, ospita l’Aeronautica Militare, prima con la Regia Accademia e poi con la Scuola Specialisti”.

A seguire anche il vescovo della Diocesi di Aversa, S.E. Mons.Angelo Spinillo, l’Archivista Generale della Congregazione dell’Oratorio, Dott. Alberto Bianco, il Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Caserta, Dott. Carlo Raucci e il Presidente dell’Associazione Culturale Luigi Vanvitelli, Aldo Maria Pagella, hanno salutato e ringraziato i convenuti per la volontà di esplorare le altre importanti opere che l’arch. Vanvitelli ha contribuito a lasciare all’umanità.

Successivamente, moderati dalla giornalista Giovanna Giaquinto, ha preso la mosse il seminario di studi. La Dott.ssa Nadia Parlante, storica dell’Arte, ha illustrato come, grazie all’intervento del Vanvitelli, furono risolti alcuni importanti crolli strutturali che si verificarono durante l’edificazione del palazzo di Caccia di Persano. A seguire, la Dott.ssa Assunta Di Sante, in quanto Vice Responsabile dell’Archivio Storico della Fabbrica di San Pietro, ha ricordato il contributo del Vanvitelli che, in qualità di architetto della Fabbrica dal 1736 al 1773, rinnovò il sistema di illuminazione della basilica, tanto da trasformare lo spazio del tempio vaticano in un vero e proprio teatro della luce e della gloria. Il Prof. Salvatore Costanzo, Vice Presidente dell’Associazione Culturale “Luigi Vanvitelli”, ha concentrato la sua relazione sull’architettura militare, in particolare prima sull’imponente impianto architettonico, a pianta pentagonale, della Mole vanvitelliana di Ancona che alla funzione sanitaria univa sinergicamente quella militare di collaborazione strategica con la fortezza rinascimentale presente, in posizione panoramica, sul colle del capoluogo marchigiano e poi, sulla Caserma della Cavalleria al ponte della Maddalena a Napoli costruita su un sito particolarmente irregolare e angusto: Vanvitelli ideò brillanti soluzioni, come ad esempio la scelta della forma di esedra per la cappella della Caserma, per riuscire a completare l’opera e a garantirgli la funzione militare.

Dopo una breve pausa, il prof. Riccardo Serraglio del Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” ha illustrato come l’Acquedotto Carolino, attraverso un complesso sistema di impianti produttivi tra loro correlati, consentì di tramutare il territorio casertano da ampio territorio periferico, utilizzato per una produzione agricola ordinaria, in area di eccellenza dedicata alla sperimentazione di nuove produzioni agrarie e industriali. Il Gen. Brig. (c) Elia Rubino, Presidente dell’Associazione Arma Aeronautica – Sezione di Caserta, infine, ha richiamato l’attenzione sulla particolare posizione geografica di Caserta e quindi del Palazzo Reale e su alcune scelte architettoniche del Vanvitelli , dalle quali emerge che l’angolo di inclinazione delle falde dei tetti è uguale a quello che il Sole raggiunge al Solstizio d’Inverno per cui le aree scoperte interne del compendio sono in ombra; poi l’Astro comincia ad innalzarsi nuovamente e i raggi riprendono ad illuminare gli androni che collegano i cortili e successivamente anche questi, talché si può affermare che con il Solstizio d’Inverno il Sole rinasce e il Palazzo Reale di Caserta rivive nel suo fulgore.

La giornata ricca di interventi ha permesso confronti e sinergie tra tutti gli interlocutori intervenuti e si è conclusa con l’intervento del Pres. Aldo Maria Pagella che, nel consegnare al Col. Francesco SASSARA una copia dei disegni originali della Reggia di Caserta, ha dichiarato: “E’ una delle più belle raccolte grafiche di architettura, testimonianza di una magistrale opera d’ingegno e di una fusione mirabile di Arte, Scienza e Tecnica”.

A fare da cornice alle attività della ricchissima giornata, il Comitato organizzatore dell’evento ha portato e lasciato in mostra agli intervenuti un plastico dell’ingresso principale della Reggia di Caserta, completato dalle 4 statue che erano previste nei disegni originali del Vanvitelli, un plastico dell’Acquedotto Carolino, limitatamente alla porzione degli Archi della Valle, e una teca contenente una copia degli strumenti originali utilizzati per porre la prima pietra nella costruzione della maestosa Reggia di Caserta.

La Scuola Specialisti che ha ospitato il convegno è un Istituto militare di istruzione per le attività di formazione basica iniziale, formazione tecnica specialistica, addestramento, aggiornamento, specializzazione, qualificazione e riconversione del personale dell’Aeronautica Militare, delle Altre Forze Armate, Corpi Armati e non dello Stato, nonché di personale di Forze Armate estere.

La Scuola Specialisti A.M. dipende gerarchicamente dal Comando Scuole A.M./3^ Regione Aerea di Bari.

 

Ex Polveriera: l'Oasi di Albignasego riapre al pubblico questa domenica
Da lapiazzaweb.it del 16 marzo 2023

Ex Polveriera: l’Oasi di Albignasego riapre al pubblico questa domenica Da aprile a settembre è in programma un calendario di visite guidate, mostre e incontri a tema affidate a guide naturalistiche esperte

Ben 26 classi delle scuole primarie di Albignasego e oltre 250 visitatori: questi i numeri registrati dall’ex Polveriera nel 2022. Dopo la chiusura per la stagione invernale, l’Oasi tornerà ad essere accessibile a partire da domenica 19 marzo con alcune significative novità: se lo scorso anno era visitabile integralmente solo la domenica mattina quest’anno, a partire dal 25 marzo, sarà visitabile – con la guida di accompagnatori esperti – ogni sabato e domenica mattina dalle 9 alle 12. Tutte le visite sono gratuite, è obbligatoria la prenotazione al 3389358588.

Non solo: da aprile a settembre è in programma un calendario di visite guidate, mostre e incontri a tema affidate a guide naturalistiche esperte, si parte domenica 16 aprile con l’appuntamento “Erbe e piante commestibili e medicinali”.

Tutte le attività sono gestite dalle associazioni cui il Comune dal 2021 ha affidato la gestione dell’Oasi, al termine di un lungo e impegnativo percorso che ha reso possibile l’apertura: una rete che vede come capofila Legambiente Pratiarcati e che coinvolge Lipu Padova, Sos Anfibi Padova Colli Euganei e Oipa. Nel corso del 2022 le visite per le scuole sono state inoltre realizzate in collaborazione con il Museo della Geografia dell’Università di Padova. Oltre che nelle attività culturali le associazioni sono impegnate tutto l’anno in un’attività di manutenzione: nel corso del 2022 sono stati realizzati numerosi interventi, dalla costruzione di tre capanni fotografici alla realizzazione di aree umide per la riproduzione degli anfibi fino al rifacimento delle schermature lungo il percorso pedonale per recare il minor disturbo possibile agli animali.

“L’Oasi – è il commento del Sindaco Filippo Giacinti – è davvero uno spazio straordinario, che invitiamo a scoprire e riscoprire. Trascorrere una mattinata passeggiando nei suoi spazi è occasione per rigenerarsi nel verde, conoscere da vicino specie vegetali e animali che popolano questo ecosistema unico e riflettere insieme sul valore della tutela della biodiversità”.

“La gestione di questo spazio – aggiunge l’assessore all’Ambiente Valentina Luise – rappresenta un esempio di collaborazione virtuosa fra associazioni impegnate in ambito ambientale, che hanno messo in comune idee, competenze ed energie”.

“Sono quasi 40 i volontari coinvolti – aggiunge Rossella Clai, presidente del circolo Legambiente Pratiarcati – Dagli accompagnatori, che hanno seguito un percorso specifico di formazione, alle persone che mettono a disposizione il loro tempo per le attività di manutenzione. Siamo cresciuti molto e siamo felici di poter presentare quest’anno un programma ancora più ricco. L’Oasi è davvero un luogo straordinario e dobbiamo impegnarci in ogni modo per preservarlo. Il mutamento climatico in atto sta trasformando anche questi spazi: i cinque laghetti sono ora ridotti a due e mezzo. Le proposte di visita all’ex Polveriera rappresentano anche occasione per far crescere la sensibilità e la consapevolezza su questi temi”.

 

La Spezia, la meraviglia della batteria Valdilocchi riapre i suoi segreti al pubblico
Da ilsecoloxix.it del 12 marzo 2023

Il Comune della Spezia ha investito mezzo milione di euro, per riportare alla luce la batteria di Valdilocchi, dopo decenni di abbandono

Di SONDRA COGGIO

La Spezia – «Tre anni. Passarono tre anni appena, dalla progettazione del 1883 all'utilizzo della batteria, documentato già nel 1886. Un piccolo grande capolavoro di architettura militare, ancora intatto, come il sistema difensivo ottocentesco del golfo, fatto di ben 46 fortificazioni che proteggevano la città dal mare e da terra. Tanto che nessuno si azzardò mai ad attaccare, fino all'avvento dei mezzi aerei».
Il Comune della Spezia ha investito mezzo milione di euro, per riportare alla luce la batteria di Valdilocchi, dopo decenni di abbandono.

La Pro Loco del Golfo apre nei fine settimana. Il presidente è l'ammiraglio Silvano Benedetti, già direttore del prestigioso Museo Navale della Marina, affiancato dallo studioso Stefano Danese. Conoscono tutti i dettagli del golfo, hanno studiato e scritto migliaia di pagine, possiedono archivi fotografici immensi. E mentre Benedetti racconta come nacque la possente struttura in pietra, «tutta di cave locali», sale un'eco di stupore, fra i visitatori. In soli tre anni fu fatta l'imponente struttura che ancora svetta sulla collina. «Nonostante le mine posizionate dai tedeschi a fine guerra – spiega – la batteria è rimasta pressoché intatta. È caduta solo la parte davanti, non altro. E infatti il restauro è consistito soprattutto nella rimozione della vegetazione, che ne aveva preso possesso. È tutto come allora, all'epoca della costruzione».

Il suo sguardo è quello di uno storico. «Diamo per scontate delle opere eccezionali – spiega – che meritano la valorizzazione in atto. Basti anche solo pensare a quanta storia c'è in queste mura. E al disegno straordinario sotteso al sistema di fortificazioni». Tutto è parte di un pensiero d'insieme. «Qui a Valdilocchi – spiega – c'erano quattro batterie di obici da 210 millimetri, puntate su Buonviaggio, Termo e Pitelli, a difesa delle vie di accesso via terra, in caso di attacco. Le canne, che si appoggiavano sugli affusti, nella parte posteriore erano sorrette da un carrello con le ruote. E c'era un motivo, se non puntavano sul mare». Era del tutto inutile, spiega, aggiungere un ulteriore presidio contro gli eventuali attacchi via mare. «Se partiamo dalla punta del Pezzino a Porto Venere – indica l'ammiraglio - c'erano subito due batterie, poi c'era il Varignano, c'era Santa Maria, c'era Punta Castagna, e poi il Forte Palmaria, sull'isola.

Dall'altro lato della costa c'erano Punta Santa Teresa, le batterie alta e bassa, Falconara, Pianelloni Rocchetta. E tutto saturo». Nessuno poteva azzardarsi ad entrare. E nessuno entrò.

Tanto che Spezia «fu devastata solo dai bombardamenti aerei». E tuttavia anche in quel caso ci furono pochissime vittime, nonostante i danni spaventosi. Perché Spezia aveva un gran numero di rifugi. E la gente si salvò. Gli spunti sono infiniti, visitando la batteria Valdilocchi. La natura è spettacolare, la vista spazia all'infinito, ci sono profumi e aromi, c'è silenzio. C'è tutta la parte storica. E c'è l'impressionante intelligenza della tecnica di costruzione, con «l'acqua che veniva raccolta nelle cisterne, che a caduta ne permettevano il riutilizzo e ponevano in sicurezza dagli allagamenti, con un sistema di canaline fatte in pietra». Perfino le latrine sono geniali, alla turca in marmo bianco, ancora intatte, perché facili da lavare. E le caponerie, che «si controllavano l'una con l'altra, oltre a presidiare il fossato». E i sistemi di aerazione «per il ricircolo dell'aria, per proteggere dalle esalazioni tossiche delle armi». Era la fine dell'800. Non esisteva nulla, delle tecnologie attuali. Eppure era stato attuato un sistema di «illuminazione naturale», attraverso una serie di aperture». E per alleggerire la fatica dei militari nel movimentare i proietti, era stato fatto un sistema di «binari, sui quali si muovevano carrelli, agganciati ad un sistema di travi». I corridoi scavati nelle mura di pietra «permettevano di muoversi in sicurezza dal tiro nemico, ma anche dal maltempo, dal freddo e dalla pioggia, così come dalle estati torride».

 

ALLA SCOPERTA DI FORTE CAVALLI, DOVE SI “EDUCA ALLA PACE”. UN MUSEO TRA BUNKER E CANNONI
Da tempostretto.it del 11 marzo 2023

di Giuseppe Fontana, riprese e montaggio Silvia De Domenico

MESSINA – Forte Cavalli è una delle fortificazioni più belle e importanti di tutta la città. Attualmente è una di quelle “attive”, con visite guidate ogni seconda domenica del mese (ad esempio domani, domenica 12 marzo) e un museo che ripercorre la storia del Forte, tra cannoni e artiglieria di vario tipo, siluri, bombe e missili di ogni epoca e racconti tutti da scoprire. Senza dimenticare l’immancabile panorama, con vista sull’intera città, dalla vetta di Larderia fino a Torre Faro e oltre.

“Non un museo della guerra, ma della memoria”

Forte Cavalli “non è un museo della guerra, ma della memoria”, racconta Enzo Caruso, esperto di fortificazioni e assessore al Turismo e alla cultura del Comune di Messina, nonché direttore del museo stesso. Cavalli è tra le 22 fortificazioni costruite tra Sicilia e Calabria per proteggere lo Stretto, 9 su Messina e altrettante su Reggio, oltre a 4 che invece sono stati dislocati a protezione della costa tirrenica. E nella composizione “a tre a tre”, il Forte di Larderia comunicava, anche visivamente, con Dinnammare e con Forte Schiaffino (https://www.tempostretto.it/video/alla-scoperta-di-forte-schiaffino-unagemma-a-santa-lucia-da-riqualificare-video-e-foto.html).

“Un luogo della memoria riconosciuto a livello nazionale e internazionale – spiega Caruso parlando del Forte – dove si racconta la storia delle fortezze e della difesa dello Stretto di Messina da Garibaldi fino ai bombardamenti del 1943 durante la Seconda guerra mondiale. Questo è soprattutto un luogo didattico in cui si educa alla pace. La conoscenza storica della guerra serve ai ragazzi delle scuole a riflettere sui valori della pace: ho visto la guerra, per questo amo la pace”. E all’interno del museo c’è di tutto: dalla nascita delle fortificazioni, con armamenti e fondi e mappe. “Il sistema di fortificazioni italiano costò circa un miliardo di lire del 1880”.

Dal bunker anti-aereo alla storia di Matteotti

Particolari, poi, le sale in cui si spiega come sia stato possibile costruire strade e forti così in alto, con le tecnologie del 19esimo secolo, oltre al bunker anti-aereo in cui è possibile rivivere, quantomeno in parte attraverso effetti di luci e suoni, ciò che accadeva al passaggio degli aerei e dei bombardamenti.

Presente anche una targa in ricordo di Giacomo Matteotti, che a Forte Cavalli è stato confinato per le sue posizioni contro la guerra durante la leva militare a inizio ‘900. E poi divise, torrette, cannoni e colpi di mortaio, oltre ai sistemi di comunicazione, colombi viaggatori compresi.

Raccontare la storia di Forte Cavalli è un percorso complesso, ma permette di capire appieno il ruolo giocato da Messina già dai tempi del Regno d’Italia.

 

Mestre, tre milioni per recuperare Forte  Manin. Bonifica e intervento con le risorse Pnrr
Da nuovavenezia.it del 10 marzo 2023

L’assessore Zaccariotto: «Sarà destinato ad attività culturali, ci sarà un bando per individuare chi lo dovrà gestire»

Di Mitia Chiarin

Tre milioni del Pnrr per Forte Manin da recuperare a fini culturali. Il progetto è nelle mani dell’assessorato ai Lavori pubblici di Francesca Zaccariotto. Obiettivo, rendere fruibile al pubblico uno dei forti del campo trincerato di Mestre da decenni precluso all’accesso dei cittadini. Si parte da due determine: la prima avvia la procedura di ricognizione ambientale per la bonifica del sito, collocato tra il canile di San Giuliano e il parco fronte laguna. La seconda riguarda la progettazione dello studio di fattibilità tecnico-economica.

I fondi arrivano dal Pnrr, spiega la Zaccariotto. «Tre milioni di euro che arrivano per il filone della rigenerazione urbana», spiega la Zaccariotto. «Il nostro obiettivo è quello di recuperare Forte Manin per adibirlo ad attività culturali. Quali andremo ad inserire lo valuteremo in un secondo momento, con una procedura di bando. Ma per ora avviamo il progetto che è come immaginabile scandito rigorosamente dalle tempistiche del Pnrr. Quindi si parte della conferenza di servizi (la convocazione è partita mercoledì) con 45 giorni di tempo per la valutazione del progetto. Poi ci sarà l’approvazione finale da parte della giunta comunale», dice la Zaccariotto.

«Poi si avvia la procedura della gara che sarà un appalto integrato, il che vuol dire che il vincitore si accollerà sia la progettazione definitiva ed esecutiva che l’esecuzione dei lavori». Il contratto di avvio del cantiere va firmato entro il 30 luglio 2023, per non perdere i finanziamenti del Piano di rinascita e resilienza. Occasione ghiotta per recuperare all’uso pubblico un forte che da troppi anni risulta non accessibile e visitabile in sicurezza. Cosa prevede il progetto? La Zaccariotto anticipa gli interventi cardine. Un nuovo ponte che consenta di accedere dalla strada del canile all’area fortificata con un percorso pedonale circolare lungo il terrapieno per accedere alle due polveriere. Il progetto prevede il rispetto e la sistemazione del verde presente ma anche il recupero delle strutture, la realizzazione di nuovi bagni esterni, il risanamento della muratura delle polveriere con interventi di impermeabilizzazione e la realizzazione di un impianto di illuminazione sia per l’area verde esterna che per quella interna alle Polveriere.

Il valore del recupero è evidente: il forte di inizio Ottocento sorge fronte laguna a fianco di via Orlanda e venne costruito dai francesi in contemporanea con Forte Marghera tanto che ne riprende la forma a stella. Del periodo francese è rimasto poco, solo le costruzioni in cemento di fine Ottocento delle Polveriere realizzate dopo la smobilitazione di quello che in francesi chiamavano Forte Eau, che in francese significa acqua e che era pieno di cannoni. Il valore storico, come tutti i forti del campo trincerato attorno al centro di Mestre, lo rende uno spazio che è doveroso riaprire al pubblico. I 500 mila accessi annuali a Forte Marghera, il museo a Forte Carpenedo, le attività pro pace di Forte Mezzacapo e l’attenzione dei cittadini e dei visitatori confermano che questi luoghi sono una parte importante del rilancio di Mestre.

 

Friuli Venezia Giulia da scoprire: a passeggio tra i bunker della frontiera Est
Da ilgazzettino.it del 10 marzo 2023

Piano di recupero, anche a scopo turistico , delle costruzioni e degli “sbarramenti” militari dismessi realizzati nei due conflitti mondiale e negli anni della guerra fredda.

Di Paolo Piovesan

Spesso terra di confine, la Pianura friulana ha da sempre rappresentato un territorio dall'indubbia portata strategica: già all'alba del XX secolo, non appena vi fu la possibilità di investirci, il governo italiano diede il via ad un'imponente fortificazione della regione che nel 1913, insistendo sul fiume Tagliamento, era caratterizzata da circa quaranta opere.

Successivamente, durante il fenomeno della fortificazione delle zone di frontiera da parte di quasi tutti gli Stati europei tra gli anni Trenta e Quaranta, l'Italia fascista realizzò il "Vallo Alpino del Littorio": un imponente sistema difensivo che si estendeva, lungo l'arco alpino, da Ventimiglia alla città di Fiume. Nonostante i lavori procedettero imperterriti anche durante la Seconda guerra mondiale coinvolgendo circa quattrocento fortificazioni, il Vallo Alpino del Littorio non entrò mai effettivamente in funzione destinando le strutture che lo componevano ad un momentaneo stato di completo abbandono.

IL DOPOGUERRA

E ancora il secondo dopo guerra: l'adesione italiana al Patto Atlantico nel '49 e il timore di un'invasione da parte delle potenze del Patto di Varsavia attraverso la Jugoslavia o l'Austria, rinnovarono l'idea di fortificare la zona alpina e più in particolare le aree della Val Fella, Valle del But e Val Tagliamento. Fu così che, tra il ripristino di parte del Vallo Alpino del Littorio e la costruzione di nuove strutture in zone strategiche, a partire dagli anni Cinquanta il Friuli-Venezia Giulia constava di oltre mille fortificazioni riunite in complessi chiamati "sbarramenti" in montagna e "opere" in pianura. Nonostante le dismissioni di questi insediamenti militari conclusesi nei primi anni Novanta, si è tutt'oggi di fronte ad un patrimonio storico unico di valenza internazionale; a valorizzarne tanto le strutture quanto il periodo storico ad esse collegato sono l'Università degli Studi di Udine e l'Associazione culturale Friuli Storia, la cui collaborazione ha dato il via a diverse iniziative.

IL PROGETTO

Anzitutto, a porre l'accento sulle strutture difensive friulane è il progetto Frontiera Est: la valorizzazione delle opere e degli sbarramenti è quasi doverosa se si pensa, come afferma il direttore del progetto Tommaso Piffer, che «il Friuli-Venezia Giulia è l'unica regione in Europa dove sono presenti artefatti riconducibili ai tre grandi conflitti del Novecento: la Prima guerra mondiale, la Seconda guerra mondiale e la Guerra fredda»; così il primo passo è stato il recupero di alcuni di essi ad uso
turistico. A causa dello stato altamente pericolante della quasi totalità delle strutture, ne sono state recuperate per il momento quattro: lo sbarramento Invillino Ovest nel Comune di Villa Santina, facente parte dell'ex Vallo Alpino e composto da due opere gestite dall'Associazione Friuli Storia e Territorio; lo sbarramento di Ugovizza-Forcella Nebria nel Comune di Malborghetto-Valbruna e lo sbarramento di Monte Croce Carnico nel Comune di Paluzza, entrambe prima del Vallo Alpino e poi riadattate dalla NATO negli anni Cinquanta, gestite rispettivamente dall'Associazione Landscapes e ASSFN-E; infine, struttura originale NATO, il Bunker San Michele nel Comune di Savogna d'Isonzo, curato dall'Associazione Nazionale Fanti d'Arresto.

VISITA ONLINE

Ma Frontiera Est aveva in mente ben oltre: da inizio marzo il progetto ha svincolato la visita dei bunker dall'obbligo della presenza fisica rendendo disponibile l'accesso a "frontieraest.it", portale online volto ad offrire uno "screening" all'interno delle quattro strutture difensive sopra citate. Oltre al dato storico sul territorio e i suoi insediamenti militari, il sito si distingue per la ricchezza dei contenuti multimediali, video e fotografici dedicati a ciascuna struttura. In questo senso, grazie ad un articolato storytelling dei luoghi e stimolato dal materiale fotografico, il visitatore digitale può contare su un'esperienza autenticamente immersiva.

IL CONVEGNO

Ma non è tutto: l'inaugurazione del portale "frontieraest.it" è anche il preludio di un'ulteriore iniziativa dell'Associazione Friuli Storia e dell'Università di Udine, questa volta in collaborazione con il Cold War Studies Project della Harvard University. Si tratta della prima edizione del Forum internazionale: "Terre di confine. Dalla Guerra fredda ai conflitti del nostro tempo", in corso fino a sabato 11 marzo a Udine e Gorizia con una quarantina di analisti e studiosi che svilupperanno otto percorsi tematici sulla Guerra fredda fino ai riflessi alla guerra Ucraina-Russia. A chiudere sabato sarà invece l'accademico Charles S. Maier, professore di Storia europea alla Harvard University e eminente storico pubblicato in tutto il mondo. Così, il nobile contributo dell'Associazione Friuli Storia e dell'Università degli studi di Udine nel realizzare il progetto Frontiera Est e organizzare il Forum con la collaborazione dell'Università di Harvard, rappresenta un'occasione da non perdere non solo per comprendere meglio il presente, mai scisso dal passato rispetto al quale, concetto caro ai celebri storici degli Annales, si scopre in uno stato di "lunga durata".

 

Le Mura Spagnole e le antiche porte d'ingresso alla città di Pavia
Da quatarobpavia.it del 3 marzo 2023

La città di Pavia era un antico accampamento romano e per questo le sue strade si incrociano ad angolo retto, difesa da una formidabile cerchia di mura romane.

Le antiche mura risalgono al III sec. d.C., successivamente ampliate nel 1130 circa. Dell’una e dell’altra non rimane oggi alcuna traccia. Nell’ultimo decennio del sec. XII si costruì un’altra cerchia di mura, anch’essa scomparsa, di cui rimane soltanto qualche tratto tra Porta Stoppa e il Castello.

Sul Lungoticino Sforza rimane ancora in piedi buona parte di Porta Nuova, con archi in cotto. In Lungoticino Visconti invece resta la Porta Calcinara, del XV secolo, una delle numerose porte dell’antica cinta muraria di Pavia. Sotto la dominazione spagnola, la città fu circondata da una nuova cerchia di mura ad opera del governatore Francesco Gonzales. Le imponenti mura spagnole furono demolite dopo il primo conflitto mondiale.
Ne rimane oggi qualche piccolo tratto verso il Ticino e dietro al castello, coi bastioni di Sant’Epifanio in viale Gorizia, di Santo Stefano in viale Nazario Sauro, di San Giustino in Piazzale di Porta Garibaldi, di Santa Maria alle Pertiche in piazza Emanuele Filiberto che oggi ospita il giardinetto pubblico con la fontana e della Darsena nei pressi dell’Idroscalo.

Delle numerose porte che si aprivano un tempo nel circuito delle mura, rimane oggi la porta Milano, l’unica delle antiche porte di accesso cittadine rimasta quasi intatta. Di inizio Ottocento, la porta è formata da due torrioni marmorei sormontati dalle statue del Ticino e del Po, sotto le quali transitano i pedoni diretti da Città Giardino al centro città e viceversa.
Le due colonne al centro provengono dalla distrutta basilica longobarda di Santa Maria alle Pertiche.

 

Mura di Castelfranco, iniziati i lavori: «Obiettivo cammino di ronda»
Da trevisotoday.it del 1 marzo 2023

Il tratto ad est ha un’estensione di 120 metri di cui circa 90 sono quelli interessati dai lavori di realizzazione e messa in sicurezza del cammino di ronda nel tratto tra la torre Civica e la torre del Giorgione

Ponteggi allestiti, cantiere aperto per i lavori di restauro delle mura del Castello, realizzazione e messa in sicurezza del cammino di ronda nel tratto tra la torre Civica e la torre del Giorgione.

I lavori

La porzione di cinta muraria oggetto dell’intervento corrisponde al recinto del quadrante nord-est, il quartiere "Montebelluna" che prende il nome dall’omonimo vicolo. Il tratto ad est delle Mura ha un’estensione di 120 metri di cui circa 90 sono quelli interessati essendo la rimanente parte inglobata nell’Hotel. 45 metri sui 60 totali quelli oggetto di intervento nel lato Nord. I lavori, dopo gli opportuni consolidamenti e verifiche strutturali, prevedono di rendere percorribili gli antichi camminamenti di ronda di entrambe le cortine che risalgono a fine XV secolo nel contesto di alcune opere di miglioramento attuate dalla Serenissima. L’accesso al camminamento superiore avverrà attraverso la scala già esistente all’interno della torre del Giorgione ed il percorso verrà messo in sicurezza con la posa di opportuno parapetto e passerelle. L'intervento, curato dai progettisti della società di ingegneria, Foppoli Moretta e Associati e dall'architetto Filippo Antonello, ha un costo complessivo di 1 milione 290 mila euro finanziati per 880mila euro con il contributo del Ministero della Cultura. La consegna è prevista in 300 giorni.

Il commento

«Siamo impegnati su molti fronti e numerosi sono i cantieri prossimi al via - conclude il sindaco Stefano Marcon - le mura cittadine, biglietto da visita della nostra Città, hanno un’attenzione tutta particolare.

Con soddisfazione abbiamo dato il via ai lavori che non solo daranno nuova vita al manufatto ma, per la prima volta, permetteranno al pubblico di percorrere parte del cammino di ronda per una vista inedita di Castelfranco Veneto che sarà aperta alla Comunità per una nuova attrattiva rivolta a visitatori e turisti».