Di
Sergio Moncelli
La collina di Montegemoli vista da
Cornacchiaia
Si ergeva un dì sul monte arduo maniero
Terror de’ fiorentini e de’ vassalli E tra’
suoi merli come di cristalli Balenavano
l’armi al balestriero. Feriva di pedoni e di
cavalli Le sue pendici strepito guerriero,
Mentre ghignando Maghinardo fero Gettava
l’ombra sua giù per le valli. Or non vi
stride più la fragorosa Saracinesca e quell’ardor
si è spento Sulla vetta deserta e rovinosa.
Fra le ginestre pascola l’armento E non
riman che l’erta silenziosa, Fra poche
querce che flagella il vento.
FIRENZUOLA – Montegemoli è una collina che
sorge di fronte alla pieve di Cornacchiaia.
Fu sede di un antico castello, di vitale
importanza per il controllo delle strade che
da Sant’Agata arrivavano al borgo e
proseguivano verso Pietramala e Bologna: una
arrivava da Monte Accianico, passo della
Vecchia e Corniolo; l’altra scendeva dal
passo dell’Osteria Bruciata.

Casa
colonica a Montegemoli, qualche decina di
anni fa
La casa
colonica della foto precedente,oggi.
Furono vie di comunicazione importanti, fino
all’apertura della strada del Giogo,
sottoposte al controllo dei potenti Ubaldini,
che esigevano un pedaggio da coloro che le
percorrevano.
Del castello in realtà non abbiamo molte
notizie, si sa che fu conquistato e
distrutto dai fiorentini nel 1273; fu poi
riedificato e nel 1349 risulta nelle mani di
Maghinardo di Susinana, probabilmente
ripreso quando gli Ubaldini, nel 1342,
distrussero una Firenzuola appena edificata.

Altro edificio abbandonato
La testimonianza più importante, sul
castello di Montegemoli è quella che ci
lascia Matteo Villani nella sua Cronica:
“una rocca quasi inespugnabile: nella quale
era Maghinardo da Susinana e due suoi
figliuoli, con parecchie masnade di franchi
masnadieri, i più usciti da Firenze; ed era
fuori della rocca in su la stretta schiena
del poggio, alla guardia della via ch’andava
al castello, una torre forte e bene armata:
e innanzi alla torre, una tagliata in su la
schiena del poggio, con forte steccato…”.
Croce e cappella sulla sommità del Poggio
Giandolea
Avvenne in quegli anni che un membro della
famiglia Accorsi, Mainardo, che tornava da
Avignone, venne assalito, nei pressi di
Fonte Manzina sulla strada dell’Osteria
Bruciata, depredato di duemila fiorini d’oro
e decapitato. Grande sdegno suscitò questo
crimine, anche in Francesco Petrarca, amico
dell’ucciso, che scrisse un’epistola al
Comune di Firenze, esortandolo ad agire per
punire i malfattori ed assicurare la
possibilità di circolare liberamente sulle
strade del passo appenninico.
La Repubblica Fiorentina decise di
intervenire energicamente per riaffermare il
suo potere sull’Alpe e deliberò di
effettuare ogni anno una impresa militare
finché gli Ubaldini non fossero
definitivamente sconfitti, con gravi
sanzioni per i Priori che si fossero
rifiutati di eseguirla; a tale scopo fu
istituita una magistratura di otto uomini
che avrebbe dovuto sovrintendere a queste
operazioni.
Deliberò anche la promessa di impunità a
tutti coloro che avessero abbandonato gli
Ubaldini e fossero andati ad abitare nei
territori fiorentini; per chi invece avesse
voluto continuare a vivre nei castelli e
nelle terre da loro amministrati “
dovrebbero trattarsi come ribelli e banditi,
con permesso a tutti di offenderli,
derubarli od ucciderli”.
Il primo atto di guerra fu rivolto proprio
al castello di Montegemoli. I soldati della
Repubblica di Firenze varcarono l’Appennino
e lo cinsero d’assedio; dopo varie
scaramucce riuscirono a prendere la torre e
ad entrare all’interno della tagliata ( che
era una sorta di mura di sbarramento
costruita con steccati di legno). Maghinardo
si rinchiuse nella rocca con i familiari, ma
visto poi inutile ogni tentativo di difesa,
si arrese e passò dalla parte degli
assalitori.
A
Montegemoli vennero nominati, da parte del
Comune di Firenze, dei castellani perlomeno
fino a 1371, dopodiché a causa della perdita
d’importanza della via dell’Osteria Bruciata
a favore della nuova strada del Giogo, non
se ne hanno più notizie.

Poggio Giandolea ( una delle due punte di
Montegemoli ) – Foto di Roberto Brunelli
Oggi del castello non resta quasi più
niente, salvo delle murature sul poggio
Giandolea, delle fondamenta di una torre a
pianta quadrata sul monte Biforco e altri
pochi resti a poggio Tondo.
In quello che era il recinto castellano si
trovano dei fabbricati colonici, di
costruzione successiva in parte abbandonati.
E’ visibile ancora, benché ormai diroccata,
una abitazione rurale che conserva i resti
di un bel portale quattrocentesco
proveniente da qualche antico edificio della
zona.