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Lo sbarramento di Tenna 1884 - 1914
Da ilmulo.it del 31 marzo 2022

Di Andrea Casna

La genesi dei forti di Tenna e delle Benne, baluardo difensivo austriaco in Valsugana

Pergine. Nel 1884, all’indomani della Terza Guerra di Indipendenze, il genio militare della fortezza di Trento, al termine della costruzione della linea difensiva Civezzano- Marzola-Valsorda, iniziò la progettazione di un nuovo sistema difensivo.
A capo di questo nuovo progetto troviamo il colonnello Julius Vogl, che inaugurò un nuovo modello fatto di fortezze costruite in pietra e rinforzate con cupole e corazze di acciaio, capaci di ospitare fino a 140-180 uomini e dotate di cucina, cisterna per la raccolta dell’acqua, sala generatore e alloggi dei soldati. Queste fortezze erano armate con cannoni da 12 cm M80 e da mortai/obici in cupola corazzata girevole a 360°. In caso di attacco, i forti erano in grado di supportarsi reciprocamente, con traiettorie a tenaglia.

Lo sbarramento di Tenna

In Valsugana, i forti di Tenna e delle Benne, che assieme formavano “lo sbarramento di Tenna”, furono costruiti fra il 1884 e il 1889. Dal 1900 fino al 1914 l’intera area fu interessata da un continuo aggiornamento militare con la costruzione di nuove postazioni a difesa dell’intero settore. Il perimetro delle due fortezze era infatti ben difeso da trincee, reticolati e postazioni per mitragliatrici. Le comunicazioni fra i due forti e il comando centrale di Trento avveniva mediante telefono, telegrafo e tubi ottici.

Per la loro costruzione fu impiegata manodopera locale. Furono costruite nuove strade e una teleferica trasportava il materiale da costruzione dalla vicina cava a Visintainer al Forte Tenna.

Alla popolazione civile era inoltre vietato avvicinarsi alle aree soggette all’autorità militare. E la vegetazione dovette lasciare posto al filo spinato e alle postazioni a difesa del perimetro delle due fortezze. Nel 1906 l’area fu interessata da esercitazioni e prove di tiro che imposero la chiusura di alcune strade. Un fatto, come riportato dai giornali dell’epoca, che causò danni economici al settore bacologico della Valsugana.

 

Forte San Felice, 400 visitatori alle Giornate di Primavera del Fai
Da chioggianews24.it del 31 marzo 2022

Grande successo di visite al Forte San Felice durante le Giornate di Primavera del FAI, che hanno portato 400 visitatori a Chioggia, provenienti da tutto il Veneto, ma anche da altre Regioni, per conoscere le bellezze all’interno del sito militare. Molto apprezzata dai visitatori anche la guida fornita dagli studenti dell’Istituto Cestari, aspiranti ciceroni, che con grande preparazione, freschezza e spigliatezza hanno intrattenuto e creato un clima di vera simpatia con gli ospiti del forte.
Un successo dunque che non ha potuto essere ancora più ampio per le limitazioni al numero di visitatori imposto ancora dalle misure anti covid, ma che ha fatto comunque innamorare molti dei visitatori che si augurano di poter vedere presto i progressi nei lavori di recupero della struttura da poco iniziati.
L’iniziativa del FAI è stata supportata dal comitato del Forte San Felice, in riconoscenza anche al fatto che è stata proprio grazie alla partecipazione alle campagne dei Luoghi del Cuore del FAI che è stato possibile dare una spinta decisiva per arrivare all’accordo tra il Comune di Chioggia ed i Ministeri preposti che ha dato il via al processo di recupero del forte. Un connubio che continua confermato dalla presenza della presidente del FAI di Venezia Francesca Barbini, nell’auspicio che vengano superati i ritardi che vedono, per adesso, sospesi i lavori del cantiere che prevedono il restauro del portale monumentale e la realizzazione dei percorsi di visita sui bastioni.

Fondamentale l’apporto della Marina Militare con il suo comandante Marifari c.f. Vincenzo Spagnuolo ed i faristi Diego Nordio e Vito Sanarica, per la cura dei percorsi di visita e la disponibilità, mentre va sottolineata anche la presenza della Protezione Civile e della Croce Rossa che hanno vigilato sulla sicurezza dell’evento.

 

Dopo il servizio de Il Dolomiti anche Le Iene in Trentino alla scoperta del bunker di piazza Venezia con Luigi Sardi
Da ildolomiti.it del 31 marzo 2022

Di Francesca Cristoforetti

Lo storico giornalista Luigi Sardi ha accompagnato i giornalisti de Le Iene nel bunker ''Alla Busa'' sotto il convento dei Cappuccini di San Bernardino. “Appena entrato sentivi la puzza di urina, vomito e paura”, aveva raccontato Sardi nel videoservizio de Il Dolomiti

TRENTO. “Chi ci può dare un’idea di cosa significhi stare chiuso sotto terra al buio, è Luigi Sardi”. È così che il giornalista de Le Iene Giulio Golia introduce nel servizio “Corsa ai bunker antinucleari: ma servono davvero?” il rifugio antiaereo di piazza Venezia nel centro storico di Trento, riprendendo così il videoservizio del giornale Il Dolomiti.

Nella puntata de Le Iene, girata nel capoluogo trentino e trasmessa il 30 marzo scorso, Golia e Marco Fubini hanno mostrato alcuni bunker sotterranei, "mentre le richieste stanno aumentando per gli incubi nucleari scatenati dalla guerra in Ucraina”, riportano nella descrizione.

Nel programma i giornalisti di Mediaset, riprendendo quanto già riportato nel servizio de Il Dolomiti (dal titolo “Nel rifugio antiaereo di Trento con Luigi Sardi: 'Avevo 5 anni e ci stavamo in 2.000. Appena entrato sentivi la puzza di urina, vomito e paura'”), sono stati accompagnati da Sardi all’interno del bunker antiaereo ''Alla Busa'' sotto il convento dei Cappuccini di San Bernardino.

“Appena entrato sentivi la puzza di urina, vomito e paura”, ci aveva raccontato Sardi che all’età di 5 anni durante la Seconda guerra mondiale per molti mesi ha dovuto proteggersi in questo luogo
Il bunker, capace di ospitare più di 1.000 persone, si presenta come una cavità nella roccia che si estende per una lunghezza di più di 100 metri, con una superficie di oltre 1.200 metri quadri. Era dotato di quattro accessi, tre dei quali sono attualmente murati.
Era stato proprio il quotidiano online a chiedere poco tempo prima di riaprire il rifugio per essere accompagnato dallo storico giornalista, classe 1939, inviato speciale del quotidiano “Alto Adige” dal 1959 al 1998 che è stato anche scrittore autore, tra gli altri libri, assieme a Mario Ferrandi e Gian Pacher de “Gli anni delle bombe” e con altri autori, “Sloi, incubo nella città”.

 

Aste deserte, nulla da fare per Ca' Bianca e Forte Vecchio, immobili liberi, ora un nuovo bando
Da ilgazzettino.it del 30 marzo 2022

Di Lorenzo Mayer

LIDO-CAVALLINO - Asta deserta. Non è arrivata nessuna offerta per l'acquisto dei due gioiellini dell'estuario che il Demanio del Veneto aveva messo in vendita nelle ultime settimane dello scorso anno. Non ci sono state proposte né per la Batteria Ca' Bianca Forte Emo al Lido e nemmeno per l'ex Forte Vecchio a Cavallino Treporti in lungomare San Felice. Tutto da rifare. D'altro canto la situazione era ben chiara lunedì a mezzogiorno, quando si era capito che non era arrivata nessuna proposta concreta: niente proposta e ovviamente nemmeno l'ombra dell'assegno circolare con il 10% della caparra che avrebbe dovuto suffragare ogni eventuale offerta. Così ieri mattina alle 10 non si è potuto procedere ad alcuna  aggiudicazione. Tutto da rifare. Il fatto che non sia arrivata nessuna offerta d'acquisto è stato confermato dal vicedirettore del Demanio regionale, Angelo Pizzin.

Tutto da rifare. La speranza, in ambiti demaniali, è che al più presto si possa procedere a un nuovo bando per l'aggiudicazione del bene, con un'altra asta, con presupposti diversi e soprattutto una maggiore pubblicità, in modo da catturare l'interesse di un maggior numero di investitori. Questa volta per l'ex Forte Vecchio a Cavallino si partiva da un base d'asta di 2 milioni e 270 mila euro, mentre per le fortificazioni Emo e Ca' Bianca la quota era di 2 milioni 383 mila euro. Entrambi gli edifici sono liberi e inutilizzati senza alcuna funzione: a Cavallino parliamo di una superficie pavimentata di 5mila metri quadrati, più altri 11 mila di superfice scoperta, a Ca' Bianca invece 2700 metri quadri, completati da 24 mila scoperti. A Ca' Bianca il complesso è costituito da un terreno di ampie dimensioni sul quale insistono le due fortificazioni militari, l'austriaca Batteria Casabianca e la più recente italiana Batteria Angelo Emo, con relativi fabbricati di servizio; completano il lotto altre aree utilizzate come giardino, parcheggio, orti e un fabbricato uso sportivo con relativa pertinenza esterna, quest'ultimi occupati da privati e quindi ordinariamente manutenuti.

Sempre all'interno del compendio, si trova un'area in cui sono presenti due alloggi di servizio per il personale militare tutt'ora utilizzati dal Marina, ricavati all'interno di una costruzione già pertinenza della Batteria Casabianca. Il forte di Cavallino è un complesso di fabbricati militari realizzati tra la seconda metà del 1800 e i primi del 1900 delimitati esternamente da un fossato comunicante con la laguna.

 

Castel del Monte come non lo avete mai visto
Da ambiente.tiscali.it del 30 marzo 2022

La struttura, risalente al 1240, è stata inserita nel 1996 nella lista dei Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco

Castel del Monte (https://www.casteldelmonte.beniculturali.it/) si trova nel territorio del comune di Andria, in Puglia, lungo la costa adriatica dell’Italia meridionale, situato su un’altura che domina la regione circostante. Ottagonale la sua forma, venne fatto costruire nel 1240 dall’Imperatore Federico II di Svevia, rappresenta un capolavoro dell’architettura medievale. Su una collina dell’altopiano delle Murge Occidentali, a 540 metri sul livello del mare, si erge un gioiello dell’architettura militare medievale, Castel del Monte. La storia della struttura, costruita per volontà del sovrano e condottiero di valore, si perde nei secoli. La sua edificazione risale al 1240, anno in cui Federico II incaricò Riccardo da Montefuscolo, Giustiziere di Capitanata, di costruire un castello presso la chiesa di Sancta Maria de Monte.

Dove si trova

L’imponente fortezza si trova nell'omonima frazione del comune di Andria (BT), situata a 17 chilometri dalla città, nei pressi della località di Santa Maria del Monte. L'edificio è a pianta ottagonale (lato esterno: 10,30 metri trapezio tra le torri più diametro di ogni torre: 7,90 metri) e a ogni spigolo si innesta una torretta a sua volta ottagonale (lato 2,70 metri), mentre l'ottagono che corrisponde alla corte interna ha lati la cui misura varia tra i 6,89 e i 7,83 metri. Il diametro del cortile interno è di 17,86 metri. Il diametro dell'intero castello è di 40 metri, mentre il diametro di ogni torre è di 7,90 metri. Le torri sono alte 23 metri e superano di poco l'altezza delle pareti del cortile interno (20,50 metri).

Ipotesi sulla funzione dell'edificio

La funzione dell’edificio non è sempre stata chiara. In tanti, per via dei forti simbolismi di cui è intrisa, hanno ipotizzato che la costruzione fosse non un avamposto militare da una sorta di tempio, al cui interno ci si potesse dedicare indisturbati allo studio delle scienze. Alcune lievi asimmetrie nella disposizione delle residue decorazioni e delle porte interne, quando non dovute a spoliazioni o alterazioni, hanno suggerito ad alcuni studiosi l'idea che il castello e le sue sale, pur geometricamente perfette, fossero stati progettati per essere fruiti attraverso una sorta di "percorso" obbligato, probabilmente legato a criteri astronomici. Per spiegare la totale mancanza di corridoi si è inoltre ipotizzato che al livello del primo piano vi fosse un tempo un ballatoio in legno, oggi scomparso, dal lato prospiciente il cortile interno, che avrebbe consentito l'accesso indipendente alle singole sale.

Una recente ipotesi di Fallacara e Occhinegro assegnerebbe alla costruzione la funzione di centro benessere, atto alla rigenerazione e alla cura del corpo, su modello dell'hammam arabo. Diversi sono gli elementi della costruzione che porterebbero in tale direzione: i molteplici e ingegnosi sistemi di canalizzazione e raccolta dell'acqua, le cisterne per la conservazione, la presenza delle più antiche stanze da bagno della storia, la particolare conformazione del complesso, il percorso interno obbligato e la forma ottagonale.

Patrimonio dell'Unesco

Nel 1996 l’unicità di Castel Del Monte è stata premiata dall’Unesco con l’inclusione nella lista dei Patrimoni dell’Umanità. La perfezione formale e l’armoniosa miscela di elementi culturali sono stati i motivi alla base di una scelta volta a preservare e promuovere nei secoli a venire questo capolavoro del genio federiciano.

 

La Svizzera e le sue linee Maginot
Da tvsvizzera.it del 30 marzo 2022

Di Daniele Marani

Oltre ad avere la densità più alta al mondo di rifugi antiatomici per la popolazione, la Svizzera ha una rete di bunker militari a dir poco enorme. Molte di queste infrastrutture belliche sono però ormai in disuso.

Se un giorno vi dovesse capitare di transitare dal Passo del San Gottardo e se avete un po' di tempo a disposizione, salendo da Airolo provate a prendere la vecchia strada della Tremola. Poco prima di giungere sul Passo, fermatevi e scrutate attentamente la parete del Monte Prosa, che sovrasta l'ospizio del San Gottardo. Se avete un occhio d'aquila, forse vedrete spuntare ben mimetizzate tra la roccia delle imponenti bocche da fuoco.

Costruito tra il 1941 e il 1943, il forte Sasso da Pigna è solo una delle numerose infrastrutture militari che hanno trasformato la regione alpina - e in particolare l'area del massiccio del San Gottardo - in un vero e proprio groviera. Il forte, oggi trasformato in museoLink esterno, era stato concepito per ospitare 500 soldati, che avrebbero potuto vivere in completa autarchia per sei mesi.

Questa fortificazione era, come detto, solo un piccolo tassello di una rete ben più grande. Solo sul versante ticinese del San GottardoLink esterno, si contano infatti ben 14 infrastrutture simili. Alcune, come il famoso Forte Airolo, uno tra i primi esempi di forte corazzato in Europa, risalgono alla fine del XIX secolo. La maggior parte, però, sono state costruite negli anni 1930 e 1940, nell'ambito della cosiddetta strategia del Ridotto nazionaleLink esterno.

Per far fronte a una possibile invasione delle forze dell'Asse durante la Seconda guerra, la tattica prevista dal generale Henri Guisan era di concentrare le truppe nella regione alpina,  lasciando l'Altopiano svizzero nelle mani del nemico, ma precludendogli le vie di comunicazione nord-sud.

Sulle possibilità di successo di una simile strategia le analisi divergono, anche se tra molti storici vi è una certa unanimità nell'affermare che fosse votata al fallimento. Un po' come la famosa linea Maginot francese. Comunque sia, questo piano ebbe quale effetto concreto di trasformare appunto diverse aree delle Alpi in una sorta di formaggio pieno di buchi.

In questo album fotografico vi portiamo alla scoperta del Forte Foppa Grande, sul versante sud del San Gottardo. Costruito durante la Seconda guerra mondiale e ampliato negli anni 1950, poteva ospitare fino a 50 militari. L'entrata del forte (oggi un museo) è celata dietro a quella che sembra una stalla.

Le fortificazioni del Ridotto nazionale non sono però di certo le sole sul territorio svizzero. Nelle zone di frontiera, lungo tutti i principali assi di comunicazioni in determinati punti strategici si possono scorgere numerosi bunker piccoli e grandi. Basta aguzzare un po' la vista, poiché spesso sono ben camuffati o nel frattempo la vegetazione ha preso il sopravvento.

L'esercito svizzero ha però anche saputo dar prova di creatività, poiché non si è limitato a grigie costruzioni di cemento armato o a buchi nella roccia. Un po' dappertutto qua e là nel Paese sono stati edificati chalet, fienili o stalle che nascondevano un pericolo mortale. Dietro alla loro armoniosa finta facciata di legno, vi erano spessi muri di cemento armato, feritoie per cannoni e mitragliatrici e tutto il necessario per ospitare un piccolo plotone.

Dopo la fine della Guerra fredda, l'esercito svizzero non ha rinunciato del tutto a queste costruzioni sotterranee. Ma oggi i nuovi bunker sono pensati prima di tutto per le telecomunicazioni e non per sparare obici a diverse decine di chilometri di distanza.

Il lascito in cemento armato della Seconda guerra mondiale e della Guerra fredda è stato progressivamente smantellato.

Alcuni di questi vecchi bunker (si stima che ve ne fossero circa 8'000Link esterno) sono stati trasformati in musei, come il Sasso da Pigna sul San Gottardo.

Altri sono stati acquistati da privati, che li utilizzano nei modi più disparati: come cantina, poligono di tiro, atelier per artisti…

Altri ancora da società, che li hanno ristrutturati per farli diventare dei caveau tecnologici, a prova di catastrofe nucleare e biologica, attacco terroristico, terremoto e naturalmente furto, dove mettere al sicuro preziosi dati.

 

I rifugi antiaerei di Sassari, un’altra città nel sottosuolo: la mappa dei bunker di guerra
Da lanuovasardegna.it del 29 marzo 2022

L'ingresso del rifugio di piazza Castello, durante i lavori di rifacimento della piazza (foto Antonio Murziani)

Nel libro del professor Antonio Murziani la storia dei ricoveri a prova di bomba. L'elenco completo dei ricoveri sotterranei: da piazza Castello al Parco di Monserrato, da via Roma a viale Italia, passando per il centro storico

Di Federico Spano

SASSARI. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in una delle sue più recenti apparizioni, ha fatto sentire dal suo smartphone il suono delle sirene antiaeree, quelle che annunciano i bombardamenti. La registrazione di quel suono non potrà mai rendere l’idea di quello che si prova sentendolo di persona, con la consapevolezza che da un momento all’altro si sentiranno i rumori dei motori degli aerei e il frastuono dei bombardamenti. L’ululato della sirena è così forte che ti entra nelle ossa e l’istinto è quello di scappare, nascondersi, trovare un rifugio. Il dramma che stanno vivendo gli abitanti delle città ucraine bombardate dai russi, è lo stesso vissuto dagli italiani durante la seconda guerra mondiale. Oggi come allora, per avere speranze di salvarsi bisogna raggiungere al più presto un rifugio antiaereo.

Il rifugio riportato alla luce e distrutto durante gli scavi di piazza Fiume

Sassari, come tutte le città italiane, tra il 1941 e il 1943 si dotò di numerosi ricoveri antiaerei pubblici. Strutture sotterranee realizzate scavando nella roccia viva, che esistono ancora oggi, anche se in pochi sanno della loro esistenza. Gli ingressi di quasi tutti questi ambienti sotterranei, negli anni sono stati chiusi, e oggi, salvo alcuni esperti o appassionati di storia, ben pochi sanno dove si trovino, quanti siano e quante persone potessero ospitare. Grazie al libro del professor Antonio Murziani, “La Sassari sotterranea - I rifugi antiaerei”, monumentale lavoro di ricerca durato anni, siamo oggi in grado di ricostruire la mappa di tutti i ricoveri antiaerei pubblici della città.

I rifugi pubblici e privati. Bisogna fare una distinzione tra le varie tipologie di ricoveri. I principali sono quelli pubblici e, come spiega il professor Murziani, furono costruiti a cura di Enti pubblici e servivano a ospitare le persone che si trovassero per strada al momento dell'attacco aereo. Poi ci sono quelli privati. All'inizio degli Anni 30 del Novecento il ministero dell'Interno diede disposizioni perché in ogni nuovo edificio venisse realizzato un ricovero antiaereo. Molti cittadini, realizzarono comunque ripari all'interno dei propri giardini oppure utilizzarono le vecchie cantine scavate nella roccia. Un rifugio che esiste ancora oggi si trova nel giardino dell'abitazione della famiglia Baggi Sisini, in via Bellieni, che abbiamo potuto visitare e fotografare (e per questo li ringraziamo). Un altro rifugio esisteva nel giardino accanto, di pertinenza del palazzo della famiglia Nonis-Altara, in via Roma, ma dopo la guerra fu riempito di terra. Destino, questo, comune a tanti ricoveri antiaerei della città, come racconta il professor Murziani. «Chi aveva un rifugio antiaereo nel proprio palazzo - spiega l'autore del libro - era tenuto a dare ospitalità a chiunque si trovasse in zona al momento dell'allarme. Questi palazzi dovevano anche esporre un cartello indicando la presenza di un ricovero antiaereo».

Il rifugio antiaereo privato della famiglia Baggi Sisini in via Bellieni

Si considera che tra pubblici e privati, i buker di guerra di Sassari potevano ospitare l'intera popolazione. A Sassari erano installate quattro sirene che lanciavano l'allarme antiaereo e si trovavano: alla fine di via Roma, sotto la caserma Ciancilla, palazzo che oggi ospita la facoltà di Lettere, e che era dotato anche di una mitragliatrice antiaerea; sul campanile di San Giuseppe, a San Pietro in Silki, dove c'era un'altra postazione antiaerea, e al Masedu, in via Pascoli, anche in questo cas o era presente un mitragliatore. La città dell'epoca, chiaramente, era molto più piccola e queste sirene potevano essere udite chiaramente da tutta la popolazione. Gli allarmi, in città, risuonarono per tutta la durata della seconda guerra mondiale.

Nel libro del professor Murziani si citano anche testimonianze dei momenti in cui la gente si precipitava nei vari ricoveri: erano momenti drammatici, durante i quali i più forti erano i primi a mettersi in salvo. I rifugi non erano il massimo del comfort, considerando che non furono realizzati seguendo alla lettera le indicazioni: non avevano latrine, acqua corrente, ventilazione. C'era giusto l'impianto elettrico, ma quasi sempre le lampadine venivano rubate, perché all'epoca erano costosissime, e quindi la gente si avventurava quasi al buio in quelle gallerie lunghe anche 150 metri. Molti cittadini non avevano neanche il coraggio di entrare nei rifugi, e cercavano riparo in altri modi. Al contrario di tante altre città italiane, ma anche della stessa Sardegna, Sassari subì un solo bombardamento, che il 14 maggio 1943 provocò la morte di 3 persone, più una quarta che morì in seguito per le ferite riportate. Alcuni dei rifugi antiaerei sassaresi potrebbero essere recuperati, aprendoli anche al pubblico, magari in occasione di eventi culturali, come avviene a Milano e in altre grandi città.

Il rifugio di largo Porta Nuova (nella foto d'archivio l'archeologo Franco Campus)

LA MAPPA DEI BUNKER DI GUERRA. Grazie al libro del professor Antonio Murziani, pubblicato dalla casa editrice Edes di Sassari, oggi siamo in grado di dire esattamente dove si trovassero, che dimensioni avessero e quante persone potessero ospitare tutti i rifugi antiaerei pubblici realizzati tra il 1941 e il 1943. Ecco un elenco sintetico dei ricoveri antiaerei sassaresi: Via Roma, Caserma Ciancilla (oggi Facoltà di Lettere). Rione Cappuccini, tra viale Mameli e viale Caprera, con gli ingressi ancora visibili tra le scalinate di via Eleonora d'Arborea e via Enzo. Piazza Duomo, casa Marghinotti. Via Manno e via Enrico Costa. Via Pietro Micca. Piazza Tola, uno dei più grandi, poteva ospitare 1200 persone e aveva un ingresso al Corso. Viale Umberto, sede del partito fascista. Viale Italia - via Sardegna, accanto al Policlinico. Piazza Rosello. Via Roma, Museo Sanna, aperto al pubblico alcuni anni fa in occasione di Monumenti Aperti, proprio grazie al professor Murziani. Piazza Colonna Mariana. Piazza Castello, passa accanto al barbacane del Castello, è parzialmente invaso dai liquami fognari, per lunghi tratti è pulito e imponente, con gallerie enormi. Viale Mancini, Istituto scientifico Università. Via Muroni, Facoltà di Farmacia. Viale San Pietro, Cliniche. Piazza Università, Università centrale. Via Duca degli Abruzzi, ex istituto di Veterinaria, oggi Accademia di Belle Arti. Piazza d'Italia - viale Umberto, palazzo della Provincia. Viale Dante, parte alta. Viale Dante, Genio Civile. Via Dei Mille, via Monte Grappa, via Principessa Maria. Viale Umberto, caserma dei carabinieri. Tra via Piave e via Savoia, uno degli ingressi murati è visibile dalla strada. Piazza Sant'Antonio. Porta Nuova, piazza Università, esplorato qualche anno fa dagli speleologi, è allagato. San Donato. Piazza Fiume, distrutto quasi completamente dallo scavo per il parcheggio interrato. Piazza Azuni, Intendenza di Finanza. Parco di Monserrato. A questo elenco andrebbero aggiunti gli svariati rifugi realizzati dai privati, ma anche le cantine adattate allo scopo, e i numerosi ricoveri paraschegge che erano stati realizzati all’epoca nei portici (piazza d’Italia, piazza Sacro Cuore) e nei numerosi archivolti del centro storico. Questi ripari potevano essere utilizzati qualora non si fosse stati in grado di raggiungere un rifugio aereo vero e proprio in tempi ragionevoli.

Le scale di uno degli accessi del rifugio di piazza Castello (foto Antonio Murziani)

L'INTERROGAZIONE «UN PATRIMONIO DA VALORIZZARE». Il tema dei rifugi antiaerei, in questo periodo, è di estrema attualità e sulla necessità di recuperare e valorizzare questo straordinario patrimonio storico è intervenuto sabato scorso, con una interpellanza, il consigliere comunale Mariolino Andria. «Nella città in cui viviamo esiste una immensa Sassari sotterranea caratterizzata da almeno 30 siti tra rifugi antiaerei e ricoveri sotterranei. Molti di questi corredati da progetti, relative piante e percorsi.

Una ripresa di interesse e la valorizzazione di questi siti potrebbe aumentare l’attrattività della città dal punto di vista storico, identitario e turistico. Si interpella il sindaco e la sua giunta affinché si possano fornire al consiglio e alle commissioni competenti notizie, studi e documentazioni. Tutte utili per predisporre, su iniziative dell’amministrazione, un piano di valorizzazione e fruibilità di questo patrimonio».

 

La fortezza marina costruita su un’isola
Da siviaggia.it del 29 marzo 2022

In mezzo al mare svetta una fortezza dalla storia unica al mondo, oltre che dal fascino indiscutibile. Basti pensare che nel corso dei secoli nessuno è mai riuscito a espugnarla

‘C’era una volta un misterioso castello’. Passano tali parole per la testa quando ci si trova di fronte questa incredibile fortezza.
Situata in mezzo al mare, sembra svettare verso il cielo con fierezza ed eleganza, mentre osservandola si capisce sin da subito che tra quelle possenti mura nasconde anche storie di gloria e prestigio.

La fortezza di Murud-Janjira: dove si trova e la sua storia

Ci troviamo in India e più precisamente su un’isola nella costa di Konkan, vicino alla città marittima di Murud nel distretto di Raigad nel Maharashtra. Una zona, questa, che offre numerose spiagge incontaminata, alcune tra le più belle del Paese. Proprio qui sorge un’imponente costruzione che si erge su una roccia a forma di ovale, al largo della costa del Mare Arabico.

Paliamo della fortezza di Murud-Janjira, considerata una delle più potenti fortezze marine dell’India. Costruita dalla comunità Siddi, un gruppo etnico dell’India e del Pakistan discendente dei Bantu della regione dei Grandi Laghi in Africa, fu attaccata nel corso del tempo più volte, ma nonostante i diversi tentativi nessuno è davvero mai riuscito a conquistarla.

Un castello, quindi, che si distingue per essere stato una delle più incredibile fortezze marittime dei Siddi e con la fama di essere inespugnabile, anche durante il declino del potere marittimo degli stessi Siddi.
Edificata nel XV secolo, rimase imbattuta fino a quando non divenne parte del territorio indiano, ossia dopo l’indipendenza dagli inglesi nel 1947.

Murud-Janjira, cosa vedere

Si accede al forte Janjira da Rajapuri, un piccolo e pittoresco villaggio situato sulla costa. La si raggiunge tramite un breve viaggio in barca, per poi farvi ingresso attraverso l’entrata principale. Vi ritroverete davanti ben 26 bastioni di forma arrotondata, che sono ancora tutti intatti. Passeggiandovi scoprirete diversi cannoni sia di fabbricazione autoctona che europea.

Al suo apice era un vero e proprio forte che conteneva tutte le strutture necessarie a un edificio di difesa come questo: palazzi, alloggi per ufficiali, una moschea, due piccoli pozzi profondi – ancora funzionanti – e così via. Oggi, sul muro esterno che fiancheggia la porta principale, è possibile ammirare la scultura di un animale che sembra una tigre che tra i suoi artigli trattiene degli elefanti.

Il muro, alto circa 12 metri, vanta ben 19 portici, alcuni dei quali possiedono ancora i cannoni montati su di essi. Un tempo qui c’erano ben 572 cannoni, tra cui Kalalbangdi, Chavri e Landa Kasam, 3 armi davvero gigantesche.
Sulla riva svetta una lussuosa struttura dalla cima di una scogliera: il Palazzo dei Nawab. Costruito dall’antico Nawab di Janjira regala al visitatore un bellissimo panorama sul Mar Arabico e sul castello inespugnabile. C’è anche un’altra fortezza, chiamata Ghosalgad, che si trova sulla punta di una collina a circa 32 km a est di Murud-Janjira, una struttura che fungeva da avamposto per i governanti di Janjira.

Accedere a quest’ultima non è possibile, poiché è necessario un permesso speciale rilasciato da parte delle Autorità indiane. Insomma, Murud-Janjira è un forte particolarmente interessante per la sua posizione nel mezzo del Mare Arabico, per la sua imponenza e anche per la sua storia che racconta le glorie dei Siddi. Un posto da scoprire in poco più di due ore, ma che regala un’avventura d’altri tempi e un vero e proprio viaggio nel bellissimo patrimonio indiano.

 

Le torri costiere della Calabria nel codice Carratelli
Da italianostra.org del 29 marzo 2022

Giovedì 31 marzo alle ore 21.00 si terrà il webinar sulla pagina fb della sezione di Italia Nostra Soverato-Guardavalle, dedicato a “Le torri costiere della Calabria nel codice Carratelli” a cura di Giuseppe Fausto Macrì, socio di deputazione di storia patria per la Calabria e presidente della sezione di Reggio Calabria dell’Istituto per la Storia del Risorgimento con Teresa Saeli Carratelli.

 

Chioggia. San Felice al completo, poi il solito ingorgo a Sottomarina
Da ilgazzettino.it  del 28 marzo 2022

Di Diego Degan

CHIOGGIA - Una domenica quasi estiva. «Sembra giugno», diceva qualcuno commentando le temperature a cavallo dei 20 gradi di ieri mattina. Condizioni meteo ideali che hanno incoraggiato moltissime persone a recarsi in spiaggia (soprattutto), ma non solo. Il Lungomare, l'arenile e la Diga erano, come d'abitudine nelle giornate di primavera e d'estate, pieni di gruppi, famigliole, coppie e singoli, magari in tenuta sportiva, a passeggio e di corsa. Ma il sold out si è verificato, ad esempio, anche per le visite al forte San Felice, nelle Giornate Fai di ieri e di sabato. Vero che la prenotazione, in qualche modo, obbligava alla presenza ma, senza le condizioni meteo così favorevoli, qualche defezione avrebbe potuto esserci. Invece tutto è andato per il meglio permettendo alle 300 persone (15 turni da 20 persone ciascuno) che hanno visitato il forte nel weekend di abbinare alla giornata di svago a Sottomarina, un'esperienza culturale del tutto particolare.

Il rovescio di questa medaglia è, anch'esso, purtroppo, abituale: il traffico che intasa Sottomarina, soprattutto in fase di rientro. Già a mezzogiorno erano stati segnalati rallentamenti per l'accesso alla città, alle 17 le prime code per il rientro e, mezz'ora dopo, il Lungomare e viale Mediterraneo erano letteralmente bloccati. Un esito talmente prevedibile che, proprio a partire da ieri e per tutti i pomeriggi festivi, ha indotto Arriva Veneto a limitare le corse delle linee 80 e 85 per non incorrere negli ingorghi stradali. Il progetto di rifacimento del Lungomare (dell'ex amministrazione Ferro e, per ora, fermo) è osteggiato dall'attuale maggioranza perché prevede una sola corsia per senso di marcia, in polemica con Obbiettivo Chioggia secondo cui il previsto doppio senso in viale Colombo e i futuri parcheggi in Area Reduci, garantirebbero una viabilità adeguata.

 

Caponiere, imprenditori in pista per rilevarle Comune sonda il mercato in vista del bando
Da lanazione.it  del 28 marzo 2022

Promosso un avviso per acquisire le manifestazioni di interesse. In ballo una concessione di dodici anni a fronte del restyling

Nuovi interessi sulle caponiere che scandiscono – con volumi un tempo deputati a cannoni e guarnigioni – l’ex cinta muraria ottocentesca innalzata a protezione dell’Arsenale. Sono quelli di alcuni imprenditori che si sono proposti per la gestione di due strutture-chiave, in stato di abbandono e quindi da ristrutturare: quella in prossimità di porta Castellazzo e un’altra ad 100 metri di distanza. Obiettivo: utilizzare la prima come luogo di ristoro, promozione turistica del territorio, valorizzazione delle peculiarità storiche, naturalistiche ed escursioniste; dedicare la seconda ad attività accessorie della prima. Il Comune, a fronte dell’istanza di concessione, in applicazione dei principi di concorrenza che disciplinano le concessioni, ha promosso un avviso per manifestazione di interesse per cogliere eventuali altre proposte per dare corso ad un vero e proprio bando che preveda la concessione di 12 anni a fronte del restyling integrale e di canone annuali (2.860 euro la prima, 700 euro la seconda). Le manifestazioni di interesse devono pervenire in Comune entro il 7 aprile.

Fa il punto della partita l’assessore comunale al Patrimonio Manuela Gagliardi: "Tre delle sette caponiere presenti lungo le mura sono già state affidate, il bando è stato vinto dall’associazione Mondo Nuovo Caritas, che ha presentato un progetto che prevede la realizzazione di laboratori, un punto turistico, visite guidate, vendita di prodotti agricoli del territorio con annesso punto ristoro, attività formative per persone con situazioni di difficoltà. Ora proseguiamo il lavoro di valorizzazione del nostro patrimonio storico e immobiliare, mettendo a bando altre due caponiere. Il recupero di manufatti storici e la valorizzazione, attraverso la concessione e la gestione d’uso del patrimonio comunale è un obiettivo-chiave della nostra amministrazione. Una volta che anche queste caponiere saranno assegnate e risistemate, arricchiranno il valore del Parco delle Mura, incentivando la fruizione". Corrado Ricci

 

USA dopo il lancio di un missile balistico intercontinentale: crediamo che la Corea del Nord abbia ancora altro a disposizione sul suo arsenale
Da primapaginanews.it del 27 marzo 2022

Di Francesco Tortora

Dopo aver testato con successo il suo più grande missile balistico intercontinentale, un alto funzionario degli Stati Uniti ha detto che la Corea del Nord ha probabilmente "di più in serbo".

Un alto funzionario degli Stati Uniti ha detto nella giornata di ieri che la Corea del Nord ha probabilmente "di più in serbo" dopo aver testato con successo il suo più grande missile balistico intercontinentale, mentre Washington ha chiesto sanzioni internazionali più severe al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Il lancio di giovedì è stata la prima volta che Pyongyang ha sparato i missili più potenti di Kim Jong Un a tutto campo dal 2017.
È stato condotto sotto la "guida diretta" di Kim, e assicura che il suo Paese è pronto per un "confronto a lungo termine" con gli Stati Uniti, ha riferito ieri il canale media statale KCNA.
"Vediamo questo come parte di un modello di test e provocazioni da parte della Corea del Nord, pensiamo che ci sia probabilmente di più in serbo", ha detto il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan ai giornalisti in viaggio a bordo dell'Air Force One con il presidente Joe Biden.
Il missile sembra aver viaggiato più in alto e più lontano di qualsiasi precedente ICBM testato dal Paese dotato di armi nucleari, incluso uno progettato per colpire qualsiasi punto della terraferma statunitense.
Riferendosi ai recenti lanci del Nord come "provocazioni sempre più pericolose", gli Stati Uniti ieri hanno chiesto una "risoluzione per aggiornare e rafforzare il regime di sanzioni" contro Pyongyang al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
La mossa farebbe seguito alle sanzioni attuate dopo l'ultimo test del Nord, quando il consiglio ha promesso ulteriori misure in caso di futuri lanci, ha detto l'ambasciatore americano alle Nazioni Unite Linda Thomas-Greenfield. Il Gruppo dei Sette e l'UE hanno chiamato gli ultimi lanci di Pyongyang una "palese violazione" degli obblighi del Paese sotto le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU in una dichiarazione congiunta emessa ieri che condanna le "azioni sconsiderate" della Nazione asiatica.
Le fotografie dei media statali hanno mostrato Kim, con la sua consueta giacca di pelle nera e occhiali da sole scuri, mentre attraversava l'asfalto davanti a un enorme missile, con altre immagini di lui che esultava e celebrava il lancio del test con i vertici militari in uniforme.
Conosciuto come Hwasong-17, il gigantesco ICBM è stato presentato per la prima volta nell'ottobre 2020 e soprannominato dagli analisti un "missile mostro". Non era mai stato testato con successo in precedenza, e il lancio ha provocato l'immediata indignazione dei vicini di Pyongyang e degli Stati Uniti.
"Il missile, lanciato all'aeroporto internazionale di Pyongyang, ha viaggiato fino a un'altitudine massima di 6.248,5 km e ha volato per una distanza di 1.090 km per 4.052 s prima di colpire con precisione l'area prestabilita in acque aperte" nel Mar del Giappone, ha detto la KCNA.

L'esercito della Corea del Sud aveva stimato la portata del lancio di giovedì a 6.200 km - molto più lungo dell'ultimo ICBM, l'Hwasong-15, che la Corea del Nord ha testato nel novembre 2017.
Il missile è atterrato nella zona economica esclusiva del Giappone, provocando la rabbia di Tokyo, ma la KCNA ha detto che il test è stato effettuato "in modalità di lancio verticale" per alleviare le preoccupazioni di sicurezza dei vicini.
Dopo il test, Washington ha imposto nuove sanzioni su entità e persone in Russia e Corea del Nord, accusate di "trasferire oggetti sensibili al programma missilistico della Corea del Nord".

 

“West Star”, il bunker antiatomico più grande d'Italia: può resistere a una bomba di 100 chilotoni
Da corriere.it del 26 marzo 2022

Scavato nella roccia del monte Moscal, si trova ad Affi, un piccolo comune della provincia di Verona in Veneto

Con i suoi 13.000 metri quadrati di estensione, il “West Star” - letteralmente “Stella d'Occidente” - è il bunker antiatomico più grande d'Italia. Scavato nella roccia del monte Moscal dal Comando Forze Terrestri Alleate del Sud Europa, l'imponente rifugio si trova ad Affi, un piccolo comune della provincia di Verona in Veneto. Con l'intensificarsi del conflitto in Ucraina e la minaccia di una guerra nucleare, molti cittadini dei paesi europei sono corsi a cercare il rimedio estremo. Tantissime le richieste di una fortificazione militare difensiva, soprattuto in Svizzera e in Francia, dove i bunker «familiari» dell'azienda francese leader del settore, Amesis Bat, vanno a ruba. Ma se la situazione dovesse davvero precipitare, in che condizioni si troverebbero i nostri connazionali? E dove potrebbero rifugiarsi? Ad oggi praticamente da nessuna parte, se non, appunto, ad Affi, dove il West Star potrebbe resistere ad una bomba di 100 chilotoni, cinque volte più potente di quella sganciata su Hiroshima.

“West Star”, la storia

Il bunker, costruito tra il 1960 e il 1966, fungeva da centro strategico per l'organizzazione delle esercitazioni della Nato, intenta a mantenere l'equilibrio nello scacchiere nord orientale italiano. L'ultima esercitazione che avvenne in questa base, di cui si ha memoria e traccia, fu quella del novembre 2004. Circa tre anni dopo è stato dismesso dagli Alleati, per passare in gestione ad un reparto di difesa militare italiano di Padova. Nel febbraio 2010, persa oramai la sua valenza strategico-militare, la Regione Veneto ha stanziato dei fondi, per la valorizzazione turistica culturale del rifugio e, dal 2018, la proprietà è passata ufficialmente al comune di Affi, che intende farne un museo sulla Guerra Fredda.

 

Affi, il bunker anti-atomico unico in Italia: guerra nucleare, "si salverebbero solo loro"
Da liberoquotidiano.it del 26 marzo 2022

Affi è un piccolo comune dell’entroterra del lago di Garda, in provincia di Verona. I suoi duemila abitanti, in caso di attacco nucleare da parte della Russia, potrebbero essere i soli italiani a salvarsi.

Perché? Perché è l'unico comune del nostro Paese a possedere un bunker antiatomico in grado di resistere a 100 chilotoni, cinque volte tanto la bomba sganciata su Hiroshima. Come racconta Annamaria Schiano sul Corriere del Veneto si tratta del West Star, costruito agli inizi degli anni Sessanta nelle viscere del monte Moscal. Con una superficie di 13 mila metri quadrati collocati a 150 metri sottoterra, per tutta la Guerra Fredda ospitò la sede protetta del comando Nato, da cui diramare gli ordini militari all’Occidente.

Ceduto quattro anni fa, nel marzo del 2018, al Comune di Affi dai ministeri della Difesa e della Finanza, a oggi, potrebbe essere l’unico in Italia "facilmente" riattivabile, essendo stato dismesso nel 2010.

 

Castelli di carta
Da gardapost.it del 25 marzo 2022

RIVA DEL GARDA - Venerdì 25 marzo alle 18 al Museo di Riva del Garda si terrà la conferenza «Castelli di carta», dedicata alla storia dei castelli con particolare riferimento all'Alto Garda.

La serata sarà strutturata i due momenti, dedicati rispettivamente al Codice Brandis, a cura dell’associazione culturale Tangram di Merano, e al tema delle trasformazioni dei castelli dal Medioevo al primo conflitto mondiale, a cura di Annamaria Azzolini (Ricerche Fortificazioni Altomedievali, Rfa) in collaborazione con l’Istituto Italiano dei Castelli, sezione Trentino Alto Adige. L’incontro si chiuderà con un brindisi offerto dalla cantina Pravis.

Evento gratuito con prenotazione consigliata: prenotazioni@museoaltogarda.it, 0464 573869. L’accesso è consentito solo ai possessori di super green pass e di mascherina ffp2.

 

Il programma

Presentazione del libro: Il Codice Brandis. I castelli del Basso Trentino e dell’Alto Garda a cura di Tangram

Il Codice Brandis rimane custodito per quattrocento anni nell’archivio privato della nobile famiglia Brandis di Lana (BZ) e nel 1998 passa di proprietà alla Provincia Autonoma di Bolzano. All’importante documento arrivano casualmente alcuni storici dell’associazione culturale Tangram di Merano, che nel 2012 danno avvio a un lungo percorso di ricerca e di studio terminato con la stampa in lingua italiana e in lingua tedesca di una collana di tre volumi dove per la prima volta vengono presentati tutti i disegni originali del Codice Brandis.

L’importanza del Codice Brandis non sta solo nel fatto di costituire una rara testimonianza “fotografica” della Contea del Tirolo agli inizi del Seicento e del suo ruolo strategico giocato quale confine più meridionale del Sacro Romano Impero, ma di aver documentato il fenomeno dell’incastellamento in un territorio che già allora vantava la maggior concentrazione di castelli per chilometro quadrato, in uno dei secoli più travagliati della storia d’Europa, tra la Guerra dei Trent’anni, i processi alle streghe, la presenza di stagioni freddissime e l’arrivo della peste. Nel terzo volume della collana, edito dalla casa editrice CurcuGenovese & Athesia col titolo “Il Codice Brandis e i castelli del Basso Trentino e dell’Alto Garda”, sono presenti tutti i 37 disegni originali del manoscritto con 63 vedute, numerose immagini inedite e cinque importanti saggi che contestualizzano l’opera nel periodo storico, dando ampia e particolareggiata descrizione dei soggetti raffigurati. In particolare desta stupore la veduta animata della città fortificata di Riva del Garda, ripresa al largo da un’altezza di 200 metri circa, accompagnata nel volume da un’inedita incisione di Giacomo Ruffoni del 1673, quando già la tecnologia delle riprese aveva compiuto passi da gigante.

● Nel Codice Brandis la storia della contea principesca del Tirolo – intervento di Alessandro Baccin
● Il Codice Brandis e i castelli dell’Alto Garda – intervento di Ulrike Kindl
● Monete e dazi nel Seicento – intervento di Alberto Mosca

Presentazione del libro: “Castelli in guerra. Dai contesti medievali alle fortificazioni del primo conflitto mondiale” a cura di Annamaria Azzolini (Ricerche Fortificazioni Altomedievali, Rfa) in collaborazione con Istituto Italiano dei Castelli, sezione Trentino Alto Adige.

Che cosa ne è stato dei castelli negli anni del primo conflitto mondiale? È possibile rintracciare una continuità d’uso delle strutture medievali anche in epoca moderna? Il volume, pubblicato nel 2019, raccoglie gli atti del convegno “Castelli in guerra. Dai contesti medievali alle fortificazioni del primo conflitto mondiale” tenutosi nel 2018 con lo scopo di rispondere a quei quesiti e ai molti altri nati in seno al dibattito, ponendo l’attenzione sulle stringenti relazioni tra le fortificazioni medievali e quelle austroungariche, restituendo una nuova lettura, inedita per la castellologia in area trentina, di quei contesti in cui le due istanze si sovrapposero interagendo fisicamente e simbolicamente.

Un’analisi delle trasformazioni dei contesti medievali, iniziate alla fine dell’Ottocento e proseguite ben oltre l’inizio della Grande Guerra, che vuole anche essere un’occasione di riflessione sull’evoluzione della difesa del territorio, in relazione alle scelte strategiche, alle metodologie e alle tipologie architettoniche elaborate o rielaborate quali risposte alle diverse esigenze belliche, in una regione considerata da sempre “fortezza”, anche per la natura dei luoghi.

● Vie di comunicazione e linee di confine. Il controllo del territorio sul Garda Settentrionale – intervento di Cinzia D’Agostino
● Fortezze di confine. La Rocca di Riva del Garda in età moderna – intervento di Alessandro Paris

 

Amoretti, Agnelli e la casamatta Pastiss voluta da Testa di Ferro
Da lastampa.it del 25 marzo 2022

Dal 1976, per trent'anni, ogni lunedì sera, dalle 20,45 alle 23,15, 153 volontari si sono calati in un pozzo di via Papacino angolo corso Matteotti. Scavavano, riempivano i secchi di terra e di materiali di scarico poi li tiravano su azionando un argano a mano. Prima e dopo si cambiavano i vestiti in una baracca da cantiere in corso Matteotti.

Cosa cercavano di portare alla luce? Una piramide egizia? La villa Adriana?

No. Cercavano il Pastiss, un capolavoro di casamatta, voluta da Emanuele Filiberto, Testa di ferro, per difendere Torino dopo che, nel 1563 l'aveva scelta come capitale del ducato di Savoia. L'aveva progettata Francesco Paciotto e poi era intervenuto Ferrante Vitelli, dovendola adeguare ai nuovi strumenti di guerra. Risultato: una struttura sempre più complessa, un pasticcio, o meglio il “Pastiss”.

A scoprirne i resti nel mese di marzo del 1958 erano stati lo studente in medicina Cesare Volante e l'allora capitano Guido Amoretti. Nell'ottobre di quell'anno Amoretti era sceso per primo nella scala di Pietro Micca. Dal '56 si interessava alle gallerie sotterranee di Torino e l'avrebbe fatto per tutta la sua lunga vita, arrivando al grado di generale. Ora la sua missione è portata avanti da Piergiuseppe Menietti che ha festeggiato con i suoi compagni di avventura il 450° anniversario dell'avvio dei lavori di costruzione di un manufatto bellico eccezionale che ha riservato continue sorprese e ostacoli ai suoi scopritori.

Ora le gallerie sono aperte al pubblico. Per un singolare gioco del destino sopra i suoi resti è stata edificata la casa della famiglia Agnelli nella quale il fondatore della Fiat ha allevato figli e nipoti. Quel senatore Giovanni Agnelli che era stato tenente del Savoia Cavalleria e aveva inventato a Mirafiori il modello della fabbrica come una caserma. Tutto si tiene. Ero sicuro che avrei trovato sulla pianta di Torino una via Guido Amoretti. Non c'è.

 

Monza, le villette post Chernobyl costruite nel 1986: ognuna ha il suo bunker
Da corriere.it del 25 marzo 2022

Di Rosella Redaelli

Fu il primo complesso in Italia con rifugio antiatomico. Nella mente del costruttore dovevano essereun modello pilota. I residenti: «Finora li abbiamo usati come cantine, adesso nessuno ha più voglia di scherzare»
Sedici villette a schiera, due piani, intonaco bianco, una corte con i giardini curati e le aiuole con le rose. Dal giardino una scala conduce all’interrato dei box, ma si scende ancora e, a otto metri sotto il livello stradale, si raggiungono 16 bunker anti-atomici. In via Sant’Alessandro, periferia sud di Monza, al confine con Sesto San Giovanni, la residenza «Sito de’ Santi» è stato il primo condominio in Italia dotato di bunker. Daniele Ravera, neo pensionato dopo una carriera in Eni, se lo ricorda il cantiere con il cartello che pubblicizzava, a pochi mesi dal disastro di Cernobyl nel 1986, la vendita di villette a schiera con «doppi servizi, lavanderia, riscaldamento autonomo, box e rifugi nucleari».

«Nel 1986 mi stavo per sposare — racconta —, e venni a vedere il cantiere. La zona mi piaceva e le case erano ben rifinite, ma costavano troppo, quindi lasciai perdere. Acquistai vent’anni dopo e così mi ritrovai proprietario di un bunker». Sotto terra una doppia porta blindata rossa si apre e conduce in un lungo corridoio dove si affacciano 16 porte blindate bianche: un rifugio per ogni nucleo famigliare. Per aprire la pesante porta d’ingresso, di fabbricazione svizzera, la chiave è lunga venti centimetri. L’interno è una stanza di cinque metri per tre, pareti in cemento, impianto di areazione e di riscaldamento a vista. C’è lo spazio per quattro letti, otto posti con soluzioni a castello. Alla fine del corridoio si apre la parte comune: servizi igienici per uomini e donne e una stanza con lavabo e doccia. Lungo le pareti i tubi di areazione, le istruzioni per la manutenzione in francese e tedesco, le procedure da seguire per il cambio dei filtri dell’aria. «Per noi è sempre stata solo una cantina — spiega Ravera —. Per dire, io ci tengo i vecchi dischi, l’abito da sposa di mia moglie, le valige, gli oggetti che si accumulano e non si vogliono tenere in casa».

Anche per gli altri condomini quei rifugi nucleari che in Italia restano un optional di lusso, sono cantine blindate: c’è chi l’ha trasformata in cantina per il vino, chi ne ha fatto un magazzino. Nella mente del costruttore dovevano essere un modello pilota, il primo in Italia a prezzi più o meno abbordabili. Un po’ come accade in Svizzera dove il 90% della popolazione è protetto da rifugi anti nucleari. Nei 15 metri quadri di sicurezza della famiglia Ravera ci sono anche due brandine: «Mai pensato di doverle aprire qui sotto, tra l’altro mia moglie non è nemmeno mai voluta scendere, le fa impressione. Ora però ogni tanto ce lo diciamo, se dovesse succedere qualcosa corriamo qui sotto».

Con la guerra alle porte dell’Europa e la minaccia dell’uso delle armi chimiche, i condomini di via Sant’Alessandro hanno iniziato a riparlare dei loro rifugio anti atomici sotto casa. «Ci siamo trovati due settimane fa per una riunione di condominio — dice Ravera —. Abbiamo deciso di cambiare le lampade con illuminazione a led e qualcuno ha calcolato che per ripristinare i rifugi, sostituire l’impianto di areazione e fare la manutenzione annuale necessaria ci vorrebbero circa 2 mila euro all’anno a famiglia.

Fino a un mese fa sorridevamo della peculiarità del nostro condominio, ora nessuno ha più voglia di scherzare».

 

LE FORTIFICAZIONI DEL TRAFORO DEL FREJUS
Da turismotorino.org del 25 marzo 2022

9 aprile 2022 - Palazzo delle Feste ore 17:30 Conferenza a cura di Pier Giorgio Corino Ricercatore storico e direttore Museo Forte Bramafam - LE FORTIFICAZIONI DEL TRAFORO DEL FREJUS: dal Blockhaus del Belvedere, alla Batteria interna del Traforo sino a Forte Bramafam.

Sul finire degli anni Sessanta dell’800 si apre in Bardonecchia una nuova stagione fortificatoria: Erano passati tre secoli dallo smantellamento dei castelli della Tour d’Amun e di quello del Bramafam, ma la realizzazione del Tunnel del Frejus obbligò ad intervenire con la realizzazione di nuove fortificazioni per salvaguardarne la sicurezza. Prima un blockhaus, poi una fortificazione all’interno del tunnel, al punto di giunzione tra la galleria di corsa e quella di scavo, infine la realizzazione sull’altura del Bramafam di un nuovo forte, il programma difensivo venne così completato.

Ingresso libero.

E’ consigliata la prenotazione del posto presso l’Ufficio del Turismo Tel. 0122.99032 - info.bardonecchia@turismotorino.org - www.bardonecchia.it

Contatti  Palazzo delle Feste - Piazza Valle Stretta, 1, 10052, Bardonecchia (TO)

 

Weekend alla scoperta dei castelli del Friuli Venezia Giulia: il Castello di Spilimbergo
Da siviaggia.it del 24 marzo 2022

Castello di Spilimbergo

Ormai giunto alla sua 37esima edizione, l'appuntamento Castelli Aperti FVG è l'occasione ideale per andare alla scoperta di storia e tradizioni di una regione ricca di bellezze.

Sabato 2 e domenica 3 aprile 2022 potremo visitare alcuni dei più affascinanti manieri del Friuli Venezia Giulia, meraviglie architettoniche pronte ad aprire i battenti ai turisti più curiosi.

Sono ben 19 le fortezze che partecipano all'evento, tra cui il maestoso Castello di Spilimbergo (new entry di questa edizione): risalente al X secolo, è finalmente possibile ammirare i suoi incredibili affreschi.

 

Casaforte La Brunelde, un vero tuffo nel passato

Antica dimora medievale dalla lunghissima storia, Casaforte La Brunelde ospita ancora oggi splendidi manufatti e arredi del passato che vi porteranno indietro nel tempo.

Il castello appartiene ai discendenti della famiglia originaria, che lo costruì probabilmente attorno all'anno 1100.

Trasformato in location per cerimonie e manifestazioni culturali, ora apre i battenti per alcune visite guidate a dir poco emozionanti.

 

Il Castello di Susans, panorama mozzafiato

Là dove prima sorgevano antiche rovine d'epoca romana, nel '600 è stato eretto il suggestivo Castello di Susans: elegante villa nobiliare circondata da un lussureggiante giardino all'italiana, si trova sulla cima di una collina da cui domina un panorama mozzafiato, sulla valle del fiume Tagliamento.

Anche qui si tengono molti eventi nel corso dell'anno, così come visite guidate alla scoperta del suo incredibile patrimonio artistico.

 

Il Castello Savorgnan di Brazzà, suggestiva visione

Immerso nella natura incontaminata delle campagne friulane, il Castello Savorgnan di Brazzà è uno splendido esempio di fortificazione rimasta pressoché intatta con il passare dei secoli.

Le sue imponenti mura difensive custodiscono un edificio conosciuto come Casa del Capitano, che di recente è stata restaurata e ora accoglie turisti da ogni angolo del globo.

A due passi si trovano anche la Chiesetta di San Leonardo e un'incantevole villa circondata da un enorme parco secolare.

 

Il Castello di Villalta, come in una favola

Considerata la fortezza medievale più importante della regione, il Castello di Villalta è un vero gioiello che custodisce incredibili sorprese.

La sua è una storia lunga e travagliata, fatta di rovinosi assedi e successive opere di ricostruzione che l'hanno portato al suo attuale splendore.

Proprio come nei castelli delle favole, è circondato da un'elevata cinta muraria con camminamento di ronda, e vi si può accedere solo mediante ponte levatoio.

 

Palazzo Romano, splendida dimora nobiliare

Quello che un tempo fu un antico maniero, in secoli più recenti si è trasformato in Palazzo Romano: affascinante dimora nobiliare, è cinta da possenti mura che custodiscono un grande parco rigoglioso, con tante piante ornamentali e splendide statue.

Perdersi tra le sue stanze, riccamente arredate e decorate, è un vero sogno: la visita guidata vi permetterà di scoprire infinite bellezze.

 

 

Il Castello di Strassoldo, complesso munumentale

Strassoldo è un delizioso borgo medievale perfettamente conservatosi, un vero e proprio complesso monumentale fortificato di cui ancora oggi si può ammirare l'incredibile fascino.

Due sono le fortificazioni che ne sono nate, a seguito di un rimaneggiamento che ha portato alla creazione del Castello di Sopra e del Castello di Sotto.

Oltre a visitare le sue splendide sale, è possibile passeggiare in un incantevole giardino che ospita bellissimi fiori profumati.

 

Il Castello di Flambruzzo e i suoi giardini

Il Castello di Flambruzzo non è altro che una splendida villa settecentesca, che conserva tuttavia alcune importanti testimonianze del suo passato fortificato.

Immersa nel verde lussureggiante di un parco all'inglese, accoglie deliziose risorgive dalle acque cristalline e rogge disseminate di ponticelli in legno.

Al suo interno vi sono ampie sale sapientemente arredate con pezzi d'epoca davvero bellissimi.

 

Il Castello di San Pietro, con una vista incredibile

Abbarbicato su uno sperone di roccia in posizione panoramica, il Castello di San Pietro gode di una vista incredibile sul borgo di Ragogna e sulla natura circostante.

Edificata nell'XI secolo, la fortezza è stata per lungo tempo abbandonata e ora finalmente restaurata.

Oltre a custodire un importante percorso museale, è una delle location preferite per cerimonie ed eventi: questa è l'occasione giusta per visitarlo.

 

Palazzo Panigai-Ovio, capolavoro d'architettura

Sulle rovine di un ormai distrutto castello medievale, sorge oggi una splendida villa settecentesca: si tratta di Palazzo Panigai-Ovio, imponente struttura rinascimentale immersa in un bellissimo parco.

Tra le sue mura sono conservati affreschi di gran pregio e arredi raffinati, così come una cucina riportata al suo splendore originale con attrezzature e suppellettili d'epoca.

Un vero e proprio viaggio indietro nel tempo.

 

Guerra nucleare, i bunker antiatomici "fai da te": costo, i permessi da chiedere e quanto si può vivere dentro
Da ilmattino.it del 24 marzo 2022

Con la guerra in Ucraina sono tornati in voga i bunker antiatomici. La paura per un possibile attacco nucleare o per l'esplosione di una delle centrali ucraine, ha spinto le persone a cercare informazioni sui rifugi. Già presenti in Italia dalla seconda guerra mondiale, potrebbero tornare utili nel caso in cui (ipotesi per adesso remota) la guerra nell'Est Europa si trasformi in un conflitto mondiale. E c'è chi sta già cercando il modo di costruirselo da solo, per avere un riparo sicuro contro le minacce delle armi più tecnologiche e letali.

In Italia i piani regolatori non prevedono la realizzazione di bunker antiatomici e l'unica possibilità di costruirli in casa è concepirli come cantine, si legge su lavorincasa.it. Prima di cominciare a costruirlo serve il permesso del Comune. La caratteristica principale che deve avare un bunker, per essere efficace, è trovarsi sotto terra. La cellula deve avere due ingressi, uno per i ricambi d'aria e uno per le persone. Le mura in cemento armato devono avere uno spesso di almeno 30 centimetri. Le porte sono costruite in acciaio e cemento, sono spesse almeno 20 centimetri e hanno apertura verso l'esterno (come il caveau di una banca).

Una cura particolare serve per la costruzione dell'impianto di aerazione, che deve essere in grado di respingere le sostanze nocive che potrebbero essere rilasciate nell'aria e impedire che l’umidità possa danneggiare scorte di cibo e mobili. In Svizzera avere un bunker sotterraneo è quasi la normalità. Negli anni Sessanta infatti, una legge li ha resi obbligatori. Anche negli Stati Uniti esistono bunker moderni, estremamente accessoriati, per contrastare guerre o epidemie. Interi villaggi dotati di ogni sorta di comfort e tecnologie.

Quanto si può vivere in un bunker?

In caso di esplosione atomica, il consiglio degli esperti è restare al riparo per almeno cinque giorni. Ma quanto si può sopravvivere in un bunker? Ebbene, dipende dal rifugio che si ha a disposizione. I bunker deluxe, in vendita a milioni di euro, sono in grado di ospitare famiglie per interi mesi senza. Un bunker fai da te sarà abitabile in base alle scorte di cibo e acqua che si è riusciti a mettere da parte. Il consiglio è provvedere a comprare provviste che resistano almeno un mese.

Quanto costa un bunker fatto in casa

Costruire un bunker antiatomico non è una pratica economica. Prima di tutto, bisogna procurarsi lo spazio necessario.

Complicato se si vive in città, ma non facile anche nelle province. Una volta appurato che c'è lo spazio, la lista della spesa dovrebbe attestarsi su un minimo di 1200 euro, fino a un massimo di 3000 euro al metro quadrato. In Italia l'azienda Northsafe si occupa della costruzione dei bunker.

La compagnia mira a creare un ambiente che possa assicurare massima protezione qualora dovessero avvenire catastrofi nucleari o attacchi chimici e biologici.

 

Il Borgo Medievale di Torino, un museo a cielo aperto nel parco del Valentino
Da zipnews.it del 24 marzo 2022

Uno dei luoghi più incantati di Torino è sicuramente il Borgo Medievale, si tratta di una tappa d’obbligo per chiunque vive a Torino o ne è ospite come turista. Una volta superato il ponte levatoio di viale Virgilio si viene catapultati nel XV secolo in un vero e proprio museo a cielo aperto nel cuore del parco del Valentino. La via Maestra è l’unica strada percorribile su cui si affacciano case, chiese, piazza, fontane e decorazioni del tardo medioevo piemontese.

Il borgo si estende per 8.500 metri sulle rive del Po e la sua bellezza può essere ammirata sia dal suo interno, tra fortificazioni e mura, e sia dalla sponda opposta del parco. Tramite la via Maestra si possono osservare la fontana del melograno, il laboratorio del maniscalco, il forno del pane e numerosi edifici che erano adibiti all’accoglienza di pellegrini.

Va ricordato, però, che il Borgo Medievale non è originale bensì si tratta di una costruzione del 1884 realizzata per l’Esposizione Generale italiana: il Borgo, insieme alla Fontana dei 12 Mesi, rappresenta una delle attrazioni principali dell’evento, rappresentando un progetto culturale di architettura, ambiente urbano, arti decorative e arredamento del tardo medioevo piemontese.

Per gli attenti ai dettagli, però, va ricordato che il pozzo presente nel ‘’cortile di Avigliana” è l’unico manufatto risalente al 1400, proveniente da una casa di Dronero. Il resto degli elementi rappresentano una fedele ricostruzione di castelli ed edifici realmente esistiti come ad esempio la piazza più grande del Borgo Medievale: si tratta di una riproduzione della fontana del Castello di Issogne, in Valle d’Aosta, e rappresenta la fontana del melograno.

Nel Borgo è presente anche la Rocca, che rappresenta la dimora signorile e fortificata. Dentro ci sono stanze sontuose ricche di mobili, suppellettili, tessuti e tanto altro che porta alla mente gli usi e i costumi nei castelli del Quattrocento.

Buona parte del Borgo Medievale di Torino si può visitare gratuitamente e in completa autonomia. Parliamo della parte bassa del villaggio, accedendo dal ponte levatoio. L’accesso è libero per ammirare le botteghe, il rifugio dei pellegrini, i cortili, le case, l’osteria e la chiesa. In ogni angolo del borgo è possibile saziare la curiosità imparando qualcosa in più sulle antiche botteghe dell’epoca. Entrando in alcune di queste è anche possibile acquistare riproduzioni di armi e armature medievali o gadget unici. La visita alla Rocca con il suo giardino, invece, è sempre accompagnata e a pagamento. Dura 45 minuti e comprende l’interno del castello e la passeggiata nel giardino e nell’orto medievale.

 

Forte Gazzera: visite guidate per i 1600 anni di Venezia
Da veneziaradiotv.it del 24 marzo 2022

Domenica 27 marzo, dalle 10 alle 17, tra le mura del Forte Gazzera, per celebrare i 1600 anni della città, grandi e piccini potranno ammirare Venezia attraverso varie epoche in un viaggio nel tempo unico. Un percorso guidato che partirà dal cortile e che proseguirà all’interno del Forte

Domenica 27 marzo tra le mura del Forte Gazzera si terrà “1600 anni di Venezia al Forte Gazzera”, una rievocazione storica per celebrare i 1600 anni della città. Tra antiche armature, arti e mestieri si racconteranno storie e tradizioni della città lagunare.

Forte Gazzera

Oggi meta di manifestazioni culturali e visite guidate grazie alla riqualificazione promossa dal Comitato Forte Gazzera, Forte Brendole più noto come Forte Gazzera fu costruito a fine Ottocento come supporto militare a Forte Marghera. Quest’ultimo era il più antico e grande tra i forti veneziani.

Un viaggio nel tempo unico

Domenica 27 marzo, dalle 10 alle 17, grandi e piccini potranno ammirare Venezia attraverso varie epoche in un viaggio nel tempo unico. Un percorso guidato che partirà dal cortile e che proseguirà all’interno del Forte. I partecipanti potranno osservare ricostruzioni di antiche armature usate dai reggimenti veneti tra il 1400 e il 1700. Potranno inoltre assistere a rievocazioni storiche dei diversi mestieri come quelli dei fabbri e dei falegnami che al tempo della Serenissima lavoravano all’interno dell’Arsenale. Tra parate musicali e simulazioni di combattimento con sciabole e spade, sarà possibile ascoltare i racconti veneziani di Danilo Leo Lazzarini, storico e attore. Dalle ore 11 e alle ore 16 racconterà alcune tra le storie più importanti della città lagunare.

La manifestazione “1600 anni di Venezia al Forte Gazzera” nasce dalla voglia di celebrare la storia della città lagunare nell’anno dei festeggiamenti per i suoi 1600 anni, raccontando alla comunità le tradizioni che hanno reso Venezia famosa nel mondo e dando una seconda vita a quello che in passato nacque come edificio militare e che oggi, invece, è il custode di storia e tradizione del territorio.

 

Giornate FAI A Palmanova aperte al pubblico nuova lunetta e una galleria sotterranea
Da telefriuli.it del 24 marzo 2022

Visite programmate in due nuovi siti. Savi: “Alla scoperta delle strategie militari per difendere la Fortezza”

Assieme alla primavera, ritornano anche quest’anno le Giornate FAI dedicate alla scoperta e visita dei luoghi più particolari e inesplorati del patrimonio storico italiano. Sabato 26 e domenica 27 marzo, Palmanova permetterà la visita alla Lunetta Napoleonica a sinistra di Porta Aquileia, gestita e curata abitualmente dall’Associazione Amici dei Bastioni. Un luogo visitabile solo in poche occasioni e che si compone di una struttura fortificata fuori terra e di una galleria sotterranea lunga alcune centinaia di metri, raggiungibile solo tramite due scale a chiocciola in pietra dal piano superiore della costruzione. L’evento è organizzato dal FAI di Palmanova, coordinato dalla Presidente Luisa Del Zotto, in collaborazione con il Comune.

“Un luogo molto particolare, aperto questo fine settimana apposta per il FAI. Sarà un viaggio unico tra le fortificazioni di Palmanova e alla scoperta delle strategie militari ideate da Venezia prima e da Napoleone poi, per difendere la Fortezza. Prima visiteremo il corpo principale, poi il piano superiore, per poi scendere sottoterra, percorrere la lunga galleria realizzata sotto la fortificazioni e sbucare sul fossato”, commenta l’assessore a cultura e turismo Silvia Savi.

“A guidare i visitatori ci saranno alcuni ragazzi dell’Istituto Eniaudi e Mattei di Palmanova assieme a cittadini volontari. A loro il compito di raccontare l’unicità della città Fortezza. Un modo per rendere tutto più autentico e vivere assieme la scoperta dei misteri e delle tecniche che i Bastioni di Palmanova ancora conservano”.
Non è necessaria la prenotazione. Orari: Sabato e domenica 10-13 e 15-18 (turni di visita ogni 30 minuti). Si potrà parcheggiare nei pressi di Porta Aquileia: qui saranno presenti le indicazioni per raggiungere a piedi, in pochi minuti, la Lunetta Napoleonica.
La trentesima edizione delle Giornate FAI di Primavera, torna nelle date e nelle modalità cui siamo più abituati, e prevede 700 aperture in 400 località in tutta Italia, di cui 18 in 9 Comuni del Friuli Venezia Giulia: Sagrado, San Vito al Tagliamento, Spilimbergo, Trieste, Cervignano del Friuli, Manzano, Palmanova, Ruda e Udine. Maggiori informazioni sul sito www.giornatefai.it

Nei punti di partenza delle visite saranno presenti i Volontari FAI e i ragazzi delle scuole scelti come Ciceroni. Viene suggerito un contributo minimo di 3 euro che andrà a sostenere le attività istituzionali della Fondazione.
L’evento si svolge con il Patrocinio del Dipartimento della Protezione Civile, del Ministero della Cultura, di tutte le Regioni e le Province Autonome italiane.

 

Aumentano le richieste di bunker anti atomici in Europa
Da giornaledipuglia.com del 23 marzo 2022

(Frank_P_AJJ74/Pixabay)

Preoccupazione per la guerra o meno, nell'ultima settimana sono moltiplicate le richieste di chi, in Italia, desidera un rifugio in casa. La costruzione dei bunker arriva anche a costare 90mila euro e a richiedere i preventivi sono soprattutto ingegneri, avvocati e altri professionisti.

AmesisBat, l'azienda francese leader nel settore, ha registrato nelle ultime settimane il “tutto esaurito”: le richieste riguardano rifugi sotterranei “per famiglie”, adatti cioè a nascondere un intero nucleo famigliare, da due a più persone. In un’intervista diffusa oggi dal quotidiano Le Parisien, Enzo Petrone, l’ad di AmesisBat, certifica la crescita del ritmo delle richieste da parte dei francesi: “Ce ne chiedono uno ogni 20 minuti, mentre il ritmo normale è di una decina al mese”.

Anche in Italia, nelle scorse settimane, alcune testate giornalistiche hanno parlato di vera e propria “corsa al bunker”, con i costruttori che hanno serie difficoltà a soddisfare tutte le richieste. Le zone più interessate si concentrano nel nord. I prezzi? Dai 60 ai 90 mila euro.

 

La primavera apre le porte dei castelli: Visite guidate al Castello Alfonsino e al Castello Dentice di Frasso
Da brindisioggi.it del 23 marzo 2022

BRINDISI- La primavera apre le porte dei castelli: Visite guidate al Castello Alfonsino – Forte a Mare di Brindisi e al Castello Dentice di Frasso di Carovigno. Sabato e domenica si assapora la primavera nella città di Brindisi e provincia. Appassionati e curiosi potranno visitare due castelli di straordinaria bellezza, accolti dalle guide della Associazione Le Colonne. Nell’ambito del progetto “Conoscenza, educazione e fidelizzazione alla bellezza: un percorso per la valorizzazione del Castello Alfonsino” promosso dalla Associazione Le Colonne, in collaborazione con il Segretariato regionale del Mic per la Puglia e con la Soprintendenza ABAP Brindisi Lecce sarà possibile visitare il cosiddetto “Castello di Mare”, poiché completamente immerso nelle acque del porto ed estremamente cangiante nelle sue luci e colori, fino ad accendersi di rosso al tramonto (da lì discende, invece, il soprannome di “Castello Rosso”) per via del colore caldo delle pietre con le quali è stato costruito. Il percorso di visita guidata avrà inizio nei pressi del portale manierista, proseguirà lungo l’area della darsena, attraverserà l’antemurale cinquecentesco, sino alle sale storiche e lungo i camminamenti di ronda fino a giungere al Forte a Mare. Turni di visita: ore 10, 11 e pomeriggio ore 16.30 e 17.30.

A pochi chilometri da Brindisi, invece, sorge a ridosso del centro storico di Carovigno, su un promontorio che domina l’intera fascia costiera, il Castello Dentice di Frasso. Si distingue per la peculiare conformazione a triangolo – assunta nel corso del XVI secolo – e la presenza di fortificazioni ai vertici: la torre quadrata, la torre tonda e infine la torre lanceolata, anche detta “a mandorla”. Sarà possibile usufruire delle visite guidate del piano nobile e delle segrete del maniero.Turni di visita: ore 12 e pomeriggio ore 17.30

Prenotazione obbligatoria: Brindisi – Castello Alfonisino – Forte a Mare: è possibile contattare il numero di telefono 379 2653244 o inviare una mail all’indirizzo segreterialecolonne@gmail.com.

Carovigno – Castello Dentice di Frasso: è possibile contattare il numero di telefono 379 1092451 o inviare una mail all’indirizzo castellodicarovigno@gmail.com – www.castellodicarovigno.it

 

In viaggio sulle ali di un drone alla scoperta della Fortezza di Fenestrelle
Da ambiente.tiscali.it del 23 marzo 2022
Il complesso fortificato, inserito dal World Monuments Fund nella lista dei 100 siti storico-archeologici di rilevanza mondiale più a rischio, viene visitato ogni anno da oltre 20mila turisti provenienti da tutto il mondo

La Fortezza di Fenestrelle (https://www.fortedifenestrelle.it/il-forte-difenestrelle/), più comunemente nota come Forte di Fenestrelle, è un complesso fortificato eretto dal secolo XVIII al secolo XIX in località Fenestrelle in Val Chisone (città metropolitana di Torino). Per le sue dimensioni e il suo sviluppo lungo tutto il fianco sinistro della valle, la fortezza è anche detta la grande muraglia piemontese. Dal 1999 è diventata il simbolo della Provincia di Torino e nel 2007 il World Monuments Fund l'ha inserita nella lista dei 100 siti storico-archeologici di rilevanza mondiale più a rischio (insieme ad altri 4 siti italiani).

Progettata dall'ingegnere Ignazio Bertola nel XVIII secolo con funzione di protezione del confine franco-piemontese, la fortezza venne completata solamente nel secolo successivo e non fu mai coinvolta in assedi o assalti in forze degni di nota; fu invece protagonista di alcune schermaglie minori e di un breve scontro nel corso della seconda guerra mondiale. Dopo un lungo periodo di abbandono, dal 1946 al 1990, è iniziato un progetto di recupero, tuttora in corso, che l'ha riaperta al turismo. Tra il 2011 ed il 2012 vi si sono recati più di 20.000 visitatori l'anno.

A prendersi cura della Fortezza di Fenestrelle, da ormai molti anni, c’è l'Associazione Progetto San Carlo - Forte di Fenestrelle Onlus (https://www.facebook.com/ForteDiFenestrelle) (organizzazione non lucrativa di utilità sociale) nata dalla volontà di un gruppo di appassionati che in accordo, e con l’autorizzazione, sia del proprietario (Agenzia del Demanio) che della Soprintendeza ai Beni Culturali hanno lavorato così da riportare la struttura al suo antico splendore.

Dopo i primi lavori di bonifica dalla vegetazione spontanea e di sgombero delle macerie, i componenti dell’associazione cominciarono ad organizzare le prime visite guidate aperte al pubblico, attivandosi, al contempo, per reperire quei fondi necessari al restauro.

Grazie al buon lavoro svolto oggi numerosi enti pubblici e privati collaborano con essa e partecipano attivamente con finanziamenti per completare il lavoro di recupero.

Nel corso di questi anni sono stati restaurati numerosi settori della fortezza, alcuni interventi sono in corso e altri sono previsti a breve termine.

Foto Shutterstock

 

I bunker di guerra a Milano e le frecce verso la salvezza: dove sono i 100 rifugi antiaereo (uno è sotto il Duomo)
Da corriere.it del 22 marzo 2022

Di Giuseppe Tesorio

Il primo rifugio antiaereo pubblico fu realizzato nel 1936: da piazzale di Porta Lodovica a Molino delle Armi, da piazza Duomo a viale Bodio, ecco cosa è rimasto. Sui muri sono ancora leggibili «R» (gli ingressi) e «US» (uscita di soccorso): l’idea della segnaletica venne al Comitato Provinciale per la protezione antiaerea

La salvezza nel sottosuolo. Ieri, nella nostra guerra mondiale, oggi nelle martoriate città ucraine. Nascondere la propria vita e quella dei propri cari, per quel lungo maledetto interminabile tempo che suona la sirena antiaerea. Scendere in cantina, con nulla in mano se non la mano di tua moglie o tuo figlio o tuo padre. Correre nel rifugio della scuola elementare o nei cunicoli di vecchi nobili palazzi. Seguire quelle frecce pittate sui muri, bianche contornate di nero o viceversa, e poi trovare la grande R che indicava il rifugio, la salvezza, la speranza, una volta entrati, di risalire a rivedere il cielo o le fiamme di insensate guerre.

Le bombe del 1943

Ieri, bombe sopra Milano, come quella volta che gli aerei si alzarono all’ora di cena, una sera d’agosto del 1943. L’allarme suonò che mancavano otto minuti all’una. Le bombe caddero venti minuti più tardi. Il tempo della salvezza. E sopravvivono, quasi ottant’anni dopo, quelle frecce, quelle lettere verniciate sulle facciate delle case milanesi, vicino ai portoni o alle strette finestre delle cantine che prendono aria in strada. Sono i segni della storia, della storia di una città. Sono sbiaditi, scrostati, cancellati dal tempo e dall’incuria, ma si sono ostinatamente incollati ai muri della città, sparsi in tutte i rioni, in tutte le zone, dal centro alle periferie. Sono il passato più buio, che si chiama guerra. Guerra, come il presente tragico di Mariupol, Karkiv, Kiev. Allora, guardi con altri occhi quelle frecce milanesi che sopravvivono oggi. Le cerchi per le strade e ripassi la storia, scacciando dalla mente una domanda che non vuoi neppure far entrare nella testa: e se accadesse ancora? Anche a noi, anche qui?

La R e Us

Così, osservi le frecce e quelle grandi lettere: R come (ingresso) rifugio antiaereo e US, uscita di soccorso, ancora ben leggibili sui muri. L’idea venne ai membri del Comitato Provinciale per la protezione antiaerea, in una riunione con i vigili del fuoco: già, come trovare con precisione gli ingressi e le uscite dei rifugi, tra le fiamme e le macerie di un bombardamento? Le squadre di soccorso dovevano poter individuare, nel più breve tempo possibile, il posto dove scavare per liberare le persone intrappolate dall’eventuale crollo del palazzo. Non sempre bastava la cartina del quartiere con le indicazioni dei rifugi, e quell’idea di dipingere sui muri le frecce e le lettere US, parve proprio una buona idea.

La mappa dei rifugi

E li vedi scendere, i vecchi, le donne, i bambini, nelle cantine puntellate del bel palazzo del 1901, in piazzale di Porta Lodovica 2, o in quello di via Molino delle Armi rimasto un rudere affacciato sull’acciottolato di via Campo Lodigiano. O in via Alberto da Giussano, tra le vie Piolti De Bianchi e Archimede, in corso Indipendenza, in ogni quartiere. Erano segnalati gli ingressi e le uscite di cantine, sotterranei delle stazioni, alberghi diurni, rifugi ricavati sotto le scuole o quelli predisposti dal Comune. Nel 1940, l’Amministrazione di Milano aveva predisposto poco più di un centinaio di rifugi antiaerei pubblici, ricavati in seminterrati già esistenti. Il primo fu realizzato nel 1936 in piazza Grandi ed è forse il meglio conservato di Milano, proprio sotto la monumentale fontana (vi si accede da una botola) e poteva ospitare quasi 500 persone.

Il rifugio sotto il Duomo

Il rifugio più grande , sotto il sagrato del Duomo (all’altezza dell’Atm point di piazza Duomo), fu realizzato nel ’43 per ospitare quasi 1500 persone. Una ventina di colonne sostengono la soletta in cemento armato spessa più di due metri, e c’era pure un ingresso per coloro che fossero stati colpiti dall’iprite, uno dei gas impiegati nella guerra chimica. In viale Bodio 22, rimane la memoria del «Rifugio 87», sotto la scuola primaria Leopardi. Quando i caccia bombardieri attraversavano il cielo di Milano, nel seminterrato dell’edificio (220 metri quadrati) trovavano rifugio quasi 500 persone, con dieci stanze e due bagni alla turca, che era già molto.

Ermanno Olmi nascosto tra i ragazzi

La scoperta del rifugio 87 fu dovuta anche al fatto che, tra i ragazzi che si nascondevano lì sotto, c’era anche un bambino di nome Ermanno Olmi. Nel 1986 Olmi pubblica il romanzo «Il ragazzo della Bovisa», dove racconta la sua infanzia, compreso l’orrore della guerra e quelle notti nel rifugio. Poi quel libro, anni dopo, passò proprio nelle mani della preside della scuola che controlla, scendendo nel rifugio aereo. E lo trova ancora lì. Oggi è un museo. Per ricordare. Ma se quei segni tracciati sul muro, quelle lettere che indicavano salvezza, o per lo meno speranza, li lasciamo andar via per sempre, come se non ricordassero dolore e lotta e desiderio di futuro, allora cancelliamo il nostro passato. Sono labili tracce della storia, dobbiamo cercarle, ritrovarle e proteggerle. Sono la punteggiatura buia della guerra, che serve a non dimenticare. Mariupol, Karkiv, Kiev, sembreranno più vicine.

 

Giornate FAI 2022, alla scoperta dei bunker e delle trincee della "Lastra bianca"
Da modenatoday.it del 22 marzo 2022

Le vestigia del sistema di trincee tedesche, risalenti alle fortificazioni della Linea Gotica tra l'autunno del 1944 e la primavera del 1945, si trovano adiacenti all'abitato di Montese, nell'alto Appennino modenese, a circa due chilometri dal centro del paese, sulle pendici verso nord del Monte Montello, a 927 metri sul livello del mare.
Le postazioni ed i sentieri che le collegano, ricavati su un fondo prevalentemente roccioso, sono ancora visibili e, recuperati da parte dell'Amministrazione Comunale negli anni scorsi, sono immersi in un ambiente boschivo. Al tempo il bosco non era presente e l'aspetto di tutti i monti della zona era sostanzialmente brullo.

Sin dai primi di marzo del 1945 le truppe alleate, in particolare i soldati brasiliani della FEB, erano trincerate di fronte all'abitato di Montese sui cui monti adiacenti, Monte Paravento, Monte Buffone e Monte Montello, che lo dominavano, i soldati tedeschi avevano piazzato la loro linea principale di difesa in quanto consideravano la zona un punto strategico. Il paese di Montese venne attaccato il 14 aprile 1945 dai soldati della Forza di Spedizione Brasiliana e conquistato lo stesso giorno dopo sanguinosi combattimenti. Ogni tentativo di conquistare il caposaldo dell'adiacente Monte Montello fu vano, nonostante i furiosi bombardamenti di artiglieria e aerei. La cima del monte venne occupata solo il 18 aprile quando i tedeschi si ritirarono e abbandonarono le posizioni. Testimonianza dei combattimenti sono il ritrovamento di resti di soldati tedeschi, sepolti alla bene meglio in loco, avvenuti anche recentemente tra le trincee del Monte Montello.'

Poiché il monte è prevalentemente roccioso i sentieri, le trincee e i bunker che ospitavano postazioni di mitragliatrice, mortai, osservatori, posti di comando avanzati e ricoveri dove si riparavano i soldati furono ricavati prevalentemente in cavità e avvallamenti naturali circondati da grosse pietre riportate e, in alcuni casi, ricoperti da tronchi d'albero con funzione di tetto, per ricavarne ripari dagli eventi atmosferici e ben mimetizzati alla osservazione aerea degli Alleati.
Visite sabato e domenica dalle 10 alle 17 a cura di: Apprendisti Ciceroni Istituto Istruzione Superiore "A. Paradisi", Istituto Statale di Istruzione Tecnica e Professionale

 

Dove sono i bunker in Italia
Da forzeitaliane.it del 22 marzo 2022

La guerra in Ucraina ha riacceso l’interesse degli italiani per i rifugi sotterranei. Scopriamo dove si trovano.

Il conflitto russo-ucraino e la minaccia che da un momento all’altro possa scatenarsi una guerra nucleare tra Russia e USA che coinvolgerebbe tutti i Paesi della NATO, Italia compresa, ha riacceso in molti lo spettro della Guerra Fredda, dei rifugi antiatomici, dei bunker.

E sono proprio questi ultimi a destare maggiore interesse, viste anche le immagini che ci arrivano dal fronte ucraino e delle centinaia di civili che trovano asilo in queste strutture difensive, nate con lo scopo di proteggere persone, beni di valore o qualsiasi altra cosa debba essere salvaguardata dalla furia distruttiva delle bombe. Se l’Unione europea elabora il piano per contrastare un’eventuale guerra nucleare, le armi di devastazione di Russia e Stati Uniti sono pronte ad entrare in funzione al minimo gesto dell’una o dell’altra compagine.
Alcuni bunker, oggi visitabili, attirano la curiosità di molti, sperando che non debbano mai essere utilizzati in caso di guerra nucleare.

Il più grande bunker antiatomico in Italia

Il più grande bunker antiatomico in Italia è ad Affi, in provincia di Verona.
Situato nelle viscere del monte Moscal, nel 1966 iniziarono le operazioni di West Star. Per tutto il periodo della Guerra Fredda, il bunker ospitò la sede protetta del comando NATO da cui venivano diramati gli ordini militari all’Occidente. West Star ha una superficie di 13 mila metri quadrati e si trova a 150 metri sottoterra. A oggi, è l’unico rifugio antinucleare in Italia capace di resistere a 100 chilotoni, 5 volte tanto la bomba sganciata su Hiroshima.
Nel 2018 è stato ceduto dai ministeri della Difesa e della Finanza al Comune di Affi e in linea puramente teorica, questo bunker, potrebbe essere riattivato facilmente, essendo stato dismesso solo nel 2010 e può ospitare fino a 1.000 persone. Per rimetterlo in funzione, oltre all’ingente spesa economica, c’è bisogno di almeno un anno prima che torni operativo.

I più celebri bunker bellici

Costruiti durante la Seconda Guerra Mondiale e nel corso della Guerra Fredda, il nostro Paese è pieno di centinaia, se non migliaia di bunker difensivi, rifugi antiaerei e war room. I più conosciuti e visitabili sono:• Bunker di Villa Torlonia;
• Bunker sotto Palazzo Venezia;
• Bunker del re Vittorio Emanuele III a Villa Ada;
• Bunker Soratte.

Oggi parco pubblico, ma un tempo residenza romana di Benito Mussolini dal 1925 al 1943, Villa Torlonia è situata nel cuore della Capitale e nel seminterrato del Casino Nobile vi si trova il bunker fatto costruire dal Duce nel 1942, per consentire a lui e alla sua famiglia di sfuggire ai bombardamenti degli Alleati.
A struttura cilindrica, il bunker Mussolini è situato a sei metri sottoterra ed è protetto da 4 metri di cemento armato. Sebbene fu fatto realizzare, non venne mai utilizzato da Mussolini, che non fece in tempo ad inaugurarlo poiché, com’è noto, venne arrestato il 25 aprile 1943, data in cui cadde il Fascismo.
Un altro bunker fatto realizzare per volere del Duce è quello sotto Palazzo Venezia, in pieno centro. All’epoca sede del governo e famoso per il suo balcone dal quale Mussolini arringava alla folla, sotto una delle due torri di Palazzo Venezia vi è una scala che porta ad un corridoio, in parte costruito in cemento armato. Il bunker, dotato oggi di un unico accesso, appare come un ambiente grezzo e senza pavimentazioni, impianti elettrici o idraulici, segno che non venne completato, come quello di Villa Ada, proprio per via della caduta del regime.
Sempre a Roma, nascosto nel verde del Parco di Villa Ada, troviamo il bunker dei Savoia, voluto da re Vittorio Emanuele III tra il 1940 e il 1942. È un rifugio antiaereo blindato e dotato di tutti i confort: due bagni e posti auto.
Infine, tra i più celebri bunker troviamo quello Soratte, a 45km da Roma, situato nei pressi del Comune di Sant’Oreste.
Concepito come rifugio antiaereo per l’Alto Comando Supremo dell’Esercito in caso di guerra, venne costruito nel 1937, con lo scopo di utilizzarlo come bunker antinucleare in caso di conflitto atomico. Porte a tenuta stagna e tappi di cemento spessi più di 6 metri vennero costruiti per creare il giusto isolamento da un’eventuale contaminazione radioattiva.

Bunker da nord a sud

Non solo il Lazio è ricco di bunker. Nel nord Italia troviamo i bunker Breda, rifugi antiaerei del 1942 utilizzati dalla V Sezione Aeronautica della Breda e situati in tutto il settore est del Parco Nord di Milano.
A Milano troviamo anche il Rifugio 87, in via Bodio, sotto la scuola elementale “Giacomo Leopardi”. Altri rifugi si trovano in via Gioia, nei pressi della Stazione Centrale, e in via Cesare Battisti.Il Gamper Bunker, in Trentino-Alto Adige, nell’Alta Val di Non, è un’opera magnifica: un enorme museo nascosto nel cuore del monte Mais. Fatto costruire da Mussolini nel 1940 per prevenire l’invasione tedesca.
Un altro bunker famoso si trova a Torino, sotto piazza Risorgimento. Lungo 40m e largo  4.5m, è alto 3.30m e può ospitare fino a 1.150 persone. Uno più piccolo si trova sempre a Torino sotto il Palazzo Civico.
A Napoli troviamo il famoso tunnel voluto nel 1853 da Ferdinando II di Borbone.
Utilizzato dai napoletani durante la Seconda Guerra Mondiale per proteggersi dai bombardamenti.

I bunker dei latitanti

I bunker non sono stati costruiti solo in tempi di guerra, ma anche nei giorni nostri. I latitanti per sfuggire alle Forze dell’Ordine, si rifugiavano e si rifugiano tutt’ora, in bunker scavati prevalentemente sotto le proprie abitazioni.
Nel 2019 è emerso da un’inchiesta del Guardian che i Cacciatori Calabria, Squadrone Carabinieri Eliporto, ha scoperto oltre 400 bunker e arrestato 300 latitanti. In linea con la mentalità criminale, i boss non lasciano mai il proprio paese di origine, segno di debolezza, e nella stragrande maggioranza dei casi si nascondono in tunnel di fuga sotto le loro case, in montagna o nei burroni.
Tra i più rinomati abbiamo il bunker Fazzalari nel Parco Nazionale dell’Aspromonte, dotato di tutti i dispositivi tecnologici per vivere nell’agio più completo.

Case con bunker

Il sito di annunci Casa.it ha messo in evidenza che esistono molte case private con bunker annesso. Gli annunci di vendita sono tra i più cliccati, segno della curiosità/psicosi figlia di questa guerra assurda.
Le case/bunker sono:
• A Fagagna, in provincia di Udine. L’immobile ha un bunker antiatomico nel piano interrato costruito secondo i canoni svizzeri. Si può sopravvivere al proprio interno circa 80 giorni restando immune dalle contaminazioni nucleari;
• Due ville a Guanzate e a Negrar in Valpolicella, in provincia di Verona;
• Milano, un palazzo in vendita dotato di rifugio antiatomico al secondo piano interrato.

Quanto costa costruire un bunker

Per realizzare un bunker che possa ospitare almeno 5 persone, occorrono tra i 60 e gli 85 mila euro. I bunker sono in grado di offrire asilo per 15 giorni massimo un mese. “È una scatola povera di cemento armato. Costruita a partire da un metro di profondità sotto il terreno, a cui si devono aggiungere uno strato di 40 centimetri di cemento armato della parte alta del rifugio, 2 metri e mezzo di altezza della stanza” ha spiegato al Corriere della Sera Giulio Cavicchioli, proprietario della “Minus Energie” azienda di Mantova che da oltre vent’anni anni è specializzata nella costruzione di bunker civili e militari e più in generale nella realizzazione di sistemi di filtraggio dell’aria.

 

Firenze, la mappa dei bunker e dei rifugi anti aereo (con qualche sorpresa)
Da corriere.it del 22 marzo 2022

In città molti muri recano ancora la scritta «R», che si riferisce ai rifugi pubblici della seconda guerra mondiale. Ma sotto scuole, case e chiese sono stati trovati anche luoghi simili a bunker

di LORENZO SARRA

Il video della piccola Amelia Anisovych – la bambina ucraina che due settimane fa ha emozionato il mondo, cantando la canzona Let it go del film Disney Frozen, in un bunker antiaereo – ha riacceso nei più anziani l’incubo dei rifugi, durante la seconda guerra mondiale. A Firenze, migliaia di persone cercarono salvezza, col cuore in gola ad ogni suono della sirena: nei sottosuoli delle chiese, nelle cantine dei condomini, nel tunnel del Poggetto mai concluso e diventato riparo di fortuna, negli scantinati dei palazzi con grandi «R» o «I», a segnalare gli idranti per spegnere i roghi divampati dopo i bombardamenti. Che in città furono molto pesanti, in particolare a Campo di Marte. A ricordarlo, ancora oggi, una lapide in via Mannelli: «La memoria delle 215 vittime del 25 settembre 1943 resti monito alle future generazioni dell’orrore della guerra, vera nemica dell’umanità».

La pagina Facebook «Vecchia Firenze mia» offre tanti spunti di ricerca, sugli edifici che ospitarono i fiorentini nei terribili anni di combattimenti. In un manifesto degli anni ‘40, ecco ad esempio la lista dei rifugi pubblici di qua d’Arno per «chi non ne ha a disposizione uno privato». Nella zona centrale della città, l’elenco – che riporta una toponomastica piuttosto fedele a quella attuale, salvo la struttura dedicata al «martire della rivoluzione fascista» Giovanni Berta in piazza a Costanzo Ciano, l’attuale piazza della Libertà – parte dai sotterranei della basilica di San Lorenzo: «2.000 posti». Molti di quei luoghi sono tutt’ora presenti. Al liceo Galileo di via Martelli, si poteva accedere fino a 550 unità. Palazzo Vecchio poteva invece ospitare 600 persone, mentre l’allora scuola Peruzzi di via Lamarmora conteneva 900 cittadini. Il liceo Dante, in piazza della Vittoria, arrivava a una capienza di 450 persone, il sottopassaggio di viale Strozzi a 500. In Oltrarno invece, oltre alle scuole, non mancavano gli stabili aperti alla cittadinanza. Ad esempio il civico 19 di via Guicciardini, dotato di un rifugio in grado di accogliere 560 persone, oppure il numero 45 di via Maggio, con ingresso da Borgo Tegolaio 7.

Diversi di quei rifugi sono stati riscoperti recentemente. Nel 2016, gli operai della direzione ambiente del Comune rimasero a bocca aperta – durante una ripavimentazione del giardino, all’istituto comprensivo di via Dino del Garbo – di fronte al bunker antiaereo sigillato dalle piastrelle del cortile interno: «Se ne era persa la memoria – raccontava il preside Alessandro Bussotti – Alcuni insegnanti dicono che molti bidelli andati in pensione parlavano di questo tunnel, ma non eravamo mai riusciti a capire dove fosse». Dopo il conflitto, gli stanzoni erano infatti stati utilizzati come deposito, ammassando banchi e sedute col calamaio. Nel 2012, invece, don Pedro Daniel Dalio, amministratore parrocchiale di Sant’Ilario a Colombaia, scovò un altro bunker utilizzato dai residenti di Porta Romana nei pressi della chiesa. Il Gazzettino del Chianti, attraverso le parole del fotografo Lorenzo Bojola, descriveva il rifugio come uno spazio a «U»: «I muri perimetrali sono in pietra e la volta in mattoni. Il rifugio ha delle prese d’aria in terracotta che sbucano dal terreno soprastante. Lo stato di conservazione è perfetto, se si considera come fosse chiuso da più di 65 anni. Le misure sono: 2 metri di larghezza; 2,25 metri di altezza».

Uno spazio angusto, come quello descritto da Maurizio Daliana, residente di via San Giovanni Gualberto, a Q2: «Quello della nostra abitazione – dice Daliana – è forse uno degli ultimi spazi del genere ancora conservati nel quartiere. Non ci sono elementi significativi che rimandino alla guerra, a parte il fatto che questa è l’unica parte del piccolo condominio costruita col calcestruzzo armato. Ci si accede ancora dal sottoscala: è largo 2 metri per 3,5 e alto 2,10 metri. Durante la guerra ci abitavano i miei nonni. Per loro fu un momento tragico: non mi raccontarono mai nulla». Sui muri cittadini, i pittogrammi sono ormai una rarità. Ne restano comunque ancora di visibili, tra le varie strade, in via Chiara, via Santo Spirito, lungarno Soderini, via Dupré e via Chiarugi.

 

Bunker antiatomici: boom di richieste in Francia (ma non solo)
Da rainews.it del 21 marzo 2022

Oltralpe, davanti alle minacce di Putin di usare ordigni non convenzionali, gli ordini (uno ogni 20 minuti) sono aumentati negli ultimi giorni. Anche in Italia, soprattutto al nord, crescono le domande: i prezzi oscillano tra 60 e 90 mila euro

Di Antonio Bonanata

La guerra in Ucraina e la possibilità di un attacco russo al di fuori degli attuali confini del conflitto sta spingendo moltifrancesi (ma non solo) al “rimedio estremo”: costruirsi un bunker per mettere al riparo se stessi e i propri famigliari da pericoli “nucleari, radiologici, biologici, chimici ed esplosivi”. A dirlo è un’azienda francese leader nel settore, AmesisBat, che ha registrato nelle ultime settimane il “tutto esaurito”: le richieste riguardano rifugi sotterranei “per famiglie”, adatti cioè a nascondere un intero nucleo famigliare, da due a più persone. In un’intervista diffusa oggi dal quotidiano Le Parisien, Enzo Petrone, l’ad di AmesisBat, certifica la crescita del ritmo delle richieste da parte dei francesi: “Ce ne chiedono uno ogni 20 minuti, mentre il ritmo normale è di una decina al mese”.

Il “primo” bunker

Il “business” ha avuto origine da un primo bunker, costruito nel 2014 nel sottosuolo di un giardino all’interno di una grande proprietà nei pressi di Parigi, zona banlieue. Il rifugio era interamente in cemento e doveva proteggere la famiglia del proprietario, il quale - affittando gran parte dei 70 posti del rifugio - ha “ammortizzato” la spesa dell'investimento. Un po’ come se avesse costruito un condominio sotterraneo in cui ospitare altre famiglie, oltre alla propria. Ma, con lo scoppio della guerra e il peggioramento generale della situazione internazionale, al proprietario del terreno restavano una trentina di posti, che sono stati assegnati in pochi giorni. Nonostante il “boom” delle richieste, la percentuale di francesi che sarebbe protetta nel caso di pericolo bellico o di contaminazione nucleare è bassissima, “vicino allo zero”, dice il responsabile di un'altra azienda produttrice, Artemis, che in soli 15 giorni ha ricevuto 700 richieste.

Domande anche in Italia

Ma la Francia, come si diceva, non è l’unico stato a registrare segnali da “panico nucleare”: anche in Italia, nelle scorse settimane, alcune testate giornalistiche hanno parlato di vera e propria “corsa al bunker”, con i costruttori che faticano a stare dietro alle richieste. Le zone più interessate si concentrano nel nord, i prezzi vanno da 60 a 90 mila euro. Nel nostro paese, va detto, abbondano i rifugi antiaerei (utilizzati in casi di bombardamento con armi non nucleari) e si trovano un po’ ovunque, da nord a sud, soprattutto nelle grandi città. In realtà in Italia c’è già un grande rifugio antiatomico, gestito dal ministero della Difesa: si trova nel comune di Affi, in provincia di Verona, ai piedi del Monte Moscal. Si chiama “West Star”, “Stella d'Occidente”, un nome in codice militare utilizzato dalla Nato e scelto volutamente per contrapporlo alla “Stella rossa”, simbolo decennale del potere sovietico. Ne ha parlato nei giorni scorsi il Corriere del Veneto, sottolineando che si tratta dell’unico rifugio antinucleare italiano che può di resistere a 100 chilotoni (la bomba su Hiroshima sviluppò una potenza di 16 chilotoni). La costruzione di West Star risale agli anni Sessanta, ha una superficie di 13 mila metri quadrati ed è collocato a 150 metri sottoterra. Gli abitanti di Affi per decenni ne sono stati gli unici proprietari. Nel 2018 è passato ai ministeri della Difesa e della Finanza.

Negli States va il “bunker di lusso”

Negli Stati Uniti la tendenza a rifugiarsi era cominciata già durante il Covid, in preda al panico da contaminazioni e quarantene, quando il lockdown (confinamento) diventava progressivamente una realtà planetaria, con cui tutti prima o poi avrebbero fatto i conti. In Europa, con lo scoppio della guerra e lo spauracchio di “incubi nucleari”, la “febbre da bunker” si è propagata. Ma la differenza, negli Usa, la fa il lusso: oltreoceano, infatti, va di moda il bunker sofisticato, con jacuzzi, piscina, sala da biliardo, cinema e giardino zen. Tutto rigorosamente illuminato da luci artificiali.

La più previdente? La Svizzera

Nulla a che vedere con il modello svizzero: nella Confederazione elvetica, cuore dell’Europa e storico stato “neutrale”, i rifugi antibellici sono stati costruiti per legge a partire dal 1960. La Svizzera offre oggi una protezione del 114% ai suoi abitanti, con i suoi 9 milioni di posti disponibili a fronte di una popolazione che non supera gli 8 milioni e mezzo.

 

Bunker antiatomico quando, come e perché è considerato ancora utile
Da investireoggi.it  marzo 2022

A che serve il bunker antiatomico e perché è considerato ancora molto utile? Intanto in Italia è corsa all'acquisto, ma quanto costa?

di Alessandra Di Bartolomeo

Il bunker antiatomico detto anche rifugio antiatomico è una soluzione abitativa per evitare le radiazioni nucleari. Si trova in profondità ed il motivo è perché così sfrutta l’azione di difesa del terreno e perché in questo modo non è a contatto con l’atmosfera radioattiva. Ma perché è considerato ancora utile?

Bunker antiatomico: perché è considerato ancora utile?

I bunker di solito si trovano sotto gli edifici e sono degli spazi previsti per la decontaminazione. In Svizzera, nonostante sia un paese neutrale, ce ne sono molti ed il motivo è che negli anni 60 tale stato sentiva la minaccia atomica e temeva una possibile invasione sovietica. Proprio per questo a partire da quegli anni nella maggior parte degli edifici costruiti venne creato un bunker raggiungendo così una copertura che supera il 100% della popolazione. Con il trascorrere degli anni, più volte la politica federale si è chiesta se fossero ancora utili ed ogni volta si è arrivati alla stessa conclusione. Ovvero che il bunker antiatomico è ancora utile non soltanto nel caso di un conflitto armato ma anche per eventuali attacchi terroristici con armi nucleari. O anche per eventuali incidenti chimici o catastrofi naturali.
Nel nostro paese a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina c’è la corsa all’acquisto dei bunker. Un’azienda specializzata nel settore, infatti, comunica di ricevere tante richieste da parte di cittadini che vogliono proteggersi dalle eventuali conseguenze della guerra. Giulio Cavicchioli, titolare di un’impresa mantovana specializzata proprio in tale settore, lancia l’allarme. Ci sarebbe infatti un’isteria ingiustificata spinta da un forte impulso emotivo e per questo è molto dispiaciuto. Cavicchioli spiega che le richieste arrivano soprattutto da professionisti e da gente benestante del Centro Nord Italia che così vogliono proteggere i loro familiari.

Ma quanto costa un bunker antiatomico e quale si deve scegliere? Ebbene il prezzo va dai 50 mila fino ad arrivare ai 90 mila euro e più. Prima di acquistarne o sceglierne uno ci si deve però chiedere quante persone dovrà accogliere e che livello di sicurezza minimo si vuole ottenere. In più si dovrà capire anche di quali servizi si vorrà beneficiare come l’acqua, gli alimenti, l’elettricità e i sistemi sanitari.

alessandra.dibartolomeo@investireoggi.it

 

Gioielli storici fra dune e pinete: dove si trovano i bunker sulla costa ravennate
Da ravennatoday.it  del 20 marzo 2022

Uno dei bunker di Punta Marina (foto da Ravenna Turismo)

Sono tantissimi i bunker e gli altri manufatti difensivi risalenti al periodo della guerra nel territorio ravennate e alcuni di questi si possono anche visitare

Il fascino della storia e i recenti preoccupanti eventi bellici in Ucraina fanno tornare d'interesse i bunker militari. Queste possenti fortificazioni, risalenti prevalentemente al periodo della seconda guerra mondiale, sono presenti in varie zone d'Italia e se ne trovano parecchi anche sul territorio ravennate. E oltre al valore storico, questi edifici difensivi negli ultimi anni hanno sempre più destato l'attenzione dei turisti, tanto da portare a un intenso lavoro di riqualificazione dei vecchi bunker, divenuti oggi meta di visite ed escursioni guidate.

I bunker sulla costa di Ravenna

Sulla costa ravennate, infatti, si contano ancora oggi oltre cinquanta bunker tedeschi di vario tipo. Questo perché, durante la seconda guerra mondiale, il timore di uno sbarco alleato sulle spiagge romagnole, alle spalle della Linea Gotica, indusse l'esercito tedesco a proteggere tutti i punti strategici con questi manufatti bellici difensivi. Diversi bunker si trovano oggi all'interno di aree private difficilmente accessibili. Ma altri, situati sui terreni demaniali della fascia retrodunale, sono stati ripuliti e restaurati e qualcuno è diventato anche visitabile. Diversi ad esempio sono i tour organizzati per visitare i siti tra Cervia e Milano Marittima.

I denti di drago di Punta Marina (foto da La Linea Galla Placidia)

Altri bunker e difese militari sono invece presenti sui lidi ravennati, a partire da Punta Marina e Marina di Ravenna. Lungo le spiagge ravennati quindi si possono ancora osservare i cosiddetti "Denti di Drago", speciali sbarramenti anticarro e bunker, spesso nascosti all'interno delle pinete, di differenti tipologie, come i Tobruk e i Regelbau. Gran parte di questo lavoro di valorizzazione, che ha reso visitabili questi manufatti storici, lo si deve a volontari e associazioni del territorio come l'associazione CRB 360°.

Dove vedere e visitare i bunker

Come si diceva in precedenza, non tutti i bunker del nostro territorio sono visitabili, poiché alcuni si trovano in aree private. Per altri invece esiste anche la possibilità di ammirarli attraverso una visita guidata. Durante la primavera e l’estate vengono organizzati, con l’aiuto dei volontari delle Pro Loco di Marina di Ravenna e Punta Marina, dei speciali tour guidati. Per i tour di Milano Marittima, invece, si può comodamente prenotare attraverso il sito del Turismo del Comune di Cervia, oppure direttamente negli uffici Iat di Cervia, Milano Marittima, Pinarella e Tagliata. Di seguito elenchiamo una serie di luoghi in cui sono presenti alcuni bunker della guerra, ma per un elenco completo e dettagliato si può consultare il sito La Linea Galla Placidia.

La mappa dei bunker di Milano Marittima

A Punta Marina sono ben visibili i denti di drago posti nella pineta a fianco di via della Fontana. Poco distante, sul Lungomare Cristoforo Colombo, si possono vedere due bunker proprio vicini al centro del paese. Un bunker Regelbau con ridipintura mimetica lo si può invece trovare nella pineta a fianco di via Arenile Demaniale. Ma sono solo alcuni dei tantissimi forti difensivi. Anche a Marina di Ravenna abbondano i bunker. Un Regelbau è ben visibile in Piazzale dei Marinai, mentre un altro gruppo di bunker, di tipologia Flak e Tobruk sono visibili nel cuore della pineta di Marina.

A Milano Marittima si possono vedere i bunker su viale 2 giugno e nelle traverse che vanno verso la spiaggia (nella zona compresa tra via Leoncavallo e via Ponchielli), altri due sono nell'area compresa tra via Oriani e via Paisiello, altri ancora sono collocati su viale Veneto (nella zona compresa tra le vie Rossini e Bellini).

 

Guerra fra paure e curiosità: ecco i 50 bunker del Ravennate (molti ancora accessibili)
Da corriere.it  del 20 marzo 2022

Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’esercito tedesco si preparava allo sbarco deglo Alleati

di TOMMASO MORETTO

La guerra in Ucraina e la minaccia atomica di Vladimir Putin all’Occidente stanno risvegliando paure che sembravano sopite e tornano in auge termini e luoghi che erano quasi dimenticati dai più. Su tutti, i bunker. In provincia di Ravenna, sulla costa, ne sono rimasti più di 50 dalla Seconda Guerra Mondiale perché lì l’esercito tedesco si preparava ad un’eventuale sbarco degli Alleati dalle coste adriatiche. Sono i rifugi costruiti sulla linea «Galla Placidia», sul litorale tra Marche e Romagna dai tedeschi, un sistema che si estendeva per 130 chilometri da Pesaro fino al delta del Po.

ACCESSIBILI A CURIOSI E TURISTI Un progetto che si chiama proprio Linea Galla Placidia, patrocinato dagli Enti Locali, ha riscoperto i vecchi manufatti per raccontare la storia dei luoghi. I bunker tedeschi e sono diventati d’interesse turistico, alcuni sono infatti stati ristrutturati e resi accessibili ai curiosi. Non tutti però, solo quelli che si trovano in aree demaniali, non lontano dalle spiagge, nella fascia retrodunale. Molti invece sono confinati in aree private. I bunker di Cervia e di Milano Marittima sono inseriti nei pacchetti delle gite turistiche organizzate. Di particolare interesse la zona di Punta Marina era considerata strategica e lì sono ancora visibili le costruzioni anti carro e i bunker in cemento armato con dotate di cunicoli per far uscire le mitragliatrici. Le fortificazioni di quella zona, per come spuntavano dal terreno, regolari, piramidali e minacciose, sono state chiamate Denti di Drago.

LA STORIA Furono costruiti dalle imprese Benini e Zaffi, reclutate dall’organizzazione Todt. I tedeschi avevano obbligato la popolazione locale a costruire linee anti carro e sbarramenti per rinforzare la linea di difesa. Molte di queste costruzioni sono state fatte saltare con dopo la liberazione ma non tutte. C’era un bunker anche nel cortile del ristorante Miramare dove, a Marina di Ravenna, che il comando tedesco aveva eletto a propria sede. Sono tutti luoghi dunque che hanno soltanto un interesse di tipo turistico, nulla che possa servire realmente a difendere la popolazione da un’eventuale attacco atomico.

 

La Slovacchia disponibile a cedere i missili S300 antiaerei all'Ucraina
Da scenarieconomici.it  del 17 marzo 2022

Secondo fonti della CNN, la Slovacchia si dice disponibile a cedere i sistemi missilistici ex sovietici S300 antiaerei, in cambio dell’assicurazione che i sistemi saranno sostituiti immediatamente con armamenti occidentali.

Pare che i paesi che forniranno gli S300 riceveranno in cambio il sistema “Patriot” statunitense, molto più moderno e soprattutto collegato agli standard NATO. Germania e Paesi Bassi hanno già annunciato che manderanno Patriot in Slovacchia. Ma l’integrazione di un nuovo e complesso sistema di difesa aerea nell’architettura militare esistente di un paese, così come l’addestramento delle forze per utilizzarlo, può richiedere tempo, per cui solo l’invio anche degli equipaggi già addestrati permetterà la continuità nella difesa.

Un diplomatico nella regione citato dalla CNN ha affermato che “non è un affare sicuro” che la Slovacchia fornisca all’Ucraina S-300, ma ha osservato che la Germania sta inviando ora i propri missili garantendo la copertura aerea temporanea . Anche le truppe slovacche non hanno bisogno di addestramento poiché in precedenza hanno operato con Patriot in missioni congiunte con altri paesi, ha affermato il diplomatico.
La spinta per inviare più S-300 nelle mani degli ucraini arriva quando il Congresso ha fatto pressioni sull’amministrazione Biden per aiutare l’Ucraina a ottenere il sistema di difesa aerea. I legislatori di entrambe le parti, che hanno ascoltato mercoledì mattina il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un discorso, hanno esortato gli Stati Uniti a fare di più per aiutarlo cercando a ottenere le armi necessarie, soprattutto dopo che è saltato il trasferimento dei jet MiG 29 Polacchi. Pare che invece la Bulgaria sia molto riluttante nell’invio delle proprie batterie missilistiche.

 

Salò, un bunker sotto la villa dell'oligarca russo
Da bresciaoggi.it  del 16 marzo 2022

I bunker sono realizzati nelle taverne o nei giardini delle ville e appaiono come normali monolocaliI preventivi variano dai 40 mila euro ai 70 mila per la costruzione di bunker attrezzati di circa 35-40 mq

Di Giuseppe Spatola

Una azienda edile di Pavia, leader del settore, ha ricevuto 5 richieste dal Garda

La guerra tra Russia e Ucraina sta cambiando le abitudini e il modo di vivere non solo delle popolazioni coinvolte direttamente dall’evento bellico ma anche a migliaia di chilometri di distanza. Così succede che la paura della guerra spinga i facoltosi imprenditori che hanno ville sul Garda a chiedere preventivi e progetti per bunker anti-aereo e atomici. Sulle sponde del Garda sono almeno 5 i progetti presentati e tra questi c’è pure quello di un oligarca russo con casa sul Benaco che ha espressamente chiesto alla Etica Costruzioni Srl (azienda che ha sede operativa a Pavia ma è leader in Italia per l’edilizia) di progettare un bunker sotto la sua villa milionaria che guarda il golfo di Salò. Gli altri quattro progetti, invece, sono stati richiesti da altrettanti imprenditori tedeschi.

Come dire che la guerra fa paura anche a distanza e prevenire è meglio che ritrovarsi sotto un cielo di bombe come accade da giorni a Kiev. «Tra i servizi di impresa edile classici abbiamo deciso di inserire la progettazione e la costruzione di bunker NBC (nucleare - batteriologica - chimica) e di Panic Room - hanno spiegato dall’azienda pavese -. La scelta a seguito delle nuove richieste di informazioni e preventivi provenienti dal territorio e soprattutto da imprenditori che hanno investito sul Garda. Questi bunker "privati" possono essere costruiti ex novo nel giardino del cliente o possono venire adattati allo scopo gli spazi riservati alle cantinetaverne ». Sono richieste che possono sembrare fantasiose, come qualche anno fa poteva essere fantasioso o fantascientifico pensare ad una pandemia globale o ad una guerra a pochi chilometri dall'Italia. «Le telefonate per avere informazioni ci sono pervenute anche da normalissimi cittadini - hanno proseguito gli impresari dei bunker -. In un mondo che corre sempre più veloce ci è sembrato giusto poter offrire questo servizio, i preventivi che abbiamo fatto variano dai 40 mila euro ai 70 mila per la costruzione di bunker attrezzati open space di circa 35-40 mq e per le pratiche necessarie per la realizzazione».

Il bunker, realizzato in cemento armato, ha scorte di acqua potabile, sistemi di filtraggio di aria e acqua ed appositi generatori che permettono una sopravvivenza media per 3 persone di 30-60 giorni (a seconda dei parametri scelti dal cliente). «Siamo passati in 40 anni dal non chiudere a chiave la porta di casa al costruire strutture sotterranee contro possibili catastrofi nucleari - hanno chiuso ogni possibile polemica -. Ricordiamo che in Svizzera ogni abitante deve disporre di un posto protetto raggiungibile in tempo utile dalla sua abitazione e i proprietari d’immobili sono tenuti a realizzare ed equipaggiare rifugi in tutti i nuovi edifici abitativi. Una legge introdotta nel 1963 quando, anche la neutrale Svizzera, così come il resto del mondo sentiva la minaccia atomica e temeva un’eventuale invasione sovietica. Speriamo vivamente che questo tipo di strutture non venga mai utilizzato ma queste richieste in aumento sono comunque indicative di questi tempi».•.

 

Bunker in Italia, i rifugi di Villa Torlonia e Villa Ada
Da idealista.it  del 15 marzo 2022

Fino a marzo del 2021 è stato possibile visitare questi luoghi nel cuore di Roma. Si è ora in attesa di un nuovo bando

Bunker Savoia / Marco Gradozzi

Bunker Savoia / Ivano Stranieri

Di Stefania Giudice

Lo spettro della guerra fa scavare nella storia. In seguito al dramma che sta vivendo l’Ucraina, la parola “bunker” è diventata tragicamente ricorrente e la mente torna inevitabilmente alla Seconda Guerra Mondiale, quando anche in Italia ci si doveva riparare dalle bombe. A testimoniare quel periodo buio, a Roma ci sono ancora due rifugi fino a poco tempo fa visitabili grazie al lavoro dell’Associazione Roma Sotterranea.

Stiamo parlando dei rifugi di Villa Torlonia e di Villa Ada. Il Casino Nobile di Villa Torlonia è stata la residenza di Mussolini e della sua famiglia tra il 1925 e il 1943. Il Bunker dei Savoia a Villa Ada è stato realizzato tra il 1942 e il 1943 per la famiglia Savoia, che viveva nella Palazzina Reale, oggi sede dell’ambasciata d’Egitto. Per scoprire qualcosa in più di questi due siti, idealista/news ha parlato con Adriano Morabito, presidente dell'Associazione Roma Sotterranea.

Bunker Mussolini / Adriano Morabito

Ecco quanto raccontato.

Due storici bunker di Roma sono quelli di Villa Torlonia e Villa Ada. Quali sono le loro caratteristiche e qual è la loro importanza?
“Iniziamo da Villa Torlonia. Qui parliamo di tre luoghi differenti. Li chiamiamo bunker, ma in realtà due erano rifugi antiaerei e uno era la cantina del principe Torlonia riutilizzata come rifugio.

Fondamentalmente, la differenza tra rifugio antiaereo e bunker sta nel fatto che il primo protegge durante il bombardamento, mentre il secondo è un luogo che deve resistere durante un attacco da terra, dove ci si barrica all’interno e vi si può rimanere per periodi molto lunghi. Nella cantina erano stati montati impianti per il ricambio dell’aria e un’ulteriore uscita, in modo tale che nel momento in cui ci fosse stato un bombardamento ci sarebbe sempre stata una via di fuga. Durante la guerra, per un motivo psicologico, questi rifugi venivano chiamati ‘ricoveri antiaerei’. Il problema della cantina, però, era che per accedervi si doveva camminare dall’esterno.
C’era poi lo spazio al di sotto del Casino Nobile di Villa Torlonia utilizzato come rifugio antiaereo e modificato con pareti più spesse, con un solaio più solido, con un sistema di ricambio d’aria e soprattutto con porte antigas, le quali avevano guarnizioni che permettevano per l’appunto di non far passare eventuali gas.
C’era infine un terzo rifugio a Villa Torlonia, al quale si accedeva sempre dal Casino Nobile, quindi senza passare dall’esterno. In questo caso, si trattava di un vero e proprio bunker costruito con le conoscenze più recenti dell’epoca. Era un bunker cilindrico. Bisogna immaginare due cilindri che si intersecano perpendicolarmente uno all’altro, di dimensioni piuttosto ridotte. Parliamo quindi sempre di luoghi in cui si immaginava di passare un tempo limitato. Con l’arrivo del 25 luglio 1943 questa struttura non è stata terminata. Si dice tuttavia che sia stata utilizzata da chi viveva ancora nella villa e nella zona quando ci sono stati gli altri bombardamenti su Roma.
Il rifugio antiaereo di Villa Ada invece si trovava molto lontano dalla Palazzina Reale, bisognava arrivarci in macchina ed era carrabile, questo vuol dire che si entrava al suo interno in automobile. L’ambiente era in gran parte un luogo dove dovevano trovare ricovero le auto, c’era infatti posto per tre-quattro automobili. Poi c’era uno  spazio abbastanza piccolo che costituiva il rifugio vero e proprio, dove si trovavano un bagno e una stanza da noi ricreata arredandola secondo quanto indicato nei documenti dell’epoca che abbiamo ritrovato. C’era poi un elettroventilatore a pedaliera, una specie di bicicletta, come se fosse una cyclette, che permetteva di attivare una dinamo e creare un minimo di energia elettrica con la quale poter accendere poche luci e creare un ricambio d’aria.
La struttura di Villa Ada era molto bella dal punto di vista architettonico, aveva una scala di emergenza a chiocciola che usciva verso l’alto e una piccola torretta a funghetto che permetteva una seconda via di uscita”.

Bunker Savoia / Marco Gradozzi

Dopo anni di abbandono i due siti sono stati recuperati e aperti al pubblico. Qual è stato il vostro intervento?
“Nel bunker cilindrico di Villa Torlonia abbiamo creato la ‘Bombing Experience’, ossia la riproduzione di quello che potevano vivere le persone lì dentro durante un bombardamento. Abbiamo fatto rivivere quei momenti tramite un sistema di motori montati sotto le sedute che davano un effetto di movimento e un sistema di suoni e luci. A Villa Ada, un luogo abbandonato per tanti anni e finito preda dei vandali, abbiamo fatto un’importante operazione di recupero riportando tutto alle condizioni originali. In particolare, abbiamo fatto rifunzionare le grandi porte che chiudevano lo spazio e che sono l’unico elemento che ci fa dire che forse quello di Villa Ada era più un bunker che un rifugio antiaereo”.

Nel periodo in cui è stato possibile visitarli, che tipo di interesse avete registrato?

“La nostra associazione ha gestito questi luoghi dal 2017-2018 al 2021. In questo periodo abbiamo registrato molto interesse, perché non c’era nulla di simile visitabile a Roma. Il fatto poi di aver creato un allestimento particolare e di aver impreziosito il tutto con i filmati realizzati da Fabio Toncelli, famoso regista e documentarista, ha suscitato grande interesse. Talvolta a Villa Ada abbiamo organizzato i cosiddetti ‘Open Bunker’, aprendo i siti senza prenotazione e registrando in una giornata anche circa 300-350 visite”.

A marzo di un anno fa è scaduta la convenzione e ora si è in attesa di un nuovo bando. A che punto stanno le cose?
“La convenzione è terminata a marzo del 2021 e non è stato più fatto il nuovo bando. C’è da dire che per Villa Ada erano in previsione dei lavori di manutenzione straordinaria e qualche piccola cosa anche a Villa Torlonia. Forse dovevano essere fatti questi lavori di manutenzione straordinaria e poi successivamente si doveva decidere di fare un nuovo bando. Noi lo speriamo, perché comunque si tratta di un modo per fruire di luoghi che parlano del nostro passato. La storia non va mai omessa, qualsiasi essa sia, deve essere analizzato tutto in qualsiasi aspetto”.

 

Dove si trovano i bunker a Roma
Da romatoday.it  del 15 marzo 2022

Le gallerie del bunker di Villa Ada

Realizzati tra il 1939 e il 1943, alcuni sarebbero utilizzabili ancora oggi ma con dotazioni adatte alla potenza di fuoco dell'epoca

Con lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, scaturita dall'invasione dell'esercito di Mosca e le conseguenti severe sanzioni economiche stabilite dalla comunità europea nei confronti del Paese rigidamente governato da Putin, l'equilibrio internazionale è stato sempre più messo in discussione, tanto da far temere l'espansione del conflitto e una possibile Terza Guerra Mondiale. Per questo in molti si chiedono come sarebbe possibile proteggersi dai bombardamenti, anche in città come la nostra.

A Roma, infatti, non pochi si stanno informando sulla possibilità di realizzare dei rifugi antiaerei, se non addirittura antinucleari. E c'è chi si chiede: a Roma ci sono bunker esistenti che potrebbero essere utilizzati in casi estremi? La risposta va divisa in due: sì, esistono dei bunker. Sulla possibilità di utilizzarli, questo non è detto e adesso vediamo perché.

Dove si trovano i bunker a Roma

I due più famosi sono indubbiamente quello di Villa Torlonia e quello a Villa Ada. Il primo fu chiesto da Benito Mussolini, sotto la sua sfarzosa residenza all'interno del parco storico sulla via Nomentana. Il secondo fu un'iniziativa del re Vittorio Emanuele II, a circa 350 metri in linea d'aria dalla residenza di Villa Savoia. Non molti sanno, però, che esistono almeno altri tre bunker a Roma: all'Eur, a piazza Venezia e sotto Palazzo Valentini, sede dell'ex provincia e della prefettura.

Il bunker mai utilizzato da Mussolini

Il rifugio antiaereo fatto realizzare dal duce non vide mai il dittatore fascista calpestarne i corridoi interni. Mussolini, infatti, venne arrestato il 25 luglio 1943 e il bunker non era ancora concluso. I bombardamenti Alleati sempre più frequenti spinsero il governante a chiedere la trasformazione innanzitutto della cantina, sotto al laghetto Fucino, che venne attrezzata a metà del 1940. Aveva doppie porte blindate e un sistema antigas di filtraggio e rigenerazione dell'aria, illuminazione a batteria, un gabinetto e un telefono, pronto soccorso e un materasso. Nel 1941 Mussolini decise di creare un secondo rifugio, più comodo, nel Casino Nobile. I locali furono rinforzati fino a 120 centimetri di spessore, in cemento armato, con un sistema di depurazione e ricambio dell'aria. Il bunker, invece, arrivò dopo: la sua costruzione iniziò a fine 1942. La struttura blindata si trova a oltre 6 metri di profondità sotto il piazzale antistante il Casino Nobile, la planimetria è a forma di croce e a proteggere le gallerie circolari ci sono 4 metri di cemento armato. La destituzione di Mussolini e il conseguente arresto lasciarono incompiuta l'opera, che manca delle porte blindate e del sistema di depurazione dell'aria, rendendolo quindi più un luogo da visitare che un rifugio affidabile in caso di guerra.

Il rifugio Savoia

Realizzato tra il novembre 1942 e il maggio 1943, quindi contemporaneamente al bunker incompleto di Villa Torlonia, si trova nella zona del casale delle Cavalle Madri. Il rifugio poteva accogliere le autovetture al suo interno, comodità richiesta dal re in quanto distava 350 metri dalla residenza Savoia, più a nord. La struttura è a ciambella, con una galleria a doppia curva per l'accesso e un portone a due battenti a fare da primo impedimento: entrambe le ante pesano quasi 2 tonnellate ciascuna e sono state realizzate colando il cemento dentro una porta di ferro spessa 20 centimetri. Cuore del bunker è una stanza ad alta pressione d'ispirazione tedesca con un sistema di filtri per depurare e ricambiare l'aria, ma soprattutto un sistema autonomo che anche in assenza di elettricità permetteva il funzionamento dell'impianto. Attualmente non è visitabile.

Il bunker dell'Eur

L'ingresso è da piazzale Konrad Adenauer 8, sotto il palazzo degli Uffici. Voluto anche in questo caso da Mussolini, lo scopo non era però quello di proteggere il dittatore e la sua famiglia, bensì i funzionari che controllavano i lavori di realizzazione dell'esposizione universale, che non si tenne mai a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Costruito tra il 1937 e il 1939, si trova a quasi 33 metri di profondità e si estende per 475 metri quadri, può ospitare fino a 300 persone per almeno 4 mesi. E' aperto periodicamente per visite guidate.

I sotterranei di Palazzo Valentini

Mentre veniva concluso il bunker di piazzale Adenauer, ecco che veniva realizzato anche quello nel piano interrato di Palazzo Valentini, a due passi da piazza Venezia, su iniziativa dell'amministrazione provinciale. Era l'inverno 1939: ad aprile l'Italia avrebbe occupato l'Albania e poco prima Hitler aveva deciso l'invasione della Polonia, con conseguente dichiarazione di guerra da parte di Francia e Inghilterra. Per questo il governo provinciale ritenne opportuno dotate la sede di un ente territoriale di una protezione riservata agli impiagati in caso di bombardamento o attacco chimico. Il rifugio era stato costruito in cemento armato con murature e solai spessi dai 20 ai 40 centimetri, con due gallerie di comunicazione e un cunicolo di uscita scavato fino al Foro Traiano. Abbandonato per decenni, fin quasi allo smantellamento, è stato poi recuperato e restaurato e oggi è parte del percorso archeologico delle Domus Romane, aprte al pubblico con modalità limitate.

Il bunker di piazza Venezia

Sede del governo scelta da Mussolini alla fine del1929, palazzo Venezia in tempo di guerra era ovviamente un obiettivo sensibile. E' Roma Sotterranea ad aver ispezionato gli ambienti sotterranei, sotto una delle due torri quattrocentesche del complesso: l'accesso è tramite una scala in mattoni. Il bunker è a pianta quadrata, suddiviso in 9 quadrati regolari, con un ambiente centrale ad oggi inaccessibile, per un totale di 72 metri quadrati di estensione.

 

GGuerra, tornano di moda i bunker. Viaggio nei rifugi antiaerei di Campobasso
Da primonumero.it  del 13 marzo 2022

L'Italia aggiorna il piano di sicurezza nazionale in caso di emergenza nucleare e cresce la richiesta per l'acquisto di case sotterranee in tutto il Paese. Viaggio nel capoluogo molisano tra grotte e rifugi usati nella seconda guerra mondiale con le preziose spiegazioni di Roberto Colella.

Di Cristina Niro

Era soltanto “ieri”: il suono della sirena ad aria compressa, finestre e porte che si chiudevano in pochi minuti con la gente che si metteva (o provava) a mettersi al riparo. Altre che, con coperte e candele, correvano nei rifugi antiaerei. I cittadini di Campobasso, durante la seconda guerra mondiale si sono difesi anche grazie a quella che è chiamata la “città sotterranea”.

All’interno ed a ridosso delle mura, sulla carta si contano almeno 15 rifugi per 2089 persone. Il più grande, quello di via Sant’Antonio Abate con i suoi 144 metri quadrati per una capienza di 289 persone. Ma ne potevano entrare molte di più, e molte di più erano i rifugi non censiti. Luoghi che sembravano destinati ad appartenere ai libri di storia e che invece sono tornati in questi giorni estremamente di attualità.

In questi giorni la notizia dell’aggiornamento del piano di sicurezza nazionale in caso di emergenza nucleare ha scatenato in Italia la corsa all’acquisto di bunker e rifugi. O quantomeno si registra un picco di richieste in merito a prezzi e metrature, citato dalle aziende che se ne occupano per sottolineare quanto i cittadini sentano vicino il rischio della distruzione.
L’adeguamento del piano nazionale, come si legge in premessa, è stato necessario per “individuare e disciplinare le misure necessarie a fronteggiare le conseguenze di incidenti in impianti nucleari di potenza” ubicati “oltre frontiera”, ossia impianti prossimi al confine nazionale. Come dire che si tratta di aggiornamenti previsti ma che – in questa precisa circostanza storica – assumono un valore particolare.

Si legge quindi delle misure previste: quella del “riparo al chiuso”, con l’indicazione alla popolazione di “restare nelle abitazioni, con porte e finestre chiuse e i sistemi di ventilazione o condizionamento spenti, per brevi periodi di tempo, con un limite massimo ragionevolmente posto a due giorni”. Ecco allora che quelle reminiscenze storiche suggeriscono domande: dove potremmo rifugiarci in caso di raid aereo e lancio di armi nucleari? Dove sono i rifugi sotterranei?

In Italia (testimoni della storia passata) sono diffusi un po’ ovunque. In questi giorni le testate giornalistiche nazionali raccontano di una concentrazione rilevante sui confini settentrionali e nelle grandi città. Ma anche Campobasso ha molto da raccontare al riguardo.
Molti dei “nostri” bunker, al termine del secondo conflitto mondiale, sono andati in disuso. O sono stati commutati in cantine, locali privati o grotte che sono state trasformate in tappe turistiche per i visitatori che arrivano nel capoluogo e che in questo viaggio nella città sotterranea hanno spesso usufruito della guida storica dello studioso Roberto Colella. Che ci mostra un raro documento nel quale sono censiti i 15 rifugi antiaerei della città. Sette si trovano nel borgo e otto fuori dalle mura (come per esempio quello sotto il Comune il Campobasso).
“Si tratta di sotterranei che nei secoli hanno avuto diverse funzioni – spiega Colella – tra cui anche quella di rifugi antiaerei quando la guerra arrivò in Molise, a Campobasso, in particolare nell’ottobre del 1943. Ecco allora che quando scattava l’allarme antiaereo, quello era il segnale che bisognava cercare rifugio proprio in uno di questi ricoveri. Se non si faceva in tempo, come raccontano alcuni quotidiani locali dell’epoca bisognava stendersi a terra, gambe divaricate, braccia sulla testa e indossare la maschera in caso si avvertisse presenza di gas”.
“Si entrava quindi nei rifugi – continua Roberto Colella – dove i letti erano allineati alle pareti e lì si restava fino quando non si poteva tornare in superficie. Hanno pertanto svolto questa funzione nel periodo tra il 1943 e il 1944 anche perché va ricordato che vicino Campobasso passava la linea Viktor, una delle linee ritardatrici tedesche volute dal maresciallo Albert Kesserling: quando gli alleati sbarcarono a Termoli lui organizzò queste linee per frenare l’avanzata”.

La città sotto terra del capoluogo molisano è in grado di resistere ad onde urto, perché si tratta di luoghi rimasti fondamentalmente intatti anche in seguito al catastrofico terremoto del 1456, fino a quello di Sant’Anna il cosiddetto ‘big one’ matesino del 1805. Ma per capirne la sicurezza “basta vedere il tipo di roccia – continua Colella – si tratta di rocce tecnicamente definite limestone, rocce calcaree formate milioni di anni fa e sono la base su cui poggia la città di Campobasso”.
Colella precisa che i rifugi “nascono con Cola Monforte quando decide di costruire una doppia cinta muraria intorno alla metà del 400 e non solo fa ristrutturare il Castello ma fa realizzare anche un camminamento sotterraneo quale via di fuga e strumento per difendersi da un eventuale attacchi”.
Passeggiando nel centro storico di Campobasso, dove sulle strade si osservano le piccole grate che affacciano su quello che esiste a diversi metri sotto i nostri piedi, ci si immerge in ricordi che si auspicava restassero tali e che invece tornano prepotentemente attuali con il passare delle ore. Purtroppo. Ora, se la potenza raggiunta nell’ambito degli armamenti termonucleari, oggi lascerebbe – nonostante i rifugi – scampo all’uomo e quindi se davvero esistono bunker a prova di guerra nucleare, questo non lo sapremo mai e non vogliamo saperlo. Sappiamo però che la guerra si può e si deve fermare.

 

Guerra, bombe e rifugi: dove sono i bunker a Palermo
Da palermotoday.it  del 12 marzo 2022

Il conflitto ha acceso la curiosità degli italiani sull'esistenza di luoghi in cui potenzialmente mettersi al riparo. Psicosi a parte, molti sono stati costruiti durante la seconda guerra mondiale e oggi sono visitabili. Ecco dove si trovano

Cercasi villa... con bunker, o comunque con strutture interrate adibite a rifugi da utilizzare in caso di attacco. La guerra tra Russia e Ucraina spaventa gli italiani. L'ipotesi, al momento improbabile, che il conflitto si allarghi ad altri stati ha fatto aumentare la paura che anche il nostro paese possa essere coinvolto nello scontro. Parallelamente si è accesa la curiosità sull'esistenza di bunker in cui potenzialmente rifugiarsi, anche per il timore che la guerra possa sfociare in attacchi nucleari. Su alcuni siti immobiliari sono diversi gli annunci di immobili dotati di bunker. Lo scorso 28 febbraio, al quarto giorno di conflitto russo-ucraino, Immobiliare.it ha rilasciato una nota in cui faceva sapere come un suo comunicato stampa del 2012 relativo alla vendita di bunker antiatomici fosse schizzato tra le ricerche online.
Anche panic room e safe room sono salite in cima ai desideri dei cittadini. "La richiesta c'è sempre stata, ma in questi giorni è sicuramente in aumento", ha raccontato il capo di un'azienda specializzata nella sicurezza. Edifici privati e psicosi a parte, molti bunker pubblici e rifugi storici in tutta Italia sono stati costruiti per offrire riparo durante la seconda guerra mondiale. Alcuni di essi si possono visitare. Quali sono e dove si trovano? Ecco una mappa (che non ha la pretesa di essere esaustiva) dei bunker e dei rifugi nelle principali città italiane.

La città di Palermo ha bunker o rifugi?

A Palermo uno dei rifugi è all'interno di Palazzo delle Aquile, sede del Comune. Il rifugio antiaereo, costruito per la seconda guerra mondiale, era provvisto di impianto autonomo di illuminazione, bagni, e un sistema di ventilazione immetteva l'aria. Poteva ospitare circa duecento persone. Aveva tre accessi da piazza Pretoria e uno da Palazzo delle Aquile, l'unico da cui è possibile accedere attualmente. Viene periodicamente aperto alle visite. Esattamente come il rifugio di Boccadifalco, nell'area dell'ex scalo militare.
Un altro rifugio antiaereo si trova invece sotto alla Biblioteca Bombace, quella ovvero di corso Vittorio Emanuele. Nel 2019, fu visitato nell'ambito delle Vie dei Tesori. Anche Terradamare ha organizzato tour nel sotterraneo. Si tratta di un rifugio antiaereo collocato al di sotto del cortile principale, a servizio dell’allora liceo Vittorio Emanuele II e ritrovato in ottime condizioni nel 2018 su segnalazione del responsabile regionale del sindacato Cobas-Codir per le politiche dei Beni Culturali.
Sono 253 in totale i bunker militari risalenti alla seconda guerra mondiale nel territorio palermitano, 1.300 le postazioni di controllo presenti in tutta la Sicilia, isole minori comprese. Una di queste postazioni si trova a Portella di Paglia, nel bosco di Giacalone: qua sono ancora presenti tracce di scontri a fuoco.
I dati erano emersi tre anni fa nel corso dell'incontro di presentazione del progetto Ce.r.ca.mi (Censimento e rilevamento casematte militari), dopo 14 mesi di attività. Un'occasione per riflettere sulla vastità del patrimonio storico e architettonico che comprende i siti e le fortificazioni militari, realizzati in Sicilia, per difendere l’Isola durante l’ultimo conflitto mondiale. Il lavoro condotto dai ricercatori aveva anche analizzato le potenzialità turistiche che il patrimonio storico-militare siciliano è in grado di offrire, ovvero quelle di un “turismo storico” come già avviene in altre parti d’Italia e d’Europa: dai rifugi antiaerei di Campo Tizzoro, ai sistemi museali di Belgio, Germania,
Francia e Malta, solo per citare qualche esempio.
E sempre a Palermo si trovano ancora le casematte, ovvero locali di opere di fortifi cazione, chiusi all'interno e coperti nelle parti superiore a prova di bomba, muniti di una o più cannoniere e destinati nella maggior parte dei casi a ricevere artiglierie
C'è ad esempio una casamatta all’interno dell’area del Nautoscopio Arte al Foro Italico Umberto I a Palermo. Si tratta di una postazione militare della seconda guerra mondiale. Ma sono numerose le costruzioni fortificate del conflitto degli anni Quaranta ancora esistenti sul territorio. Due si trovano tra Partinico e Trappeto. Un'altra postazione militare della seconda guerra mondiale, infine, si trova nel lungomare Cristoforo Colombo, all'Addaura.

 

Bunker antiatomico a prova di fame | Questi alimenti resistono 25 anni e oltre
Da newsby.it  del 11 marzo 2022

Ci sono prodotti che non deperiscono per decenni, e sono quindi potenzialmente perfetti per fare scorta: ecco la spesa ideale per un bunker antiatomico

Di Marco Enzo Venturini

In epoche complesse come quella che stiamo vivendo, può avere molto senso fare ampie provviste alimentari in vista di tempi ancora peggiori. E infatti esiste una lunga serie di prodotti talmente poco deperibili da essere perfetti addirittura nel caso in cui ci si debba rifugiare in un bunker antiatomico.

L’elenco degli alimenti che si possono conservare addirittura per 25 anni (o anche di più) è sorprendentemente lungo. Si tratta di cibi spesso di origine del tutto naturale, e quindi anche sani. Non manca però la controparte, ossia alimenti che da soli di certo non soddisferebbero il nostro fabbisogno quotidiano in un bunker atomico. Ma sicuramente resisterebbero alla prova del tempo. Ma quali sono precisamente? Andiamo a scoprirlo.

Bunker antiatomico: tutti gli alimenti che resistono per decenni

Un primo aspetto va tenuto in massima considerazione. Possiamo conservare cibo di vario tipo fino a 25 anni e oltre (magari per portarlo in un bunker antiatomico), ma è fondamentale il suo confezionamento. I contenitori devono essere adeguati, l’area in cui immagazzinarli anche. E la chiave è: l’assenza di ossigeno e acqua. Sono infatti queste due a guastare il cibo e farlo andare a male. In particolare agevolando la crescita e diffusione dei batteri.

Fatta questa necessaria premessa, vediamo quindi quali alimenti sono perfetti per resistere anni e anni in un bunker antiatomico. Il primo da menzionare è il prodotto alimentare più sostenibile che esista, ossia il miele. Che, oltre ad essere sanissimo e completamente naturale, ha una durata non solo di 25 anni ma infinita. Basta conservarlo in un luogo asciutto e in una confezione chiusa. E se si solidifica, è sufficiente bollire il barattolo a bagnomaria.
Allo stesso modo, hanno durata pressoché eterna anche sale (che di fatto è un cristallo minerale), zucchero, lo sciroppo d’acero (che ha un comportamento simile al miele) e le spezie essiccate. Chiaro però che nessuno di questi alimenti, da solo, possa costituire un pasto completo. In un bunker antiatomico saranno quindi pressoché indispensabili il riso bianco (in confezioni sigillate e sottovuoto), l’avena, fagioli o lenticchie secche, gallette, latte in polvere, carne e frutta essiccate. Per dare più sapore alle nostre pietanze, potremo portare con noi anche aceto di vino o mele, dadi da brodo, salsa di soia o il burro chiarificato indiano (noto come “ghi“). Ognuno di essi, conservato con i metodi sovra menzionati, si conserva per decenni.

Ultimi, ma non per importanza, altri prodotti a prova di bunker antiatomico. Tra essi c’è il vino, che certo non può resistere per decenni (come noto, si trasforma in aceto), ma per anni sì. Importante, però, conservarlo in un luogo asciutto e soprattutto fresco. Problema che non si pone invece per i liquori. Che, grazie alla presenza proprio dell’alcool, non si deteriorano. E possono certamente alleviare i nostri momenti di sconforto in un rifugio atomico addirittura per decenni.

 

La “Cittadella Nuova” simbolo del riscatto
Da iltirreno.it  del 10 marzo 2022

L’interno del Bastione Sangallo al Giardino Scotto: la struttura è stata recuperata con fondi pubblici negli anni scorsi e può ospitare eventi e convegni in una location decisamente particolare che richiama la storia di Pisa

Con i Lorena venne smilitarizzata poi gli edifici e il parco donato alla città

Di FABIO VASARELLI

PISA. Cinquantamila fiorini dell’epoca, quantificabili in oltre sette milioni di euro di oggi. Questo il prezzo pagato da Firenze per corrompere Giovanni Gambacorta e far trovare aperto il Portone (Porta San Marco) quel funesto sabato mattina del 9 ottobre 1406. Con l’inganno e il tradimento finiva così la Prima Repubblica Pisana. Tutte le armi in città furono requisite e le più importanti famiglie pisane fuggirono a Lucca, Siena, Napoli e Palermo.

In mezzo alla sistematica distruzione (simbolica e non) di tutto ciò che era la potenza, la cultura e il prestigio economico e internazionale raggiunto da Pisa, iniziarono subito alcuni cambiamenti urbanistici. Nell’area fino ad allora occupata dalla parrocchia di Sant’Andrea in Chinzica fu edificata una nuova fortezza (1440-1470, progetto del Brunelleschi). Per la realizzazione di quest’opera furono rasi al suolo la chiesa di Sant’Andrea (con l’ospedale e il monastero annessi) e le abitazioni di circa 90 famiglie, nonché tutte le attività produttive presenti (vasai e campanai).

La prima versione della nuova cittadella, costruita quasi interamente con materiali di reimpiego, era costituita da due capisaldi: la rocca di San Marco (meridionale) con un ampio torrione quadrangolare, che inglobava la famigerata Porta del tradimento, e, vicino al Ponte alla Spina, un fortilizio chiuso da alte mura e sormontato da un torrione circolare. Tra le due strutture fu lasciato un vasto spazio che ospitava la nuova chiesa di Sant’Andrea ed alcuni edifici di servizio. L’intera fortezza era circondata da un fossato, attraversabile solamente in due punti. Le armi non erano puntate contro gli invasori esterni, ma verso la città stessa, per timore di ribellioni di popolo, che non tardarono ad arrivare. La breve parentesi della Seconda Repubblica Pisana (1494-1509) fu l’occasione di rivalsa contro un secolo di dominazione spietata. Il popolo era decimato, impoverito,affamato, ma le forze non mancarono per saccheggiare e distruggere parzialmente la fortezza fiorentina, simbolo del giogo nemico. Presa definitivamente (per fame) la città, la struttura fortificata venne riprogettata dai fratelli Giuliano e Antonio da Sangallo e ribattezzata con il nome di Cittadella Nuova, per distinguersi dalla Cittadella Vecchia in zona Arsenali. Al baluardo meridionale furono aggiunti tre puntoni angolari, mentre il fortilizio settentrionale (detto anche “della cisterna”) si articolava attorno ad uno spazio aperto, la “piazza del corpo di guardia”. La cittadella continuò ad essere circondata dall’acqua e tra l’attuale via Bovio e le mura occidentali della fortezza fu impiantato un grande deposito sotterraneo di frumento: il piazzone del grano.

Da ricordare che alcuni storici collocano qui la casa natale di Galileo, cadendo nell’errore dell’identificare l’abitazione con la vicina chiesa di Sant’Andrea, ricostruita dentro la fortezza, e non con Sant’Andrea Forisportam a nord dell’Arno. Con l’avvento dei Lorena, la fortezza venne smilitarizzata e si iniziò a demolire il  baluardo vicino al ponte; l’area venne messa in vendita e fu acquistata dalla famiglia Chiesa, che tra il 1785 e il 1787 fece erigere i primi due piani dell’edificio che diventerà Palazzo Scotto. Nel 1792, poco dopo il completamento del palazzo a due piani, Pietro Chiesa morì, costringendo la vedova a vendere. L’acquirente, Domenico Scotto, di una ricca famiglia di mercanti, proseguì i lavori per realizzare il piano superiore. Terminata la costruzione dell’edificio, si passò alla realizzazione del giardino al centro del quale sorse una grande aiuola rettangolare ad angoli smussati in laterizi.

Il secolo scorso ci ha lasciato ulteriori e profonde modifiche: all’inizio degli anni Trenta, per la realizzazione del nuovo lungarno Fibonacci, la struttura sormontante l’ingresso al giardino venne abbattuta; il Palazzo Scotto perse la sua destinazione abitativa e divenne sede della Regia Questura, mentre (nel 1934) la Cassa di Risparmio di Pisa, in occasione del suo centenario, acquistò il vasto giardino all’interno del recinto della fortezza e lo donò alla cittadinanza come parco pubblico.
Nell’agosto 1943, una parte orientale del Palazzo Scotto fu disintegrata e dopo la guerra il resto dell’edificio ancora integro fu riadattato per le attività dello stabilimento farmaceutico Nuovi Laboratori Farma Biagini Spa (dismesso alla fine degli anni Ottanta del Novecento).
Quelli della mia generazione possono nitidamente ricordare le prime giostre, il carretto trainato dal ciuchino che portava i bimbi da una parte all’altra del parco e le voliere con il pavone che faceva la ruota di rado. Sono anche gli anni dell’abbandono e dell’incuria di tutta la parte non accessibile al pubblico. Addirittura fu cosa inaspettata quando, scavando il terrapieno che una volta ospitava il fosso per realizzare un parcheggio dietro via Bovio, fu rinvenuto il Ponte della Campana, che è di fatto il ponte più antico di Pisa ancora vivente.
Con l’avvento del nuovo secolo, finalmente è arrivato il cantiere edile per il recupero integrale delle strutture fortilizie. Ora che verrà recuperato anche il camminamento in quota, sarà opportuno ricostruire questa storia millenaria con adeguati pannelli turistici e informativi.

 

Guida ai Castelli della Danimarca: fortezze e residenze reali
Da viagginews.com  del 10 marzo 2022

Di Valeria Bellagamba

Guida ai Castelli della Danimarca: alla scoperta di fortezze e residenze reali (Castello di Egeskov, Adobe Stock)

Tra le meraviglie architettoniche da visitare in Europa, i castelli occupano un posto speciale. Fortezze e rocche con torri e torrioni, mura imponenti ma anche strutture residenziali con palazzi fortificati.
La Danimarca è uno dei Paesi europei con i castelli più affascinanti. Dopo avervi proposto la guida generale del Paese e delle città da visitare, qui vi proponiamo la guida ai castelli della Danimarca. Tra fortezze, manieri e palazzi storici, immersi nella natura o come baluardi sul mare, ecco i castelli da visitare.

Guida ai castelli della Danimarca:quelli da vedere

Vi abbiamo raccontato la Danimarca, la sua storia e le sue bellezze paesaggistiche e culturali. Una terra ricca di cultura che conserva con orgoglio la memoria del proprio passato e allo stesso tempo proiettata verso il futuro. Con città contemporanee e tolleranti, come la capitale Copenaghen, una vivace scena artistica, le eccellenze gastronomiche e l’attenzione all’ecologia, la Danimarca è una meta per tutti. In questo articolo vi segnaliamo i principali castelli della Danimarca, tra residenze reali e fortezze storiche. Scopriamo insieme quelli più belli, da non perdere.

Castello di Kronborg (Dennis Jarvis, CC BY-SA 2.0, Wikicommons)

Castello di Kronborg

Il castello danese più famoso al mondo è sicuramente quello di  di Kronborg (Kronborg Slot), ad Elsinore (Helsingør). Detto anche castello di Eslinore. La sua fama si deve alla tragedia di Amleto, che William Shakespeare ha ambientato qui. Il castello si trova a circa 40 km a nord di Copenaghen, sull’isola di Selandia (Sjælland) e sorge sul mare, affacciato sullo stretto con la Svezia, da cui dista appena 4 km. Il castello fu costruito nell’anno 1420 dal re Eric di Pomerania, per controllare il passaggio delle navi nello stretto e riscuotere un pedaggio d’accesso o d’uscita dal Mar Baltico. Il nome di Kronborg gli venne dato più tardi, nel 1585, quando fu fatto ricostruire da Federico II di Danimarca, diventando uno dei castelli rinascimentali più importanti del Nord Europa, dal 2000 bene protetto dall’Unesco.

All’interno del castello di Kronborg c’è la statua di Ogier il Danese, un eroe leggendario di origine medievale, raffigurato mentre dorme e che secondo la leggenda si sveglierà solo quando la Danimarca sarà in pericolo, per difenderla.

Castello di Rosenborg, Copenaghen (discosour from New York, CC BY-SA 2.0, Wikipedia)

Castello di Rosenborg

Il bellissimo castello di Rosenborg si trova nel cuore di Copenaghen, circondato dai magnificenti Giardini Reali, che con la fioritura di primavera diventano spettacolari. Il castello è stato costruito per volere del re Cristiano IV di Danimarca agli inizi del XVII secolo, secondo lo stile rinascimentale danese, opera dell’architetto reale Bertel Lange e successivamente ampliato.

All’interno si trova la magnifica Sala dei Cavalieri, realizzata con marmi pregiati, con una volta a botte stuccata e grandi arazzi appesi alle pareti. Realizzata come sala da ballo, è stata utilizzata per i ricevimenti reali e poi utilizzata come Sala del Trono.

l castello di Rosenborg è stato la residenza della Famiglia reale danese fino al 1720. Oggi ospita il Museo delle Collezioni Reali Danesi, con i gioielli della Corona, tra cui la splendida corona di Cristiano IV, del 1596.

 

Castello di Frederiksborg, Danimarca (iStock)

Castello di Frederiksborg

Un magnifico castello da non perdere è quello di Frederiksborg. Sorge su tre isolotti del lago di Hillerød, nella parte settentrionale di Selenadia, non lontano da Eslinore. Il castello-palazzo è circondato dall’acqua e da stupendi giardini. Anche il castello di Frederiksborg è stato fatto costruire dal re Cristiano IV, secondo lo stile rinascimentale olandese nel 1600.

Sorge sul precedente castello residenza di Federico II, padre di Cristiano. Si tratta del più grande castello rinascimentale della Scadinavia. Nel 1859 il castello fu quasi interamente distrutto da un gravissimo incendio. Venne poi ricostruito come era in origine grazie al sostegno di Jacob Christian Jacobsen, fondatore della birreria Carlsberg.

Oggi il castello di Frederiksborg ospita il Museo di Storia Nazionale Danese.

Castello di Dragsholm, Danimarca ( Bococo, CC BY-SA 3.0, Wikicommons)

Castello di Dragsholm

Il Castello di Dragsholm è uno dei più antichi della Danimarca, risale al 1215 e sorge sulla parte Nord-est dell’isola di Selandia, nella penisola di Odsherred. ICon le facciate interamente dipinte di bianco, il castello è molto cambiato nel corso degli anni, dall’originaria strutture medievale all’attuale barocca.

Gli interni sono in stile romantico ottocentesco. Secondo alcune leggende, il castello sarebbe abitato da tre fantasmi. Chi non crede ai fantasmi, o vuole provare l’ebbrezza di incontrarli può dormire qui, nell’hotel ospitato nel castello. C’è anche un raffinato ristorante.

 

Castello di Egeskov, Danimarca (Malene Thyssen, CC BY-SA 3.0, Wikipedia)

Castello di Egeskov

Nella nostra guida ai castelli della Danimarca non possiamo non proporvi quello di Egeskov, bellissimo esempio del Rinascimento danese. Sorge in mezzo ad un laghetto nei pressi della cittadina di Kværndrup, nel sud dell’isola di Fionia (Fyn). Il nome Egeskov significa “foresta di querce” e farebbe riferimento alle fondamenta del castello, realizzate con migliaia di pali in legno di quercia, c’è anche una leggenda secondo cui per realizzarle fu utilizzato il legno di un’intera foresta.

Il castello è proprietà privata, ma aperto ai visitatori. All’interno ci sono stanze sontuosamente arredate. Il castello di Egeskov ospita numerose mostre. Anche qui circolano storie di fantasmi. Nel parco del castello ci sono quattro labirinti realizzati con alberi, di cui tre aperti al pubblico.

 

Castello di Rosenholm, Danimarca (Old Dane, CC BY-SA 4.0, Wikipedia)

Castello di Rosenholm

Ancora un castello sull’acqua è quello di Rosenholm, situato nella Danimarca continentale nei pressi della città di Århus. Si tratta del più antico castello privato, posseduto dalla famiglia Rosenkrantz, una delle più antiche e famose di Danimarca.

Nome ripreso in Amleto da Shakespeare, che ha chiamato Rosencrantz uno dei suoi personaggi, amico del principe di Danimarca. Il castello di Rosenholm fu costruito nel 1559 dal nobile danese Jørgen “George” Rosenkrantz, ispirandosi allo stile rinascimentale italiano. Il castello è stato successivamente ampliato e modernizzato nel XVIII secolo in stile barocco.

Bellissimo anche l’ampio giardino barocco con viali simmetrici e un raro gazebo del 1560, chiamato Pirkentavl.

Castello di Nyborg (Elgaard ,CC BY-SA 4.0, Wikicommons)

Castello di Nyborg

Il castello di Nyborg sorge sull’isola di Fionia, nell’omonima città affacciata sullo stretto di Storebælt, da cui parte il ponte di collegamento con Selandia. La sua costruzione risale alla fine del XII secolo ed è parte delle fortificazioni che i re danesi realizzarono a difesa del Grande Belt (Storebælt). Anche questo castello è circondato da un fossato. E’ stato ristrutturato a inizio Novecento e oggi ospita un museo.

 

 

Castello di Koldinghus, Danimarca (S.Juhl, CC BY-SA 3.0, Wikicommons)

Castello di Koldinghus

Un’altra importante fortificazione della Danimarca è il Castello di Koldinghus, sulla penisola dello Jutland, nella città di Kolding, vicino all’omonimo fiordo. Il castello aveva il compito di proteggere il Regno di Danimarca dal Ducato tedesco di Schleswig. Fu costruito nel 1268. Dell’antica struttura non è rimasto molto. Il castello è stato pià volte ristrutturato nel corso dei secoli, la parte più antica giunta ai nostri giorni è quella risalente al XV secolo. Nel XVI secolo, invece, il castello è stato ristrutturato in stile rinascimentale. All’interno sono custodite opere d’arte e oggetti di artigianato antico. È una meta turistica molto popolare.
 

 

Casematte, una Testimonianza della Seconda Guerra Mondiale a Catania
Da ilfattodicatania.it  del 10 marzo 2022

Di Smona Lo Certo

I catanesi più anziani ricordano ancora i momenti cruciali della Seconda guerra mondiale; di quel conflitto che ha lasciato il segno in tutto il mondo e non ha risparmiato dai terribili bombardamenti nemmeno la città di Catania. Un evento che ha messo alla prova tutti i cittadini, pronti a non soccombere alla forza del nemico, ma anzi determinati a contrastarla con tutti i mezzi a loro disposizione.

A testimoniare questa forza che ha indotto molti catanesi a non calare la testa, ma anche stavolta a risorgere dalle ceneri, sono ancora oggi la trentina di rifugi collettivi pubblici, sparsi in vari punti della città di Catania, che raccontano un pezzo di quel breve, ma intenso conflitto che ha decimato la popolazione urbana. Ricavate da cave di sabbia rossa o interamente costruite in cemento armato e corredate di impianto elettrico e di bagni, le casematte, rappresentano un documento diretto di quell'evento, che narra le storie di moltissimi catanesi e soprattutto di quei coraggiosi uomini e ragazzi, che all'interno di queste speciali fortificazioni create a prova di bomba e munite di cannoniere, hanno saputo difendere la loro patria e le loro famiglie dal potente nemico, in attesa dell'arrivo degli Alleati.

Anche se molti catanesi non fanno più caso alle casematte sparse per la città e presenti in vari punti del territorio etneo, questi rifugi bellici sono ancora ben visibili e resistono ai segni del tempo, perché incastonati tra palazzi moderni e protetti dalle strutture nuove che sono state costruite intorno. Insomma fanno parte del passato del territorio etneo, ma anche del suo presente! Da molti conosciute come bunker o garritte, l'orgine del termine "casematte" è curiosa: scoprila continuando a leggere!

Etimologicamente, il termine "casamatta" deriva dalle parole "casa" e "matta", utilizzati in un composto per indicare una particolare tipologia di struttura fissa e "finta", cioè in apparenza simile ad una casa, ma adibita in realtà a tutt'altro scopo. Ecco spiegato il significato dell'aggettivo "matta", che per alcuni va associato ad un luogo buio e scuro, mentre per altri va collegato al nome "casa", la cui origine è rintracciabile nello spagnolo alkazaba, parola utilizzata appunto per indicare una fortezza difensiva.

A Catania sono note (o confuse) semplicemente come garritte, termine con il quale si identificano queste storiche strutture di quattro o cinque metri, lunghe sei o sette metri e alte internamente dai quattro ai cinque metri, che oggi sopravvivono in prossimità della facoltà di Agraria, di via Cardì e di via Daniele; nel cortile interno del Liceo scientifico "E. Boggio Lera"; e ancora a Monte Po, a Motta S. Anastasia, a Monte San Paolillo, a San Francesco la Rena e (ovviamente!) al Fortino. Altre casematte si trovano anche al porticciolo Rossi, vicino il Lungomare catanese, sulla scogliera in direzione Aci Castello, alla Piana di Catania; ma anche nei paesi dell'hinterland come Mascalucia, Linguaglossa o in altre località balneari come Castelluccio.

Riflettendoci su, quante volte è capitato di trovarsi in queste zone e di girare lo sguardo per osservare una di queste strutture in pietra, circondate da finestre parallele e quasi sepolte dall'erba e dalla terra circostante? Si, perché le casematte hanno questo potere, di attrarre, incuriosire, ma soprattutto di portare la mente indietro fino al 1943 circa, proprio quando i catanesi li costruirono per il bene della loro amata Catania.

Casematte, una Risorsa Turistica Poco Sfruttata

Ritornando ai giorni nostri, però, ci si accorge subito che le casematte sono una risorsa sottovalutata, che dovrebbe essere sfruttata nell'interesse di tutta la cittadinanza catanese.

Come?

Basti considerare che, mentre nel mondo è molto diffuso il turismo bellico, considerato appunto un viaggio storico-culturale molto importante, a Catania e dintorni si stenta ancora a crederlo tale e a trarre beneficio dai segni tracciati e resi indelebili da secoli di storia e di conflitti nazionali. Perché Catania non è fatta solo di Barocco e di pietra lavica, ma anche di tutte quelle testimonianze reali lasciate da chi ha vissuto in prima persona la Seconda guerra mondiale e oggi soffre nel vedere vandalizzati quei rifugi che loro stessi hanno costruito e che li hanno protetti dai proiettili e dalle bombe del nemico. Ed è proprio osservando i volti di quei catanesi veterani che si sono affacciati dalle finestrelle rettangolari e ascoltando le loro interessanti storie sui bombardamenti che si può davvero comprendere il reale valore di questi luoghi storici e iniziare a preservarli, invece di dimenticarli (o deturparli!).

 

Il Monferrato > “Rete delle Fortificazioni"
Da ilmonferrato.it  del 10 marzo 2022

Il Castello del Monferrato -sala Chagall- ha ospitato una importante riunione dei rappresentanti per la “Rete delle Fortificazioni". Ad accogliere gli ospiti, il sindacodi Casale Federico Riboldi.
Ricordiamo che il protocollo d’intesa era stato firmato venerdì 25 settembre 2020, al Forte di Bard. Tredici le realtà aderenti di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. In particolare, prima che il Covid rallentasse tutto il Protocollo era stato firmato da Ornella Badery (presidente del Forte di Bard), Cherima Fteita Firial (assessore del Comune di Alessandria), Federico Riboldi (sindaco di Casale), Angelo Giverso (sindaco di Vinadio), Micaela Viglino Davico (presidente del Centro Studi e Ricerche Storiche sull’Architettura Militare del Piemonte), Enrico Lusso (presidente della Sezione Piemonte Valle D’Aosta Istituto Italiano Castelli), Pier Giorgio Corino (presidente dell’Associazione per gli Studi di storia e architettura militare), Antonella Perin (presidente Associazione Casalese Arte e Storia), Fabrizio Del Prete (Progetto San Carlo Forte di Fenestrelle), Franco Cravarezza (direttore Museo Pietro Micca), Fabrizio Zannoni (presidente Amici del Museo Pietro Micca), Davide De Luca (direttore della Fondazione Artea), Daniela Gandolfi (dirigente del Forte dell’Annunziata di Ventimiglia).

A Casale è stata decisa la prossima costituzione di un’associazione tra gli enti coinvolti di modo da poter attingere a finanziamenti e poter realizzare progetti comuni e condivisi. “Un passo fondamentale – evidenzia la presidente del Forte di Bard, Ornella Badery, capofila del progetto -. La rete ad oggi non è infatti un’entità giuridica e va quindi creato un ente di scopo no profit e che dia struttura alla rete stessa”. Nel corso della riunione è stata anche decisa la realizzazione di un sito internet che consenta di mettere in evidenza le singole realtà e avviare le prime azioni condivise di comunicazione. Previste poi azioni per incentivare l’interconnessione con altre reti nazionali ed europee. Prossimo incontro il 28 aprile al Forte di Bard

La presidente Ornella Badery

Commenta ancora con noi la presidente Badery: “Non ero mai stata a Casale e ho trovato una città importante ricca di arte e storia. La visita guidata al Castello, dai sotterranei (dove operò il Vauban, architetto del Re Soe, ndr) agli spalti, ha messo in luce una costruzione dalla enorme potenzialità. Un grande complesso, cittadella della cultura che dona lustro alla città. Abbiamo visto anche mostre temporanee e permanenti come quella sulla Doc. Da non sottovalutare il panorama sul Po e le Alpi e l’ampio parcheggio. Ne esco entusiasta”.

Di Luigi Angelino

 

Riolo Terme: Una tesi di laurea sulle fortificazioni tedesche lungo la Vena del Gesso
Da ravennawebtv.it  del 7 marzo 2022

Il Comune di Riolo Terme, Assessorato al Parco regionale della Vena del Gesso e politiche giovanili, promuove in convenzione con l’Università di Bologna una tesi di laurea magistrale in storia contemporanea inerente al passaggio del fronte durante la Seconda Guerra Mondiale. In particolare, il tirocinio richiederà al tesista selezionato di approfondire l’assestarsi della Linea Gotica lungo la Vena del Gesso romagnola nell’inverno del 1944 (dicembre 1944 – aprile 1945), quando i granatieri tedeschi della 278° divisione di fanteria fortificarono la cresta rocciosa che va da Monte Mauro a Monte della Pieve.

Tracce di postazioni di tiro, trincee, scarpate fortificate, depositi di munizioni e piccole casematte difensive si presentano ancora oggi in tutto o in parte oggi agli occhi di chi frequenta questi spazi per ammirarne le bellezze naturalistiche, essendo inseriti dentro il Parco regionale della Vena del Gesso romagnola. Il loro censimento – ne sono stati contati circa 200 – è stato recentemente operato con GPS e rilievo dalla Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna e dal CAI sez. Imola

L’obiettivo della tesi di laurea è quello di valorizzare la ricognizione già effettuata sul campo, approfondendo fatti bellici del secondo conflitto mondiale dal punto di vista della storia militare, con particolare riferimento alle opere difensive tedesche su questo tratto strategico del fronte. Il Comune di Riolo Terme si impegna a divulgare la ricerca tramite promozione di una pubblicazione dedicata. La candidatura è aperta a tutti gli iscritti ai corsi di laurea magistrale in storia dell’Università di Bologna, e i lavori di ricerca si dovranno tenere fra il 1° maggio e il 1° dicembre 2022.

Maggiori informazioni sono reperibili sul sito internet del Comune di Riolo Terme e dell’Unione della Romagna Faentina, e possono essere richieste al Servizio Affari Generali.

 

Come costruire un bunker antiatomico privato
Da lavorincasa.it  del 4 marzo 2022

In questo periodo così difficile molte persone si sono prodigate nella ricerca di un rifugio sicuro dove vivere qualora si presentassero situazioni catastrofiche

Con gli eventi che dal 2020 toccano profondamente l’animo umano, la volontà di cercare un luogo in cui scappare è un sentimento in ascesa.
La pandemia e in seguito la guerra in Ucraina non hanno fatto altro che allarmare il popolo, portandolo sempre più alla ricerca di un luogo in cui sentirsi al sicuro da eventuali attacchi terroristici e da catastrofi naturali.

Nasce così l’esigenza di creare un rifugio antiatomico per potersi riparare nel caso in cui la situazione sfugga di mano.
È essenziale sottolineare che in Italia il rischio di guerra nucleare è un’ipotesi alquanto remota, ma la premura di molti italiani è sfociata nella richiesta di informazioni sulla realizzazione di un bunker sotterraneo presso la propria abitazione.
Il problema italiano consiste nel fatto che nei piani regolatori non è prevista la loro realizzazione, infatti l’unica possibilità è concepirli come cantine.
Ci sono Paesi che sotto questo aspetto sono ben preparati, la Svizzera ad esempio conta un alto tasso di rifugi privati. Una legge del ’60 ha reso obbligatoria la costruzione di bunker sotto terra e infatti la maggior parte della popolazione ne possiede uno.
Un vero e proprio rifugio antiatomico fai da te raggiungibile in tempi brevi, in cui è prevista la possibilità di contenere armi. In alcuni casi, è addirittura la stessa amministrazione a preoccuparsi di costruire dei rifugi pubblici per la protezione degli
abitanti.
Anche negli Stati Uniti esistono bunker moderni, estremamente accessoriati, per contrastare guerre o epidemie. Interi villaggi dotati di ogni sorta di comfort e tecnologie.

Quali sono lwe caratteristiche di un rifugio antiatomico

Ma come costruire un bunker?

Quali sono le caratteristiche specifiche che deve possedere?
Innanzitutto c’è bisogno di un permesso comunale, serve infatti il permesso di costruire anche nel caso in cui si tratti di edifici sotterranei. È necessaria poi una programmazione estremamente accurata data l’importanza del progetto.

La caratteristica di un bunker è per l’appunto trovarsi sottoterra, per ripararsi da bombe o radiazioni, ad una profondità che varia da un metro e mezzo a tre metri.
La cellula possiede due ingressi, uno per i ricambi d’aria e uno per le persone. Le mura in cemento armato del rifugio sotterraneo hanno uno spessore tra i 30 e gli 80 cm. Ciò consente una forte resistenza in caso di esplosioni.
Le porte blindate in acciaio e cemento con apertura verso l’esterno, sono spesse 20 cm.

Servizi impiantistici

Fondamentale è la dotazione di un impianto di aerazione, azionato anche manualmente, atto ad eliminare elementi dannosi per l’uomo e impedire che l’umidità possa danneggiare scorte di cibo e mobili.
Ci sono elettrodomestici per cucinare ed un locale in cui disporre cibo a lunga conservazione, senza dimenticare i servizi igienici. Il tutto contornato da brandine, cisterne da mille litri di acqua e radio per mantenersi in contatto con l’esterno.

Alle pareti è applicata una vernice speciale priva di sostanze volatili.
La cura degli impianti spetta ovviamente al proprietario della singola abitazione.

Quanto si può vivere in un bunker

A questa domanda è possibile rispondere conoscendo la quantità di cibo e acqua disponibili. Infatti, più il bunker è grande più ci sarà possibilità di inserire ulteriori scorte. In genere si va da un periodo di un mese e mezzo a tre mesi, necessario per superare un possibile attacco atomico o nucleare.

Quanto costa fare un bunker antiatomico?

Prima di tutto è importante capire se si possiede lo spazio necessario alla sua
costruzione, poiché se così non fosse, si dovrebbe comprare un terreno, facendo
aumentare i costi.
Per conoscerne la grandezza si dovrà sapere quante persone dovrà accogliere e di
conseguenza garantirne una sicurezza minima.
Per la sola realizzazione del bunker la spesa varia dai 1200 ai 3000 euro al metro
quadro.

Un bunker antiatomico di 30 o 40 metri quadri avrà quindi un costo totale medio che oscilla tra i 30 mila euro (bunker molto piccolo) e i 90 mila euro. Ovviamente il prezzo può variare se aumenta la grandezza e la qualità del rifugio.

Bunker antiatomico Italia

L’azienda Northsafe si occupa della realizzazione di bunker sotterranei antiatomici sia per pubblico che per privato. L’esigenza di costruire un bunker nasce per garantire sicurezza e sopravvivenza in caso di eventi naturali o bellici.
Nato seguendo l’esempio della Svizzera, in cui è stato promosso l’obbligo di dotarsi di bunker antiatomico, Northsafe mira a creare un ambiente che possa assicurare massima protezione qualora dovessero avvenire catastrofi nucleari o attacchi chimici e biologici. È fondamentale la fase preliminare in cui si raccolgono le richieste del cliente per gli aspetti funzionali del rifugio. Esso offre una protezione sino al 7 grado della scala INES (livello di gravità elevata).
La scala INES (International Nuclear Event Scale) ha il compito di rendere percepibile a chiunque la gravità di un incidente nucleare.

Bunker antiatomico prefabbricato

I rifugi proposti da Northsafe seguono il modello svizzero e sono tali da garantire sicurezza psicologica ai clienti che ne fanno richiesta.
Fondamentale un sistema di filtrazione dell’aria che protegge da agenti NBC, nucleari, biologici e chimici. Esso dovrà possedere un sistema di funzionamento alternativo in caso di mancanza di corrente elettrica.
Per aumentare la qualità del locale sarà necessario un sistema di ventilazione che, mediante condotti di aspirazione, ventilatori e valvole, fornisce e rinnova l’aria.
Insomma, per chi abbia il timore di un capovolgimento negativo della situazione attuale, le possibilità di creare un bunker domestico secondo le singole esigenze sono svariate e alla portata di tutti.

 

La cinta muraria di San Giovanni e i Malatesta
Da ilrestodelcarlino.it  del 3 marzo 2022

Sigismondo chiamò . Brunelleschi per progettare. la fortificazione della città. tra il 1438 e il 1442

Tra il 1438 e il 1442, Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini e Fano, decide di fortificare San Giovanni in Marignano, il paese che ospita la nostra scuola Santa Filomena. Chiama in Romagna Filippo Brunelleschi, celebre architetto fiorentino, ingegnere, scultore e matematico del Rinascimento. Ciò è dimostrato da alcuni documenti ufficiali che testimoniano ampiamente la sua partecipazione ai lavori. Secondo il progetto, la cinta muraria di Brunelleschi era costituita da sei torrioni, circondata da un fossato e due ponti levatoi provvisti di torri. Avrebbe dovuto assorbire i colpi di cannone, grazie a linee di cannoniere basse per colpire ad altezza uomo. La forma di queste mura è quella di un trapezio irregolare e vi si aprono tre porte. Oggi si riconoscono le mura restaurate facenti parte dell’abitato e la torre portaia sovrastante l’accesso a sud del castello, con i beccatelli triangolari ed una merlatura fatta in epoca successiva e una parte del tragitto dell’antico fossato. È bello scoprire, passeggiando per il paese, la sua piccola grande storia che viene testimoniata ancora oggi con orgoglio.

Elisa De Marchi, Federico Maria Galluzzi, Francesco Guerra

 

Torri Aragonesi, via le impalcature: mezzi meccanici per pulire i fossati
Da ilmattino.it  del 3 marzo 2022

Di Paolo Barbuto

La torre Brava che è a rischio crollo, ieri è stata spogliata di una parte delle impalcature, nei prossimi giorni dovrebbe essere messa in sicurezza con altre modalità che possono essere attuate solo quando i cumuli d'immondizia che l'avvolgono saranno rimosse. L'operazione di pulizia dovrebbe prendere finalmente il via stamattina dopo qualche giorno di tentennamento. Nei giorni scorsi gli addetti dell'Asìa hanno liberato da immondizia e siringhe i giardinetti che contornano le fortificazioni, ora l'operazione di bonifica dovrebbe finalmente entrare nel vivo.

La bonifica riguarderà i fossati che circondano le torri e l'ultima porzione dell'antica murazione. In quello che sta attorno alla torre Brava, nel quale le impalcature hanno fino ad ora impedito ogni operazione, sono accatastate suppellettili, coperte, materassi, resti di mobili, quintali di materiale utilizzato, nel corso degli anni, dai disperati che in quel luogo hanno trovato riparo.
Molto più complesso l'intervento nel fossato che segue il percorso delle antiche mura, nella porzione di vestigia che si trova al centro fra le due carreggiate di via Marina. Quel lungo corridoio a cielo aperto che corre al di sotto della quota stradale, viene, da anni, utilizzato come pattumiera dai disperati che vanno a chiedere cibo alla vicina mensa dei poveri.

Laggiù vengono lanciati soprattutto resti di cibo che hanno attirato una gigantesca colonia di di topi che hanno trovato alloggio nelle intercapedini fra gli antichi mattoni e all'interno della vicina torre.
Impossibile pensare di far scendere in quel budello colmo di roditori il personale di Asìa che dovrà rimuovere l'immondizia. S'è pensato, così, all'utilizzo di speciali mezzi meccanici telecomandati che dovrebbero effettuare le operazioni di recupero senza personale a bordo, resistendo, così, alla prevedibile aggressione dei topi. Le capacità di raccolta dei piccoli bobcat telecomandati dovrebbero essere messe alla prova proprio stamattina, giornata annunciata come decisiva per risolvere la querelle della bonifica.

Le operazioni avrebbero dovuto prendere il via lunedì scorso, ma una serie di intoppi burocratici non ne ha consentito lo svolgimento. Adesso finalmente l'area dovrebbe riprendere un assetto degno di una città civile anche se poi sarà necessario prevedere un puntuale piano di pulizia e di verifica per evitare che la situazione degeneri nuovamente.
Suscita grande preoccupazione anche il fronte degli animali. I topi che non troveranno più una condizione comoda di vita nei fossati delle torri, potrebbero cercare alternative e andare alla ricerca di nuovi luoghi nei quali acquartierarsi. Si tratta di una comunità di topi immensa, composta da centinaia di elementi che, dopo l'intervento alle torri, potrebbero invadere il territorio circostante alla ricerca di cibo e riparo: i cittadini sono estremamente preoccupati.

Alla torre Brava, subito dopo la pulizia, si lavorerà per evitare crolli. Quella struttura è rimasta circondata dalle impalcature, per anni, su richiesta dello stesso Comune dopo l'interruzione dei lavori di restauro. Gli interventi che vennero sospesi nel 2018 rilevarono immediati pericoli di cedimento della torre, tanto da invitare i responsabili di palazzo San Giacomo a chiedere alla ditta che stava lasciando il cantiere di non rimuovere le impalcature che rappresentavano l'unica forma di sostegno per evitare il crollo.
Adesso, dopo la pulizia e la rimozione delle impalcature, interverrà il Demanio che innanzitutto bloccherà l'accesso alla torre con un muro di mattoni e poi avvolgerà la torre con funi d'acciaio che dovrebbero impedirne il crollo.