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“Sulla via delle torri costiere”, alla scoperta di Fregene
Da fregeneonline.it del 30 settembre 2021

L’associazione Vivere Fregene organizza con la collaborazione del Nuovo Comitato Cittadino Focene e la società Fregene- Maccarese e con Patrocinio del Comune di Fiumicino “Sulla via delle torri costiere” domenica 10 ottobre. Si stratta di una camminata di 8 km denominata “Fregene: storia, mare, ambiente”.

Il Programma

Ore 9.00 Raduno a Fregene, via Tirrenia angolo via Sestri Levante
Ore 9.30 Partenza con visita alla Torre Primavera.

Il percorso si snoderà tra le stradine di Fregene con le storiche Ville del passato attraversando la pineta monumentale con la sua storia, viale Castellammare con racconti dal dopo guerra ai giorni nostri, percorrerà la lecceta nei suoi viottoli tra macchia mediterranea fino a giungere al ristorante “Da Leo”, dove ci sarà il pranzo a base di pesce con i prodotti tipici del nostro Territorio.

La camminata sarà organizzata con Guida gratuita, per un massimo di 30 partecipanti. Le inscrizioni alla sola passeggiata si possono effettuare anche la mattina prima della partenza.
Per chi volesse partecipare al pranzo e previsto un contributo di 30 euro previa prenotazione. Prenotazione entro giovedì 7 ottobre.

Tutte le passeggiate organizzate nel Progetto “Sulla Via delle Torri” sono patrocinate dal Comune di Fiumicino, nel rispetto di tutte le normativa anti covid vigenti.

Per info: 333-7485088 (Angelo) – mail, viverefregene@gmail.com

 

Poveglia, l’isola maledetta. Un’inquietante serie di misteri
Da frontedelblog.it del 30 settembre 2021

Ci sono molti territori inesplorati, e sono quelli dello spirito, del mondo nascosto, quello oscuro dell’occulto, quello dei fantasmi. L’attrattiva dell’ignoto, e quella delle cose nascoste hanno affascinato a lungo la mente umana.

Quando si parla di fantasmi o luoghi maledetti si pensa sempre a qualche castello nascosto tra la nebbia inglese o a qualche manicomio circondato dagli alberi frondosi, luoghi ormai dimenticati insieme ai suoi abitanti. In realtà, di luoghi spaventosi ce ne sono a migliaia anche in Italia ed il più interessante di tutti è probabilmente l’isola di Poveglia nella laguna veneziana. Quella che segue è solo una delle storie che si narrano su questo agghiacciante isolotto, attualmente disabitato.

La storia inizia intorno all’anno 800 e Poveglia è già abitata da almeno duecento famiglie legate ai servi del doge Orso I Partecipazio, che ha preso il posto del suo predecessore Pietro Tardonico, vittima di un omicidio. Questa comunità cresce e prospera nei secoli, fino al 1378 quando scoppia la Guerra di Chioggia, conflitto combattuto tra le due potenze marinare; Genova e Venezia.
La capitale della laguna, per assicurarsi una posizione strategica nel conflitto, evacua Poveglia e vi installa una postazione militare, quindi gli abitanti dovettero abbandonare l’isola.
Nel 1772 l’isola passò sotto il controllo del magistrato della sanità, e a causa della “morte nera”, la fece diventare luogo di isolamento. I primi ad essere confinati furono gli equipaggi di due navi sulle quali erano scoppiati casi di peste. Questa epidemia colpì duramente l’Europa, e a Venezia, al fine di evitare la diffusione della malattia, si dispose che tutti i corpi avrebbero dovuto essere condotti sull’isola per essere bruciati e sepolti in fosse comune. Successivamente, il provvedimento si estese drammaticamente ai contagiati: Poveglia divenne in pochissimo tempo l’isola della quarantena, dove individui ancora coscienti venivano condotti a morire lontano da Venezia. Uomini, donne e bambini morirono lentamente, in totale abbandono, consumati dalla malattia.

La testimonianza di ciò che avvenne si trova nella terra di Poveglia stessa, dove a quanto pare, il terreno è costituito dal 50% da ceneri umane. Anche i pescatori locali stanno alla larga dalla macabra isola, per paura di ritrovare tra le reti ossa dei loro antenati.
Verso il 1922 a Poveglia venne eretto un edificio e dagli archivi pare svolgesse la funzione di casa di riposo per anziani. Tuttavia i fatti e le testimonianze sembrano condurre gli studiosi ad una versione differente, e cioè che la struttura fu creata per ospitare un manicomio. Tale ipotesi è oggi supportata dalle rovine del luogo e dalla scritta “reparto di psichiatria” inciso sulle pareti dell’ingresso. Le cose inquietanti che succedevano all’interno dell’ospedale erano molte. Sembra infatti che i pazienti fossero terrorizzati e tormentati dai fantasmi dalle anime degli appestati, ma trattandosi di malati di mente i loro racconti non vennero mai presi in considerazione. Non è finita qui. Un’altra storia racconta di un certo dottor Sarles, un medico sadico lobotizzatore che intraprese le sue atroci pratiche mediche su malati indifesi che inevitabilmente morivano. Tormentato a sua volta fu spinto al suicidio proprio dai fantasmi dei suoi pazienti. L’uomo impazzì e si suicidò gettandosi dal vecchio campanile, ma secondo la leggenda non morì per la caduta. Un’infermiera che aveva assistito all’accaduto raccontò di una misteriosa nebbia che alzatasi da terra avvolse il suo corpo per poi penetrargli nel naso fino a soffocarlo
La struttura sanitaria fu smantellata negli anni ‘Sessanta e Poveglia, da allora è abitata soltanto dai suoi fantasmi.  di Paola Mizar Paini

 

La Corea del Nord testa il nuovo missile ipersonico
Da ansa.it del 29 settembre 2021

Ma Seul minimizza: 'E' ancora nella fase iniziale di sviluppo'

Di Antonio Fatiguso

La Corea del Nord ha annunciato la sperimentazione riuscita di un "missile ipersonico planante", il Hwasong-8, capace di soddisfare "tutte le specifiche tecniche dei requisiti di progettazione". Come da copione, l'agenzia ufficiale Kcna ha dato i dettagli principali all'indomani del test dal "grande significato strategico" poiché Pyongyang cerca di aumentare le sue capacità di difesa per "mille volte".

"La stabilità del motore e del serbatoio del carburante per missili, introdotto per la prima volta, è stata confermata", ha aggiunto la Kcna, senza menzionare la presenza del leader Kim Jong-un alle operazioni di lancio, ma provvedendo a rimarcare la presenza di Pak Jong Chon, stretto collaboratore del leader promosso a inizio settembre nel Politburo del Comitato centrale. L'agenzia ha diffuso anche una foto del missile ipersonico, parte del piano "portato avanti secondo un processo di sviluppo sequenziale, scientifico e affidabile". Il Comando di Stato maggiore congiunto sudcoreano, tuttavia, ha gettato acqua sul fuoco, chiarendo in una nota a stretto giro dal dispaccio della Kcna che la Corea del Nord "sembra essere in una fase iniziale di sviluppo che richiederebbe un tempo considerevole per il suo dispiegamento effettivo", in base alla velocità rilevata e ad altre caratteristiche. In altri termini, può essere intercettato dalle attuali risorse militari di Seul e di Washington. Il missile del Nord ha toccato una velocità di circa Mach 3, quando uno ipersonico dovrebbe arrivare ad almeno Mach 5: viaggiare a più di 10 volte la velocità del suono rende i vettori difficilmente intercettabili da parte dei sistemi di difesa missilistica esistenti.

Uno scenario che, a prescindere dal reale livello di minaccia, porta altra incertezza sulla sicurezza regionale, in aggiunta alla conferma della determinazione di Kim sugli armamenti, dato che in una riunione del Partito dei Lavoratori di gennaio fu ufficializzato l'impegno a introdurre una "testata a volo planante ipersonico". Intanto, Pyongyang ha aperto ieri la sessione parlamentare avendo in agenda questioni economiche e di altro tipo. La riunione dell'Assemblea suprema del popolo è maturata pochi giorni dopo il messaggio della sorella del leader, Kim Yo-jong, di riconciliazione a Seul, includendo la prospettiva di un vertice intercoreano a patto di un cambio di attitudine del Sud con l'abbandono della politica "dei due pesi e delle due misure". L'incontro si è concentrato su questioni interne, come l'adozione di leggi sull'educazione dei giovani e le modifiche al piano economico nazionale, secondo la Kcna. Assente il supremo comandante, in fuga dagli eventi pubblici: l'ultima sua presenza riportata è del 9 settembre, giorno dei solenni festeggiamenti per i 73 anni della fondazione dello Stato, l'inedita e coreografica parata paramilitare.

 

Le impronte indelebili di Brunelleschi nella "nobile rocca": facciata e fossato di Castel Sismondo
Da riminiduepuntozero.it del 29 settembre 2021

Di Giovanni Rimondini

Attraverso una descrizione stilistica approfondita, Giovanni Rimondini riporta in vita le tracce della "grande mente" e del "famosissimo ingegno" che ha lasciato la sua firma sul castello.

DATI STORICI E EKPHRASIS

Mi dice Mary Ann Rossello, una mia vecchia amica un bel po’ scassacribbi, che, sì, l’autoria di Filippo Brunelleschi di Castel Sismondo storicamente è fondata, ci sono i documenti e non si discutono; i riministi pataca fanno finta che non ci siano, ma per accettare in modo saldo l’autoria manca ancora un’ekphrasis autorevole, una descrizione stilistica seria e convincente che allinei Castel Sismondo mediante un’analisi coi dettagli con la Cupola di Santa Maria del Fiore, con il portico degli Innocenti, con le basiliche fiorentine, con palazzo Pitti… Le ho risposto: non vorrai cercare nell’architettura del castello di Rimini delle colonne, dei capitelli, o delle trabeazioni? Ma no, è ovvio, ha replicato, che si tratta sì di una grandezza, di un’eccellenza stilistica nel genere dell’architettura militare, dopo tutto Sigismondo Pandolfo, impegnato il Brunelleschi poi potrebbe avere fatto tutto di testa sua o con progetti di capomastri. M’è venuta in mente una valutazione del 1437, credo, fatta alla presenza del Brunelleschi di Niccolò da Pisa, un vecchio capitano dei Fiorentini, e di Francesco Sforza, allora giovane capitano fiorentino, del modellino ligneo della fortezza di Vico Pisano – che poi non venne eseguita –. I due rerum militarum periti espressero le loro meraviglie per le novità e le loro grandi lodi per il progetto dell’architetto fiorentino.

La “icnografia” o pianta mostra la struttura quadrata e circolare sottesa come nel leonardesco homo ad quadratum o ad circulum.

COME I CAPITANI DEL PRIMO ‘400 ESAMINAVANO UNA FORTEZZA DI FILIPPO BRUNELLESCHI

Ce lo racconta, le dico, nella sua seconda biografia del Brunelleschi, Antonio di Tuccio Manetti, quello che nella prima breve ma succosa biografia dell’architetto, ricordi? E lei mi taglia la voce, cercando di imitare la mia pronuncia rozza bolognese- omagnola: “Fece uno castello, fortezza mirabile per lo signore Gismondo di Arimino”. Bè, continua, cosa avevano detto i due capitani? Fammelo cercare, l’avevo qui sul tavolo. Ecco qui:

“Così si fece pensiero do forzifficare Vico Pisano con uno cassero e torri e quello che bisognassi, ed andòvi Filippo con alcuno dello Ufficio de’ Dieci della Balia che regnavano. Filippo vide ed esaminò tutto, e conferirono di poi col resto dello Ufficio el disegno e pensiero ch’egli avevano fatto, e tutti s’accordarono che il ‘suo era bellissimo pensiero e féciogliene fare modello e di terra e di legname e di quello che era necessario…”
Poi decidono di sottoporre il modello a Niccolò da Pisa e a Francesco Sforza, al loro servizio e al servizio di papa Eugenio IV, per averne il parere.
“Ed esaminato al cosa l’uno e l’altro tritamente” vuol dire nei dettagli. Grazie prof. Il primo ad esprimersi è Nicolò da Pisa: “el quale si meravigliò assai di tanto ingegno e di tanta industria e di sì trita essamina quant’egli vi vide drento, e molto la commendò, e confortocci che la si mettessi in essecuzione innanzi a ogni altra cosa che si potessi avere, dicendo: – E per difendere sé e per offendere chi vi si ponessi intorno con qualunque macchina ed offesa, io non so pensare per me, che di queste cose ho vedute assai, che altro si potessi pensare. El conte [Francesco Sforza] confermò in ogni sua parte e non si poteva saziare di lodarlo quello che aveva detto Niccolò”. Poi Niccolò riprende la parola: “Io non vidi mai di simile cosa insino qui di questa qualità e spesa e di molta maggiore cosa, che più mi soddisfacessi in tutte le parti. Benedetti sieno gli spiriti Fiorentini! -; rivolgendosi a lui dicendo: – Maestro Filippo, io non sono di natura adulatore, e non lo seppi mai fare: sallo Dio e chi m’ha pratico; ma in questo caso io non sono sofficiente a lodarvi quante voi meriteresti e non mi posso tenere di dirvelo alla presenza. Voi meritate grandissima commendazione, e tutta la vostra Repubblica v’è molto obrigata ed ha una grandissima ventura d’avere uno homo della qualità vostra; e chi ha cotanta industria a esaminare tante difese, sarebbe anche atto a qualunque quasi inespugnabie sapere e luoghi e ‘l come ella si potessi abattere e spianare, se mezzo vi fossi -. Filippo arrossì e ringraziollo della cortesia e grate parole…” (1)

Un abbozzo di studio grafico che mostra la parte del castello inquadrata negli schemi geometrici regolari e quella “non finita” ma circondata dalle mura preesistenti alla fondazione di Castel Sismondo.

I TRE DISEGNI CHE L’ARCHITETTO DEVE FARE PER MARCO VUTRUVIO POLLIONE

Mary Ann, sempre un po’ invadente, commenta: allora per Castel Sismondo per cominciare ad abbozzare un’ekphrasis devi fare come Niccolò e Francesco, cercare anzitutto la novità rispetto alle fortificazioni coeve, ossia “il bellissimo pensiero”, e bello significa efficace ma anche bello in senso estetico, poi cercare se è rimasto qualcosa del disegno e del modello ligneo, immagino che non ci sia più niente. Peccato che i due capitani non abbiano elencato i dettagli di difesa e offesa.
Certamente il modellino, visto ancora nel 1503 dal castellano veneziano Vincenzo Valier, non esiste più, ma sui disegni, cara Mary Ann, si può ipotizzare che qualcosa sia rimasto, non gli originali, ma almeno tre immagini che poi ti faccio vedere di quello che Vitruvio, l’architetto di Cesare e di Augusto, considera il terzo disegno o disegno scenografico o anche prospettico, e dalla pianta concreta del nucleo o cassero del castello riminese si può ricostruire il primo disegno.
Ossia il disegno della pianta, come vedrai. Intanto Vitruvio nel De Architectura libri X, testo che Filippo Brunelleschi vedeva, scrive:

“La dispositio [disposizione: è l’operazione complessiva della creazione] invece consiste nella conveniente collocazione degli elementi e nell’elegante realizzazione dell’opera nelle sue varie componenti dal punto di vista della qualità…Queste sono le forme della dispositio … icnografia, ortografia, scenografia. L’icnografia richiede il il giusto uso del compasso e della riga e non è altro che la descrizione in pianta delle forme architettoniche. L’ortografia è la rappresentazione in verticale della facciata dell’edificio che si dovrà costruire, disegnata nel rispetto delle proporzioni. La scenografia è il tracciato della facciata e dei lati che sembrano allontanarsi in prospettiva, con la convergenza di tutte le linee al centro del compasso. Queste forme nascono dall’idea di progettazione (cogitatio) e dalla capacità inventiva (inventio)” (2).

LA PIANTA DI CASTEL SISMONDO AD CIRCULUM ET AD QUADRATUM

Dino Palloni mi disegnò al pc il quadrato sotteso alle mura segmentate, in omaggio a un consiglio di Vegezio, e il cerchio concentrico che individuava la posizione delle torri del cassero o rocca di mezzo per il mio articolo sull’Arco del 2004. Vitruvio nel testo citato continua con l’eurythmia ossia “quel bello e armonico aspetto che ci viene offerto dalle varie parti nel loro insieme…Come nel corpo umano” (3).
Vitruvio era conosciuto a Firenze prima della ‘scoperta’ del testo nel 1410 di Poggio Bracciolini nell’abbazia di San Gallo e la sua trascrizione. Filippo Brunelleschi non conosceva il latino ma si sarà fatto tradurre chissà quante volte l’opera da un amico umanista.

IL DISEGNO SCENOGRAFICO VITRUVIANIO DEL BRUNELLESCHI CI È ARRIVATO TESTIMONIATO DA TRE RAPPRESENTAZIONI COEVE DEL CASTELLO

La medaglia di Matteo de’ Pasti che ha nel rovescio la rappresentazione del castello datata 1446 – data simbolica – mostra una veduta frontale del cassero e mastio mentre il primo cortile, il promuralis e l’ingresso sono visti a volo d’uccello, stranamente senza mostrare il fossato. Perfettamente frontale il ritratto del castello nell’oculo sopra i due levrieri nell’affresco di Piero della Francesca datato 1451 con Sigismondo Pandolfo che venera San Sigismondo; e infine il castello adattato in una veduta a volo d’uccello, ma simile alla medaglia del Pasti, con il cassero in veduta frontale, nel bassorilievo di Agostino di Duccio, cappella dei Pianeti, formella del Cancro, sono tre immagini che mostrano di dipendere da un originale, un archetipo che presenta la facciata del castello con le torri in prospettiva frontale, che hanno una caratteristica comune e cioè la coincidenza delle linee estreme del mastio con le linee verticali delle due torri vicine. Questa coincidenza di linee Manfredo Tafuri la notava anche nel rovescio della medaglia di Matteo de Pasti raffigurante la facciata del Tempio Malatestiano, dove la cupola si salda con il suo diametro con le linee estreme della facciata, caratteristica che può essere interpretata come un dettaglio prospettico anamorfico (4).

LA FACCIATA DI CASTEL SISMONDO

Mary Ann muove la testa in modo un po’ ambiguo, prendo il gesto come un approvazione. Le dico: abbiamo tre testimonianze coeve della facciata del nostro castello che abbiamo sempre valorizzato, senza averne coscienza, nelle foto da quando il castello è stato fotografato, ma anche prima ci sono delle testimonianze grafiche che privilegiano questa veduta frontale. Mi sembra che questa sia la prima scelta brunelleschiana importante su suggerimento di Vitruvio, la facciata con i suoi movimenti di torri e mura in qualche modo appiattita nella veduta frontale come uno stiacciato, che si impone con un’identità formale forte, tanto forte che quando pensiamo al castello ce l’immaginiamo “di facciata”.

L’altro elemento forte è il fossato. Ma nelle vedute quattrocentesche, persino nelle due a volo d’uccello, il fossato non si vede. Io credo che non l’abbiano rappresentato per ragioni strategiche. Una palizzata, un rialzo del terreno e anche in un certo periodo un muro alto nascondevano ai Riminesi il grande vuoto del fossato, che visto all’improvviso doveva sicuramente mettere paura o almeno bloccare per un momento il movimento di chi vi si dirigeva. Mary come ti sembra questa prima parte?
Mary Ann, prego. Mi sembra che la piccola novità, rispetto a quanto avevi già detto e ridetto, sia proprio in questa individuazione della facciata invenzione vitruviana-brunelleschiana, come quella della pianta ad quadratum. Forse però finora c’è un po’ troppo Vitruvio e poco Brunelleschi. Forse, ma adesso viene il fossato e poi ti faccio vedere le straordinarie immagini di Giovanni Maccioni che lo ricreano nella sua novità ossidionale e architettonica quasi piranesiana. Come sarebbe piranesiana, ha qualcosa di settecentesco?
No, ha qualcosa di gigantesco come nelle acqueforti che rappresentano architetture romane di Giovanni Battista Piranesi. E dal punto di vista ossidionale è proprio la scarpa e controscarpa che nel ‘500 e nel ‘600 sopravvive nelle fortezze come bastione.

LA NOVITÀ OSSIDIONALE NOTATA DA ROBERTO VALTURIO: IL FOSSATO, TRE DESCRIZIONI E DUE METAFORE

Nel De re militari Valturio, l’umanista nel consiglio di guerra di Sigismondo Pandolfo, – lo leggo nel testo dell’edizione del De re militari di Guaraldi carte 19-20 – descrive l’“arx nobilis sive maius castellom tui nominis, eo astu militari et arte bellica praecellens ut eius pulcritudo, situs atque dispositio, non civium modo sed omnes oculos intuentium in semet haud immerite allitiat atque perstringat…” [la nobile rocca ossia il maggior castello di tuo nome, eccellentissimo per astuzia militare e arte della guerra, affinché la sua bellezza, il suo sito e il suo pensiero nutra e attiri meritatamente a sé gli occhi non solo dei riminesi ma di tutti quelli che guardano]. Prima descrizione del fosso o meglio della sua scarpa:

“Primo versus urbem ambitu Emicicli formam habens promuralis eius vix credibilis relatu profunditasque pyrhamidum instar proclivis a fundamentis errigitur Amplisima latitudine ad summitatem altitudinem pedum quinquaginta phenestris centum sexaginta supra terram, totidem infra…” [Verso la città, nella prima parte che ha la forma di un semicerchio, si erge dai fondamenti il suo promurale (primo muro basso della falsabraga) a stento credibile da riferire di amplissima lunghezza e con l’altezza somma della parte in pendio (della scarpa) di cinquanta piedi romani di altezza (14,82 metri) con 160 bombardiere sopra terra e altrettante sotto…]

Seconda descrizione del fosso nella parte interna con la sorgente per riempirlo d’acqua al bisogno:

“Fossa prima interiorque quam perennis fontis aqua interfluit centum pedum latitudine quinque et triginta eoque amplius altitudine.” [La prima fossa dentro le mura si allaga con una sorgente di 100 piedi di lunghezza e 35 di larghezza (qui ci deve essere un errore di misure, dalla sorgente, che si apriva nella controscarpa orientale sotto il palazzo Pellicioni, 100 piedi romani equivalgono a metri 29,64 forse doveva essere 1000 piedi metri 296,4?).

La terza descrizione contiene la seconda metafora degli argini di un fiume:

“Altera extrisecus late patens instar similiter amnis irriga circumfluit fossa magnae mentis et praecellentis ingenii OPUS.” [L’altra fossa, che si apre all’esterno delle mura che somiglia all’argine di un fiume gira intorno piena d’acqua OPERA di una grande mente e di un famosissimo ingegno].

LA FIRMA UMANISTICA DELL’AUTORE DELL’OPUS

Nella descrizione Roberto Valturio ha per due volte affermato che Sigismondo Pandolfo è l’auctor del castello, sappiamo che auctor come ha notato Angelo Turchini significa in latino committente. E poi segue la firma umanistica del Brunelleschi, il cui none e cognome non poteva essere messo insieme a quello di Sigismondo Pandolfo per non sminuire il signore, ma viene presentato proprio come in un dipinto, per esempio Petri de Burgo opus, qui si dice che l’opus è di una mente grande e di un ingegno famosissimo. A Rimini tutti sapevano chi era la grande mente e il famosissimo ingegno per averlo visto cavalcare con il giovane signore in settembre ottobre del 1438 a Rimini e nelle città e terre malatestiane.

LA CHIUSURA DEL FOSSATO NEL 1820 CON LE MACERIE DI SANTA COLOMBA

Certo, Mary Ann, il fossato che nella frase vale quanto una metonimia – parte per il tutto – è stato ben sfortunato: primo i contemporanei non lo mostrano, poi viene adibito esclusivamente a fossato acqueo con muri divisori per mantenere l’acqua alta nel caso che i nemici avessero cercato di farla defluire. Poi negli anni ’20 dell’800 il fossato venne riempito principalmente con le macerie della cattedrale di Santa Colomba del VI al XIII secolo, l’unica cattedrale distrutta con l’avvento dei Francesi, perché i giacobini riminesi, all’insaputa di Napoleone, per fare un dispetto al vescovo codino Francesco Ferretti, l’avevano trasformata in caserma e poi era stata venduta a Francesco Romagnoli imprenditore forlivese. Il Romagnoli l’aveva demolita per ricavarne attoni e con i marmi fare calce e fatto gettare le macerie nel fossato del castello.

Ora il fossato giace sotto la cementata del cessato sindaco Gnassi, che non sa chi sia il Brunelleschi e sa qualcosa, ma pochissimo, del solo Fellini a cui ha sacrificato il centro storico e che ha decretato che nel fossato non c’è niente e che il castello è solo cenere e ruderi.

Come ti pare fin qui questa ekphrasis cara Mary… Mary Ann? Bè non è proprio breve ed essenziale come mi avevi detto. E poi a decretarne la fortuna dovrebbero essere gli studiosi autorevoli nazionali e internazionali e mi sa che tu… pur essendo un accademico portoghese, sei in braghe di tela. E poi questo fossato è proprio un fantasma, come hai detto fin dall’inizio… E’ qui che ti voglio, mia cara, adesso ti faccio vedere come il castellologo e ben attrezzato grafico reggino Giovanni Maccioni ha fatto il miracolo di ripristinare le vedute del castello e del fossato al tempo di Sigismondo Pandolfo. Le faccio vedere il file con le immagini digitali di Giovanni Maccioni, che aveva già prodotto delle immagini per la sala didattica del castello dell’ingegnere Dino Palloni ripubblicate non tanto tempo fa su Rimini 2.0.

Giovanni con maggiore precisione critica ha rivisto le pur belle immagini precedenti, facendo attenzione soprattutto al fossato, utilizzando le misure del Valturio, i disegni dell’ingegnere Andrea Zoli del 1825 e le sezioni della controscarpa orientale dell’ingegnere Pacifico Barilari, tutti misurati in metri e quindi attendibili. I lettori di Rimini 2.0 le potranno vedere pubblicate a brevissimo.
Ha usato i colori della veduta di Piero della Francesca mostrandoci il castello e il fossato com’era ‘nuovo’ appena costruito e intonacato ai tempi belli di Sigismondo Pandolfo. I castelli erano intonacati coi colori araldici dei padroni; quelli dei Malatesta e dei loro parenti Gonzaga ed Este erano i colori del partito guelfo: il bianco rappresenta la Fede, il rosso la Carità e il verde la Speranza. Il palazzo di Federico di Montefeltro presenta decorazioni in oro e azzurro lapislazzulo che rappresenta il nero sono i colori del suo stemma ghibellino giallo-oro e nero-azzurro imperiali.
Forse i castelli della volpe di Urbino erano colorati di giallo e avevano una torre nera.

1) Antonio Manetti, Vita di Filippo Brunelleschi, a cura di Carlachiara Perrone, Saleron editrice, Roma 1992, pp. 126-128. La prima vita, con Castel Sismondo “fortezza mirabile”, in Antonio Manetti, Uomini singolari in Firenze dal MCCCC innanzi, pubblicato in Operette storiche ed inedite di Antonio Manetti, raccolte per la prima volta e al suo vero autore restituite da Gaetano Milanesi, Succ. Le Monier, Firenze 1887, p.162.

2) Marco Vitruvio Pollione, De Architectura Libri X, a cura di Luciano Ligiotto, traduttore, Edizioni Studio Tesi, Pordenine 1990, pp. 20-21.

3) Ivi. Il disegno di Dino Palloni nel mio primo testo sul castello: Frammenti di cultura prospettica brunelleschiana nel castello e nella Rimini di Sigismondo Pandolfo Malatesta in Angelo Turchini (a cura di) Castel Sismondo, Sigismondo Pandolfo Malatesta e l’arte militare del primo Rinascimento. Atti del Convegno, Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, Società Editrice “Il Ponte Vecchio”, Cesena 2003, p.p.273; Id., Filippo Brunelleschi e i Malatesti a Pesaro e a Rimini. Fortuna e sfortuna storiografica di una presenza, “L’Arco”. Annuale di cultura della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, 2013, p.57.

4) Si veda Giovanni Rimondini, Il castello dimenticato e violentato, in Rimini 2.0, Forma urbis 14 IX 2020 on line.

 

Cagliari, le ex servitù militari come possibile sede di associazioni?
Da castedduonline.it del 29 settembre 2021

È stata approvata dal Consiglio comunale di Cagliari la Mozione per l’affidamento degli immobili  comunali alle associazioni cittadine per farne una sede di attività di pubblica utilità, presentata dai consiglieri comunali Marcello Polastri e Loredana Lai.
“Sono numerose le associazioni senza scopo di lucro e a carattere non commerciale che, a vario titolo, svolgono a Cagliari attività di grande utilità per la città e servizi di pubblica utilità, pur essendo prive di una sede per potersi riunire” ha sostenuto la consigliera Lai, nell’illustrare il documento all’aula.
“Molte di queste associazioni, anche di recente, si sono rivolte alla pubblica amministrazione per richiedere la concessione di una sede, mentre amore ancora sono preoccupate poiché è scaduta o è prossima alla scadenza, la concessione di uno spazio adibito a loro sede.
È il caso, ad esempio, dell’ex Liceo Artistico nel quartiere Marina, dell’ex Scuola De Amicis di via Falzarego, e di altri edifici comunali” ha aggiunto la consigliera del Psd’Az.
“In tal senso – ha aggiunto Marcello Polastri – è importante valutare che alcune associazioni sono ospiti da anni, pur senza un titolo specifico all’occupazione, ma comunque facendo sacrifici, di stanze o di locali presso strutture comunali bisognose di manutenzioni periodiche, in molti casi divenute straordinarie, e di una messa in sicurezza”.
Per Polastri, esponente di Sardegna Forte, “tantissimi immobili dislocati nel territorio comunale sono attualmente chiusi, inutilizzati, o sotto utilizzati”. Alcuni esempi: “L’ex Carcere di Buoncammino, le pertinenze esterne all’Ospedale San Giovanni di Dio, le servitù militari che potrebbero passare dalla Regione alla disponibilità del patrimonio comunale e poi – ha spiegato Polastri – tanti giardini, aree verdi e altri spazi all’aperto annessi a questi edifici, potrebbero divenire nuovamente utili e curati, per farne un uso pubblico condiviso, anche per attività associative, sportive e ricreative. Pensiamo – ha precisato il consigliere Polastri – alla mole di edifici presenti in città i quali sono già oggi di proprietà comunale, e però si presentano da tempo occupati a vario titolo, se non addirittura abusivamente e che stanno diventando obsoleti, gravati da crolli e da tanto degrado”.
“Infine – hanno detto in aula Polastri e Lai – sarebbe possibile assegnare i succitati stabili ai sodalizi culturali, dietro il pagamento di un canone d’uso e tramite un bando pubblico per l’assegnazione del bene, ed è evidente che in questo quadro, il ripensare oggi e per il futuro, dove e come il mondo dell’associazionismo potrebbe contare su spazi concessi dal Comune di Cagliari alle associazioni, è fondamentale oltre che auspicabile e saggio, per programmare il futuro, con politiche illuminanti”.
Dopo un’acceso dibattito, che ha visto poi l’opposizione del centrosinistra astenersi dalla votazione (“chiediamo il ritiro del documento” hanno detto alcuni consiglieri), l’atto di indirizzo è stato approvato.

Spetterà ora al primo cittadino di Cagliari, il sindaco Paolo Truzzu, “promuovere le azioni necessarie per affidare alle associazioni attive nella città, una sede, possibilmente in uno dei complessi edilizi inutilizzati e a dar mandato, a chi di competenza, per predisporre in tempi certi una o più sedi collettive per le associazioni cittadine”.
Sono infatti più di un centinaio gli edifici che abbondano in città e che sono chiusi da anni, le scuole malridotte, stabili gravati, oltretutto, dal degrado e da una possibile svalutazione mentre sono numerosissimi anche gli stabili comunali da riutilizzare e da rimettere in sesto, per non far cadere nell’oblio di un futuro incerto

 

Dal cantiere riaffiora l’ex cinta muraria
Da ilrestodelcarlino.it del 29 settembre 2021

Dagli scavi per il rifacimento della pavimentazione di largo Castello riaffiorano le antiche mura medievali della città.

Gli archeologici - impegnati fin dall’avvio del cantiere – stanno effettuando operazioni di pulitura, analisi e studio in queste ore.

E’ già visibile, di fronte al Castello la ‘linea’ dell’antica muratura che corre lungo la via, al centro dell’indagine degli esperti.

"Questi lavori di scavo sono un’occasione unica, a circa 30 anni dai precedenti per la geotermia, per approfondire le tracce del passato – spiega l’archeologa responsabile della tutela di Ferrara, Chiara Guarnieri -.

Negli ultimi decenni mai scavi avevano interessato una porzione così ampia dell’area posta di fronte al Castello.

Questo ci consentirà di acquisire nuove informazioni di dettaglio, rispettando le tempistiche del cantiere".

 

I segreti dei bunker di Pomposa
Da ilrestodelcarlino.it del 28 settembre 2021

Per la prima volta un percorso turistico, oltre all’Abbazia, ha mostrato i quattro ’ripari’ della guerra

Codigoro (Ferrara), 28 settembre 2021 - È stato un straordinario successo, il percorso "Città Recondite" con le escursioni tra Pomposa, Codigoro e Tresigallo, che sabato scorso ha visto ben 32 visitatori rimanere affascinati dalla scoperta dei quattro bunker attorno alla millenaria abbazia di Pomposa. Il Nuovo Percorso Turistico è stata l’occasione per scoprire, per la prima volta, i bunker attorno a Pomposa, punto d’unione tra due importantissime linee difensive volute da Hitler, in persona, che sono la linea "Gengis Khan" e "Galla Placidia". Fra i partecipanti, provenienti da Milano, Modena ed ovviamente Ferrara e Codigoro, c’erano studiosi, appassionati della storia del ‘900 ed anche diversi architetti, affascinati dalla scoperta di uno dei luoghi più suggestivi del Ferrarese, Pomposa, che venne dunque "attrezzato" con i bunker.

Infatti proprio in questa zona, si intravede, al di là della nuova strada Romea, una delle postazioni più potenti dello sbarramento, pronta a fermare frontalmente le provenienze dall’Adriatico. È stata la Pro Loco di Codigoro a "disegnare" questo nuovo e suggestivo itinerario, scritto anche da Sabrina Bulgarelli che ha tracciato la parte relativa all’archeologia industriale riferita all’ex-stabilimento Eridania e, cosa forse poco nota a tanti, di un muro perimetrale, nascosto dalle erbe per anni, delle "Officine Meccaniche Achille Andreoli & Figli", anno di nascita a Codigoro 1912, seconda fabbrica in Italia di automobili e fiore all’occhiello dell’industria Ferrarese. Non meno importante il gemellaggio fra Codigoro e Tresigallo, città legate dalla metafisica. Quest’ultima, poiché all’epoca tutte gli edifici furono realizzati con lo stile che era all’avanguardia in Europa: il Razionalismo, definito anche dagli esperti di settore come "Metafisica Costruita".

Codigoro per le Alte torri ed alcuni suggestivi angoli, anche della propria piazza, che consentono, a chi attraversa le due città, di vivere l’esperienza di quasi "camminare" all’interno di un quadro di Giorgio De Chirico. Un percorso che suggella l’intelligente collaborazione fra i comuni di Codigoro e Tresignana e fra la Pro Loco e l’associazione culturale "Torri di Marmo" di Tresigallo, composta da giovani ragazzi che avevano a cuore il proprio territorio e che conoscevano il valore del posto in cui vivevano. Un progetto che si chiama "Città Recondite" proprio per svelare quello che sembrava nascosto, ma occhi attenti, hanno saputo far riemergere un turismo medio alto che ama andare alla ricerca di questi luoghi capaci di consentire nuove scoperte. Molte le storie fra Pomposa e Tresigallo accadute durante la Seconda Guerra Mondiale. Per esempio, il 12 Maggio 1944 per contrastare una formazione di bombardieri alleati sui cieli di Ferrara, Verona e lago di Garda. Durante il combattimento precipitò nella zona di Pomposa ed il suo corpo venne recuperato assieme, ai resti del suo velivolo, il 12 Aprile 2001. Claudio Castagnoli

 

Gaeta, storia di una roccaforte che divenne il carcere militare più famoso d’Italia
Da polizapenitenziaria.it del 28 settembre 2021

Di Antonio Montuori

Gaeta oggi è una meravigliosa località turistica situata nel Lazio meridionale, il suo centro storico è un piccolo borgo marinaro e domina con il suo promontorio l’intero omonimo Golfo, tra l’altro il più importante della costa laziale a sud di Roma.

Tradizionalmente Gaeta è considerata il confine fra il Centro e il Sud Italia anche se di fatto non coincide con quello amministrativo, e proprio grazie a questa particolare collocazione geografica nel corso dei secoli ha implicato una notevole importanza strategica di questo luogo. Quindi una complessa vicenda storica che vede la città di Gaeta testimone di tantissimi avvenimenti storici, dalla protostoria sino alla nascita del Regno d’Italia.

Gaeta infatti era un possedimento dell’Impero Romano d’Oriente e durante le scorrerie dei pirati Saraceni che si erano instaurati nella vicina Minturnae, i nobili di Formia vi trovarono rifugio per sottrarsi alla loro furia iniziando di fatto a costruire le prime fortificazioni.

Per quanto riguarda la storia della Fortezza, solo nel 923 si parla ufficialmente di un “Castrum Gaetani”, anche se sicuramente fu l’Imperatore Federico II di Svevia tra il 1223 e il 1227 a far costruire un primo vero e proprio castello per difendere il proprio territorio durante la guerra tra Guelfi e Ghibellini.

Lo stesso imperatore, durante questo periodo di lotte col papato, soggiornò in diverse occasioni proprio a Gaeta, intuendone la sua posizione strategica. La fortezza che possiamo ammirare ancora oggi, si erge fiera e maestosa su un promontorio del Monte Orlando, a dominio dell’intero Golfo. La fortezza in questione, è chiamata anche castello “Gemino”, poiché è composto da due parti costruite in epoche diverse: Angioina e Aragonese. La struttura posta nella posizione più bassa è il castello “Angioino” (realizzato durante la dominazione francese), la stessa presenta una pianta poligonale irregolare; ma quando nel 1442 gli Aragonesi si sostituirono definitivamente agli Angioini, gli stessi fecero in modo che Gaeta continuasse ad essere la porta d’ingresso del Regno di Napoli.
Alfonso d’Aragona munì la città di un secondo castello, in posizione più strategica (il Castello Aragonese), quest’ultimo è di pianta rettangolare, munito su ciascun angolo di torri cilindriche di diversa altezza, fra cui spicca il Mastio. Successivamente, ad opera di Carlo V di Borbone i due Castelli verranno inglobati fra loro con criteri dettati dalla necessità di esperire la massima potenzialità difensiva, in particolare con l’utilizzo comune di tutte le torri d’avvistamento e di fortificazione, inoltre ulteriori ampliamenti e rafforzamenti del castello verranno aggiunti negli anni avvenire, attraverso nuove fortificazioni bastionate rendendo di fatto la fortezza tra le più imponenti e munite d’Europa.

I due castelli collegati fra loro, occupano una superficie di oltre 14.000 mq, numeri davvero sbalorditivi, come sbalorditivo fu il progetto di inglobare i due castelli insieme, e creare di fatto un modello unico al mondo. Una volta terminati tutti i lavori e gli ultimi accorgimenti dovuti, renderanno questo complesso la vera e propria “Piazzaforte del Regno di Napoli”; adatta alla difesa contro le moderne armi da fuoco. Durante i moti del 1848, in seguito alla proclamazione della Repubblica Romana ad opera di Giuseppe Mazzini, papa Pio IX si rifugiò proprio a Gaeta, ospite di re Ferdinando II di Borbone e vi rimase fino al 4 settembre 1849, periodo durante il quale Gaeta assunse la denominazione di “Secondo Stato della Chiesa”. Va detto che la storia di Gaeta fu puntualizzata da ben quattordici assedi, tutti risoltisi in modo catastrofico: dalla sconfitta del Ducato di Gaeta con relativa annessione al Regno di Sicilia, fino all’ultimo, quello tenuto da parte delle truppe piemontesi capeggiate dal generale Cialdini, supportato dal mare dalla flotta dell’ammiraglio Persano tra il 5 novembre 1860 e il 13 febbraio 1861.

Quest’ultima battaglia, fu uno degli ultimi fatti d’armi delle operazioni di conquista dell’Italia meridionale nel corso del Risorgimento Italiano, inoltre fu uno degli ultimi grandi assedi condotti col metodo cosiddetto scientifico, in quanto l’esercito piemontese fece uso infatti dei moderni cannoni a retrocarica dalla canna rigata, che consentiva tra le altre cose un tiro veloce e preciso decretando di fatto la fine delle fortificazioni costruite fuori terra. Come è noto, questa battaglia con la resa di Francesco II segnò la fine del Regno delle Due Sicilie e della dinastia dei Borbone nelle regioni meridionali sancendo di fatto la nascita del Regno d’Italia. Nei tempi successivi all’assedio del 1860/61, le strutture della fortezza hanno avuto diverse destinazioni d’uso, l’ala angioina fu subito adibita dai piemontesi a Carcere Militare per gli sconfitti soldati duesiciliani e lo restò sino al 30 giugno 1990, data in cui il carcere militare fu definitivamente dismesso. Mentre l’ala aragonese fino al termine della II Guerra Mondiale fu sede di un Battaglione di Carabinieri, oggi invece ospita la Scuola Nautica della Guardia di Finanza intitolata a Giuseppe Mazzini l’eroe risorgimentale che proprio qui fu imprigionato nel 1870.

Da annoverare che in questo istituto oltre ai tanti militari che si sono macchiati di reati gravi vi furono rinchiusi anche noti criminali di guerra nazisti, tra cui il tenente colonnello della Gestapo Herbert Kappler, autore dell’eccidio delle fosse Ardeatine compiuto a Roma nel 1944, e il capitano delle S.S. Walter Reder, riconosciuto come essere il responsabile delle stragi di Marzabotto. Entrambi rimasero in questa struttura circa trent’anni, ma va anche detto che conducevano una vita sicuramente privilegiata rispetto agli altri detenuti, le celle dei due criminali nazisti (oggi visitabili), erano molto simili a miniappartamenti. Le cronache raccontano di un Kappler che possedeva addirittura un tavolo da biliardo e un acquario con pesci tropicali, nonché un violino che non disdegnava di suonare ogni giorno. Inoltre i due ufficiali nazisti avevano a loro disposizione un attendente che aveva il compito di cucinare per loro, e alcuni detenuti che dovevano fare le pulizie nelle loro stanze. All’interno della cella di Kappler, fu ritrovato una serie di iscrizioni nell’antico alfabeto germanico delle Rune, una in particolare, indicava la speranza di Kappler di tornare prima o poi in patria. Ed infatti, nonostante entrambi gli ex ufficiali nazisti erano stati condannati alla pena dell’ergastolo andranno via da Gaeta senza destare nemmeno tanto clamore. Kappler nel 1977 fuggì in modo a dir poco rocambolesco dall’ospedale del Celio a Roma dove era stato ricoverato, mentre Reder nel 1985 in gran segreto fu addirittura rimpatriato in Austria con un volo di Stato.

Si è proprio vero! Questa stupefacente struttura nel corso dei suoi lunghi secoli di storia ha conosciuto papi, re e regine, nobili di ogni ordine e rango nonché soldati provenienti da ogni dove, e tutti l’hanno amata e onorata (a volte sino alla morte), ed essa, dopo aver resistito a terribili battaglie e a lunghi assedi, come una sorta di magica macchina del tempo è sempre lì. Ritta e fiera! Per donare ad ogni suo avventore “stupore e meraviglia” …

 

A Zara i bunker diventano centri culturali multimediali
Da theworldnews.net del 27 settembre 2021

Nell’ambito del progetto italo-croato Revival . In campo anche Fiume, Spalato, Forlì, Campobasso, Cesenatico e Pesaro. Da Bruxelles quasi 2 milioni di euro

ZARA Bunker costruiti ai tempi dell'amministrazione italiana e trasformati in centri multimediali, dove svolgere un sacco di attività culturale. A Zara si può E non solo nella città del maraschino, ma anche a Fiume, Spalato, Forlì, Campobasso, Cesenatico e Pesaro. Il tutto nell'ambito del progetto italo –croato Revival che si avvale del sostegno dell'Unione europea, con la partecipazione delle suddette città e dell'Ateneo zaratino.

La prima ex struttura difensiva a venir trasformata a Zara in polo culturale sarà il bunker situato nel rione Due Torrette (Vidikovac in croato), da cui si gode una vista spettacolare verso il mare, la stessa Zara e la catena montuosa del Velebit o Alpi Bebie. Si tratta di un fortino da tempo caduto nell'oblio e dimenticato da tutti o quasi, approntato da militari italiani e che entro la fine di quest'anno diventerà uno spazio multimediale ed espositivo, utilizzato pure quale punto di partenza di tour turistici a Zara e dintorni.

La municipalità ha bandito in questi giorni la gara d'appalto per la ristrutturazione del bunker, lavori che costeranno circa 65 mila euro.

Solo nella città dalmata si contano circa 250 rifugi, degni esponenti dell'archeologia militare ed eretti in tempi antichi, nel Medio Evo e nella prima metà del secolo scorso. Alcuni di essi saranno compresi nel progetto Revival, che a tale scopo ha deciso di porre a disposizione a Zara la somma di 228 mila euro.

Nel contesto giova ricordare che diverse di queste strutture hanno avuto un ruolo importante nella difesa della città di Zara durante la Guerra patria (il conflitto croato–serbo di più di 25 anni fa). Come noto, per lungo tempo la città è stata cinta d'assedio dai ribelli serbi dell'allora Krajina di Knin (Tenin in italiano).

Stando a Rafaela Božić, dell'Università di Studi di Zara, la ristrutturazione del bunker di Due Torrette – che subirà un'accelerata nelle prossime settimane – è passata finora sotto silenzio, quasi inosservata. Attualmente si stanno compiendo i lavori preliminari, come precisato dalla Božic: «Stiamo inoltre preparando una pagina Internet, in cui saranno descritte nel dettaglio tali fortificazioni militari, comprendenti anche le strutture presenti nelle città croate e italiane interessate da Revival. Sarà l'Ateneo zaratino a ideare i primi eventi promossi nel rifugio di Due Torrette. Abbiamo inoltre pensato di fare del bunker l'area di partenza verso il parco boschivo Musapstan, anch'esso bisognoso di rivitalizzazione».

Aggiungiamo che Revival fa parte del programma di collaborazione Interreg V-A Italia–Croazia e può contare su aiuti per 1 milione e 825 mila euro.

 

La rinascita di Forte Marghera: parla Pietrangelo Pettenò
Da veneziaradiotv.it del 27 settembre 2021

Pietrangelo Pettenò, Presidente Centro Studi MedFort, parla della rinascita di Forte Marghera: luogo di cultura e produzione artistica

Pietrangelo Pettenò, Presidente Centro Studi MedFort, parla a Stanno Facendo un 48 della rinascita di Forte Marghera: luogo di cultura e produzione artistica.

Il commento di Patrizio Baroni

Noi, da piccola realtà televisiva, abbiamo difficoltà di introiti pubblicitari e di conseguenza anche di avere delle redazioni corpose che possono fare un certo tipo di attività. Negli enti locali è normale che il direttore sia anche conduttore, però questo non giustifica il sistema. Il sistema non funziona perché noi abbiamo bisogno di mezzi di comunicazioni critici.

La rinascita di Forte Marghera

“Diversi anni fa, insieme ad altre persone, siamo riusciti a far rinascere Forte Marghera. Era un posto abbandonato ed ora è divenuta una grande realtà: è stato un lavoro fatto con passione. Con Patrizio Baroni avevamo disegnato per quel luogo un futuro legato alla cultura e alla produzione artistica.
Molti hanno voluto scommettere su un luogo così, con una posizione strategica in terraferma e tante potenzialità. Tante realtà della terraferma legate alla cultura veneziana si sono spostate dall’interno a Forte Marghera.”

 

Forte San Felice, tutto esaurito per le visite del fine settimana
Da chioggiatv.it del 27 settembre 2021

Per il 2021 le Giornate nazionali dei Castelli (GNC) e le Giornate Europee del Patrimonio (GEP) si sono svolte in coincidenza nei giorni di sabato e domenica 25 e 26 settembre. Anche in questa occasione la voglia di visitare questi splendidi luoghi è stata tanta e i posti da prenotare sono andati tutti esauriti.

Scrive in una nota il Comitato Forte San Felice: “Come sempre i visitatori, molti provenienti da varie località della Regione, sono rimasti affascinati, è stato bello visitare tutto l’ambiente esterno al Forte, quindi i Murazzi, la bocca di porto, il giro intorno ai bastioni. Ma vedere ciò che c’è dentro lo scrigno nascosto dai bastioni è per tutti una grande e inattesa scoperta. Sentire narrarne le vicende e comprendere il significato di edifici e strutture significa ripercorrere una storia di 650 anni.

Oltre ai complimenti al Comitato per l’impegno appassionato, la richiesta di tutti è di continuare ad agire perché il Forte possa essere pienamente recuperato ad uso pubblico: la vista del cantiere in atto per il restauro del portale è un buon segno, la vista dello stato precario del castello e di altri edifici mostra però quanto sia urgente intervenire. Molti sono rimasti esclusi dalle visite di sabato e ci hanno richiesto di poter rendere possibili altre occasioni”.

La nota chiude anche con la segnalazione delle visite autorevoli di questi giorni: “Tra venerdì e sabato il Forte è stato visitato dal ministro Franceschini, guidato nella visita da rappresentanti del Comitato, e dal ministro D’Incà. E’ vero che ci sono ragioni elettorali in queste visite, ma se due ministri del Governo nazionale in due giorni visitano il Forte, significa che la partecipazione e la spinta dei cittadini possono lasciare il segno”.

 

I segreti del bunker scoperto a Vallefoglia, lì fu bloccato il cecchino della Linea Gotica
Da corriereadriatico.it del 27 settembre 2021

Di Luca Senesi

VALLEFOGLIA - Grande interesse a seguito del primo sopralluogo del bunker della Seconda Guerra Mondiale ritrovato, sotto una fitta selva, nel cuore della campagna a Montecchio di Vallefoglia. Luogo del quale si conosceva l’esistenza ma che fino ad ora praticamente nessuno aveva individuato con esattezza e, soprattutto, visitato.

Nei giorni scorsi il sito è stato esplorato anche dagli speleologi e dagli archeologi di Urbino accompagnati da coloro che lo avevano visitato la prima volta all’inizio del mese, il fotografo Bruno Olivi e la presidente dell’Anrc Antonella Terenzi. Col loro anche le telecamere di Rossini Tv che sulla visita manderà in onda un servizio nei prossimi giorni. Il Gruppo Speleologico Urbinate è composto da professionisti abilitati anche alla progressioni in ambiente a carenza di aria respirabile e da anni collabora con le amministrazioni locali per la tutela e la salvaguardia del territorio ipogeo.

«Abbiamo scoperto che il pavimento non è altro che argilla spaccata, non porfido – spiega la Terenzi – inoltre grazie a Michele esperto speleologo sono emersi altri particolari interessanti». Il bunker, ormai totalmente interrato a seguito della costruzione di via Belvedere, è caratterizzato da due ingressi che si immettono in un comune corridoio da cui si accede alla casamattata. La stanza di 12 mq circa presenta due sedute laterali in cemento armato e una bocca di fuoco dove, presumibilmente, era alloggiata la mitragliatrice. Nel dopoguerra è stata murata la feritoia e parte dell’accesso alla casamatta in cemento armato al fine di riutilizzarla come cisterna.

Recentemente la passione di alcuni abitanti del luogo ha permesso di rinvenire uno dei due accessi e di effettuare l’esplorazione. Questo bunker era noto ai montecchiesi anche grazie alla vicenda che vide protagonista Guido Paolucci conosciuto come “Poian” che prese alle spalle il tedesco che sparava ai soldati nella pianura sottostante. La vicenda è narrata nel libro scritto da don Orlando Bartolucci - “Montecchio un paese, un popolo, una storia” -nel quale è riportato il racconto dell’episodio dallo stesso Paolucci.

 

Il bunker di Mairano svela i sui segreti
Da cdt.ch del 27 settembre 2021

Volete ammirare una delle opere fortificate realizzate negli anni Quaranta a difesa del fronte sud?

Allora non dovete perdervi l’appuntamento promosso per sabato prossimo, 2 ottobre, dalla Società ticinese di artiglieria: dalle 11 alle 16 sarà possibile visitare il bunker militare di Mairano ad Iragna. L’opera, armata da un obice di 10,5 centimetri chiudeva l'accesso alle Alpi da nord di Bellinzona e faceva parte della Linea Lona. Il suo nome in codice era A8154 e operava nel contesto della difesa del fronte sud. Difesa che era sviluppata su 23 fortini di fanteria e di artiglieria, oltre che sullo sbarramento anticarro a forma di «V». Il dispositivo era completato da una linea di opere di artiglieria lungo la trasversale Mairano-Mondascia. Il sistema difensivo, tra l’altro, venne potenziato dopo la Seconda guerra mondiale. Il bunker di Mairano, ristrutturato e riattivato dalla Società ticinese di artiglieria, è situato sulla «Via della Pietra», itinerario turistico e di interesse storico e naturalistico.

Informazioni ed iscrizione obbligatoria telefonando allo 079/641.75.09 oppure scrivendo a art.fort9@gmail.com. All'interno del bunker mascherina obbligatoria.

 

Bologna sotterranea e celeste: una camminata notturna per scoprirla
Da bolognatoday.it del 27 settembre 2021

Una camminata notturna per scoprire una Bologna segreta, sotterranea e celeste.
Dalla terza cinta muraria della città felsinea, toccheremo il luogo in cui nel 1191 fu scavata una derivazione dal fiume Reno per l'approvvigionamento idrico della città, fino ad un gioiello quasi sconosciuto presso la chiesa dei SS.Naborre e Felice: la cripta di San Zama, culla del cristianesimo bolognese e custode di un ANTICO MISTERO.

Dopo le Arche dei Glossatori presso San Francesco in perfetto gotico emiliano, la nostra guida vi ci condurrà alla tomba del Guercino in San Salvatore, per poi terminare al cospetto di San Petronio, che domina piazza Maggiore e il cui culto soppiantò presto quello del protovescovo Zama.

INFO PRATICHE
- GIORNO: sabato 9 ottobre
- ORE: Ritrovo ore 15,15
- QUOTA: euro 12,00
- ISCRIZIONE OBBLIGATORIA:
- messaggio Whatsapp a Stefano (3292015682)
>>> SI PREGA DI SPECIFICARE IL NOME, COGNOME, IL N° DI PERSONE E IL NOME DELL'EVENTO AL MOMENTO  DELL’ISCRIZIONE
- RITROVO: Piazza XX settembre, Porta di Galliera, di fronte alla Montagnola.

- MAPPA GOOGLE: https://bit.ly/ritrovoBolognaML
- DURATA: 2 ore e mezza circa
- ABBIGLIAMENTO: Adatto all’orario e alla stagione
- L’evento si terrà anche con pioggia debole, in caso di peggioramento meteo avviseremo i partecipanti.
- Verranno applicata la normativa ANTI COVID vigente al momento.

 

Collegamento diretto Gavi-Forte: Comune e Direzione dei musei puntano sull’ascensore
Da giornale7.it del 26 settembre 2021

Scartata l’ipotesi di una funicolare. Si attende l’ok dell’amministrazione comunale alla convenzione con la quale si potrà dare incarico per lo studio di fattibilità. Il sindaco Massa: “Il ministro Franceschini visiterà Gavi”.

di Giampiero Carbone

Per collegare il Forte all’abitato di Gavi si punta sull’ascensore. Lo ha annunciato ieri, 25 settembre, nella sala conferenze della fortezza il direttore della struttura, Riccardo Vitale, insieme al sindaco, Carlo Massa, e all’assessore Francesca Regoli durante l’incontro al quale hanno preso parte le associazioni gaviesi, e non solo, nella seconda delle Giornate Europee del Patrimonio. È stata l’occasione per sottolineare l’importanza del fare squadra con il territorio che nel 2021 ha permesso di organizzare circa venti eventi al Forte, a cominciare dai due concerti di Attraverso Festival. “Siamo alla progettazione esecutiva del rifacimento dell’ingresso del Forte – ha detto Vitale -, che sarà utilizzabile anche dai disabili. Saranno necessari due o tre mesi di chiusura del Forte per questi lavori, non essendoci altri ingressi per il pubblico. C’è inoltre un master plan che riguarda l’accesso al Forte da Gavi, un tema di grande importanza per il futuro come tante altre opere in programma”. L’ingegner Antonio De La Pierre, autore del master plan, ha spiegato perché alla fine si è scelto l’ascensore interno e non altre soluzioni: “Realizzare una funicolare esterna avrebbe comportato problemi di manutenzione alle vetture, ai pali e alle funi oltre al taglio della vegetazione e prima ancora la necessità di ottenere pareri di carattere paesaggistico.

Questioni superate con l’ascensore interno, basandosi sugli esempi del monte Bianco e del Forte di Exilles. Tra Gavi e il Forte ci sono 140 metri di dislivello e c’è già il terreno dal quale si potrà far partire l’ascensore”. È l’area di via Barbieri donata al Comune dalla famiglia Bassano. I soldi per il collegamento diretto tra il paese e il Forte sono per altro già stanziati, così come per intervenire sull’Alto Forte, ancora chiuso al pubblico. Il direttore Vitale ha poi evidenziato: “Grazie alla convenzione con il Comune si potrà conferire l’incarico per lo studio di fattibilità, che ci farà capire costi e tempi. Non abbiamo cambiato idea dopo l’incidente del Mottarone ma semplicemente abbiamo valutato che l’ascensore è il messo più facile, privo di vincoli”. Massa ha però detto, rispondendo a Vitale, che il Comune non ha ancora approvato la convenzione. Il documento è già stato firmato mesi fa dalla Direzione regionale dei musei mentre nell’amministrazione comunale, almeno finora, c’è chi ha qualche dubbio sulla fattibilità dell’ipotesi ascensore. Massa ha infine annunciato che il ministro della Cultura Dario Franceschini ha fatto sapere di voler visitare Gavi e il Forte.

 

Fondi per Forte San Felice Franceschini rassicura
Da nuovavenezia.it del 25 settembre 2021

«Chioggia è una bellezza, mi impegnerò perché il restauro di Forte San Felice proceda spedito con la piena copertura finanziaria». Parole del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, ieri a Chioggia per sostenere la corsa a sindaco di Lucio Tiozzo. Un breve comizio dopo una passeggiata lungo Corso del Popolo, dove si è fermato a ammirare la torre di Sant’Andrea con l’orologio più antico del mondo, e prima di una visita al Forte, Luogo del cuore del Fai da qualche anno. Sul Forte è in corso un importante intervento di ristrutturazione, per il quale sono stati stanziati i primi sette milioni, che prevede il recupero delle strutture e la creazione di un museo e di un percorso storico-culturale. «Da piazza Vigo si gode di una luce meravigliosa che mi permette di cogliere tutta la bellezza del luogo», spiega Franceschini, «Il futuro dell’Italia è la cultura e Chioggia ha tutti i numeri per puntare su questo: storia, arte, pesca, cibo. Elementi che i turisti mettono al primo posto quando scelgono la meta delle vacanze. Il Recovery fund ci permetterà di avere risorse di cui prima non potevamo disporre. Potremo dare continuità al recupero del Forte: si tratta di un bene dalle valenze sovracomunali e di un progetto ambizioso che va sostenuto. Non posso decidere da solo, ma mi sento di assicurare che i fondi ci saranno». —

 

Passeggiate patrimoniali alla scoperta di Forte Marghera
Da veneziaradiotv.it del 24 settembre 2021

"Oltre il limite: passeggiate patrimoniali alla scoperta di Forte Marghera" del 27 e 29 settembre. Iniziativa che fa parte delle celebrazioni per i 1600 anni di Venezia.

Al confine tra acqua e terra sorge una fortificazione militare realizzata dagli austriaci, per volere dei francesi: Forte Marghera. Si tratta di un luogo strategico del territorio veneziano, ancora oggi parte integrante della vita cittadina.

L’edificazione del Forte segna la fine della Repubblica Serenissima e l’inizio di una nuova pagina della storia veneziana lunga 1600 anni. Proprio in occasione del compleanno di Venezia (421-2021), questo luogo diventa protagonista di un’iniziativa promossa dal Comune di Venezia. L’evento, in collaborazione con la Fondazione Forte Marghera, Vela ed Europe Direct, è realizzato in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio “Heritage. All Inclusive”. L’obiettivo? Ripercorrere, passeggiando, la storia della piccola cittadella alle porte di Mestre tra architettura militare, eventi storici, natura e memoria.

Lunedì 27 (alle 10.30 e alle 17.30) e mercoledì 29 settembre (alle 17.30), sarà possibile partecipare a passeggiate patrimoniali guidate alla scoperta del Forte. A raccontare ai presenti gli aspetti tecnici, storici e artistici del Forte e del suo legame con la città di Venezia ci sarà la dottoressa Arianna Gambirasi, storica dell’arte e Guida Ufficiale e la dottoressa Elena Busani, interprete nella lingua dei segni. I percorsi guidati, infatti, si rivolgono non solo agli appassionati di storia, ma anche a chi intende conoscere qualcosa in più sulla storia della Serenissima.

 

Albignasego, riapre il gioiello naturalistico alla ex Polveriera
Da padovaoggi.it del 24 settembre 2021

Già da domenica sarà di nuovo aperta al pubblico e con le visite accompagnate da Legambiente Pratiarcati. Non saranno ammessi cani

Riapre al pubblico la riserva naturale dell’ex polveriera ad Albignasego. Ogni sabato e domenica dal 25 settembre al 31 ottobre, l’associazione Legambiente Pratiarcati che ha in gestione l’oasi comunale situata in via Mameli, organizza delle visite accompagnate. Si accede previa prenotazione via Whatsapp al numero 338 9358588 ed esibizione del Green Pass. L’ingresso è previsto alle ore 9, dopodiché i volontari accompagneranno i visitatori lungo il percorso naturalistico (la passeggiata durerà fino alle 10.30), dove non sono ammessi cani per preservare l’equilibrio faunistico dell’area. Legambiente Pratiarcati organizzerà anche incontri di divulgazione e laboratori tematici per ragazzi e adulti, mentre le visite guidate saranno limitate a precisi mesi dell’anno, nel  rispetto dei periodi di nidificazione.

Giacinti

«Orgoglioso di aver contribuito, qualche anno fa, nella mia prima esperienza amministrativa, a far acquisire l’area al patrimonio comunale» dichiara il sindaco Filippo Giacinti, «sottraendola a progetti che la volevano trasformare in una discarica o nel parcheggio della zona artigianale. Negli anni, un passo alla volta, è stata valorizzata grazie a importanti investimenti che hanno portato anche alla ristrutturazione della casa del custode, che ora potrà essere utilizzata come centro di educazione ambientale e di recupero della fauna selvatica. Questo lungo percorso di tutela ambientale l’ha portata ad essere ricompresa nelle aree a valenza paesaggistica della Regione Veneto e poi a divenire “Riserva naturale”».

La storia

L’oasi naturalistica, già di proprietà del ministero della Difesa, è stata utilizzata fino alla fine della seconda guerra mondiale come deposito di munizioni, per poi venire dismessa e successivamente acquisita al patrimonio comunale. Copre una superficie di 125 mila metri quadrati di verde, tra bosco di pianura e cinque laghetti; comprende 170 specie vegetali censite e, tra le decine di specie animali che la popolano, 15 specie di interesse comunitario.

 

Un piano per acquisire due caserme dismesse
Da messaggeroveneto.it del 23 settembre 2021

Rizzetto (Fdi): «Chiederemo al Demanio la cessione» Interessate all’iniziativa la Montezemolo e la Lago

«Servono azioni contro l’incuria delle ex storiche caserme Montezemolo e Vinicio Lago di Palmanova e Jalmicco. Mi attiverò per portare avanti la loro sdemanializzazione interloquendo con il ministero della Difesa. Sosterrò inoltre l’istituzione di un tavolo con la Commissione Paritetica, l’Agenzia del Demanio e il Ministero per individuare soluzioni adeguate e condivise».

È quanto ha dichiarato il deputato di Fratelli d’Italia, Walter Rizzetto, coordinatore del Fvg per il partito, presente alla presentazione del candidato sindaco di Palmanova Antonio Di Piazza, dove ha raccolto le istanze dei cittadini palmarini e dei candidati.

Il parlamentare sottolinea che «va portato avanti il progetto di sdemanializzazione delle strutture delle ex caserme Montezemolo e Vinicio Lago, che meritano destinazioni al servizio della comunità. Mi attiverò in questo senso – sottolinea Rizzetto – promuovendo delle interlocuzioni con il ministero della Difesa. Assurda è infatti l’attuale situazione: gli edifici di interesse storico della ex caserma di Montezemolo si trovano in stato di abbandono con rischi anche per la sicurezza a causa del pericolo di crolli. Mentre l’ex caserma Vinicio Lago è in condizioni precarie da un punto di vista igienico-sanitario ed è interessata addirittura dalla presenza di coperture Eternit. Problematiche che creano forte disagio anche per chi vive nelle abitazioni adiacenti a questi edifici». Ricordiamo che nella caserma Coredero Lanza di Montezemolo di Palmanova, a ridosso di porta Aquileia, insiste una delle tre polveriere napoleoniche della città.

La Montezemolo, che fino al 1996 ospitava la Brigata Pozzuolo del Friuli, conta 10.05 metri quadrati di superficie di cui 3.318 coperti, per un volume complessivo di 19.506 metri cubi, è oggi di proprietà del Demanio Civile. Lo stato in cui versa è evidente: il grande cortile è pieno di sterpaglie, mentre gli edifici dismessi sono ormai fatiscenti, come pure la chiesetta, o il monumento che si trova al suo interno, ma anche lo storico edificio della polveriera napoleonica. Meglio non va all’ex caserma Lago, diventata un ricettacolo di animali che albergano in mezzo a una vera e propria foresta. È davvero disastrosa la situazione di questa gloriosa caserma che, nella frazione di Jalmicco, per lunghi anni ha ospitato il 7° Battaglione di fanteria Cuneo. Ormai dismessa da decenni, la grande struttura, passata nel 1997 dal Demanio militare a quello civile verte in condizioni di degrado assoluto.

 

Nasce il nuovo percorso illustrato della Linea Gotica dal Carchio al Folgorito: il CAI di Massa e l’associazione ARCA di Montignoso recuperano le fortificazioni con il contributo del Parco
Da antenna3.tv del 23 settembre 2021

Domenica 26 settembre verrà inaugurato il nuovo percorso illustrato della Linea Gotica tra il Carchio e il Folgorito, dopo il recupero delle fortificazioni eseguito dalla sezione CAI di Massa e dall’Associazione ARCA di Montignoso, grazie al contributo del Parco delle Alpi Apuane, sotto gli auspici dell’ANPI (sezioni di Massa e Montignoso).

Ogni anno, infatti, con un avviso pubblico, il Parco eroga contributi ad enti e associazioni, finalizzati ad interventi materiali sul patrimonio storico culturale presente nelle Alpi Apuane secondo temi stabiliti. Nel 2018 il bando richiedeva la realizzazione di progetti di recupero a favore di manufatti collegati alla Seconda Guerra Mondiale, con particolare riferimento alla Linea Gotica, in linea con una più ampia azione di valorizzazioni dei percorsi della Memoria  sulle Apuane messa in campo dall’ente di gestione dell’area protetta.

Il Folgorito rappresenta uno dei luoghi più significativi nelle Apuane durante la lotta di Liberazione. L’assalto a questo monte aprì la breccia nella Linea Gotica occidentale e gettò le premesse per il suo crollo definitivo che sarebbe avvenuto dopo pochi giorni. Lungo il percorso, fino ad arrivare alla vetta, si trovano il cippo commemorativo della Linea Gotica e resti di fortificazioni: rifugi e trincee che la vegetazione e l’assenza di manutenzione avevano negli anni completamente nascosto e che le due associazioni hanno recuperato, ripulito e reso visibili.

Questo itinerario domenica 26 settembre vedrà nuova luce e, grazie agli accompagnatori del CAI, sarà possibile scoprirlo o riscoprilo con una visita guidata, che avrà inizio alle 8,30 alla foce del Termo al Pasquilio. L’escursione proposta è di circa 4 ore: dopo un breve passaggio dentro il bosco, l’itinerario esce all’aperto per risalire i ravaneti del Carchio e, passando lungo il crinale, raggiunge la vetta del Folgorito. È un percorso escursionistico facile, ma il CAI raccomanda comunque, un equipaggiamento da montagna: scarponcini da trekking e quanto occorrente per possibili variazioni meteo.

L’inaugurazione di domenica è preceduta Sabato 25 settembre 2021, ore 21:00 Villa Schiff Giorgini a Montignoso, dall’illustrazione degli interventi realizzati. Nell’occasione verranno proiettati il documentario “Ricostruzione storica del 5 aprile 1945” Intervista al comandante partigiano Pietro Del Giudice (Antenna 3) e il documentario “Non dimenticare” di Alberto Grossi.

Entrambe le iniziative si svolgeranno secondo le norme anti Covid. A questi due eventi hanno dato il loro patrocinio le province di Lucca e Massa Carrara e i comuni di Montignoso e Seravezza.

 

Focene: il bunker è stato dichiarato di interesse storico-artistico. Esultano i cittadini
Da canaledieci.it del 22 settembre 2021

Vincolato ufficialmente dalla soprintendenza archeologica il bunker risalente alla seconda guerra mondiale che rischiava di essere demolito.

Di Francesco Ferraro

Buone notizie per i cittadini di Focene. Il bunker situato in Viale di Focene all’angolo con Via delle Acque Basse, che rischiava di essere abbattuto lo scorso anno, è stato dichiarato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali “di interesse storico-artistico particolarmente importante“.

Il fortino, risalente alla seconda guerra mondiale, è stato costruito dai tedeschi per fronteggiare un eventuale sbarco alleato sulla costa davanti alla Capitale, nel 1943.

Dopo l’ufficialità da parte della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma, Provincia di  Viterbo ed Etruria Meridionale, la struttura è stata vincolata e non potrà più essere demolita.

Esultano i residenti che a novembre del 2020 si schierarono in strada fianco a fianco per fermare le ruspe.

“Focene ha vinto questa faticosa battaglia – dichiara Alessandro Spagnolo, presidente del Comitato Spontaneo Fare Focene – grazie al supporto di Lorenzo Grassi e di Andrea Grazzini che si sono subito attivati portando il tutto all’attenzione della soprintendenza.

Un grazie a tutti i residenti che si sono messi in prima linea manifestando per questa giusta causa e che non hanno mollato.

Un ringraziamento fortemente sentito alla Soprintendente Margherita Eichberg che ha riconsegnato alla collettività questo manufatto.

Ora pensiamo al futuro e soprattutto al restauro della struttura.”

 

Un grande museo della storia militare di Verona affianchi il grande Castelvecchio
Da giornaleadige.it del 22 settembre 2021

Domani, alle 18,00, il Comitato Civica alleanza per un Grande Castelvecchio, guidato dall’avvocato Stefano Dindo presenterà il suo progetto per rendere Castelvecchio un unico polo museale, idea che viene coltivata da decine d’anni e che divide la città. Il Grande Castelvecchio rende necessario il trasferimento dell’attuale Circolo Ufficiali, secolare presenza, nel compound della Cittadella dell’Ospedale Militare.

Uno degli argomenti per bloccare il Grande Castelvecchio è proprio la presenza di questa servitù militare: la politica userà le stellette per una o l’altra causa – il ché è un classico in questo Paese dove i decisori civili quasi mai hanno servito la Patria in armi – cercando lo stallo, ma non la soluzione. Eppure, una soluzione c’è.

Premessa: Verona ha un debito enorme di riconoscenza verso i militari. Da più di un secolo e da più di una generazione. La costante presenza di eserciti ha sorretto l’economia locale, ha sviluppato l’urbanistica della città, Verona senza i militari non esisterebbe così come la conosciamo oggi. E’ stato così con Roma imperiale, col Barbarossa, con la stagione comunale e con la Serenissima. Per arrivare poi agli Austriaci (sui quali campiamo tuttora), al Regio Esercito e, infine, al secondo dopoguerra. Potrei citare i nomi di una dozzina almeno di grandi famiglie imprenditoriali veronesi che sono tali perché fra il 1946 e gli Anni Sessanta hanno messo mano al surplus bellico a prezzi di stralcio…

Centinaia di migliaia di persone nel mondo conoscono la nostra Città, hanno vissuto e speso nella nostra città, perché in grigioverde o perché in servizio con truppe alleate. Migliaia di famiglie sono “miste” perché nate dall’unione di militari di altre parti d’Italia o del mondo con veronesi. Insomma, l’Esercito e Verona sono una cosa sola. E Verona deve iniziare a ringraziare l’Esercito. Anche perché a Verona l’Esercito non soltanto ha fatto qualcosa di fisico per la città, ma ha costruito pezzi importanti del suo retaggio ideale. Nelle caserme di Verona si sono forgiate generazioni di italiani che dalle campagne coloniali del Corno d’Africa, alla Libia, alla Prima guerra mondiale, ad El Alamein, al Don, a Cefalonia hanno tenuto alto il concetto di “Italia”. Qui sono nate le truppe corazzate, qui l’esercito ha difeso l’idea stessa di Patria dopo l’8 settembre, qui si è combattuta e vinta la Guerra Fredda col comando di tutte le forze terrestri della Nato del Sud Europa. E vogliamo ricordare l’impegno in pace? Friuli, Irpinia, emergenza Covid…quante migliaia di soldati della Duca di Montorio hanno operato in questi contesti? Tutto questo è parte integrante della storia di Verona, è Verona. Ma non c’è un posto dove venga raccontato. Dove la Città ricordi, celebri, i suoi concittadini in grigioverde. Dove si possa ricostruire la storia delle fortificazioni, delle grandi campagne napoleoniche, dei reggimenti che a Verona si sono formati ed istruiti alla battaglia, degli eroi che da Verona hanno sacrificato la loro vita per l’Italia. Nulla di tutto ciò esiste. Così che persino il monumento nazionale alla Divisione Acqui resta un qualcosa di slegato dalla città.

Ecco, al Grande Castelvecchio aggiungiamo un grande Museo dell’Esercito e delle Forze Armate a Verona. Di materiale ce n’è a bizzeffe. Sarebbe un riconoscimento alla nostra comune storia ed una componente importante di quel “circuito culturale” che porterebbe a Verona un indotto incredibile se adeguatamente valorizzato. Il debito verso i Militari non si paga con la mancetta del Circolo a Castelvecchio.

 

Himeji, da fortezza militare a Patrimonio dell’umanità
Da siviaggia.it del 22 settembre 2021

Alla scoperta del castello dell'Airone Bianco in Giappone, Patrimonio Unesco

Un airone bianco, elegante, appoggiato su un colle. Appare così il castello di Himeji, uno dei più imponenti e spettacolari edifici da visitare in Giappone che, da fortezza militare per la difesa della provincia di Harima, è diventato patrimonio Unesco e tesoro nazionale. Sulla cartina puntiamo esattamente tra Kyoto e Hiroshima, nella prefettura di Hyogo. Il castello si erge sulla collina di Himeyama a circa 45 metri di altezza. Una fortificazione imponente che sale sul podio dei castelli più belli dell’intero Giappone, assieme a quelli di Matsumoto e Kumamoto.

La storia del castello di Himeji: le origini dell’Airone Bianco

A guardarlo sembra proprio un airone che apre le sue ali e si posa leggero ad ammirare la città. Il castello di Himeji, che la gente del posto chiama Shirasagi, è davvero imponente, basti pensare alle sue dimensioni: 4 chilometri e duecento metri di circonferenza, 30 torrette, più di 80 edifici dal color bianco gesso che si intrecciano in un dedalo meraviglioso tutto da scoprire, con i tradizionali tetti chidori e kara che si alternano e creano un movimento quasi danzante.

La fortezza dei samurai

Il Castello di Himeji venne costruito come immagine di potere e grandezza, una fortezza per la difesa della provincia di Harima. Le origini sono in realtà molto più antiche: nel 1333 il samurai Akamatsu Norima costruì una fortificazione su questa collinetta, dove sorgeva già un tempio. Il samurai era stato nominato governatore della provincia di Harima dallo shogun Ashikaga Takauji. Fu il figlio di Norima, Sadonori, a trasformare la fortificazione nel primo vero castello nel 1346 allo scopo di proteggere la provincia dagli avversari invasori. Da quel momento, il castello passò di famiglia in famiglia e rimase integro, nonostante feroci battaglie e terremoti.

Un tesoro unico al mondo

Una cittadella più che un castello, composta da corridoi, muri di cinta, palazzi, torri e fortificazioni. La sua struttura è così intricata da essere paragonata ad un labirinto. Tutto ciò era funzionale ad eventuali attacchi nemici: i soldati, infatti, venivano disorientati in questa fortezza inespugnabile. Nel 1931 il castello di Himeji entra a far parte dei Tesori Nazionali del Giappone. Himeji venne risparmiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e non crollò neppure col il terribile terremoto Hanshin del 1995. La sua straordinaria bellezza ed unicità lo fecero entrare di diritto tra i siti Patrimonio UNESCO nel 1993.

 

Dal ghiacciaio dell'Adamello riemerge un proiettile da cannone mai sparato. La Sat: "Guardare e non toccare anche se sembra inerte"
Da ildolomiti.it del 21 settembre 2021

Sul ghiacciaio dell'Adamello è riemerso un reperto bellico della Grande Guerra. La Commissione Glaciologica della Sat spiega: "Si tratta di un proiettile non sparato perché l'anello alla base è intatto e non rigato"

TRENTO. Nonostante le bonifiche che negli ultimi tempi sono state svolte sul ghiacciaio dell’Adamello per ripristinare ed assicurare l’incolumità dei turisti che si muovono in queste zone, è abbastanza frequente nel periodo autunnale di fine ablazione trovare sul proprio percorso reperti bellici.

A prova di questo, la scoperta fatta alcuni giorni fa dagli esperti della Commissione Glaciologica della Sat di un proiettile da cannone ritrovato verso la lingua del ghiacciaio del Mandrone.
“Si tratta di un proiettile del famoso cannone di Cresta Croce il pezzo italiano chiamato anche 149”, spiega la Commissione Glaciologica in un post su facebook.

“In questo caso si tratta di un proiettile non sparato perché l'anello alla base (la corona di forzamento, tipicamente in rame o piombo ed usata nei pezzi di artiglieria a canna rigata) è intatto e non rigato. Spesso i recuperanti nel dopoguerra asportavano dai proiettili questo anello come materiale di più alto valore”.

E’ bene ricordare a tutti gli escursionisti che, nel caso di ritrovamento di un reperto, è bene non toccarlo ma segnalarlo alle autorità competenti. Per quanto, infatti, sia passato ormai oltre un secolo dalla Prima Guerra Mondiale, non bisogna dimenticare che maneggiare questi reperti può rappresentare un serio rischio per la propria incolumità.

“La spoletta mancante – continua infatti la Commissione della Sat - sostituita da un tappo in legno non rende il pezzo meno pericoloso”. E conclude: "Guardare, fotografare e non toccare anche se l'impressione è che sia tutto inerte”.

 

Un tuffo nella storia alla scoperta dei quattro bunker di Pomposa
Da ilrestodelcarlino.it del 21 settembre 2021

Nell’ambito del festival della natura un viaggio nei luoghi meno conosciuti

Nell’ambito del Festival della Natura si terrà sabato prossimo Pomposa-Codigoro-Tresigallo Città Recondite. Un viaggio fra la storia l’arte, l’architettura, la natura e l’enogastronomia del basso ferrarese con una straordinaria visita guidata. Un’intera giornata per scoprire la parte più nascosta del Delta e del Po, attraverso tre suggestive ed esclusive visite guidate all’Abbazia di Pomposa, ai percorsi di archeologia industriale dell’Oasi della Garzaia (ex zuccherificio Eridania) ed alle magnificenze di Tresigallo, la Città Metafisica, sulle orme di una storia condivisa. Sarà un’occasione per scoprire, per la prima volta, i bunker attorno a Pomposa, poiché alla fine della Seconda Guerra Mondiale, divenne avamposto Nazista e i suoi confini "succursale" della più nota "Linea Gotica" di difesa aerea e terrestre. Una visita, anche in accordo con la Cantina "Corte Madonnina" che ha permesso di osservare quelli sulla sua proprietà. Uno dei luoghi più suggestivi del Ferrarese, Pomposa, viene dunque "attrezzato" con i bunker. Proprio in questa zona, si intravede, al di là della nuova strada Romea, una delle postazioni più potenti dello sbarramento, pronta a fermare frontalmente le provenienze da Pomposa. E’ obbligatoria la prenotazione perché evento a numero chiuso.

Per informazioni Iat Pomposa 0533.719110 o iat.pomposa@comune.codigoro.fe.it e prenotazioni www.deltabooking.com.

 

Visita alla Cittadella di Parma
Da gazzettadellemilia del 21 settembre 2021

Notizie storiche, artistiche e culturali su uno dei parchi più frequentati della città. Report e immagini di Antonio Nunno.

di Antonio Nunno Parma, 21 settembre 2021

Parte prima.

La fortezza, dalla forma pentagonale e pentastellata, è circondata da ampio fossato e delimitata da cinque bastioni. Prototipo delle moderne fortificazioni italiane, fu progettata dall’ arch. e ing. Francesco Paciotti (1521-1591), nobile urbinato, presumibilmente tra il 1545 e il 1547, su incarico di Pier Luigi Farnese, primo duca del nobile casato a Parma. Il progetto della Cittadella, almeno sulla carta, ha rappresentato un modello tecnologicamente nuovo, rispetto a quello alto e turrito medioevale ed è stato punto di riferimento per le successive fortezze realizzate in Italia e all’estero, come a Torino e ad Anversa (1572), nelle Fiandre.

La struttura pentagonale incorpora ai lati i cinque bastioni con le cosiddette “traditoie”, “orecchioni”, perture che permettevano alle bocche di fuoco di operare in sicurezza e con sorpresa, con il lancio di pesanti palle di pietra e successivamente di piombo sugli eventuali nemici esterni. All’interno dei bastioni sono ancora visibili i resti delle “casematte” o “piazze basse” tra loro collegate attraverso una galleria (v. immagine). In questi locali, venuti alla luce durante operazioni di scavo, erano sistemate le artiglierie. Il fossato che circondava la fortezza era allagato con poca acqua e risultava fangoso, coperto da melma, per mettere in difficoltà gli eventuali nemici esterni, appesantiti dalle armature. Il progetto prevedeva anche vie di fuga, che permettevano di uscire all’esterno, la cosiddetta “difesa manovrata” utile per prendere alle spalle gli assalitori, per recuperare viveri e altro, in caso di assedio prolungato. Un esempio di quelle sortite che, durante la battaglia di Parma del 18 febbraio 1248, pose fine all’assedio della città da parte dell’imperatore Federico II di Svevia, costretto alla fuga in seguito alla distruzione del suo accampamento “Victoria” e all’abbandono del tesoro e della sua stessa corona imperiale. All’interno della fortezza era presente anche una galleria delle acque, una sorta di acquedotto, essendo la fortezza, al contrario di quella di Piacenza, staccata e lontana dalle mura cittadine. Sul suolo dove sarà costruita la struttura difensiva, esisteva già l’originaria Chiesa dell’Annunziata che, nel 1566, il duca Ottavio Farnese decise di far abbattere e far ricostruire nella sede attuale di Oltretorrente.

La facciata dell’ingresso monumentale della Cittadella fu costruito da Giambattista Barra su progetto di Simone Moschino, nel 1596. Lo scultore orvietano, chiamato dal 1578 a Parma dal duca Ottavio Farnese, fu anche progettista di altre opere architettoniche cittadine. Nel progetto della facciata era sottinteso un asse immaginario che, dal sud, attraverso il ponte di accesso, arrivava fino al nord della Pilotta, sede della corte ducale. La Cittadella fu un’opera voluta e finanziata dalla nobile dinastia Farnese, a Parma dal 1545 al 1731. Per la sua costruzione fu necessario abbattere i bastioni di Porta Nuova e dello Stradello oltre la deviazione del Canale maggiore. Alla sua realizzazione, che doveva celebrare la grandezza del casato all’interno e all’esterno del ducato, si sono succeduti Pier Luigi, Ottavio, Alessandro e Ranuccio I Farnese. Nei secoli successivi i loro discendenti perfezionarono in parte il sistema difensivo originario, a parte qualche modifica fatta realizzare da Carlo III Borbone con la costruzione di trincee ed edifici per l’esercito. Lo stesso Napoleone, prima temuto e poi acclamato, conquistò la città senza colpo ferire e non cambiò più di tanto la struttura. Sul progetto del Paciotti subentrarono altri tecnici come Giovanni Antonio Stirpio de’ Brunelli da Busseto, Bresciani e Smeraldo Smeraldi. I lavori di realizzazione della fortezza ebbero inizio nel decennio 1580-1590 e proseguirono anche oltre. La costruzione richiese più tempo del previsto e diede origine a molti problemi di natura tecnica, contabile e a controversie tra il committente dell’opera duca Alessandro, impegnato nelle Fiandre a combattere per gli Spagnoli, il Comune e gli interessi spesso contrastanti tra i casati nobiliari della città, che curavano la parte finanziaria. A seguito di ulteriori intrighi e sospetti, il tecnico incaricato dell’opera Stirpio de’ Brunelli fu richiamato nelle Fiandre dal duca farnese e sostituito da Smeraldo Smeraldi. Nel biennio 1591-92, fu registrato un deficit di 100.000 ducati d’oro nella contabilità dei lavori. Lo sforzo finanziario enorme, messo in campo dal duca Farnese, servì anche a dare lavoro a molti popolani e a ridurre le frequenti proteste della popolazione, afflitta da carestie e indigenza. Nel corso dei secoli successivi, il suo interno prese l’aspetto proprio di una caserma, con strutture atte ad ospitare soldati, prigioni, corpi di guardia, magazzini, appartamento del castellano e anche una casa per il sacerdote. In una mappa della Cittadella risalente al 1840 la fortezza è denominata “Castello”.

Parte seconda

L’importanza della struttura difensiva della Cittadella subì nel corso del tempo una fase di decadenza, sia per effetto delle nuove tecniche di costruzione raggiunte nel settore delle fortificazioni e per l’uso di nuove artiglierie e macchine da guerra, sia a causa della crisi politica che investì il territorio di Parma, un tempo baricentro strategico rispetto alle potenze confinanti del territorio lombardo a nord e di quello toscano e dello Stato Pontificio a sud. La Cittadella continuò ad ospitare guarnigioni militari nelle caserme ricavate al suo interno fino all’Unità d’Italia e anche dopo, fino al 1945. All’interno del portale d’ingresso principale è possibile notare ai due lati contrapposti due lastre di marmo commemorative. A destra entrando, quella dedicata al conte Alberto di Neipperg (1828), tenente maresciallo tedesco, di antica e nobile famiglia tedesca, secondo marito di Maria Luigia, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla (1814-1847). Durante questo periodo, la fortezza ospitò un Reggimento di fanteria con relative parate. Nel 1818 si era insediato anche il Collegio Militare poi diventata Scuola Militare. Sul lato sinistro, invece, vengono ricordati i Reggimenti di Cavalleria, prima a cavallo e poi motorizzati, dai Dragoni, ai Lancieri e ai Cavalleggeri ivi addestrati e collocati a difesa del territorio, nel periodo dal 1859 al 1943. Bisogna dire che la fortificazione, durante il corso della sua esistenza, non è stato teatro di battaglie. Unico scontro a fuoco da registrare, seguito da breve resistenza e resa degli assediati, è stato quello avvenuto dopo l’8 settembre del 1943, tra le Guide Cavalleria presenti all’interno della caserma e i reparti e i Panzer della Divisione corazzata SS “Hitler”, che avevano occupato la città. Come già avvenuto con Carlo III Borbone, la caserma fu utilizzata come prigione per settemila militari italiani rastrellati dai tedeschi e poi destinati ai campi di concentramento oltre che per gli oppositori politici, per i sospettati di appartenere alla Resistenza e come luogo di tortura. Al momento di abbandonare la città e la caserma, gli stessi nazisti fecero saltare in aria gran parte della struttura interna, compresa la porta di uscita posteriore, che sarà ricostruita nel dopoguerra, insieme a una riduzione del fossato esterno, per venire incontro alla necessità di espansione edilizia della città. Dal 1947 il Demanio militare cedette al Comune la struttura per la realizzazione di un parco cittadino, che ancora oggi continuiamo ad ammirare e a utilizzare. Da notare che nel 1894, la fortezza rischiò di essere abbattuta per iniziativa del Sindaco pro-tempore Giovanni Mariotti, il cosiddetto “modernizzatore”, insieme alle mura storiche della città. Il progetto non fu realizzato perché la caserma era un bene del Demanio militare. Solamente nel 1947, il Demanio cedette il bene militare al Comune di Parma per farne un parco cittadino.

Nel 2009, la Cittadella subì un importante restauro per iniziativa del Comune, progetto dello studio Canali, finalizzato alla sistemazione del verde e dei giardini, complessivamente 120.000 mq di superficie esterna e interna oltre al consolidamento delle strutture architettoniche. Al suo interno, oggi, sono presenti campi di pallacanestro, bar, servizi igienici, aree attrezzate con giochi per bambini. Anche la struttura dell’ex Ostello, a suo tempo sorto su una storica area di campeggio, ora “LOSTELLO”, è stato ristrutturato dal Comune e dedicato alla comunità, luogo aperto a tutti ma anche luogo di formazione e di crescita per disabili. Nella parte alta della ex fortezza, sono presenti le piste per la pratica sportiva dello jogging, con opportune segnaletiche a schermo. Il parco cittadino ospita numerosi eventi e rappresentazioni, dal luna park di tarda primavera alle giornate dell’arte e della creatività, esibizioni musicali. Storico il concerto del grande maestro Ennio Morricone del 24 giugno 2018. Il Comune ha presentato di recente anche un nuovo progetto per la sistemazione dell’area verde, quella dei giochi, l’apertura di un terzo ingresso e una diversa distribuzione degli spazi interni. La proposta è seguita con molta attenzione dalla popolazione, in particolare, da parte di quella residente nel quartiere. Il parco, nella zona più verde della città, è aperto gratuitamente, dalle ore 7.00-20.00 da novembre a marzo e dalle ore 7.00-21.00 da aprile a ottobre.

 

Bunker tedesco in perfetto stato scoperto in campagna lungo la linea gotica. Verrà fatto controllare da esperti
Da ilgazzettino.it del 20 settembre 2021

MONTELABBATE E’ stato scoperto qualche giorno fa un bunker tedesco originale, intatto e ben conservato, la cui esistenza era nota ai cittadini dai racconti di guerra.

Situato in una zona impervia lungo la Linea Gotica a Quota 89, nella frazione di Montecchio, il bunker è stato riscoperto dal fotografo Bruno Olivi che lo ha ritratto nei suoi scatti.

Da questi si nota l’ingresso del bunker e il cunicolo sul quale si apre un passaggio laterale...

 

Museo Pietro Micca: visitare le gallerie sotterranee dell’Assedio di Torino
Da mole24.it del 20 settembre 2021

A Torino c’è una vera e propria città sotterranea sotto la città, che pochi conoscono. Si tratta del sistema di tunnel e gallerie che, insieme alle mura fortificate, garantivano la difesa di Torino nel Settecento. A ridare luce a questo mondo sommerso è il Museo Pietro Micca e dell’Assedio di Torino del 1706.

Un museo dedicato alla figura di Pietro Micca e alle sue gesta che hanno permesso la liberazione della città dalle truppe francesi. Un luogo intriso di storia e umanità assolutamente da scoprire.

C’era una volta la Cittadella

Il Museo Pietro Micca si trova in via Francesco Guicciardini, alle spalle della stazione Porta Susa di Torino. Una zona particolarmente frequentata oggi come oggi. Ma andando a ritroso di quasi 500 anni, si presentava pressoché deserta: qui, infatti, sorgevano solamente le mura difensive della città. Quando Torino venne scelta come capitale del ducato sabaudo nel 1563, i migliori ingegneri militari si prestarono per costruire un polo militare inespugnabile. Fu così che nacque la Cittadella, una fortezza pentagonale ammirata e copiata in tutta Europa, di cui oggi ci rimane soltanto una parte: il Mastio (visibile da Corso Galileo Ferraris e via Cernaia).
Rappresentava il potere sabaudo in tutto e per tutto, fulcro della difesa torinese contro ogni tipo di attacco. Negli anni a seguire, una serie di interventi rafforzarono ulteriormente la struttura cinquecentesca, introducendo un nuovo anello di fortini e una seconda linea di controguardia.

Persino Sèbastien Le Prestre, uno dei più grandi ingegneri militari e figura di riferimento del Re Sole, cercò di convincere il re di Francia a non concentrare l’assedio sulla Cittadella. Le Prestre, infatti, conosceva bene la realtà torinese e sapeva che i francesi avrebbero avuto difficoltà nell’espugnarla. E così fu. Quando nel 1706 iniziò l’assedio da parte dei francesi, Torino si presentò ben coperta. Non solo dalla cerchia di mura e dalla fortezza della Cittadella, ma anche da una rete di gallerie nascoste che furono determinanti a rendere efficace la difesa.

Lo sviluppo urbanistico della città negli anni ha lasciato ben poche tracce delle fortificazioni. La Cittadella, per esempio, fu demolita nell’Ottocento, per ordine di Napoleone. In compenso, la rete di tunnel e gallerie si è mantenuta pressoché intatta. Grazie agli scavi sono venuti alla luce 14 km di passaggi sotterranei di cui 9 percorribili.

Passaggi scavati e costruiti da decine e decine di minatori e operai. Tra questi c’era anche Pietro Micca, un semplice minatore che, nella notte tra il 29 e il 30 agosto del 1706 si sacrificò per salvare i suoi compagni. Fece crollare una galleria con un esplosivo, bloccando le truppe francesi all’interno della Cittadella.

Il Museo Pietro Micca e dell’Assedio di Torino del 1706

L’episodio dell’Assedio di Torino del 1706 è molto caro alla storia del territorio. Tant’è che un gruppo di storici e appassionati ne ha voluto fare un museo dedicato.
Il Museo Pietro Micca, in particolare, documenta gli eventi che si svolsero durante l’assedio, ma non solo. Racconta l’umanità di Pietro Micca e dei suoi compagni che per quattro lunghi mesi hanno resistito all’attacco con dignità e coraggio. Non a caso il museo sorge nel punto in cui, durante l’assedio, i francesi riuscirono a piazzare due pezzi d’artiglieria che fecero esplodere parte delle mura difensive della Cittadella.

La sua fondazione risale al 1961 (in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’Unità d’Italia), anche se, in realtà, il primo progetto di musealizzazione in assoluto si pone agli inizi del Novecento. Furono le ricerche condotte dal colonnello Pietro Magni a svelare il primo ampio settore sotterraneo: le gallerie della mezzaluna del Soccorso, rese accessibili ai primi visitatori fin dal 1913.
Qualche decennio dopo, alcuni scavi condotti dal capitano Guido Amoretti fecero uscire allo scoperto l’intero sistema di gallerie contromina sotto la Cittadella. Durante la seconda guerra mondiale furono usate come rifugio antiaereo per poi essere nuovamente abbandonate.

Finalmente, nel 1958, la Città di Torino insieme al Genio Civile e all’Esercito Italiano procedette a svelare i tunnel sotterranei. Gli scavi consentirono il recupero integrale delle gallerie contromina e della celebre scala di Pietro Micca, l’eroe dell’Assedio a cui è intitolato il museo. L’inaugurazione si tenne il 14 maggio 1961: la sede scelta è un edificio su due piani, di cui uno interrato, direttamente collegato alle gallerie sotterranee, vero fulcro del museo. Oltre ai cimeli, i reperti, i dipinti e le stampe esposte nelle sale, infatti, la parte più viva del Museo Pietro Micca è sicuramente il sistema di gallerie visitabili.

Un suggestivo museo che mette il luce la storia di Torino – quella che passa dai sotterranei – che ha reso grande la città e i cittadini. E che si trascina dietro un pizzico di mistero: alcune testimonianze parlano, infatti, di strane apparizioni tra le gallerie.

Visitare il Museo Pietro Micca Torino

Il museo Pietro Micca è articolato su due saloni, uno al piano terreno e uno interrato, dove sono esposti modellini, una serie di reperti rinvenuti negli scavi e cimeli d’epoca. Tra questi si può ammirare il monumento di Giuseppe Bogliani a Pietro Micca, il minatore che con il suo eroismo permise alla città di difendersi dall’Assedio, commissionato dal re Carlo Alberto nel 1834.
La visita prosegue poi nei sotterranei, lungo le gallerie di contromina della Mezzaluna del Soccorso, rievocando l’episodio di cui fu protagonista Pietro Micca, nella notte tra il 29 ed il 30 agosto 1706. Dal 1968 è l’Associazione Amici del Museo Pietro Micca ad occuparsi del servizio di guida per i visitatori. Tra i vari gruppi che costituiscono l’associazione vi è anche il “Gruppo Storico Pietro Micca della città di Torino” che anima e organizza periodicamente rievocazioni storiche tra le vie del centro.

Museo Pietro Micca Biglietti

Vista la normativa anti-contagio in vigore, le visite al Museo Pietro Micca sono a numero contingentato e su prenotazione.

Per accedere è richiesto, inoltre, il possesso di Green Pass.
Il costo del biglietto è veramente modico:
• Intero: 3 €
• Ridotto: 2 €
• Gratis per le scolaresche

Museo Pietro Micca Orari

È possibile prenotare una visita guidata al museo nei seguenti giorni:
• Dal martedì al sabato: ore 10:30 – 14:30 – 16:30
• La domenica: ore 10:30 – 14:30 – 15:30 – 16:30
Chiuso il lunedì.
Ingressi speciali:
Il primo venerdì del mese l’ingresso è gratuito a partire dalle 13

Per informazioni e prenotazioni
• Tel: 011 01167580
• E-mail: info@museopietromicca.it
• Indirizzo: via Francesco Guicciardini 7/A
• Sito web: www.museopietromicca.it

 

Le Giornate Nazionali dei Castelli a Taurasi, Teano, Agropoli e Napoli
Da retesei.com del 20 settembre 2021

Sabato e domenica prossimi (25 e 26 settembre) si svolgeranno in tutt’Italia le Giornate Nazionali dei Castelli 2021, manifestazione annualmente promossa dall’Istituto Italiano dei Castelli, che giunge quest’anno alla sua ventiduesima edizione. Le iniziative, patrocinate dal Ministero della Cultura ed inserite quest’anno, eccezionalmente, nelle Giornate Europee del Patrimonio, comprenderanno in Campania l’apertura del bellissimo borgo murato di Taurasi (AV) con il suo castello di origini normanne, ed una serie di eventi collaterali – tra visite e tavole rotonde -, ai castelli di Agropoli, Teano e Napoli, con lo splendido Castel dell’Ovo (info e prenotazioni: castellicampania@virgilio.it – castellicampania@gmail.com – obbligatorio il green pass per tutte le manifestazioni).

Ecco il programma dettagliato delle singole iniziative:
Taurasi (AV) Sabato 25 – visite guidate al castello ed al borgo: ore 9 – 12,30 – 15 –17,30. Domenica 26 ore 10,00 convegno sul restauro e la valorizzazione dei castelli in area Irpina. A cura della Pro Loco e dell’Istituto Italiano dei Castelli.
Prenotazione obbligatoria: infopointaurasi@gmail.com, tel. e wzp
3714967384 oppure castellicampania@gmail.com tel. e wzp 333 6636614

Agropoli (SA) Sabato 25 – domenica 26 – visite guidate al castello: ore 10 – 12 a cura dell’Istituto Italiano dei Castelli. Prenotazione obbligatoria e Info: castellicampania@gmail.com Tel. e wzp 339 8605936

Teano (CE) Sabato 25 – Complesso monumentale del “Loggione e Cavallerizza” ore 17,00: conferenza del Prof. Nicola Busino (Università Luigi Vanvitelli) A difesa delle frontiere: la Campania settentrionale in età longobarda. domenica 26 – visite guidate al Castello di Teano: ore 10 – 13 – 15 – 18 a cura delle pro loco e dell’Istituto Italiano dei Castelli. Info eprenotazioni: info@prolocoteanoeborghi.com tel e wzp 3281140664 –  castellicampania@gmail.com tel e wzp 333 6853918

Napoli. Apertura straordinaria della prestigiosa sede dell’Istituto Italiano dei Castelli, a Castel dell’Ovo. Qui è stato allestito un micro museo sperimentale con video proiezioni e mostre sui castelli della città; inoltre, nella suggestiva cisterna medievale, è stato recentemente ricomposto l’uovo incantato di Virgilio cui si deve il cambio di denominazione del castello – in origine del Salvatore – in castello dell’Uovo Incantato, avvenuta nel basso medioevo.

La Campania è anche la sezione dell’Istituto Italiano Castelli più attiva sui social: sulle pagine Facebook e Instagram (https://www.instagram.com/castellicampania_iic/) è possibile prenotarsi agli eventi in presenza e online, prenotare visite guidate e tour castellani gratuiti, partecipare a contest fotografici, o semplicemente leggere post approfonditi sulle architetture fortificate della regione.

Recentemente è stato realizzato il nuovo sito web regionale dedicato ai castelli e alle fortificazioni della Campania, in corso di trasformazione in un vero e proprio portale di informazioni castellane (www.castcampania.it).

 

Giornate del patrimonio Passeggiate e visite al Forte Marghera
Da nuovavenezia.it del 19 settembre 2021

Anche quest’anno il Comune di Venezia - in collaborazione con la Fondazione Forte Marghera, Vela ed Europe Direct - aderisce all’iniziativa promossa dal Consiglio d’Europa per le Giornate Europee del Patrimonio - Passeggiate Patrimoniali - il cui titolo, per l’edizione 2021, è “Heritage. All inclusive” (“Patrimonio. Tutti inclusi”).

Nel prossimo week end visite guidate ed escursioni.

La proposta si concentra sulla conoscenza di Forte Marghera, intende diffondere la cultura e la storia del territorio promuovendone le sue specificità e in quest’ottica s’inserisce a pieno titolo nelle celebrazioni per il 1600 anni dalla nascita di Venezia. Forte Marghera - spiegano gli organizzatori - si configura come una sorta di piccola cittadella immersa nel verde alle porte di Mestre. —

 

Un circuito di ciclismo all’ex base missilistica
Da nuovavenezia.it del 17 settembre 2021

All’interno dell’ex base missilistica di Peseggia sorgerà un circuito di ciclismo e ciclocross. Di recente la giunta di Nais Marcon ha approvato il progetto definitivo ed esecutivo. La spesa da sostenere è di poco meno di 40 mila euro. Il finanziamento avverrà in gran parte attraverso soldi regionali, oltre 27.500 euro, mentre gli altri 12.300 euro arriveranno da fondi del Comune già messi a bilancio.

Sarà realizzato un sottofondo stradale con stesa di stabilizzato che permetterà, una volta che il materiale si sarà assestato, l’uso della pista non solo ai ciclisti, ma anche a chi è amante della disciplina del ciclocross. L’idea è che possa diventare un polo attrattivo anche per chi viene da fuori comune. Dunque si tratta di un nuovo passo per completare quei lavori dentro e all’estero dell’area verde di via Spangaro che dovrà diventare sempre più il polmone ambientale del Comune di Scorzè e uno di quelli del Miranese. Una vocazione già decisa quando arrivò il via libera ufficiale dell’Agenzia del Demanio con la consegna formale delle chiavi. Ora l’ex base missilistica si sta trasformando in un’oasi naturale con la presenza di flora e fauna tipica della zona. In passato ha già ospitato delle iniziative all’aria aperta. Da quando è passata al Comune, la zona sta subendo una trasformazione con una serie di progetti. L’obiettivo è di farla diventare un vero e proprio punto di ritrovo per i cittadini. Si tratta di 18 ettari di superficie dismessi ancora nel 2009. Non si registra alcuna attività dal lontano 1996. —

 

Sette splendide fortezze Russe andate distrutte per sempre
Da rbth.com del 17 settembre 2021

Di Aleksandra Guzeva

Molte fortificazioni, anche le più potenti, sono andate distrutte. Ma le possiamo ammirare ancora oggi grazie a vecchie incisioni, dipinti e fotografie

1 / Kitaj Gorod

Il Cremlino non era l'unica fortezza di Mosca: a metà del XVI secolo Elena Glinskaja, la reggente del trono russo e madre di Ivan il Terribile, decise di far costruire un'altra linea di difesa intorno al cuore della capitale: il muro di Kitaj Gorod, lungo 2,5 km, fu eretto in tempo record.

Era più basso ma più spesso di quello del Cremlino e più adatto all'installazione dei cannoni. Il muro resistette a diversi attacchi. Fino a quando, alla fine del XVIII secolo, perse la sua importanza come struttura difensiva.

Per molto tempo rimase solo un simbolo della vecchia Mosca, ma durante il periodo di Stalin venne ricostruita l’intera città: le strade dovevano essere allargate e dovevano nascerne di nuove, e il muro di Kitaj Gorod si rivelò d’intralcio.

Per questo negli anni ‘30 venne demolito; sono sopravvissute solo alcune sezioni di muro, restaurate negli anni '90 e 2000.

2 / Belyj Gorod

Un altro anello fortificato intorno a Mosca era formato dal muro Belyj Gorod [Città Bianca], che fu costruito intorno a Kitaj-gorod alla fine del XVI secolo.

Durante il Periodo dei Torbidi il muro venne gravemente danneggiato, divenendo pressoché inservibile per proteggere la città.

Così fu smantellato e le sue pietre usate per costruire case. Alla fine del XVIII secolo, Caterina II ordinò di demolire il muro e al suo posto apparve una strada: l'attuale Anello dei Giardini.

In alcuni luoghi si possono ammirare i resti delle fondamenta del muro, ad esempio in piazza Khokhlovskaya.

Una di queste sezioni del muro fa ora parte di uno spazio pubblico alla moda conosciuto come Yama.

 

3 / Il Cremlino di Serpukhov

Non solo Mosca: molte città russe avevano il proprio cremlino, che serviva come fortificazione; attualmente nella Regione di Mosca se ne contano una dozzina.

Molti cremlini, però, non sono sopravvissuti fino ai nostri giorni. Ad esempio, del cremlino di Serpukhov, costruito nel XIV secolo, non restano che alcuni frammenti.

Fu eretto per essere un'importante struttura difensiva nel percorso che compivano i tartari-mongoli verso Mosca.

A metà del XVIII secolo, però, Serpukhov perse completamente la sua importanza militare e il muro iniziò a essere smantellato; negli anni '30, i resti di questa costruzione furono usati per realizzare la metropolitana di Mosca.

Oggi la collina sulla quale un tempo sorgeva il Cremlino di Serpukhov è chiamata Sobornaya Gora [Collina della Cattedrale].

4 / Il Cremlino di Irkutsk

Sarebbe stato il cremlino più orientale della Russia se fosse sopravvissuto fino a noi.

Ma oggi in Siberia si conta un solo cremlino: quello di Tobolsk. Nel XVII secolo, durante la conquista russa della Siberia orientale, a Irkutsk fu eretto un primo forte in legno, al posto del quale più tardi venne costruito il cremlino.

Per tutta la durata della sua storia non dovette difendersi da nessuno e, quando i confini della Russia si espansero, la fortezza perse completamente la sua ragion d'essere; inoltre, fu gravemente danneggiata da un grande incendio.

Nel XIX secolo, sul sito dell'ex cremlino fu allestito un giardino e l'unico ricordo che ancora esiste è la Chiesa del Salvatore, uno degli edifici in pietra più antichi della città.

 

5 / Vladimir Detinets

Nei secoli XII-XIV, la città di Vladimir, a 200 km da Mosca, era la capitale del più potente principato russo e aspirava a diventare la capitale di tutta la Russia.

Nel XII secolo lì fu costruito un formidabile sistema di fortificazione con bastioni di terra e diversi livelli di mura fortificate.

Il muro però venne gravemente danneggiato durante l'assalto tataro-mongolo alla città, nel XIII secolo. Più tardi fu ricostruito ma, mentre Mosca si rafforzava, Vladimir perse gradualmente la sua importanza; il muro si sgretolò e alla fine andò distrutto.

Ad ogni modo sono sopravvissuti fino a noi alcuni edifici in pietra risalenti al XII secolo: la Cattedrale della Dormizione e la Porta d'Oro di Vladimir. Secondo la leggenda, nel 1767 una carrozza che trasportava Caterina II sarebbe rimasta bloccata in una pozzanghera mentre entrava a Vladimir attraverso la Porta d'Oro. L'imperatrice arrabbiata ordinò che venissero livellati gli antichi bastioni di terra per facilitare l’ingresso dalla porta. Nella parte sinistra della foto è possibile vedere il frammento di uno dei bastioni.

6 / La fortezza Yam

Oggi qui sorge la città di Kingisepp, nella regione di Leningrado; ma nel XIV secolo la Repubblica di Novgorod costruì un forte sulla riva del fiume Luga per proteggere la repubblica dall'Ordine Livoniano.

Costruita in tempo record (33 giorni), la fortezza Yam resistette a tutti i suoi numerosi assedi.

Fu poi catturata dagli svedesi che la ricostruirono di nuovo e, infine, nel 1703, fu riconquistata da Pietro il Grande.

Il pericolo rappresentato dagli svedesi tramontò e la fortezza fu smantellata.

Ora al suo posto si schiude un parco che ospita un grande sito archeologico con i resti delle mura costruite in secoli diversi.

7 / La fortezza di Ostrov

Sul confine occidentale della Russia antica, nella regione di Pskov, vi era un gran numero di fortezze difensive, costruite per respingere gli attacchi dell'Ordine Livoniano.

Una di queste - la Fortezza di Izborsk - ha resistito a diversi assedi ed è sopravvissuta fino ad oggi.

Ma il forte della città di Ostrov non ebbe questa fortuna: fu gravemente danneggiato dall'esercito del re polacco Stefano I Báthory alla fine del XVI secolo; dopo di che la città cadde in rovina e non ci fu bisogno di ricostruire le sue fortificazioni.

Nel XVII secolo la fortezza finì quasi completamente a pezzi. Durante la Seconda guerra mondiale, Ostrov fu occupata dai nazisti che distrussero ciò che rimaneva delle vecchie costruzioni.

Oggi della Fortezza di Ostrov non resta che una chiesa in pietra: la Chiesa di San Nicola Taumaturgo, costruita nel 1542.

 

Le trincee e i bunker dei Monti Campiani
Da popolis.it del 16 settembre 2021

Una facile escursione adatta a tutti per riscoprire storia e misteri a due passi da Brescia, domenica 19 settembre

Collebeato, Brescia. La meta delle escursioni dei bresciani è senz’altro il Parco delle Colline, la più estesa area verde della città. Riconosciuto “parco locale di interesse sovracomunale” (PLIS), con i suoi oltre 4.000 ettari il Parco delle Colline è un importantissimo ecosistema di interesse europeo. Si estende dal Comune di Brescia fino a Bovezzo, Cellatica, Rezzato, Rodengo Saiano e Collebeato e proprio nelle vicinanze di quest’ultimo, sui monti Campiani, ci sono bunker e trincee che raccontano la storia e non manca il mistero di un fantomatico tesoro sepolto. Per scoprire la bellezza dei colori pastello autunnali delle colline del parco e immergersi nelle storia e nel mistero l’associazione Extreme Adventure organizza una facile escursione adatta a tutti per riscoprire la storia a due passi da Brescia. Domenica 19 settembre dalle 9.45 una gita di 2 ore circa, di livello facile.

Sulla collina si trovano, trincee, bunker e vari camminamenti tutti collegati tra loro, anche con passaggi sotterranei scavati nella roccia. La parte dei tunnel sotterranei è la più interessante, un labirinto di cunicoli che mettono in collegamento le varie zone e parti della struttura. Si tatta di trincee costruite dai prigionieri dell’impero Austroungarico durante la prima guerra mondiale ed usati dalla contraerea italiana contro i bombardamenti degli aerei Inglesi e Americani nella seconda Guerra mondiale.

Ma c’è anche un mistero che narra di un tesoro nascosto dai nazisti, circolano infatti voci, racconti di anziani, di un fantomatico tesoro nazista sepolto tra le macerie dei bunker dei monti Campiani. Secondo le voci, l’esercito Tedesco nel 1944 durante la ritirata in direzione della Valle Trompia per alleggerirsi sotterrò un tesoro sui Campiani. Si dice che il tesoro fosse costituito da 10 casse piene di lingotti in oro. Non esiste una fonte storica o perlomeno attendibile riguardo a questo racconto, quindi non resta che inserirla in tante altre dicerie relative a presunti tesori sepolti dell’epoca.


Tra storia e leggende ecco il Il programma della facile ma affasciante escursione di domenica 19 settembre:

Visiteremo e racconteremo la storia e le leggende dei tunnel, bunker e trincee dei Monti Campiani.
Tre tappe principali:
-il deposito (tunnel)
-il bunker con postazione fucilieri
-i tunnel con le torrette di difesa

Ritrovo:
primo turno ore 9.45
secondo turno ore 13.45
terzo turno ora 16.45 (da confermare in base alle richieste) in via Campiani 36 a Collebeato (BS) c’è un parcheggio poco prima del ristorante Merlo.

La partecipazione a numero chiuso, posti limitati, necessarie scarpe da trekking o calzature comode con una buona aderenza al terreno e vestiti comodi, ci si sporca! Ogni partecipante avrà in dotazione un casco con torcia e guanti.
Quota di partecipazione da versare in loco, comprende assicurazione: 15 € adulti 5 € minori di 12 anni.

Per partecipare clicca su “partecipo” nell’evento Facebook (qui il link)e conferma la partecipazione scrivendo via messenger alla pagina Xtreme o via mail a info@xtremeadventure.it Verranno adottate tutte le misure anti-covid in vigore. Per ulteriori informazioni: info@xtremeadventure.it

 

IL SOGNO D’OCCIDENTE È IL BUNKER
Da idiavoli.com del 16 settembre 2021

Mentre nel pieno di una pandemia l’uomo attraversa città deserte e alienate, la North Star Missile Silo annuncia che nuove soluzioni abitative sono finalmente disponibili: a soli 750mila dollari di base d’asta è infatti possibile acquistare come casa un silo costruito interamente sottoterra, reso impenetrabile da tonnellate d’acciaio e dotato di serre idroponiche per la coltivazione, a decine di metri di rofondità. Benvenuti nel sogno d’Occidente, benvenuti nella dimora dell’antropocene. Benvenuti nel bunker.

Costruito interamente sottoterra, il silo è una delle strutture più impenetrabili mai realizzate dall’uomo, con le sue oltre seicento tonnellate di acciaio utilizzate per armare il cemento di pareti spesse quasi due metri. Il dépliant informativo avverte poi come i due piani del centro di controllo – accessibili da due rampe di scale in ferro battuto che scendono per sei metri verso il centro della terra –, possano diventare due comodi appartamenti. O, in alternativa, una sede di rappresentanza e una serra idroponica.
Attraversata una doppia porta d’acciaio, ciascuna dal peso di oltre tremila kilogrammi, si accede a un lungo tunnel orizzontale, costruito in puro stile 2001: Odissea nello spazio, che porta al silo vero e proprio: un cilindro di 15 metri di diametro in larghezza che scende per altri 55 metri in profondità nelle viscere della terra. Già suddiviso in otto comparti in fase di costruzione, la brochure pubblicitaria ammonisce che il silo una volta rinnovato potrà ospitare altri otto tra monolocali, depositi, cantine. Benvenuti nel sogno d’Occidente, benvenuti nella casa dell’antropocene. Se

Se la rigida organizzazione dello spazio, del tempo e dei corpi nei campi di concentramento nazisti sono stati l’apogeo del modo di produzione capitalista, la fine di quell’incubo arrivata con la morte di Adolf Hitler nel Führerbunker – il complesso di trenta stanze protette da muri di calcestruzzo spessi quattro metri e situate otto metri sotto il livello del terreno su cui sorgeva la Reichskanzlei (Cancelleria del Reich) – rappresenta invece il culmine dello stile di vita imposto da quello stesso modo di produzione: alienazione e distanza. Ben prima che la pandemia rendesse plastiche la prigionia e le paure delle nostre vite. Finita la Seconda guerra mondiale, non termina l’incubo. La ricostruzione del mondo occidentale avviene sotto gli stessi influssi: terrore , protezione, difesa. Follia. La Guerra fredda penetra nelle viscere dell’essere umano, gela il sangue, inaridisce il cuore. Paura dei missili, paura della bomba, paura del diverso, se i modi di produzione sul lavoro cambiano di poco o nulla rispetto all’orrore supremo, l’urbanistica si concentra nella sua funzione uguale e contraria: l’ isolamento. La Città del Sole delle antiche utopie mistiche e libertarie diventa nei progetti di architetti e urbanisti altrettanto mistici e libertari un luogo completamente autosufficiente, isolato e indipendente, regolato al suo interno dai ritmi dal lavoro e della produzione. È la fusione a freddo del campo e del bunker. Chi può dentro, tutti gli altri fuori. Chi è dentro  degno, è cittadino; chi è fuori è sacer , spendibile, privo di diritti e tutele.
Su tutto domina il concetto di sparizione . Se ne occupa nella sua tesi di laurea un giovane urbanista, destinato a diventare uno dei più importanti filosofi della contemporaneità indagando i concetti di velocità e catastrofe. Bunker Archéologie (pubblicato poi nel 1975) di Paul Virilio indaga il senso di alienazione, isolamento e sparizione che dai bunker costruiti dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale arriva fino ai giorni nostri. Queste cripte che prefigurano la resurrezione non sono altro che sentenze di morte: autodafé di una vita che teme di essere vissuta. Che chiede solo di scomparire .

Mentre altrove orde di disperati in fuga da fame, guerre, carestie e cambiamenti climatici affollano le città, facendo sì che il 2009 sia il primo anno nella storia dell’umanità in cui la popolazione urbana supera quella rurale, in Occidente si assiste al processo inverso: si abbandonano i centri per inseguire utopiche comunità periferiche la cui caratteristica è la stessa del bunker. Alienazione, distanza, isolamento. Sparizione. La pandemia non fa altro che portare alla luce tutti i processi che l’hanno preceduta: devastazione dello stato sociale, delle tutele e della sanità pubblica da una parte, dissoluzione dei luoghi d’incontro e comunità dall’altro. Si può solo transitare da una gated community all’altra. I famosi non luoghi come aeroporti e centri commerciali raccontati da Marc Augé, dov’è possibile unicamente il rapido passaggio isolato e impossibile ogni lento ozio collettivo, si accompagnano alla motorizzazione delle strade, alla chiusura degli spazi pubblici. Addirittura alla costruzione delle barriere architettoniche nei centri urbani per impedire la sosta: all’homo sacer come al cittadino dotato di ogni diritto. Nessuno – o quasi – è escluso dalle ordinanze sul decoro, dall’ igienizzazione dello spazio pubblico. La tecnologia rende ogni appartamento autosufficiente, la grande distribuzione ripulisce le strade dal vagare ozioso del flaneur, la logistica permette di non uscire mai di casa.
Tutto questo avviene prima della pandemia. Tutto questo era stato scritto già nel 1975, quando esce la raccolta di saggi di Virilio sotto il nome di Bunker Archéologie e quando esce High Rise , l’inquietante e perturbante romanzo di James G. Ballard che squarcia il velo sulla società atomizzata delle realtà urbane occidentali: isole di cemento in cui all’uomo è permesso solo impazzire in esplosioni di violenza mai viste prima. Il bunker protegge dall’esterno tanto quanto libera la follia che lo abita all’interno.

Nell’alba dei morti viventi chiusi in un supermercato (o in un aeroporto, un condominio o una gated community) è impossibile vedere sorgere il sole. Lo scrive anche Mark O’ Connell, già autore di Essere una macchina (Adelphi, 2018) nel suo ultimo libro Appunti da un’Apocalisse (Il Saggiatore, 2021) quando racconta del suo viaggio in Sud Dakota nel complesso di bunker di superlusso per miliardari impauriti: «575 magazzini di armi smantellate, enormi strutture di acciaio e cemento progettate per resistere a esplosioni fino a mezzo megatone di potenza. [Destinati agli…] americani desiderosi di proteggere se stessi e la propria famiglia da una varietà di possibili eventi definitivi – la guerra nucleare, ovviamente, ma anche l’attacco di forze elettromagnetiche e gigantesche eruzioni solari e l’impatto di asteroidi e pandemie di virus devastanti». Era l’epoca delle sanzioni e della temuta guerra con la Corea del Nord. Nonostante la guerra sia finita, o non ci sia mai stata, il sogno del bunker è rimasto . Il mondo fa paura: meglio nascondersi, meglio sparire. E così il 18 agosto 2021, mentre nel pieno di una pandemia globale l’uomo attraversa città deserte e alienate, tormentato dalle notizie che arrivano dall’Afghanistan, la North Star Missile Silo annuncia su Facebook che l’incubo del campo e del bunker è finalmente a portata di tutti: a soli 750mila dollari di base d’asta – il prezzo di un monolocale a New York, o di una tipica villetta nei sobborghi di Austin, Texas - è possibile acquistare come abitazione privata un bunker inespugnabile costruito in un silo. Il cratere di una ex base missilistica nucleare dell’esercito americano nel cuore del Kansas.

Il bunker pubblicizzato dall’azienda fa parte di un complesso di una ventina di silos per il lancio di missili intercontinentali costruiti dall’esercito americano alla fine degli anni Cinquanta. In piena Guerra fredda. Quando il Führerbunker invece che un lontano incubo del passato era entrato nelle nostre vite come il sogno cui tendere, l’utopia da realizzare. La scelta del Kansas non è casuale. Il centro geografico dell’America, il cuore pulsante dell’America, il bunker dell’America ne è il posto più isolato, difeso, protetto. Irraggiungibile dagli eventuali missili a lunga gittata sparati dalle navi sovietiche da entrambi gli oceani. Equamente lontano dalla perdizione di New York e Los Angeles. Puro, igienico. Inattaccabile . I siti militari sono smantellati con il processo di denuclearizzazione, alcuni sono distrutti, altri diventano centri di ricerca, sono donati alle università o venduti ai privati. Uno di questi è invece acquistato, ripulito, preparato a essere trasformato in un condominio. Come scrive Ballard in High Rise: «L’edificio era un’immensa macchina progettata per servire non la collettività degli inquilini, ma il residente individuale e isolato», e infine messo in vendita dalla North Star Missile Silo in un torrido e deserto agosto afghano.

Il dépliant informativo e pubblicitario, oltre a occuparsi di come arredare il Führerbunker delle nostre vite, pensa anche al brullo e respingente terreno di pertinenza in superficie. Un appezzamento arso dal sole e roso dai venti in cui svetta e – assurda, come in un dipinto di Magritte – una sola e unica porta: arcaico monolite che racconta la fine dell’antropocene prima del suo cominciamento. Su questi 18 acri di terreno, avverte il dépliant, si possono impiantare pannelli solari o ulteriori sistemi di difesa. Si potrebbero forse destinare ad altro, come l’agricoltura, ma i tempi difficili che stiamo vivendo non lo consigliano. Meglio una serra idroponica al secondo piano del centro di controllo. Meglio nascondersi, meglio sparire .

L’esergo che campeggia sulla pagina del sito della North Star Missile Silo recita infatti: «We need to be fit and ready for anything that might come our way». Cioè «dobbiamo farci trovare pronti, qualsiasi cosa possa accadere». Questa frase, abbastanza indicativa del livello di paranoia che accompagna la società contemporanea, non è però presa dalla Bibbia, e nemmeno da film di culto come Night of the Living Dead (George A. Romero, 1968), ma è estratta da Doomsday: oscura trilogia letteraria scritta da Aaron Powell, ex marine che di ritorno dall’Iraq nello scorso decennio ha cominciato a scrivere dozzinali libri di genere catastrofistico. Robaccia. Come il video di presentazione che dovrebbe invitare all’acquisto. Dopo una serie di disastri naturali e catastrofi militari, un anziano Virgilio, un maschio bianco dimesso e malvestito a bordo di un’utilitaria, un uomo qualunque a una dimensione, simbolo della crudeltà e della ferocia dell’antropocene che sta distruggendo il pianeta che abitiamo, entra dalla porta magrittiana e ci spalanca gli abissi dell’inferno: pareti spoglie adornate di orrende fotografie, ferraglie arrugginite, macerie da spostare, fastidiose perdite d’acqua, lampadine nude che penzolano impiccate al soffitto. Una sensazione costante di claustrofobia, malessere e alienazione che sublimano il sogno dell’uomo occidentale contemporaneo: la sua scomparsa .

 

Contro il bunker, 1'580 firme
Da rsi.ch del 16 settembre 2021

Sono quelle raccolte dal Forum Alternativo per chiedere la chiusura della struttura sotterranea a Camorino che alloggia richiedenti l'asilo

Sono 1'580 le firme depositate oggi a Bellinzona dal Forum Alternativo per chiedere la chiusura del cosiddetto bunker di Camorino, la struttura sotterranea destinata a richiedenti l'asilo, la cui domanda è stata respinta o non è stata neppure presa in esame.
La petizione "vuol essere anche un'operazione simbolica per dire che veramente bisogna trovare una soluzione, bisogna trovarla presto", osserva in proposito Lorenza Giorla del Forum Alternativo. Intanto non ha dato esito il concorso indetto in agosto dal Consiglio di Stato per la ricerca di spazi alternativi fuori terra destinati a richiedenti con termine di partenza. Si sta quindi valutando anche la possibilità se necessario di ripubblicare un nuovo concorso, afferma Gabriele Fattorini, direttore della Divisione dell'azione sociale e delle famiglie. "Però nel frattempo ci si sta muovendo da tempo per trovare una soluzione alternativa e proprio in queste settimane stiamo comunque ispezionando alcune possibilità", aggiunge.
Tali possibilità, precisa Fattorini, sono fuori terra come del resto indicava il bando di concorso. Intanto sono attualmente una ventina le persone alloggiate nella controversa struttura di Camorino.

 

Castelli, partono le Giornate Nazionali per un turismo consapevole
Da dailygree.it del 15 settembre 2021

Sono 19 le regioni coinvolte con altrettanti siti principali e numerose attività collaterali: non solo castelli o fortezze ma intere città o borghi come la marchigiana Fossombrone – tra gli Appennini e l’Adriatico – o la sarda Laconi animati da visite guidate gratuite, presentazioni di libri, concerti, mostre, tavole rotonde e tanto altro.
Le Giornate Nazionali dei Castelli – giunte alla 22ma edizione, cancellata a maggio 2020 per la pandemia – sono fissate per sabato 25 e domenica 26 settembre 2021, a cura dell’Istituto Italiano dei Castelli (IIC), Onlus a carattere scientifico fondata nel 1964 a Milano da Piero Gazzola le cui sedi regionali sono presenti in  tutte le regioni italiane.
Dal 1998 le Giornate Nazionali dei Castelli sono diventate sinonimo di turismo consapevole in tutta la penisola grazie all’IIC. Famiglie, visitatori stranieri, scuole e università possono dedicarsi a una intensa ‘due giorni’ di scoperte di castelli, rocche, torri ed altre architetture fortificate, interi borghi e bastioni: quest’appuntamento per appassionati di storia, restauro ed architettura, turismo culturale è così consolidato da essere spesso sold out in molte delle sedi interessate.
Ogni anno i siti prescelti dai membri dell’IIC in accordo con autorità locali ed altri organi decisori, sono diversi dai precedenti, consentendo ai visitatori ricorrenti di arricchire continuamente le loro conoscenze e di trascorrere un week end all’aria aperta in luoghi meno conosciuti d’Italia (o nella propria città) per visitare architetture spesso non aperte al pubblico dove scoprire un sito e la sua storia raccontati da esperti e studiosi, sfogliare un nuovo libro appena presentato, partecipare a una conferenza, una mostra od un concerto, oppure conoscere lo stato dell’arte della valorizzazione e delle sinergie pubblico-privato.
Pietre miliari della nostra civiltà, questi luoghi e queste architetture raccontano la storia di un paese, delle sue trasformazioni socio-politiche, della ricchezza e della diversità dei suoi territori insieme alle storie di persone, famiglie e dinastie portate a noi grazie alla strenua attività di volontari – studenti, giovani laureati, docenti, autori, saggisti ed esperti, architetti e restauratori – che conducono personalmente le visite nei siti individuati con competenza e passione.
L’Istituto Italiano dei Castelli (IIC) si è impegnato da 57 anni a salvaguardare e si incarica della responsabilità – e soprattutto del piacere – della valorizzazione dell’immenso patrimonio di castelli, fortezze ed architetture cinte. Per una grande celebrazione della ricchezza inestimabile del paesaggio italiano.
Con oltre 20.000 siti censiti, fotografati e studiati e con un’organizzazione capillare, IIC cura tutto l’anno attività culturali e scientifiche che includono anche la pubblicazioni di due collane editoriali ed una rivista specializzata, incontri periodici e convegni, viaggi di scoperta, un premio alle Tesi di Laurea più meritevoli su architetture fortificate e ‘I Castelli… raccontano’, concorso fotografico dedicato agli allievi delle scuole secondarie. Non in ultimo, ogni anno, veri e propri corsi di ‘castellologia’: c’è, infatti, un bisogno costante di diffondere la conoscenza di queste testimonianze del nostro passato, che costituiscono uno dei fondamenti della nostra identità storica e culturale. Ci pu avvenire sia evidenziandone l’importanza nell’opinione pubblica che stimolando le nuove generazioni ad una migliore comprensione di un patrimonio così straordinario, affascinante e suggestivo, la cui consistenza è seconda soltanto a quella dell’architettura religiosa.
E’ vero, oggi c’è un forte fermento ed interesse da parte delle istituzioni e del mondo civile intorno ai castelli ed ai borghi fortificati, ma appare doveroso ricordare che l’Istituto Italiano dei Castelli ha iniziato ad occuparsi di essi dal lontano 1964, riconoscendo l’importanza della loro salvaguardia e valorizzazione e le loro straordinarie potenzialità nella vita del nostro paese quando pochissimi, se non nessuno, aveva rivolto il minimo sguardo su di essi.
Forte della sua storia e del costante impegno, l’Istituto Italiano Castelli ha ottenuto anche per quest’edizione delle Giornate Nazionali dei Castelli il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIC) e ha aderito alle GEP (Giornate Europee del Patrimonio) organizzate dal Consiglio d’Europa con tutti i suoi eventi.

 

Giornate Nazionali dei Castelli in Veneto: 25-26 settembre 2021
Da valdotv.com del 15 settembre 2021

Di Sonia Facchin

Tornano il 17, 25 e 26 settembre le Giornate Nazionali dei Castelli, precedentemente cancellate a maggio 2020 per la pandemia, organizzate dall’‘Istituto Italiano dei Castelli (IIdC).

Si tratta di una Onlus a carattere scientifico, fondata nel 1964 a Milano da Piero Gazzola, le cui sedi regionali sono presenti in tutta Italia, e avente lo scopo di aprire, valorizzare e raccontare architetture fortificate da nord a sud del paese (isole comprese), spesso attivando luoghi privati o remoti, tramite visite guidate gratuite, conferenze, conversazioni ed esposizioni o concerti.

L’associazione spiega che: “il destino dei castelli è spesso differente da quello dei palazzi nobiliari che sono sempre situati nel centro città e per la maggior parte sono sopravvissuti agli eventi restando intatti. Le fortificazioni […] la maggior parte sono state abbandonate, distrutte da guerre, o addirittura da spregiudicati progetti architettonici. Molto raramente sono abitate perché vivere in una fortificazione, oltre che scomodo, è troppo costoso. Nei casi più fortunati sono state riconvertite a strutture ricettive, o sono state restaurate per essere restituite al pubblico, ma molte continuano a essere chiuse: le Giornate dei Castelli perciò sono il momento per scoprirle e apprezzarle, magari approfittandone per costruire degli itinerari diversi dal solito in angoli sconosciuti e meravigliosi del nostro paese ai quali altrimenti non avremmo pensato“.

GIORNATE NAZIONALI DEI CASTELLI IN VENETO

La sezione Veneto, che nelle scorse edizioni ha registrato lusinghieri numeri di visite per ogni sito interessato, quest’anno invita alla scoperta (o alla riscoperta) del Forte di San Felice (Chioggia) immerso nel paesaggio straordinario della laguna veneziana, e dei castelli di Thiene (17 settembre) e Roncade.

FORTE SAN FELICE – CHIOGGIA (VE)

Il Forte San Felice è sempre stato militare e perciò inaccessibile al pubblico.
Costituisce un patrimonio storico-ambientale di incommensurabile valore. Situato in una posizione unica tra mare, laguna e città di Chioggia, racchiude in sé una storia di 650 anni.

Giorni di apertura durante le Giornate:
– sabato 25 settembre pomeriggio (quattro turni con inizio 14.30/15.30/16.30/17.30)
– domenica 26 settembre mattina (due turni con inizio 10.00/ 11.00)
Visite guidate esterne di gruppi max. 20 persone, con adozione prescritte misure e norme anti-Covid.

Prenotazione on line (dal 1 settembre): veneto@istitutoitalianocastelli.it.

CASTELLO DI THIENE – (VI)

Il castello di Thiene è un complesso monumentale nel cuore della città di Thiene di grande interesse per la qualità e quantità di elementi storici, architettonici artistici e paesaggistici che vi è conservata.
Il complesso è tutt’ora un edificio privato custodito con passione dagli attuali proprietari, che si impegnano nella valorizzazione di questo vasto complesso monumentale per renderlo sempre più fruibile allo studioso, al visitatore, o al semplice curioso. La proprietà è consapevole della sua importanza storico-artistica e quindi il suo essere a tutti gli effetti un bene di interesse pubblico: ne ha così aperto le porte ai visitatori, a partire dagli anni Sessanta per visite guidate e successivamente conferenze, concerti, eventi privati, mostre.

Giorni di apertura durante le Giornate:
– venerdì 17 settembre (10.00; 11.00; 12.00)
Visite guidate fino ad esaurimento posti, necessario esibire il green pass e documento d’identità.

Prenotazione on line (dall’1 settembre): www.castellodithiene.com e info@castellodithiene.com. Contributo libero di euro 3.

CASTELLO DI RONCADE – (TV)

Il Castello di Roncade, costruito nel 1508, è una delle rare ville prepalladiane cinte da mura medievali. Sorge al centro della città di Roncade, nella campagna veneta tra Treviso e Venezia. Un maestoso complesso rinascimentale abitato per quattro secoli dalla famiglia Giustinian, i cui membri illustri l’hanno legata a doppio filo con la storia della Serenissima Repubblica di Venezia.

La famiglia Ciani Bassetti, di antiche tradizioni agricole, ne ha rilevato la proprietà all’inizio del Novecento, con la ristrutturazione del Castello e il reimpianto dei vigneti prodotti. Negli ultimi anni la produzione è in continua crescita, la proprietà conta 110 ettari vitati, una moderna cantina per la vinificazione situata in Mogliano Veneto e l’originale bottaia per l’invecchiamento dei vini più pregiati.
Oggi il Castello di Roncade offre ai propri ospiti la possibilità di pernottare nelle lussuose suite della villa e negli appartamenti situati nelle torri. Vengono organizzate visite guidate e degustazioni di vino per offrire ai visitatori la possibilità di assaggiare i vini del Castello e conoscere la storia che da anni lega questa villa al territorio

Giorni di apertura durante le Giornate:
– sabato 25 settembre pomeriggio (ore 16.00 per visita guidata e bicchierata finale). Durata: 1 ora e mezza
– domenica 26 settembre mattina (ore 10.30 per visita guidata e bicchierata finale). Durata: 1 ora e mezza
Visite guidate di gruppi max. 20 persone, con adozione prescritte misure e norme anti-Covid. Prenotazione on line (dall’ 1 settembre) su sito https://www.eventbrite.it.

Contributo libero di euro 5. Numero telefonico per eventuali informazioni: Tel. : 0422 708736 E-mail : info@castellodironcade.com Sito internet Facebook: “Castello di Roncade“ Instagram: “castello_di_roncade”

 

Masone, al Forte Geremia la festa per la giornata nazionale dell'escursionismo
Da ilsecoloxix.it del 14 settembre 2021

Domenica 19 settembre torna l'evento organizzato da Fie alla scoperta dei sentieri sull'Alta Via. L'assessore Berrino: “La nostra regione ha due mari: quello azzurro e quello verde dell'entroterra”

Di Matteo Politano

Genova – Genova - Si terrà domenica 19 settembre al Forte Geremia, nel comune di Masone, la 31a edizione della giornata nazionale dell'escursionismo. Dopo le limitazioni imposte dalla pandemia torna il tradizionale appuntamento organizzato da FIE, la Federazione Italiana dell'Escursionimo, con l'obiettivo di favorire la conoscenza dell'escursionismo e del suo ambiente. L'edizione 2021 si svolgerà a Forte Geremia, base di appoggio per la conoscenza dell’Alta Via e di un comprensorio escursionistico tradizionale per i genovesi.
«Mi fa enormemente piacere che la giornata sarà celebrata a Forte Geremia, un sito molto importante e uno dei più affascinanti della Liguria - ha spiegato l'assessore regionale al Turismo Gianni Berrino - Escursionismo significa turismo outdoor, un tipo di turismo su cui come Regione stiamo puntando molto. La nostra regione infatti ha una particolarità unica nel panorama italiano, possiede due mari: quello azzurro del Mediterraneo e quello verde dell'entroterra".

Domenica sono previste tre escursioni guidate da accompagnatori FIE: Passo del Turchino - Forte Geremia - Passo del Turchino, Masone - Forte Geremia - Cappelletta di Masone e Mele - Forte Geremia - Mele. Tutti i partecipanti si raduneranno poi al Forte per un pranzo conviviale dove si parlerà del passato del futuro dell'escursionismo. Nel pomeriggio saranno invece presentate tutte le Associazioni FIE partecipanti e ci sarà anche la possibilità di incontrare il Soccorso Alpino e i biker che collaborano nella manutenzione dei sentieri.

La FIE e il Comitato Regionale Ligure La Federazione Italiana Escursionismo, le cui origini risalgono agli albori dell’escursionismo nel 1898, fu rifondata nel 1946 a Genova, dove ha la sede nazionale. E’ rappresentante per l'Italia della Era, la Federazione Europea dell'Escursionismo, portavoce di più di 3 milioni di escursionisti. Il suo Comitato Regionale Ligure è stato sin dal dopoguerra uno degli artefici del rilancio della sentieristica regionale e sui "libretti della FIE" hanno iniziato a camminare intere generazioni di escursionisti. Oggi la Fie ha un sito web e un gruppo Facebook utilizzato come punto promozionale e di scambio informazioni.

 

Il bunker di guerra trasformato in una villa di lusso ha una storia incredibile, e costa pochissimo - La storia incredibile del bunker trasformato in una villa di lusso
Da esquire.com del 14 settembre 2021

Si trova in Francia e si può affittare

Possibile che un bunker costruito a nord della Francia dai nazisti si trasformi in una villa di design, comodissima e perfetta per trascorrere le vacanze? La risposta è sì. Ma c'è di più, perché il bunker-villa costa anche pochissimo ed è un'idea perfetta per chi vuole andare in vacanza in questo settembre o tra qualche mese. Nonostante sia una gigante villa francese dal design unico, infatti, costa quanto un ostello.

Il bunker fu costruito dai nazisti per proteggersi dagli attacchi alleati, è solidissimo, seminterrato, fresco d'estate e ben temperato d'inverno, e oggi è una villa: grandi sale con divani di design in finta pelle, un pavimento di legno creato appositamente per sposarsi col cemento armato, ampie sale allestite in stile militare, con addirittura cimeli e oggetti che vengono proprio da quegli anni bui per l'Europa e per il mondo intero.

La costa settentrionale della Francia è ancora disseminata di fortificazioni lasciate dall'esercito tedesco, come questa ce ne sono decine e spesso sono vicine al mare, abbandonate. Oggi però una di queste non solo è visitabile, ma volendo ci si può vivere per lunghi periodi, ed è un'esperienza incredibile, sia per riuscire a immedesimarsi con i luoghi della seconda guerra mondiale (un po' come si fa coi musei) sia per rilassarsi in una casa così silenziosa e comoda che, finché non la si prova, non ci si crede.
Siamo a Saint-Pabu, sulla costa bretone, e il bunker di cemento armato è diventato un simbolo del design contemporaneo minimalista e iper confortevole: un tempo qui dentro c'erano radar che intercettavano gli arei alleati, oggi invece ampie sale in cui cenare, dormire, rilassarsi e, perché no, festeggiare con amici e la compagnia che si preferisce.

L'inventore di questa incredibile villa sui generis è Serge Colliou che ha acquistato un appezzamento di terreno che comprendeva un vecchio bunker e allora ha pensato bene di trascorrere 18 mesi a scavare e ristrutturare la struttura di 400 metri quadrati, trasformandola di fatto in una casa vacanze che può ospitare comodamente otto persone. C'è il salotto, la sala da pranzo, la sala bar e anche un grande cortile.
Lo stesso Calliou ha detto in una recente intervista concessa a CNN: "Volevamo dare all'edificio una seconda vita" e così "abbiamo salvato alcuni suoi dettagli originali, ci sono diversi spunti storici, ma questo non è un museo". Certo, ci sono elmetti, antichi cartelli presenti nel bunker originale e alcune riproduzioni di armi, ma è una vera e propria villa.

Ma veniamo al dettaglio più incredibile di questo bunker rivisitato in casa vacanze all'insegna della storia e del design: il prezzo. Incredibilmente, nonostante l'esclusività del posto, per prenotarlo è sufficiente andare su Airbnb. E si paga pochissimo: se consideriamo che la villa ospita 8 persone (ed è enorme, coi suoi 400 mq) la spesa a notte è all'incirca quella che spenderemmo in un normale campeggio.

 

Vallo Alpino: conferenza internazionale al Forte di Fortezza
Da ladigetto.it del13 settembre 2021

Si svolgerà il 24 settembre il dibattito sul futuro dell'apparato di difesa fascista

L’incompiuta linea di fortificazione italiana nelle Alpi della Seconda Guerra Mondiale, il cosiddetto «Vallo Alpino Littorio», il 24 settembre è il tema di una conferenza internazionale al Forte di Fortezza. Esperte ed esperti di varie discipline contribuiranno a trovare una via ad un approccio più contemporaneo a questo bene culturale ed aprire lo sguardo al suo futuro. Linea non mi fido. Così venne chiamato ironicamente nel linguaggio popolare. L'apparato di difesa fascista della Seconda Guerra Mondiale fu costruito da Mussolini diffidando del suo alleato Hitler e doveva difendere l’arco alpino italiano con centinaia di bunker.
Solo in Alto Adige ne furono progettati quasi 800; circa 320 furono completati, 120 rimasero incompiuti.
Questa storia è al centro del progetto di ricerca del Forte di Fortezza «Vallo Alpino Littorio» e del convegno «Vallo Alpino. Il futuro? Il futuro!», che avrà luogo il 24 settembre dalle ore 14 alle 19 nella sala conferenze «Karel van Miert» del Forte.

Circa 15 esperte ed esperti provenienti dall'Italia e dall’estero si occuperanno di questa eredità culturale fascista nelle Alpi, esploreranno le questioni del suo valore e del suo utilizzo disegnando un arco che va dalla ricerca alle scienze agrarie fino alle sottoculture e culture giovanili. E si chiederanno: Su quale tradizione poggia la fortificazione monumentale del «Vallo Alpino»? Cosa significano i bunker per l’Alto Adige: si tratta di semplici monumenti oppure racchiudono un potenziale inespresso di energia? Sono non-luoghi del passato oppure luoghi del futuro?
«Questa grande opera è un simbolo di un passato oscuro, tuttavia sta attirando l’attenzione di un pubblico paneuropeo, il che apre la via ad un approccio più contemporaneo a questo bene culturale così speciale e spalanca prospettive sorprendenti», spiega il responsabile del progetto di ricerca, Heimo Prünster.

Nella conferenza saranno presentati e discussi con un vasto pubblico potenziali usi alternativi dei bunker. Verranno analizzate svariate possibilità di interpretazione e progettazione delle strutture e verrà mostrato come questa testimonianza architettonica della storia dell'Alto Adige possa essere utilizzata in modo creativo e sereno.
L'evento si rivolge anche esplicitamente a chi possiede un bunker.
Durante la conferenza, il collettivo d’arte tedesco «Wall and Space» realizzerà un'opera d'arte nello spazio pubblico: porta il nome di «STILL» e sarà visibile su un bunker vicino al Forte. Per partecipare, oltre al green pass, è necessaria la prenotazione utilizzando l’apposito modulo scaricabile sul sito del Forte www.fortezza.info, che dovrà essere mandato all’indirizzo e-mail info@fortezza.info. La conferenza sarà anche trasmessa in streaming; il relativo link sarà pubblicato il giorno dell'evento sul sito del Forte.

 

Giornate dei castelli a Grosio e Chiuro
Da primalavaltellina.it del13 settembre 2021

Quest’anno per la consueta Giornata nazionale dei castelli, che si tiene in settembre, l’Istituto italiano dei castelli ha scelto per la Lombardia, insieme alla rocca di Sirmione e al castello di Pavia, due località della Valtellina: Castionetto di Chiuro e Grosio. Un riconoscimento per l’attenzione e la cura riservata alle fortificazioni da parte delle amministrazioni. Nel caso di Grosio, i notevoli resti dei due castelli, quello di San Faustino (XI secolo) e quello visconteo (XIV secolo), comprendono anche la Rupe Magna con le incisioni rupestri, che saranno visitate gratuitamente nella giornata di venerdì 17 settembre. La manifestazione coincide con la premiazione della scuola media di Grosio relativa al concorso "I castelli raccontano", indetto dallo stesso Istituto. La cerimonia si terrà alle 10 dello stesso giorno presso la sede del Parco delle incisioni rupestri.

Castionetto

Il giorno dopo toccherà alla torre di Castionetto di Chiuro (XII secolo). Grazie a un restauro condotto negli anni scorsi a cura dell’amministrazione comunale, essa sarà visitabile a gruppi di 10 con prenotazione obbligatoria presso la Biblioteca di Chiuro (tel. 0342 484213; e-mail: biblioteca@comune.chiuro.so.it). Nella giornata funzionerà un servizio gratuito di bus navetta dal paese alla torre e viceversa, a cura del Comune. Le visite gratuite alla torre sono previste alle ore 10, 11, 14, 15, 16, con le guide locali e con la partecipazione della professor Giusi Villari, presidente della sezione Lombardia dell’Istituto, e del professor Guido Scaramellini, delegato per la provincia di Sondrio. Inoltre alle ore 11 e 15 Giorgio Baruta guiderà visite gratuite alle case fortificate di Chiuro. Anche in questo caso è necessario prenotare presso la Biblioteca di Chiuro

 

Una nuova vita per il Castello di Gatteo: "Un restauro conservativo, la corte interna diventerà un parco"
Da cesenatoday.it del13 settembre 2021

E' stato presentato il progetto di restauro del Castello e riqualificazione degli spazi interni e delle aree che lo circondano

Sabato 11 settembre nella corte interna del Castello di Gatteo, nel corso di un convegno dal titolo “Accadrà”, promosso dall’Associazione Italia Nostra sezione Vallate dell’Uso e Rubicone, è stato presentato il progetto di restauro del Castello e riqualificazione degli spazi interni e delle aree che lo circondano. Dopo il video-messaggio di saluto della presidente nazionale di Italia Nostra Ebe Giacometti e i saluti istituzionali del Sindaco Gianluca Vincenzi sono intervenuti Mara Bianchi – coordinatrice del gruppo di progettazione -, Linda Pettinelli e Luca Venturi, progettisti delle opere architettoniche e strutturali, mentre un intervento finale sul tema “La nascita della Romagna” è stato affidato allo storico medievista Glauco Maria Cantarella.

Il progetto – approvato con delibera di Giunta dal Comune di Gatteo nel mese di Agosto - è frutto dell’accordo di coprogettazione stipulato nel 2020 con il Comune di Gatteo, a seguito dell’aggiudicazione da parte di Italia Nostra del bando riservato alle Associazioni che si proponessero per donare un progetto di riqualificazione del Castello alla città e fa seguito al convegno tenutosi nel 2015 dal titolo “E’ tempo che accada”, con il quale Italia Nostra, da sempre attenta a far conoscere al pubblico il territorio gatteese tramite le visite guidate e le iniziative periodicamente organizzate, già manifestava il suo impegno per il recupero e la valorizzazione di questo monumento che può a giusto titolo essere considerato un documento storico del territorio.

"Benché - viene spiegato - probabilmente un sito difeso dovesse già esistere in questo luogo, la storia del Castello di Gatteo è attestata solo a partire dal 1233, quando – costituitosi comune rurale – si sottomise al comune di Rimini per entrare, dopo pochi anni, in possesso dei Malatesti. Intono alla metà del Trecento e per un periodo di vari decenni, Gatteo fece parte dei possessi della Santa Sede, per essere poi ripreso dai Malatesti nel 1430, ad opera di Sigismondo Pandolfo. Dal 1452 il castello tornò definitivamente a far parte dei possessi della Chiesa, che lo infeudò ai Guidi di Bagno. Oggi della fortificazione rimane solo la cinta muraria con torre portaia, e il fossato ancora in parte integro; inoltre è rafforzata agli angoli da quattro torri di caratteristiche ed epoche diverse; sul lato di Nord è ancora visibile la torre rompitratta. Negli anni ’80, il castello è stato fatto oggetto di un parziale intervento di recupero con una vera e propria ricostruzione che ha interessato la torre portaia, la torre di Sud-Ovest con le relative parti di cinta muraria. L’intervento di recupero oggi proposto da Italia Nostra sposa una filosofia completamente diversa, che è quella del “restauro conservativo”, con un approccio volto al riuso e alla conservazione, tutelando e tramandando il bene nel migliore stato possibile, ma senza false aggiunte o ricostruzioni quando non strettamente necessarie alla salvaguardia del bene stesso, nel rispetto dei principi di minimo intervento, reversibilità e compatibilità chimico-fisica, perseguendo la volontà di non restituire ai cittadini un monumento falsificato. Gli interventi di integrazione nella cortina muraria, sia nella cinta che nelle Torri, saranno infatti limitati alle pure esigenze di carattere strutturale e solo quando veramente necessarie. La torre di Nord-Ovest nota come “Casina Manzi” verrà fatta oggetto di restauro e destinata a centro studi degli “Antonelli”, la famiglia di ingegneri militari al servizio della Spagna nel XVI secolo originari di Gatteo".

"È inoltre prevista - spiegano i promotori del progetto - la valorizzazione della corte interna che sarà trasformata in un parco che riporterà i segni della presenza degli edifici così come attestata verso la fine dell’anno 1300 circa, confermata fra l’altro dalla campagna di indagini effettuate con rilevamento georadar e ancora in approfondimento con la Soprintendenza archeologica. Tra questi la Chiesa, una piazza col pozzo, il Palazzo Padronale e le abitazioni delle guardie; le scuderie, le botteghe, i vicoli acciottolati e le case degli abitanti, oltre ad un intero camminamento di ronda del quale esiste ancora chiara testimonianza nella Torre di Sud-Ovest. Nella riproduzione si utilizzeranno tecniche già messe in capo in importanti siti archeologici. Non verranno tralasciati i percorsi per i visitatori, dotati di sedute ed illuminazione adatte. Il progetto prevede inoltre l’utilizzo di tecnologie multimediali che consentiranno di “vedere e vivere” il luogo com’era senza ricorrere a ricostruzioni posticce. L’area immediatamente confinante col Castello verrà completamente riqualificata. Oltre al parcheggio in corso di realizzazione, prevista la creazione di un importante parco nell’area attualmente occupata dal campo sportivo. Il nuovo parco, collegato al castello, si svilupperà in continuità col parco interno per quanto riguarda la creazione dei percorsi, la scelta dei materiali e degli arredi urbani. Nel lato Nord è inoltre prevista la destinazione di parte dell’area ad arena all’aperto. Il recupero a verde del fossato che circonda il castello darà luogo ad una nuova e maggiore visibilità, restituendo la dovuta importanza al “documento” storico, che inserito in un contesto di continuità, potrà rappresentare una piacevole passeggiata nel tempo e nel verde per i visitatori, ed un contenitore per manifestazioni ed eventi nati e cresciuti in una Gatteo che ha dato i natali, oltre agli Antonelli, ad importanti personaggi della lirica, del teatro e della musica legata al territorio".

 

Roma, Mura Aureliane: aperti fino al 26 settembre i camminamenti delle sentinelle dell’Impero
Da ildolomiti.it del 10 settembre 2021

I tratti delle antiche ronde da via Campania e viale Pretoriano visitabili per la prima volta, con prenotazione. Con l’obiettivo di rendere in futuro percorribili i sei chilometri rimasti intatti nei secoli

I due tratti dell’imponente cinta muraria delle Mura Aureliane di via Campania, da Porta Pinciana a via Marche, e di viale Pretoriano, tra via dei Frentani e via dei Ramni aprono per la prima volta al pubblico e sono visitabili gratuitamente con prenotazione obbligatoria, nell’ambito dell’Estate Romana 2021, fino al 26 settembre, con visite guidate il sabato e la domenica dalle 9 alle 12.

L’apertura dei due tratti del settore nord del monumento segna la prima tappa di un iter di valorizzazione dell’intero circuito teso a rendere percorribili i circa sei chilometri del camminamento di ronda, tuttora conservato.

L’obiettivo è duplice. Da un lato, una più incisiva valorizzazione e fruibilità del più rilevante complesso monumentale e architettonico della città. Dall’altro, offrire agli osservatori, romani ma non solo, la percezione del legame vivo che le Mura rappresentano tra la città antica e quella moderna, proponendo una passeggiata da un osservatorio privilegiato sull’Urbe e sulle Mura stesse, in un nuovo approccio conoscitivo e divulgativo, che guarda al circuito difensivo come protagonista di un racconto attraverso secoli di storia della città.

 

Operazione tra i ghiacci dell’Adamello per disinnescare le bombe della Prima guerra mondiale
Da ildolomiti.it del 9 settembre 2021

Gli specialisti del 2° reggimento genio guastatori della Brigata Alpina “Julia” sono entrati in azione tra i ghiacci dell’Adamello per disinnescare diversi ordigni risalenti alla Prima guerra mondiale

PINZOLO. Come anticipato da il Dolomiti, nei giorni scorsi gli specialisti del 2° reggimento genio guastatori della Brigata Alpina “Julia” sono entrati in azione tra i ghiacci dell’Adamello per disinnescare diversi ordigni risalenti alla Prima guerra mondiale, tornati in superficie anche per via dello scioglimento del ghiacciaio.

In particolare si tratta di manufatti esplosivi del Primo conflitto mondiale, che con il ritiro dei ghiacci e lo sfasciarsi delle trincee, si presentano numerosi tra i sentieri più impegnativi, percorsi da alpinisti ed escursionisti esperti. “La sicurezza della popolazione e la salvaguardia dell’ambiente – si legge nel comunicato diramato dall’esercito italiano – sono i criteri secondo i quali operano i militari delle truppe Alpine, che in questi giorni stanno intervenendo nei pressi del Monumento ai Caduti dell’Adamello”.

In sostanza, si tratta di una complessa attività di cooperazione all’interno del comparto di protezione civile: impegnati gli istruttori militari di alpinismo e le squadre soccorso alpino militare dei guastatori alpini, oltre agli esperti esplosivisti, in cooperazione con il Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, che ha assicurato il supporto sanitario in quota, con il soccorso alpino della guardia di finanza e i carabinieri, che garantiscono l’ordine e la sicurezza e con il Nucleo elicotteri della Pat. Si segnala la partecipazione straordinaria anche della Società alpinistica Tridentina e del Museo Storico del Trentino.

 

Il Forte di Vinadio si trasforma in set per il reality "La caserma"
Da cuneo24.it del 9 settembre 2021

Cambio di location dunque per il programma di Rai2 che si è spostato dal Trentino al Piemonte

Il lago del Forte di Vinadio è stato chiuso dallo scorso 4 al 7 settembre. A comunicarlo il comune stesso. Il motivo è legato alle registrazioni della seconda edizione del reality di Rai2 “La caserma”. Le riprese proseguiranno fino a fine mese. Per questo ci saranno alcune chiusure stabilite con apposita delibera comunale: nello specifico sono chiuse l’area della Caserma Carlo Alberto e l’area denominata P3, quella di via Guardia alla Frontiera, del bastione d’attacco e di tutta l’area del lago del Forte, compresa la strada di collegamento con il campeggio e con la strada ex militare destra Stura. Da oggi, 9 settembre, sarà invece chiusa al transito pedonale e veicolare la strada per il Forte Neghino e di via del Fortino.

Cambio di location dunque per il programma che si è spostato dal Trentino al Piemonte. Le riprese si sono svolte appunto a Vinadio sfruttando il forte che è uno degli esempi di architettura militare più significativi dell’intero arco alpino. La produzione non fa trapelare nulla quindi non è chiaro se qui si svolgerà solo una prova né se le riprese successive proseguiranno sempre nel cuneese. La caserma, prodotta da Blu Yazmine, andrà in onda nel 2022, probabilmente tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio.

Di Roberta Bima

 

Qualcuno si sta costruendo una Stazione Spaziale privata, il problema è che nessuno sa chi è
Da esquire.com del 8 settembre 2021

Un'azienda specializzata in hardware spaziale ha appena ricevuto una commessa da 2,6 miliardi di dollari da un cliente segreto.

Un affare privato: è quello che sta diventando la corsa allo spazio. Da una gara tra le due superpotenze ai tempi della guerra fredda, alla privatizzazione dei viaggi spaziali in mano a pochi supermiliardari. E voi, cosa preferivate? In ogni caso, non potete scegliere. L'impresa spaziale nel XXI secolo è questa: è il primo volo da turista extraterrestre fatto da Jeff Bezos, ma è anche altro. Ora per esempio viene fuori che c'è chi si sta costruendo una vera e propria stazione spaziale, che è ben di più di una passeggiatina in orbita. E per di più, essendo appunto un privato, non sappiamo chi sia e che intenzioni abbia. Collins Aerospace, una sussidiaria di Raytheon Technologies, ha firmato un contratto da 2,6 milioni di dollari con un "cliente privato" per sviluppare sistemi di controllo ambientale e supporto vitale per "avamposti operativi privati in orbita bassa". Il direttore dello sviluppo, Sean MacLeod, ha affermato che l'accordo è finalizzato a "soggiorni a lungo termine", e che l'hardware creato da Collins potrebbe essere implementato entro pochi anni. I funzionari hanno indicato che l'accordo non è il primo con un singolo cliente, ma non hanno fornito dettagli.

Con sede a Charlotte, nella Carolina del Nord, la società era stata precedentemente incaricata di costruire i sistemi di supporto vitale della NASA, tra cui la produzione di ossigeno, la gestione dei rifiuti, il trattamento delle acque, il rilevamento e il controllo degli incendi e i sistemi portatili di supporto vitale. L'azienda produce anche una varietà di componenti per il settore spaziale, tra cui ruote, prodotti per il raffreddamento e la ventilazione di tute spaziali e sistemi ottici. Il business aerospaziale dell'azienda comprende strutture aeronautiche e aeroelettronica, comunicazioni, sistemi di visualizzazione e controllo e un'ampia gamma di altre apparecchiature.

Il misterioso "cliente segreto" deve ancora essere rivelato, e non si dice nulla su quando verrà lanciata la stazione spaziale privata.

 

Torrione di San Francesco: due secoli fa una delle prime stazioni per le telecomunicazioni
Da ilsipontino.net del 8 settembre 2021

Lo sapevate che la torre di San Francesco, costruita nel lontanissimo 1258, fu una delle prime stazioni telegrafiche d’Italia? Manfredonia è una città ricca di sorprese e di primati, che andrebbe riscoperta per far sì che possa essere maggiormente apprezzata da chi la visita, ma anche dai suoi stessi abitanti.

Ma andiamo con ordine. Verso la fine del Settecento i francesi studiarono un metodo per velocizzare le comunicazioni. Fino ad allora, infatti, la massima velocità possibile per inviare lettere e messaggi era farli viaggiare con corrieri a cavallo, come al tempo dell’impero romano. Fu proprio allora che Charles Chappe ideò il primo metodo di trasmissione a distanza di segnali, chiamato ‘telegrafo’. In pratica, il sistema era composto da dei pali posti in luoghi alti (si sceglievano in genere torri o campanili) con tre enormi braccia roteanti. Queste braccia potevano essere girate in vario modo, assumendo ben 8500 posizioni diverse che corrispondevano ad altrettante parole.

Nelle varie stazioni vi erano i telegrafisti che, dotati di cannocchiale e di un apposito manuale, potevano vedere e decifrare il messaggio, per trasmetterlo con un tam tam ai colleghi della stazione successiva fino ad arrivare a destinazione.

Napoleone fece un uso massiccio del telegrafo di Chappe e ordinò di costruire nuove linee anche al di fuori della Francia. Uno dei primi stati a dotarsi della nuova invenzione fu il Regno delle Due Sicilie e la comunicazione tra le varie torri e campanili si rivelò eccellente.

A Manfredonia il palo per le comunicazioni a distanza fu installato sul torrione di San Francesco e la torre stessa al suo interno divenne una ‘moderna’ stazione per le telecomunicazioni. Praticamente una tra le più antiche in Italia, in quanto risulta essere presente già dal 1811.

Oggi di questo ‘glorioso’ passato non vi è più traccia e il Torrione di San Francesco con i suoi quasi 800 anni giace anonimamente e sommessamente su via delle Antiche Mura. Sarebbe bello un giorno poterlo recuperare e magari allestire al suo interno una mostra permanente che lo valorizzi e racconti questo frammento di storia della nostra città.

Maria Teresa Valente

 

Anpi denuncia, 'bunker-museo con guide in divisa nazista'
Da ansa.it del 8 settembre 2021

Polemica per il post pubblicato sulla pagine del presidente del Veneto. Zaia: 'Non gestisco i social ma ci scusiamo'

L'ANPI del Veneto "esprime sconcerto nel leggere il post pubblicato nella pagina Facebook del presidente Zaia relativi all'apertura di uno spazio museale in uno dei bunker costruiti dai nazisti presso le Fonti di Recoaro Terme e che la visita guidata venga fatta da persone in divisa d'epoca della Wehrmacht". "L'intero compendio termale nell'ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale fu il quartier generale di Kesselring -spiega Anpi- e questa scelta arriva proprio in coincidenza con l'8 settembre".

"Nulla da eccepire se la riqualificazione del bunker fosse motivata da uno scopo di approfondimento dei terribili eventi bellici che nella nostra regione si prolungarono fino alla fine di aprile del 1945 e anche talora ai primi di maggio, in coincidenza con la ritirata delle truppe naziste -spiega Anpi- Però che la visita guidata venga fatta da persone in divisa d'epoca della Wehrmacht lascia increduli tutti coloro che, nel rispetto della storia e della nostra Costituzione, condannano nazismo e fascismo e l'occupazione nazista dell'Italia che tanti lutti ha provocato al nostro Paese".

"Nella temperie che stiamo vivendo, in cui uomini politici pensano di dedicare strade e parchi a Arnaldo Mussolini o addirittura a Hitler, per non parlare di Almirante, chiediamo ai rappresentanti delle Istituzioni massimo rispetto della Costituzione su cui hanno giurato e dunque condotte chiaramente antifasciste", conclude il coordinamento regionale ANPI Veneto.

"Tutte le attività sui profili social riguardanti la promozione del territorio sono svolte in assoluta autonomia da una apposita struttura", sulla quale il presidente Zaia "non esercita un diretto e costante controllo", ma "tutto ciò premesso, la Presidenza si scusa, a nome della struttura responsabile, con tutte le parti che si siano sentite in qualche modo ferite da questo post".

Così il governatore Luca Zaia, attraverso una nota dell'ufficio stampa della Giunta regionale, risponde alla polemica sollevata dall'Anpi sul post. "L'intento del post - precisa la nota di Zaia - non era certo quello di offendere sensibilità e memorie. Onde evitare ulteriori disagi è stato dato ordine di cancellare il post". "L'iniziativa del museo di Recoaro - prosegue - era stata segnalata dall'Associazione Terme di Recoaro alla competente Direzione della Regione la quale, a sua volta, l'aveva trasmessa alla struttura che segue i profili social. il Presidente della Regione non ha alcuna visibilità né (ovviamente) esercita e può esercitare un diretto e costante controllo su queste materie, bensì si occupa in prima persona unicamente dei contenuti relativi ai post inerenti le attività amministrative, politiche, sanitarie, anche sulla base dei comunicati ufficiali diffusi dall'Ufficio Stampa".

"Il Museo si trova all'interno dell'area delle Terme, attualmente gestita dalla Regione Veneto. Il nostro comune non ha dato nessun permesso in quanto la zona in questione non è di nostra competenza". E questa la precisione, rilasciata all'ANSA, di Armando Cunegato, sindaco di Recoaro Terme (Vicenza), dove è scoppiata la polemica dopo l'intervento dell'Anpi regionale. "Non ero presente all' inaugurazione e non entro nel merito della questione" - ha aggiunto il primo cittadino recoarese, che si trova in vacanza in questi giorni - anche se devo dire che i bunker fanno parte della storia del nostro paese dal punto di vista storico". Nella località termale vicentina esiste tuttora l'Associazione Bunker di Recoaro che fu fondata nei decenni scorsi proprio per gestire questi 'siti' della storia bellica.

 

Verona lancia il Festival delle fortezze europee. In corsa per finanziamento da un milione
Da tgverona.it del 8 settembre 2021

Un festival all’interno delle Fortezze Europee, in primis la cinta magistrale scaligera. Quattro eventi, in quattro nazioni, per quattro settimane con l'obiettivo di valorizzare il patrimonio storico e architettonico delle mura e dei forti attraverso l’arte. Verona è capofila di questo progetto per ottenere il finanziamento europeo da 1 milione e 200 mila euro. Il lavoro è stato presentato a più mani, insieme alle città di Sibenik (Croazia), Grudziadz (Polonia) e Rasnov (Romania). Un’idea inedita con la quale il raggruppamento ha partecipato al bando nell’ambito del Il progetto si avvale della partnership di due organizzazioni internazionali, con sede a Berlino: la rete Forte Cultura, presente in 23 paesi europei, ed Eccofort, struttura specializzata in consulenze e servizi per la valorizzazione del patrimonio fortificato.

Per la prima volta, nelle fortezze verrà sviluppato un programma transnazionale. Una modalità per uscire dalle logiche territoriali e attrarre un turismo di ampio respiro. Attraverso 4 progetti di ‘Artists in residence’, ossia reti di artisti e curatori i cui partecipanti saranno selezionati con un bando a livello europeo. Ciascuna delle 4 istituzioni ospitanti produrrà uno spettacolo originale che avrà lo scopo di promuovere la particolare identità culturale delle città in un’ottica contemporanea e rivolta al futuro. Un’occasione di rilancio a livello internazionale dei luoghi fortificati che potrebbe diventare realtà per l’estate 2023.

Questa mattina, in diretta streaming, l’assessore al Turismo e ai Rapporti Unesco Francesca Toffali ha annunciato la partecipazione al bando e ha illustrato il progetto già depositato. Erano presenti Filippo Cailotto, consulente per la stesura dell’“ , e il dirigente delle Politiche comunitarie e Rapporti UE Giuseppe Baratta.

“Le nostre fortificazioni, che sono patrimonio storico e artistico della città, saranno cuore pulsante di un festival internazionale – ha detto Toffali -. Un progetto che punta a valorizzare mura e forti di ogni realtà che partecipa al bando, mettendo in rete diversi territori, attraverso una modalità di azione nuova. Una programmazione strutturata pensata per tempo che ci consente di concorrere per questo importante finanziamento”. “Nasce una partnership con le città fortificate d’Europa – ha aggiunto Cailotto, un network che permetterà al progetto di crescere, anche in vista di una seconda fase. Artisti ed eventi saranno a servizio del patrimonio storico cittadino che così potrà essere conosciuto fuori dai confini cittadini e nazionali”.

 

Presentato il progetto per il Camminamento di ronda di Castelfranco
Da oggitreviso.it del 7 settembre 2021

Al camminamento si accederà attraverso la Torre del Giorgione, ma non sarà possibile il collegamento diretto con la Torre civica, bocciato dalla Soprintendenza.

Di Leonardo Sernagiotto

CASTELFRANCO - Dopo anni di studio e discussioni, finalmente si potrà accedere al camminamento di ronda delle mura di Castelfranco. È stato presentato ieri, in sede di commissione Lavori Pubblici dall’assessore Roberto Filippetto e dall’architetto Luca Pozzobon, il progetto esecutivo del restauro della cinta muraria compresa nell’angolo nordorientale del castello.

Castelfranco come Cittadella?

L’associazione è immediata, ma il confronto è impossibile, dato il diverso grado di conservazione delle mura, che a Castelfranco risultano molto compromesse, sia per crolli e demolizioni subite nel tempo, sia per la costruzione di numerosi fabbricati che ne hanno inglobato interi tratti.
Inoltre, i diversi soprintendenti che si sono succeduti negli anni e che hanno costantemente visionato i progetti di recupero del camminamento di ronda, hanno perseguito il principio di conservazione delle mura e delle torri, limitando al massimo ogni intervento invasivo, tra cui la realizzazione di un’apertura per permettere l’accesso al camminamento dalla Torre civica, ipotesi assolutamente bocciata dalla Soprintendenza.

Frutto di numerosi incontri tra soprintendenti e proprietari degli immobili lungo le mura, il progetto definitivo, realizzato dallo studio Foppoli Moretta di Tirano (Sondrio) con lo studio Filippo Antonello di Verona, prevede l’entrata attraverso l’ex-Casa anziani / Casa Pastrello in vicolo Montebelluna, da cui accedere successivamente alla Torre del Giorgione (o di nord-est) attraverso una scala in metallo. Una volta saliti in cima, ci si potrà muovere lungo il camminamento, largo un metro e 20 cm e protetto da un parapetto, sia per i 60 metri del tratto di mura affacciato su piazza Giorgione, sia per i 90 metri che sovrastano i giardini lungo via XXIX Aprile, in un tratto di mura che vedrà l’innalzamento del terrapieno esterno per una maggiore solidità antisismica.

Non sarà quindi possibile effettuare il collegamento diretto tra le due torri (quella del Giorgione e quella civica). La Soprintendenza ha infatti stabilito il rispetto filologico dell’originaria funzione militare della Torre civica, costruita come ultimo baluardo e che non poteva quindi prevedere entrate “laterali”. Ad ogni modo, la Soprintendenza si riserva di intervenire in corso d’opera con integrazioni e revisioni del progetto.
Il costo dei lavori è stimato in un milione e 100mila euro, e il Comune spera di intercettare il finanziamento di 800mila euro richiesto al Ministero della Cultura e inerente al Fondo Cultura 2021.
Tuttavia, proprio l’impossibilità di realizzare il collegamento tra le due torri e l’accesso situato in vicolo Montebelluna anziché lungo via Preti, hanno sollevato le perplessità della minoranza. Particolarmente critica Maria Gomierato (Noi la civica): «Non vi è sufficiente valorizzazione turistica delle mura e delle torri, così come non ne è favorita la loro fruizione. Non si migliora l’offerta turistica di Castelfranco».

 

Piano rigenerazione per l’area di Torre Squillace. Pronto l’intervento di Legambiente
Da lecceprima.it del 7 settembre 2021

Nei giorni scorsi il Comune ha formalizzato la convenzione con l’associazione ambientalista per l’avvio del programma di rinaturalizzazione con staccionate, tabelle, arredi e illuminazione. L’immobile costiero, già destinatario di fondi regionali, sarà punto di aggregazione e valorizzato

NARDO’ - L’area intorno alla caratteristica Torre Squillace sarà “rigenerata” grazie a un intervento che ne consentirà la rinaturalizzazione, con la realizzazione di staccionate in legno, l’installazione di tabelle descrittive della storia del monumento e delle caratteristiche del contesto ambientale, la sistemazione di arredi e attrezzature, compreso un sistema di illuminazione ad hoc.

Saranno gli attivisti di Legambiente ad occuparsene, fornendo al Comune di Nardò il progetto esecutivo di ripristino e miglioramento ecologico dell’area, affidando l’esecuzione e la definizione dell’intervento, finanziando lo stesso con 30 mila euro. Si
tratta di risorse messe a disposizione grazie al progetto “RigeneriAmo la Natura” di Intesa Sanpaolo e Legambiente, finalizzato a valorizzare quattro oasi del sud Italia, tra cui, appunto, Torre Squillace, attraverso una raccolta fondi partita in occasione della ventiduesima edizione del festival “La Notte della Taranta”, nell’agosto del 2019.

Con una delle ultime delibere della la giunta del sindaco uscente Pippi Mellone infatti, l’amministrazione comunale ha accolto la proposta di Legambiente ed ha approvato l’atto di convenzione, che sancisce e regola la collaborazione l’associazione ambientalista e l’ente comunale.

L’accordo prevede che Legambiente individui un professionista per la progettazione dell’intervento, affidi i lavori a un soggetto qualificato, vigili sulla compatibilità paesaggistica e ambientale degli stessi.

Questo intervento, come rammentato dall’assessore all’Ambiente, Mino Natalizio, precede di poco le opere di conservazione dell’immobile, finanziato dalla Regiotone Puglia, che consentirà anche la fruizione interna del bene, a completamento della totale trasformazione di questa porzione di territorio con l’obiettivo di preservare la torre (la cui costruzione, secondo alcune fonti, allora denominata Scianuri o Scianuli, risalirebbe al 1567) dal degrado e di valorizzarla a fini turistici e culturali.

La Regione, infatti, ha già finanziato con 25mila euro un intervento di conservazione dell’immobile, nell’ambito delle risorse della legge regionale sulla tutela e fruibilità delle torri costiere pugliesi. Intervento cui il Comune di Nardò contribuirà con altri cinque mila euro di cofinanziamento.

Il progetto prevede l’asportazione della vegetazione erbacea le cui radici sono un rischio per la struttura muraria, la sostituzione degli elementi esterni in pietra che sono degradati, la raschiatura di graffiti, scritte e segni vandalici, il ripristino delle parti d’intonaco mancanti, l’installazione di porte e finestre, il ripristino del muretto a secco di recinzione. Negli anni scorsi la torre è stata già interessata da interventi di consolidamento e poi “attrezzata” con telecamere di videosorveglianza per l’ispezione continuativa della zona circostante.

 

LA REGIONE TOSCANA FINANZIA IL RECUPERO DELLA FORTEZZA DI MONTALCINO
Da oksiena.it del 7 settembre 2021

Gioielli del patrimonio storico e di pregio di nuovo fruibili con il bando "Interventi di riqualificazione"

Da Villa la Magia di Quarrata al museo civico di Barga passando per la Fortezza di Montalcino. Sono solo tre dei 32 gioielli del patrimonio storico e di pregio che la Regione Toscana riqualifica e rende di nuovo fruibili con il bando "Interventi di riqualificazione" rivolto agli enti locali della Toscana, finanziato con 7,5 milioni di euro. Cinquantuno sono state le domande presentate: 48 sono state dichiarate ammissibili, mentre tre non lo sono state per mancanza dei requisiti previsti dal bando stesso.Tra gli interventi, 32 quelli ammessi a finanziamento, situati in nove diverse province della Toscana. Di questi, 27 sono edifici di cui potranno godere i cittadini per fini culturali e aggregativi mentre cinque sono finalizzati all’uso istituzionale.

Ci sono ville e fortezze, chiostri e porticati, palazzi pretori, edifici storici ed antiche aree industriali dismesse, ex ospedali ed ex chiese. I primi cinque interventi selezionati riguardano nell'ordine Quarrata, Montalcino, Pistoia, Piombino e Barga. Alla consegna dei lavori la Regione metterà a disposizione dei Comuni la metà del finanziamento concesso, un altro 30 per cento in corso d'opera appena rendicontata la spesa corrispondente all'anticipo e il resto a collaudo ultimato.

 

Sul Brione troppi bikers: “Venti chilometri di tracciati un carico non più sostenibile
Da ladige.it del 6 settembre 2021

Il grido d’allarme arriva dalla Forestale di Riva: “I troppi bikers sui sentieri stanno distruggendo l’ecosistema della Riserva del Monte Brione” - LA PROPOSTA Il Patt: «Downhill in bicicletta, serve una legge provinciale» (http://«Downhill in bicicletta, serve subito una legge provinciale»)

Di Paolo Liserre

RIVA DEL GARDA. «Si è già arrivati al punto di massima criticità per quanto riguarda le conseguenze del traffico incontrollato di mountain bike sul territorio della riserva». Ergo, così non si può andare avanti. Urgono misure forti e tempestive.
È un quadro estremamente preoccupante,  oltre che dettagliato e di chi sa il fatto suo, quello che emerge dalla relazione sul degrado ambientale della Riserva naturale del Monte Brione, redatto nelle settimane scorse dalla Stazione Forestale di Riva del Garda. Il traffico indiscriminato e selvaggio di mountain bike sta rovinando il biotopo e mettendo a serio rischio flora e fauna, l'intero ecosistema di uno degli angoli naturalistici più belli e delicati non solo dell'Alto Garda ma di tutto il Trentino.

«Il Monte Brione - scrive la Forestale nel rapporto consegnato a Palazzo Pretorio - ormai da innumerevoli anni viene preso d'assalto da bikers locali e da turisti, incuriositi e attirati da video che sempre più spesso si trovano sui social».
La Forestale parla espressamente di «vasto e incontrollato afflusso di mountain bike con la progressiva e repentina perdita degli aspetti naturalistici che hanno portato in passato all'istituzione della Riserva naturale provinciale (con una superficie di oltre 66 ettari) nonché al suo incorporamento nelle rete ecologica internazionale Natura 2000 quale "zona speciale di conservazione (Zsc)".
La relazione della Stazione Forestale di Riva è il frutto di un lavoro di mappatura dei tracciati di Mtb sul Monte Brione e in particolare all'interno dell'area protetta. Un'attività successiva al sopralluogo effettuato a maggio assieme ad alcuni amministratori locali, in primis l'assessore alle opere pubbliche Pietro Matteotti ma anche il consigliere delegato Franco Gatti. Undici pagine corredate di foto e cartine che tracciano un quadro estremamente preoccupante.

Basti dire che a fronte di un unico percorso per mountain bike oggi autorizzato (4,8 chilometri che interessano in minima parte l'area protetta e si sviluppano soprattutto su strada asfaltata), la mappatura ha rilevato ben 12 chilometri di tracciati per bikers, 10 dei quali all'interno della riserva naturale e di conseguenza illegali. «Il continuo passaggio di mountain bike - prosegue il rapporto della Forestale - causa la compattazione del terreno che a sua volta provoca la riduzione della porosità, della capacità d'infiltrazione di acqua e aria, della crescita delle radici e l'asfissia radicale. Ne conseguono fenomeni di erosione e di aumento del ruscellamento superficiale».
Tra loro, osserva ancora la Forestale, «nel corso degli anni si è assistito a tagli non autorizzati per creare le aperture necessarie per il passaggio delle biciclette. E sono state addirittura create rampe di lancio utilizzando tronchi, sassi e terriccio reperiti in loco». «Più di 20 chilometri di tracciati potenzialmente percorribili dalle mountain bike - è la denuncia - sono un carico ormai eccessivo e non più sostenibile da un territorio così piccolo. Molte specie animali sono troppo disturbate dall'eccessiva presenza antropica e rischiano di sparire definitivamente».

Cosa fare allora? Si può lasciare campo libero alle Mtb ma la riserva naturale scomparirebbe e non tra molto. «È auspicabile - afferma la Stazione Forestale di Riva - un'unica e drastica soluzione: recintare il tratto più a valle del perimetro dell'area protetta ad ovest (circa 2,3 chilometri). Così si andrebbe ad eliminare la principale causa di degrado della riserva, il traffico indiscriminato di mountain bike appunto». Il suggerimento per la politica che deve decidere cosa fare concretamente è anche quello di creare un punto informativo in prossimità del punto più a valle della riserva: «In questo modo tra l'altro - osserva ancora la Forestale di Riva - si valorizzerebbero al massimo gli aspetti naturalistici dell'area ma anche quelli storici in considerazione della notevole presenza di fortificazioni e resti bellici della Grande Guerra». Il rapporto poi invita l'amministrazione comunale a valutare eventualmente anche «l'opzione dell'accesso contingentato a fronte del pagamento di un ticket».

 

Il «piano-B» per ospitare le famiglie di profughi afghani: è un’ex base Nato in Lessinia
Da .it del 5 settembre 2021

Già iniziati i lavori. Il prefetto: «Sarà un piccolo hub, solo permanenze brevi»

Di Andrea Priante

Tornano le vecchie caserme, a fare da sfondo all’arrivo dei nuovi profughi, quelli partiti dall’Afghanistan. Dal 2015 - quando iniziò la grande ondata di uomini e donne sbarcati sulle coste siciliane in cerca di un futuro lontano dalla miseria dell’Africa - i prefetti furono costretti ad allestire in tutta fretta dei grandi hub all’interno di basi militari dismesse. È in quel periodo che migliaia di richiedenti asilo vennero stipati nelle aree demaniali come quelle di Cona o di Bagnoli, divenute simbolo di un sistema di accoglienza che faceva acqua da tutte le parti. Proprio per questo, furono smantellate lasciandosi alle spalle un lungo strascico di polemiche e inchieste giudiziarie.

DORMITORIO PER RIFUGIATI A distanza di qualche anno, complice la forte riduzione degli arrivi, in Veneto sopravvivono pochissime caserme ancora utilizzate per ospitare i richiedenti asilo giunti sui gommoni salpati dalla Libia. Ma ora che l’Occidente si trova a fare i conti con l’emergenza afghana e con il tentativo di portare in salvo il maggior numero possibile di civili, si torna a parlare di hub e di adattare una vecchia struttura militare a dormitorio per i rifugiati. A Sant’Anna d’Alfaedo, nel Veronese, c’è una base per le telecomunicazioni della Nato in disuso ormai da diversi anni. E adesso che antenne, macchinari e personale dell’esercito non ci sono più, rimangono soltanto l’edificio principale, le torrette di guardia in cemento e, tutt’intorno, oltre 300mila metri quadrati di terreni delimitati da reti e filo spinato. «Ci sono pure dei bunker scavati nel sottosuolo», racconta il sindaco del paese Raffaello Campostrini. Grazie al federalismo demaniale quei prati, incastonati nei monti Lessini, dallo scorso anno sono di proprietà del Comune che in parte li lascia agli allevatori, come terra da pascolo per le vacche da latte. Ma l’edificio principale è invece a disposizione della prefettura di Verona, che già nel 2017 aveva ipotizzato di trasformarlo in un hub per i profughi. Il progetto tramontò anche in seguito alle proteste dei residenti.

UNA TRENTINA DI POSTI Da qualche giorno, però, c’è un fitto viavai di operai che entrano ed escono dalla base: sgomberano i rifiuti, allestiscono i servizi igienici, portano decine di materassi e armadi. «Stiamo allestendo un piccolo hub in grado di ospitare temporaneamente al massimo una trentina di profughi afghani, soprattutto famiglie con bambini» spiega il prefetto Donato Giovanni Cafagna. La cornice resta la stessa del passato ma, assicura, il «modello» non avrà nulla da spartire con quello di Cona o di altre realtà simili. «Non è la logica dei vecchi Cas (i tanto contestati Centri di accoglienza straordinaria, ndr) bensì rientrerà nel Sistema di accoglienza integrato, che prevede di accompagnare i migranti in un percorso di integrazione, assistenza e, quando sarà possibile, di avviamento al lavoro» dice Cafagna. 

CAMERATE E AREE COMUNI I lavori di sistemazione dell’ex base Nato di Sant’Anna d’Alfaedo dovrebbero chiudersi entro la seconda metà di settembre. È previsto l’allestimento di camerate ma anche di aree comuni, come la mensa e una sala per i giochi dei bambini. Le difficoltà non mancano: la zona è molto isolata, i servizi scarseggiano, e si trova a circa mille metri di quota, con temperature sensibilmente più basse che in pianura. Il prefetto però ha le idee chiare: «Sarà considerato un alloggio- onte. In pratica, se dovessero arrivare altre famiglie dall’Afghanistan (attualmente nel Veronese ce n’è soltanto una, composta da otto persone tutte ospitate a Soave, ndr) cercheremo di sistemarle all’interno di appartamenti sparsi per la provincia. Se però non dovessero essere sufficienti, soltanto allora alcuni richiedenti asilo verranno trasferiti a Sant’Anna d’Alfaedo, e solo per il tempo necessario a trovare delle abitazioni più consone, anche grazie alla collaborazione dei sindaci». Insomma, un hub per permanenze brevi. Si spera. Il sindaco Campostrini, sostenuto da una lista di centrodestra, non ha nulla da obiettare. «Le immagini alla tivù le abbiamo viste tutti: sono disperati in fuga dai talebani, non possiamo girarci dall’altra parte. Accoglieremo quelle famiglie e le aiuteremo a integrarsi. Sono certo che la maggioranza della gente di qui, sia favorevole al loro arrivo. Ho già ricevuto messaggi da parte di compaesani che voglio dare una mano: c’è chi offre cibo, chi vestiti...».

 

Tra bunker e tunnel sotterranei: l’altra faccia della Corea del Nord
Da insideover.com del 6 settembre 2021

Di Federico Giuliani

Da quando, il 27 luglio del 1953, fu firmato l’armistizio che congelò la Guerra di Corea (1950-1953) , ben pochi progressi hanno modificato lo status della penisola coreana. Innanzitutto, a distanza di quasi 70 anni da una delle guerre più crude del XX secolo, non c’è mai stato alcun trattato di pace. La Corea del Nord , quindi, è ancora tecnicamente in guerra con la Corea del Sud e, di riflesso, con gli Stati Uniti . Come se non bastasse, uno dei punti contenuti nell’armistizio, il 13d, è stato fin da subito abrogato unilateralmente dagli americani.

Il suddetto paragrafo stabilizzava che nuove armi potrebbero essere come sul territorio coreano soltanto per sostituire quelle divenute inefficienti. Washington, al contrario, trasferì in Corea armi nucleari , per la precisione testate per missili Honest John e ogive per cannoni pesanti da 280mm. Allo stesso tempo, i nordcoreani risposero alla mossa avversaria violando il medesimo punto, concentrandosi sullo sviluppo del loro programma nucleare , rendendo pubblica la cosa a il 2000 e il 2010.
Un contesto simile, di guerra perenne , di attesa snervante, dell’eventualità che il nemico possa minacciare un’invasione da un momento all’altro, ha trasformato la Corea del Nord in una sorta di “State of Paranoia”, dal titolo del libro scritto da Paul French. Mentre in Corea del Sud, con il passare degli anni, e grazie al potente quanto ingombrante ombrello americano, l’atmosfera si è fatta via via sempre più rilassata, al di sopra del 38esimo parallelo permane un clima di tensione , dovuto, soprattutto, all ‘accerchiamento con il quale si trova costretta a fare i conti Pyongyang.
Tralasciando la Cina e, in parte, la Russia, il Paese guidato da Kim Jong Un è circondato dalla Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti, con questi ultimi presenti nella regione grazie a un fitto reticolato di basi militari. I funzionari nordcoreani sono convinti dei propri mezzi, ritengono di essere in grado di tener testa agli “imperialisti” e, almeno a parole, non nascondono il sogno di riunificare il Paese; allo stesso tempo, temono però un attacco improvviso , e questo li fa vivere su un continuo “chi va là”.La presenza di truppe statunitensi in Corea del Sud, inoltre, ostacola la firma di ogni possibile trattato di pace tra le due Coree, visto che i nordcoreani vedono l’ombra di Washington su Seul come fumo negli occhi, oltre che causa ostativa a un sostanziale ritorno alla normalità.

L'”altra” Corea del Nord

Se la Corea del Nord è considerata una nazione inaccessibile, è bene sapere che sotto la superficie del Paese si estende un altro mondo ancora più segreto e borderline. Rumors, indiscrezioni e dimostrare più o meno confermate (e confermabili), concedere che l’esercito nordcoreano possa fare affidamento su una fitta rete di bunker e tunnel sotterranei , capaci di collegare le principali città tra loro e, secondo gli esperti, utilizzabili tanto per fini difensivi che offensivi. La punta dell’iceberg dal quale cercare di ricostruire “l’altra Corea” è senza dubbio la metropolitana di Pyongyang, se non altro per la sua centralità, essendo situata proprio nel cuore della capitale.
La metropolitana di Pyongyang, inaugurata nel 1973 sotto Kim Il Sung, è stata costruita 110 metri sotto il livello del suolo, ed è la più profonda al mondo. Dispone, al 2021, di due linee completamente operative, lunghe complessivamente 22 chilometri e comprendenti 17 stazioni. In virtù delle sue particolari caratteristiche, può essere adattata, in caso di emergenza, a rifugio antiaereo. Non a caso, gli ingressi delle stazioni sono muniti di porte in acciaio. C’è, poi, chi pone l’attenzione su due possibili tunnel sotterranei, a Ovest del Paese, capaci di collegare molteplici città al confine cinese. Il primo sarebbe un semplice tunnel che unirebbe Nampo a Yongwon, passando per Pyongwang e Sunchon, per poi ricongiungersi a Changsong; il secondo è stato definita la Kim Jong Un’s Escape Route, ovvero la via di fuga del presidente qualora la situazione interna dovesse mettersi male. Quest’ultima, oltre a ricalcare parte del primo tunnel, si diramerebbe in altri due frammenti: da Tongrim a Sinujiu e, nell’estremo est, da Tanchon a Paektuson.

Nei pressi della Zona Demilitarizzata (Dmz) la situazione è altrettanto misteriosa. Senza scendere nel sensazionalismo, citiamo quanto riportato da Radio Free Asia, emittente interessata a vicende asiatiche e finanziata dagli Stati Uniti. Ebbene, nei primi dieci anni del 2000, la Corea del Nord, stando a un approfondimento di RFA, avrebbe costruito centinaia di bunker nei pressi della Dmz, cioè al confine con la Corea del Sud. Scendendo nel dettaglio, sarebbero attivi almeno 800 bunker, tra cui un numero imprecisato di “esche”, per prepararsi a una possibile invasione della Corea del Sud.

“Ogni bunker contiene attrezzature militari che possono armare completamente da 1.500 a 2.000 soldati”, ha spiegato un anonimo disertore alla stessa radio, aggiungendo che la costruzione dei suddetti bunker sarebbe iniziata nel 2004, durante il secondo anno del governo sudcoreano allora presieduto da Roh Moo Hyun. “Se un soldato portasse tutto il suo equipaggiamento militare, che pesa 32 chili, e arrivasse nella zona demilitarizzata a pieno regime, sarebbe già esausto prima di infiltrarsi in Corea del Sud. Quindi (i nordcoreani ndr) hanno costruito vari bunker nella zona demilitarizzata e hanno posizionato lì tutte le loro attrezzature operative”, ha aggiunto la stessa fonte. A quanto pare, all’interno dei bunker ci sarebbero uniformi militari sudcoreane e targhette con nomi – che i militari del Nord potrebbero usare in caso di missione – oltre che proiettili da mortaio ed esplosivi di vario genere.

Strategia militare e difensiva

Affidarsi ai tunnel sotterranei consente all’esercito nordcoreano di poter organizzare ipotetici attacchi a sorpresa, ma anche di prolungare la guerra in caso di conflitto, confondendo le forze armate degli avversari, nettamente più avanzate e potenti. Il primo tunnel costruito da Pyongyang è stato localizzato nel 1974. Si estendeva per un chilometro a sud della Dmz, ed era abbastanza grande da spostare fino a duemila truppe all’ora oltre il confine.
L’ingegneria sotterranea di Pyongyang ha dato vita a numerosi tunnel che portano dalla Corea del Nord a sud del confine intracoreano. Quando è iniziato tutto questo? A quanto pare, Kim Il Sung, presidente eterno nonché fondatore del Paese, durante il suo mandato avrebbe ordinato a ciascuna delle dieci divisioni di combattimento presenti in prima linea di scavare due tunnel a testa. Un ex generale sudcoreano, tale Han Sung Chau, ha affermato che ci sarebbero almeno 84 tunnel, alcuni dei quali arriverebbero, addirittura, fino al centro di Seul. Il governo sudcoreano non crede tuttavia ai numeri di Han, né ritiene plausibile la presunta capacità dei nordcoreani di raggiungere la capitale.
Dal punto di vista militare, si ritiene che l’aeronautica dell’esercito di liberazione popolare nordcoreano sia dotato di tre differenzia basi aeree sotterranee , precisando a Wonsan, Jangjin e Onchun ( la prima includerebbe una pista lunga 5.900 piedi e larga 90 che passa attraverso una montagna). Nel bel mezzo di un conflitto armato, gli aerei del Nord, tra cui i caccia MiG-29 ei Su-25 Frogfoot, decollerebbero da basi aeree convenzionali, salvo poi rientrare nelledette basi sotterranee. Altre strutture, inoltre, sarebbero state edificate per proteggere Kim Jong Un in persona e la leadership del Paese. Gli Stati Uniti ritengono che esistano tra i 6mila e gli 8mila rifugi sotterranei sparsi in tutta la Corea del Nord adibiti allo svolgimento di tale funzione.

 

«Mura Vive» il museo 2.0 che farà rivivere le mura di Padova
Da lapiazzaweb.it di settembre 2021

Al via sabato 11 settembre 2021 «Mura Vive» che fa tornare vive le mura di Padova, la cinta bastionaria più estesa e meglio conservata in Europa - Quattro “stazioni” allestite con installazioni audio e video e postazioni didattiche per un percorso di visita emozionante ed immersivo accompagnato da una app.

Le mura di Padova tornano a rivivere grazie a “MURA VIVE – Museo Narrante Multimediale”, un progetto permanente di fruizione innovativa e nuova promozione di quello che è un monumento simbolo della città. Installazioni ambientali narrative, postazioni didattiche, realtà aumentata e un’app mobile, per un “museo diffuso”, fatto di parole, suoni e immagini, che si articola lungo gli undici chilometri del perimetro bastionario rinascimentale, per narrare le vicende – e pure qualche leggenda – della cinta muraria più estesa e meglio conservata d’Europa.

La proposta è dunque quella di un percorso di visita coinvolgente ed emozionante, che offre una vera e propria esperienza immersiva, in cui gli spazi antichi si popolano di racconti e i loro protagonisti prendono vita come interloquendo con il visitatore.
A ideare e promuovere il progetto la storica associazione Comitato Mura di Padova, attiva da quarant’anni nello studio, la valorizzazione e la tutela dell’importante patrimonio cittadino. L’iniziativa vede la stretta ollaborazione e il contributo del Comune di Padova e gode del rinnovato sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo nell’ambito del bando “Culturalmente 2020”.

È realizzata con i partner Tam Teatromusica, Omniaweb, MNZ Software, Audio Innova, Dipartimento ICEA e CSC dell’Università degli studi di Padova e con il supporto tecnico di Scuola edile Padova e Target Due.

Il progetto

“MURA VIVE” è di fatto la sintesi finale, ampliata e perfezionata, nonché il punto di arrivo di un percorso di iniziato nel 2016 con il Museo Multimediale delle Mura (“MMM”) e proseguito nel 2018 con il Parco Multimediale delle Mura di Padova (“PAMU”).

L’evoluzione dell’idea progettuale e insieme la sua declinazione concreta si consolidano così ulteriormente, diventando un progetto permanente, che da oggi arricchisce la proposta culturale padovana facendo conoscere questo monumento storico a cittadini e turisti. Un primo passo concreto verso la realizzazione del “Parco delle Mura e delle Acque”, che, anche grazie ai restauri in corso, potrà costituire un’opportunità straordinaria di rigenerazione urbana e insieme di promozione culturale e turistica della nostra città, in parallelo ad Urbs Picta.

Popolandosi di immagini e personaggi, così con “MURA VIVE” i bastioni e le porte di Padova tornano a raccontarsi e a raccontare: di conflitti e di guerre, anche recenti, di imperatori e dogi, condottieri e inzegnieri, di importanti figure femminili, e ancora di scienziati e di uomini comuni, di eroici felini e alicorni… Protagonisti, noti e ignoti, di vicende di politica e governo cittadino, ma anche di quotidianità, in una cavalcata emozionante lunga cinque secoli, dall’assedio del 1509 ai giorni nostri.

Quattro le prime “stazioni” allestite in altrettanti bastioni e porte della cinta muraria – Porta Savonarola, Porta Liviana (o di Pontecorvo), Torrione Alicorno e Porta Codalunga – aperte al pubblico a partire da sabato 11 settembre (anteprima pubblica del progetto, al Torrione Alicorno, il pomeriggio di venerdì 10). A queste si aggiungeranno nel 2022, al termine dei lavori di restauro di due di essi, altri tre spazi, ossia Torrione della Gatta, Porta del Castelnuovo e Bastione Impossibile.

Altamente didattico, senz’altro innovativo e creativo, “MURA VIVE” rappresenta un nuovo approccio alla fruizione delle mura, grazie all’unione del rigore storico-scientifico con la dimensione tecnologica e artistica.
Il progetto è senz’altro anche un esempio concreto di sinergia virtuosa fra il volontariato dell’associazionismo culturale padovano, la creatività di artisti specializzati in storytelling e l’ingegno di sviluppatori di software innovativi, la vivacità e l’impegno del mondo della scuola, l’apporto scientifico dell’università, la lungimiranza della pubblica amministrazione, e il prezioso sostegno della Fondazione bancaria della città. Il Museo è oggi interamente gestito da volontari dell’associazione padovana Comitato Mura.
A partire dal prossimo fine settimana e fino al 28 novembre 2021, il museo sarà aperto ogni sabato e domenica dalle ore 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30 (ingresso gratuito, con invito a un contributo a sostegno dei costi del progetto; per visitare le installazioni all’interno di Porta Savonarola e Torrione Alicorno è necessaria la prenotazione da effettuare online tramite il sito eventbrite (maggiori info qui: www.muravivepadova.it/info/info.html). Per le scuole, associazione e gruppi organizzati previste aperture infrasettimanali su prenotazione.

 

Giornate nazionali dei Castelli : Calabria protagonista con il sito di Roccella Jonica
Da telemia.it del 4 settembre 2021

Il secondo asset nazionale dopo le architetture religiose Una selezione di architetture fortificate – patrimonio architettonico e culturale inestimabile – viene celebrata dai soci dell’Istituto Italiano Castelli anche nel 2021 con eventi e visite guidate gratuite (anche in streaming) per sensibilizzare, accelerare o promuovere la valorizzazione territoriale Fabio Pignatelli della Leonessa, architetto, Presidente dell’Istituto Italiano Castelli: ‘Ogni anno cerchiamo di mostrare luoghi mai visti, o di farli riscoprire con occhi nuovi. Inauguriamo architetture ristrutturate o cerchiamo di ripopolare siti legati all’attualità stringente del nostro paese.

Nei due anni precedenti abbiamo ricevuto migliaia di visitatori locali e nazionali felici di riscoprire alcuni territori feriti dai recenti sismi ma altrettanto pieni di potenzialità (Abruzzo, Marche) e in tante regioni italiane i nostri volontari hanno ideato percorsi multipli di visita scegliendo un sito principale e alcuni siti collaterali dove offrire visite guidate gratuite e tante altre attività. Nell’anno della pandemia ci siamo visti costretti ad annullare le Giornate Nazionali 2020 a poche settimane dalla data prevista (maggio) a causa della diversa situazione epidemiologica su base regionale e della grande eterogeneità dei siti coinvolti ma abbiamo continuato online la nostra intensa attività di conferenze, conversazioni e corsi – molto graditi sia dai nostri soci che dai non soci. Anche durante le Giornate Nazionali dei Castelli 2021 – oltre ad applicare tutti i protocolli di sicurezza previsti per le visite in presenza – offriremo molti contenuti online – dalle conferenze in streaming, a video documentari dei siti, a visite virtuali – per chi non desidera ancora viaggiare, abbiamo rinnovato il nostro sito internet e ci siamo rafforzati ideando una presenza adatta a noi sui social (in particolare Instagram per avvicinare le giovani generazioni). Con la ripartenza riprendiamo ‘in presenza’ non solo le Giornate Nazionali ma anche le nostre attività di viaggi di conoscenza, il Premio di Laurea, il concorso fotografico Il Castello si Racconta e i corsi.’

‘Quest’anno celebriamo siti che coniugano eccezionale pregio storico ed ambientale e per la prima volta i nostri volontari hanno disegnato un percorso di visita esteso a tutta la regione – in alcune con tour incluso pernotto – per aumentare la permanenza degli appassionati attorno ai luoghi da noi proposti o continuare con visite di altre architetture fortificate vicine a quelle prescelte per le Giornate Nazionali dei Castelli 2021.
I soci IIC dell’Abruzzo propongono Navelli, borgo fortificato sull’omonimo pianoro (L’Aquila) situato in un tratto del territorio, Prata d’Ansidonia, ricco di presenze fortificate. La Basilicata riscopre il Castello di Moliterno. La Calabria celebra la cittadella fortificata a picco sul mare di Roccella Jonica con i suoi castello e Palazzo Carafa – in Emilia Romagna è la volta del Castello di Montechiarugolo di proprietà privata, in Friuli Venezia Giulia del Castello di Gemona.

La Campania anima lo spettacolare borgo cinto di Taurasi ed è la regione dove più numerosi saranno gli eventi collaterali – tra visite e tavole rotonde – che si svolgeranno nelle Giornate coinvolgendo i castelli di Agropoli, Circello, Teano. Napoli celebra il settembre dei castelli napoletani. In tutti i week end del mese visite guidate gratuite a Castelnuovo, Castel S. Elmo ed alle mura aragonesi. A Castel dell’Ovo, apertura straordinaria della sede campana dell’Istituto Italiano dei Castelli: oltre alle visite guidate, proiezioni video su Castel dell’Ovo e sui castelli di Napoli.

Il Lazio invita alla scoperta del Tempio Palazzo e Museo Archeologico della Fortuna Primigenia a Palestrina (Roma) per metà di proprietà del Ministero della Cultura ie per metà ancora residenza privata, che sarà aperta per l’occasione. La sezione IIC Liguria propone un’itinerario a piedi dedicato a Imperia ed il suo Porto Maurizio – una delle due parti principali (l’ altra è Oneglia) in cui è divisa la città. Cuore della visita il Parasio, centro storico medievale con la sua peculiare struttura a chiocciola ricco di chiese, palazzi antichi, giardini, vicoletti e scorci mozzafiato sul mare e sui monti. E’ prevista anche la visita a Villa Grock il cui stile per gli esterni ed il sontuoso parco (eterogeneo, con influssi barocchi, rococò, liberty e suggestivi echi d’ Oriente) differisce dagli interni, dove predomina il déco.
La Lombardia anima quattro siti in tre diverse province su due weekend: il 17 settembre una visita al raro esempio di castello gemino di Grosio (Sondrio): complesso fortificato costituito dai due castelli di San Faustino e dal castrum novum che ospita l’iniziativa dell’Istituto Italiano Castelli dedicata alle scuole di secondo grado: la premiazione del concorso fotografico ‘I castelli … raccontano’. Il 18 settembre visita guidata alla Torre di Castionetto di Chiuro (Sondrio) abbinata ad un’esperienza di cammino e di degustazione.
Nel week-end delle Giornate Nazionali dei Castelli (25-26 settembre 2021), due i protagonisti: il Castello di Pavia con un convegno sul Grand Tour e i castelli lombardi anche in streaming; il Castello Scaligero di Sirmione che con la sua imponente mole controllava la zona meridionale del lago di Garda. Per l’occasione verrà eccezionalmente riaperta la darsena, chiusa da inizio pandemia, e sarà presentata anche una visita virtuale al cantiere di restauro.
La sezione Marche invita alla scoperta o alla riscoperta di Fossombrone un’antica cittadina di origini romane, a metà strada tra l’Adriatico e gli Appennini, in cui tratti rinascimentali si legano intimamente all’antica Roma, dove l’incanto della natura incontaminata si sposa con il fascino dell’arte. Il modo migliore per conoscere Fossombrone è percorrere le sue vie: vagando fra vicoli, portici e scalinate è possibile scoprirne i segreti ed apprezzarne il fascino unico. I soci IIC di questa regione invitano a quattro itinerari guidati, il primo dedicato alla Rocca Malatestiana, il secondo dedicato alla corte Alta e al Museo Archeologico e Pinacoteca, il terzo alla Chiesa di San Filippo, il quarto alla Casa Museo e Quadreria Cesarini. Il Molise, uno dei territori più ricchi di castelli e palazzi baronali d’Italia, propone la visita al castello di Monforte e presenta in anteprima sui social un documentario sui castelli molisani ricco di immagini con drone. Visita anche a Castello d’Alessandro a Pescolanciano che ospita la mostra permanente sui castelli molisani. Il Piemonte apre le porte del Castello di Ceva, di proprietà privata.

La sezione Puglia celebra le Giornate Nazionali dei Castelli nel Castello di Trani, un sito che coniuga pregio storico ed ambientale attraverso una visita guidata e un incontro, Il castello di Trani: restauro e riqualificazione, che ne racconta la storia e i vari interventi di restauro. La visita guidata sarà accompagnata da una video-visita virtuale sui canali social dell’IIC.
La Sardegna invita a scoprire uno dei borghi più belli d’Italia, Laconi, situato nel cuore della regione a ridosso della Barbagia con il Parco Aymerich dove alle rare essenze arboree ed un eccezionale percorso guidato storico-paesaggistico si affiancherà la scoperta del castello omonimo che risale al XI secolo oltre che una vasta rete di altri appuntamenti per dedicare all’isola un intero week-end. Il 25 e 26 settembre in programma diverse iniziative di carattere scientifico, divulgativo e ricreativo tra cui un convegno dedicato al complesso tema della accessibilità del patrimonio fortificato. Gi studenti del Convitto Nazionale di Cagliari accompagneranno i visitatori alla scoperta del rudere del castello medievale, supportati da personale qualificato per una visita che sia veramente ‘per tutti’!
I soci dell’IIC Sicilia propongono due itinerari.
A Messina un’indimenticabile passeggiata abbinata alla visita del Castello del Forte SS. Salvatore, (lungo la cortina muraria esterna in riva al mare all’ingresso del porto di Messina) ed alla lanterna del Montorsoli, uno dei più antichi fari d’Italia. Entrambi i siti sono di proprietà del Demanio Militare, all’interno del Comando Logistico della Marina Militare a Messina, che lo mantiene con grande cura e non sono di norma accessibili al pubblico. Il 9 Agosto 2019 è stata inaugurata l’illuminazione permanente della cortina muraria esterna del Forte da un progetto nato dall’IIC, Sezione Sicilia- Delegazione Messina, in collaborazione con la Marina Militare. A Piazza Armerina, in provincia di Enna, aprono un castello privato di origini antichissime e riscoprono il centro storico della città che occupa un pianoro e i fianchi del monte Mira dominato dalla mole della cattedrale e, affacciato sul versante meridionale, dal castello aragonese. Lo sguardo – ricordano i soci della Onlus – si allarga fino ai castelli di Mazzarino, Butera, Enna, Troina e di altri insediamenti fortificati, oggi non più esistenti.
La sezione Trentino Alto Adige dell’IIC sceglie di far conoscere Castel Trostburg, sede di una visita guidata gratuita e di un convegno: il maniero conserva al suo interno una mostra di tutta la storia dell’’incastellamento’ trentino-altoatesino.
Anche in questa regione i soci dell’IIC hanno predisposto ulteriori itinerari di cultura castellana.
La sezione Umbria ripropone la visita a Montecolognola, delizioso borgo medioevale con castello che si affaccia in posizione strategica sul lago Trasimeno: conserva quasi intatto il suo primitivo aspetto, mura e porte d’ingresso risalgono ai primi del Trecento. Montecolognola era stata scelta in occasione delle Giornate Nazionali 2019 dai volontari dell’IIC locali con l’obiettivo di dare l’avvio al restauro di alcuni affreschi di pregevole valenza pittorica che si trovano nella chiesaparrocchiale di S. Maria Annunciata. I lavori sono iniziati ma, non essendo sufficienti i fondi destinati al completamento dell’intervento  conservativo, il Consiglio Direttivo della Sezione Umbria si è espresso all’unanimità per riproporre Montecolognola con la finalità di sensibilizzare ulteriormente l’opinione pubblica sia alla conoscenza del sito sia all’urgenza di portare a compimento il restauro.

Anche in questa regione i soci IIC hanno costruito un imperdibile tour di viaggio per offrire un week end ricco di attività collaterali, incluso pernotto e pasti.
La sezione Veneto che nelle scorse edizioni ha celebrato restauri aprendo i cancelli di luoghi spesso chiusi da decenni registrando lusinghieri numeri di visite per ogni sito interessato, quest’anno invita alla scoperta (o alla riscoperta) del Forte di San Felice (Chioggia) immerso nel paesaggio straordinario della laguna veneziana.
Quest’architettura fortificata è oggetto di un complesso e innovativo intervento di restauro che impiega le misure di compensazione, conservazione e riqualificazione ambientale del sistema MOSE.
Dalla laguna alla terraferma, i castelli di Thiene (17 settembre) e Roncade completano l’itinerario di questa regione. Il destino dei castelli è spesso differente da quello dei palazzi nobiliari che sono sempre situati nel centro città e per la maggior parte sono sopravvissuti agli eventi restando intatti. Le fortificazioni, proprio per via della loro storica funzione difensiva e offensiva, sono ai margini: in montagna o in collina. Per questo nel tempo la maggior parte sono state abbandonate, distrutte da guerre, o addirittura da spregiudicati progetti architettonici. Molto raramente sono abitate perché vivere in una fortificazione, oltre che scomodo, è troppo costoso. Nei casi più fortunati sono state riconvertite a strutture ricettive, o sono state restaurate per essere restituite al pubblico, ma molte continuano a essere chiuse: le Giornate dei Castelli perciò sono il momento per scoprirle e apprezzarle, magari approfittandone per costruire degli itinerari diversi dal solito in angoli sconosciuti e meravigliosi del nostro paese ai quali altrimenti non avremmo pensato.

Con migliaia di soci e con una sede in ogni regione italiana, ci prendiamo cura di un patrimonio spesso non valorizzato e siamo un unicum nel panorama associativo italiano per longevità e per qualità degli interessi rappresentati.
Non lo facciamo solo e soltanto con l’appuntamento forse più impegnativo dell’anno da organizzare – le Giornate sono frutto di un incredibile lavoro di squadra di volontari ed appassionati, studiosi e docenti – ma attraverso l’attenta relazione con enti locali, Ministeri e altri portatori di interessi per aiutare anche nella comprensione dei ‘bisogni’ di queste particolari architetture di cui il nostro paese è il più ricco al mondo. E quello che è meno sensibile alla valorizzazione.
Ci stiamo impegnando per cercare di alleggerire il peso fiscale su queste architetture e soprattutto a studiare come poter accatastare questi beni che hanno spazi così particolari per la loro funzione, ormai persa, e quindi difficilmente classificabili. Nonostante le enormi difficoltà che la pandemia ha provocato sui nostri bilanci e sull’interazione con i nostri soci, abbiamo dato seguito a diversi progetti già in cantiere. Ad esempio, insieme ad associazioni non profit che si occupano di valorizzazione del patrimonio storico italiano come l’ADSI, Ville Venete ed altre, l’Istituto Italiano Castelli ha sottoscritto un protocollo che tra le altre cose prevede la creazione di un comitato inter-associativo di durata biennale che permetterà alle nostre voci di essere più udibili sia per i decisori a livello nazionale che locale.’

Ufficio stampa: Diana Marrone pr/undercover – lifestyle news agency – Venice, Milan, Naples (IT) journalists, press officers, event designers email || prundercover@gmail.com skype || diana_prundercover mobile || + 39 349 5517623 http://www.prundercover.com

La partecipazione a ciascuna iniziativa prevede l’obbligo di prenotazione nelle modalità di volta in volta indicate. All’arrivo, è obbligatoria l’esibizione della certificazione Green Pass

La Cittadella fortificata, Castello e Palazzo Carafa a Roccella Jonica (RC) conserva i resti dell’antico centro abitato di Roccella di San Vittore, cittadella fortificata affacciata sul mare, sicuramente attestata e data in feudo nella prima età angioina a Gualtiero de Collepetro (1269), ma con evidenza archeologica e monumentale ascrivibile almeno al periodo normanno-svevo. La cinta muraria, già citata in documenti del XV secolo e dotata di Torrioni di età angioina ancora conservati, fu potenziata tra XV e XVI secolo con la costruzione di alcuni bastioni e il rifacimento dell’unica porta urbica, ancora oggi conservata. La cittadella, denominata in età moderna La Roccella, è sovrastata dall’antico Castello di Monte Falcone (oggi detto Torre di Pizzofalcone) con la Torre mastio cilindrica e il recinto fortificato, con un bastione del XVI sec; il suo impianto e la tipologia sono antecedenti al dominio angioino, probabilmente ascendenti al periodo tra XI e XII sec; nel 1283, durante la Guerra del Vespro, ci fu un ordine regio di raderlo al suolo per fellonia del Castellano. Nel 1479 La Roccella fu data in feudo a Jacopo Carafa e in possesso di questa famiglia rimase fino al 1806, anno dell’eversione della feudalità.

Nella parte centrale della cittadella sorge il Palazzo Feudale fortificato, rifatto agli inizi del XVI secolo dal conte Vincenzo Carafa, figlio e successore di Jacopo. Il palazzo sorge a ridosso dell’antica chiesa Matrice dell’Universitas roccellese, di fondazione medievale ma rimaneggiata nei secoli successivi, raggiungibile dal Palazzo attraverso un passaggio dal coretto. Il Palazzo fu poi ampliato alla fine del XVII da Carlo Maria e Giulia Carafa, ultimi principi de La Roccella appartenenti al ramo primogenito della famosa dinastia napoletana. Agli inizi del XVIII sec, con l’avvento nel feudo roccellese del ramo cadetto dei principi Carafa, cioè dei duchi di Bruzzano, nella persona di Vincenzo Carafa, tutte le fortificazioni, dalla cinta muraria al Palazzo, furono sottoposte a lavori: soprattutto il Palazzo fu notevolmente ampliato, con la costruzione di tre nuove ali e fu anche fortificato da tre torrioni realizzati sul lato Ovest del circuito murario, nel punto in cui questo è più vicino al Palazzo stesso,  ancora oggi conservati. L’antica Roccella fu progressivamente abbandonata tra XVIII e XIX secolo per essere edificata ai piedi della rocca, lungo l’antichissimo asse viario del dromo e sul mare.

L’Istituto Italiano Castelli ha collaborato per questo evento con il Comune di Roccella Ionica, Jonica Multiservizi SpA, Circolo di Studi Storici “Le Calabrie”

Giorno di apertura: 26 settembre 2021 Orari: 9,00-13,00 /16,00-21,00 Visite guidate: gratuite, prenotazione obbligatoria

INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI: 0964.866287 calabria@istitutoitalianocastelli.it, stefi.parrone@gmail.com Sito internet www.castelloroccella.it

Programma
Visite guidate precedute dalla descrizione del sito e dalla sua storia, a scelta.

Mattino:
Ore 9,45: Ritrovo presso il Teatro al Castello, Via Giordano Bruno, 116, zona Nord di Roccella. Percorso guidato intorno alle mura della città con visione delle fortificazioni e del castello dal basso*.
Ore 10,30 Raduno dei partecipanti nella Platea major de La Roccella, situata davanti al Palazzo Carafa; ingresso nella ex Chiesa Matrice San Nicola di Bari (adiacente al Palazzo Carafa) per ascoltare la storia della Cittadella, della Chiesa e del Palazzo e la descrizione del sito; sarà proiettato il filmato realizzato per l’occasione per introdurre alla visita del castello
Ore 11,10 Visita guidata del Palazzo fortificato Carafa.
In alternativa si può raggiungere direttamente la Platea Major nella Città antica, situata davanti al Palazzo Carafa. Durante la visita, nel Palazzo e nelle adiacenze saranno presenti figuranti del Corteo Storico Carafa nelle vesti dei personaggi protagonisti della storia del Castello. Sarà anche possibile, per chi vorrà, visitare l’area della Torre di Pizzofalcone (già Castello di Monte Falcone) raggiungibile attraverso una scalinata dalla via Città, strada d’accesso alla Cittadella. In alternativa alle visite guidate programmate, i visitatori potranno accedere al sito liberamente dalle 09,00 alle 13,00.

Pomeriggio:
Ore 15,30: Ritrovo presso il Teatro al Castello, Via Giordano Bruno, 116, zona Nord di Roccella. Percorso guidato intorno alle mura della città con visione delle fortificazioni e del castello dal basso*.
Ore 16,15 Raduno dei partecipanti nella Platea major de La Roccella, situata davanti al Palazzo Carafa; ingresso nella ex Chiesa Matrice di San Nicola di Bari (adiacente al palazzo Carafa) per ascoltare la storia della Cittadella, della Chiesa e del Palazzo e la descrizione del sito; sarà proiettato il filmato realizzato per l’occasione per introdurre alla visita del castello.
Ore 17,00 Visita guidata del Palazzo fortificato Carafa.
In alternativa alle visite guidate programmate, i visitatori potranno accedere al sito della Cittadella, del palazzo e della Chiesa liberamente dalle 16,00 alle 21,00.
Ore 18,00 nella ex Chiesa Matrice di S. Nicola di Bari Presentazione del volume dell’Istituto Italiano dei Castelli: “Architetture fortificate nel paesaggio agrario della Calabria – Percorsi di conoscenza e valorizzazione” a cura di Francesca Martorano.

 

Turisti come soldati per una notte Un letto nel bunker anche su Airbnb
Da italiaoggi.it del 1 settembre 2021

Di Maicol Mercuriali

L'entrata è angusta. Stretta. Una porta anonima, blindata, e poi una scalinata tra spesse mura di cemento scende in profondità. Una ricettività sotterranea per immergersi nella storia. In Francia, come alternativa alla camera d'albergo, è possibile alloggiare in un bunker costruito nel 1944 dalle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale e alloggiare in una stanza senza vista: pochi comfort ma una soluzione originale.
Queste strutture militari possono avere una seconda vita, come ha dimostrato Serge Colliou, che ha trasformato il rifugio in una guesthouse, proposta anche sulla piattaforma Airbnb. Il bunker in questione si trova a Saint-Pabu, in Bretagna: l'appassionato francese ha trascorso 18 mesi a scavare e ristrutturare questi spazi sotterranei che si estendono su 400 metri quadrati: ora c'è la zona bar, un confortevole salotto e poi le camere da letto con le amache militari. Tutto è rinnovato e completamente funzionale, ma alcuni elementi d'arredo richiamano all'origine del bunker, così come gli elmetti e le riproduzioni di fucili d'epoca appesi qua e là sui muri. Gli armadi sono essenziali, legno e ferro sono i materiali più usati, la luce è decisamente soffusa.

«Qui si può trascorrere del tempo, cenare, passare una notte... Abbiamo adattato il bunker preservando una certa atmosfera», ha spiegato Colliou all'agenzia Reuters, «Volevamo dare una seconda vita all'edificio, ma salvaguardando alcuni aspetti: ci sono riferimenti storici, ma non è un museo».
Una notte nel bunker di Saint-Pabu, che aveva ospitato una trentina di soldati della Luftwaffe, l'aviazione tedesca, negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, costa 320 euro per 6 persone, ma a disposizione c'è anche un secondo piano che, se aperto, per ospitare fino a 20 persone per un costo di 1100 euro a notte.

Se in Francia alcuni sindaci stanno cercando di rimuovere i bunker dalle spiagge, in quanto possono rappresentare un pericolo in caso di crollo per i bagnanti, attorno a queste strutture cresce un interesse in chiave turistica: alcune sono conservate per ragioni storiche, come a Saint-Nazaire, La Rochelle e Brest. E l'idea di Colliou apre la strada a un impiego alternativo di questi vecchi rifugi militari.
«Si sta iniziando a preservare questi famosi bunker e ciò è una cosa buona, ma non possiamo certo salvarli tutti», ha detto Hervé Farrant, uno specialista di queste strutture che sin dagli anni Ottanta li studia e li censisce. Il Vallo Atlantico conta in Normandia centinaia di questi sistemi di difesa, quasi sepolti lungo le spiagge sabbiose della costa bretone.