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Il Forte Stella riapre al pubblico: ecco gli orari del monumento
Da grossetonotizie.com del 30 giugno 2021

Con l’inizio della stagione estiva tornano a vivere le strutture museali e le fortificazioni dell’Argentario: dopo la Fortezza spagnola a Porto Santo Stefano, apre ora i battenti un altro monumento rappresentativo del Promontorio, il Forte Stella a Porto Ercole.

Dal 1° luglio sarà possibile visitarlo grazie all’avvio della gestione affidata dal Comune alla Pro Loco di Porto Ercole.

L’orario per i visitatori sarà così articolato:
• dal 1° luglio al 31 agosto, tutti i giorni dalle 17 alle 21;
• dal 1° al 30 settembre, tutti i giorni dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 18.

 

L’ingresso sarà consentito sino a 30 minuti prima della chiusura della struttura.

Il Forte, costruito durante la dominazione spagnola, è noto per la sua particolare forma a stella, per circa due secoli costituì il baluardo dell’intero sistema difensivo organizzato dagli spagnoli intorno a Porto Ercole e punto di collegamento tra le torri costiere della parte sud orientale dell’Argentario e le due grandi fortezze che dominavano il porto, la Rocca e Forte Filippo; importanti lavori di restauro l’hanno riportato al suo antico splendore e oggi è utilizzato per mostre e manifestazioni culturali.

 

Restaurata e consolidata la parte superstite della cinta muraria del XII secolo
Da notiziediprato.it del 30 giugno 2021

E' il tratto di mura che si trova tra via Santa Caterina e la palestra Etruria, all’altezza dell’antica porta Fuja: attraversa la corte dell'ex conservatorio e prosegue verso San Domenico

Sono terminati i lavori di restauro e consolidamento del tratto di mura del XII secolo che si trova tra via Santa Caterina e la palestra Etruria, all’altezza dell’antica porta Fuja.
L’intervento di restauro ha permesso di valorizzare un tratto importante delle mura cittadine: si tratta dell’unico tratto esistente della cerchia muraria del XII secolo, che attraversa la corte dell'ex conservatorio di Santa Caterina e prosegue verso San Domenico.
Questo tratto di mura era fortemente degradato: l’azione del tempo aveva ormai disgregato quasi completamente il paramento murario costituito da conci squadrati di alberese, lasciando a vista il sacco di riempimento che era stato realizzato con sassi tondi di fiume disposti un maniera irregolare. Con l'azione della pioggia alcuni conci si erano staccati, peggiorando la staticità del muro e la muratura. Prima dell’intervento di restauro il tratto di mura era infestato dalla vegetazione che l’aveva totalmente ricoperta.
Negli anni erano stati realizzati dei piccoli contrafforti nelle zone più degradate, che oggi sono stati integrati consolidando le lacune più grosse, restituendo così una continuità strutturale con il riempimento in muratura di mattoni pieni. Sull'esterno gli interventi sono stati fatti con malte strutturali a base di calce e imperniature con barre in acciaio, in maniera tale da ricostituire le parti mancanti. "Ringrazio l'ufficio dei lavori pubblici e mobilità del Comune per la qualità di questo intervento importante", dichiara l'assessore al Patrimonio Gabriele Bosi. "Si conferma ancora una volta l'impegno della nostra amministrazione nel recuperare il patrimonio storico della nostra città. Come assessorato stiamo valutando nuovi interventi per proseguire nella valorizzazione delle nostre mura cittadine".

 

Se le api conquistano l'ex batteria militare
Da cittadellaspezia.it del 30 giugno 2021

Il Comune di Arcola pronto ad avviare le pratiche per acquisire la postazione di Baccano. Ente pronto a partecipare ai bandi regionali per l'apicoltura per dare nuova vita al sito.

Sarzana - Val di Magra - Il Comune di Arcola si appresta ad avviare le procedure per l'acquisizione a titolo gratuito dal demanio dell'ex batteria militare di Baccano: a dare il nulla osta agli uffici, la pratica approvata ieri in consiglio comunale. “La nostra volontà – ha così aperto il dibattito l'assessore all'Ambiente Salvatore Romeo – è provare ad acquisire gratuitamente un'area, attualmente inutilizzata, di fatto abbandonata a sé stessa e alla vegetazione, che ha potenzialità non indifferenti. Una volta acquisita, c'è l'idea di pulirla, renderla fruibile e destinarla a iniziative legate alla recente deliberazione del consiglio con cui si esprime la volontà di essere inseriti tra i Comuni amici delle api. Il sito dell'ex batteria si presta molto bene alla realizzazione di un alveare, anche a titolo didattico, per ragazzi e scuole. Ma l'area è talmente vasta che potrà avere anche altri utilizzi”. E in merito alla destinazione del sito l'assessore ha aperto alle eventuali proposte dei consiglieri, proposte “che siano nel solco della fruibilità collettiva”.

“Vediamo di buon occhio questa acquisizione – ha affermato dall'opposizione il consigliere Gino Pavero (Cambiamo) – e condividiamo le intenzioni di realizzare una stazione didattica dedicata all'apicoltura, così come che il bene venga reso fruibile per iniziative a favore della collettività arcolana. Ma abbiamo qualche perplessità sulla pulizia, non tanto quella iniziale, quanto in merito a quegli interventi costanti che saranno necessari per mantenere il sito in condizioni di decoro. Auspichiamo che siano stati fatti gli opportuni approfondimenti e riflessioni a questo riguardo”. Pavero ha altresì chiesto come mai non si sia valutato anche di avviare le pratiche per l'acquisizione anche dell'ex zona militare Falcinelli e di una porzione del castello di Trebiano, “anch'essi nella serie di beni che il Demanio ha proposto ad Arcola per l'acquisizione gratuita”. “Poco fa abbiamo messo in risalto le difficoltà dell'ente a tenere in maniera decorosa e a tener pulito il territorio e ora andiamo a prendere un bene che avrà a sua volta necessità di essere tenuto pulito. Non ho capito se a questi fini ci siano già risorse... risorse che a mio parere andrebbero spese per risolvere esistenti e annose, gravose situazioni del territorio”, ha osservato, sempre dal gruppo Cambiamo, la consigliera Valentina Massi, con un riferimento a una mozione discussa poco prima. E in merito all'apertura dell'assessore Romeo alle proposte dei consiglieri, Massi ha posto i riflettori sul Parco fluviale: “Lì si possono ricavare degli spazi, certo va reso più fruibile e pulito, non come allo stato attuale. È anche un sito più raggiungibile rispetto alla ex batteria, che è fuori mano, ben oltre la villa del conte Picedi, senza contare il dispendio di denari ed energie per rimetterla a posto. Inviterei l'amministrazione a riflettere bene sulla possibilità di acquisire l'ex batteria. Questo ovviamente non vuol dire che siamo contrari ad avere un sito per le nobili finalità menzionate”.

“Faccio mie le considerazioni del consigliere Massi su recupero e mantenimento del sito in caso di acquisizione. Va da sé che, mentre oggi possiamo criticare il Demanio per la situazione in cui versa, nel momento in cui lo acquisiamo la responsabilità è nostra. È una preoccupazione che ci siamo posti”, ha replicato l'assessore Romeo, spiegando poi che Palazzo civico ha preso contatto con la segreteria dell'assessore regionale all'Agricoltura, Alessandro Piana, per verificare la possibilità di accedere a bandi specifici per quanto riguarda l'apicoltura. “Due i bandi che vengono emanati ogni anno, ad aprile e a novembre – ha affermato -. Mi auguro che l'ex batteria entri in possesso dell'ente in tempo per partecipare al bando del prossimo novembre e intercettare risorse economiche con cui intervenire sull'area. È fuori mano? È vero, è abbastanza decentrata, ma è anche un luogo di valore, interessante culturalmente e didatticamente, ci sono ancora le piattaforme dove venivano posti i cannoni durante la Seconda guerra mondiale. E dal sito, continuando su Via Picedi, si arriva sino in Via Amola alle Pianazze, un percorso che sarebbe bello i nostri ragazzi conoscessero”. E a questo proposito Romeo ha parlato di un “sogno ad occhi chiusi: mi immagino – ne ho parlato con gli assessori Monfroni e Luciani, un trenino del tipo di quelli turistici con sopra i nostri bambini, che magari conoscono solo l'area attorno a casa o poco più, portati alla scoperta del nostro territorio”. Sulle aree del Parco l'assessore ha concordato con l'esponente dell'opposizione: “Devono essere maggiormente valorizzate, hanno tante potenzialità. E ora attendiamo il decreto di nomina finale per iniziare la collaborazione con il nuovo presidente del Parco Eleonora Landini”. E ha concluso: “Condivido le preoccupazioni della consigliera Massi sull'ex batteria, ma queste devono essere da stimolo, non da freno”. Quindi il voto: contrari i consiglieri di 'Cambiamo' Massi e Righi (assente al momento del voto il consigliere Pavero), favorevoli la maggioranza di centrosinistra e il consigliere Navalesi (Alternativa per Arcola). Pratica quindi passata e uffici all'opera per l'acquisizione.

 

Nell’ex polveriera di Romans spazio al villaggio longobardo
Da messaggeroveneto.it del 30 giugno 2021

Di Edo Calligaris

L’associazione di rievocazione storica Invicti Lupi punta al rilancio del sito e partecipa a un progetto della Regione per le attività culturali e sportive

L’ex polveriera di Romans d’Isonzo potrebbe diventare un villaggio longobardo. La giunta comunale, infatti, ha deliberato di aderire alla richiesta di partenariato, in qualità di Comune e di Museo, rivolta dalla locale associazione di rievocazione storica Invicti Lupi. Richiesta finalizzata a sostenere la domanda che il sodalizio stesso intende presentare alla Regione, dopo il bando Ripartenza cultura e sport, relativo alla riqualificazione di una parte dell’ex polveriera militare, zona laghetti di viale Trieste a Romans, per trasformarla in un villaggio fortificato longobardo del VI secolo.

Nella delibera viene evidenziato il bando della Regione che mette a disposizione incentivi annuali per progetti regionali finalizzati a rilanciare le attività culturali e sportive e la gestione dei beni del patrimonio culturale, e a offrire occasioni di lavoro ai lavoratori dei settori culturale e sportivo regionale.
Il documento prende atto «che la locale associazione Invicti Lupi intende presentare domanda, così come da nota pervenuta in data 21 giugno 2021, allegando un progetto interessante relativo alla riqualificazione di una parte dell’ex polveriera militare, per trasformarla in un villaggio fortificato longobardo del VI secolo e chiede all’ente di sostenerla divenendone partner, nella doppia veste di’Comune di Romans d’Isonzo e di Civico Museo Archeologico di Romans, mettendo a disposizione l’area. La giunta ha ritenuto valido in progetto «in quanto completa il lavoro di ricostruzione filologica portato avanti da tempo dal sodalizio romanese, e la riqualificazione del patrimonio storico longobardo che il Comune conduce ormai da molti anni e che si tradurrà nella realizzazione del nuovo museo multimediale dedicato ai Longobardi, realizzato con tecnologia e metodiche informatiche avanzate, proponendosi come una della prime realtà della regione».

Ritenuto, inoltre, che il progetto risulta anche compatibile con gli obiettivi di valorizzazione e riqualificazione dell’ambito proposto, oltre che con le destinazioni e gli strumenti urbanistici, la Giunta comunale ha deciso di farlo proprio. La polveriera di Romans, di proprietà dello Stato, è stata dismessa alla fine degli anni Settanta, inizio anni Ottanta, dopodiché è rimasta abbandonata a sé stessa. Successivamente è stata ceduta al Comune di Romans, che ha permesso a diverse associazioni locali, di usare come magazzino le casette in cui un tempo venivano depositati gli esplosivi. Lo scorso anno l’amministrazione comunale di Romans, con la collaborazione del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste ed in particolare della facoltà di Architettura di Gorizia, aveva avviato uno studio di ricerca di studio dell’area, con particolare riguardo alle possibili forme di recupero e valorizzazione.

 

Il Castello di Milazzo, la Cittadella fortificata più grande in Sicilia: un bastione espugnato solo da Garibaldi
Da strettoweb.com del 30 giugno 2021

La storia e la conformazione del Castello di Milazzo: la fortezza sorge in uno dei pochi punti del Mar Mediterraneo ininterrottamente abitati dall’uomo da almeno cinquemila anni

Milazzo è una località situata in provincia di Messina conosciuta molto per il suo magnifico litorale. Basti pensare alla Baia del Tono, una meta da cartolina e stimata dai turisti. Ma la città possiede storia e tradizioni molto antiche ed affascinanti, legate soprattutto all’importante posizione geografica del luogo. Ne è una testimonianza il Castello, conosciuto anche come Cittadella fortificata, che sorge in uno dei pochi punti del Mar Mediterraneo ininterrottamente abitati dall’uomo da almeno cinquemila anni. La possente rocca naturale, da cui prese nome la città greca, aveva già visto fiorire la civiltà del neolitico, del bronzo e del ferro, e continuò ad essere fortezza di primaria importanza per il controllo della costa settentrionale della Sicilia e del suo mare, se ne accorsero i coloni Greci, ma così anche i Romani e i Bizantini. Nonostante la natura rocciosa del suolo, il suo declivio ed il suo sconvolgimento per la costruzione delle cinte bastionate non hanno lasciato traccia alcuna delle fortificazioni erette prima della conquista araba.
Il Mastio, che sorge sul punto più alto dello sperone roccioso a strapiombo sul mare e chiude un’ampia ed ariosa corte, ha come suo nucleo più antico la “torre saracena” e come suo ambiente più pregevole l’elegante salone all’interno del quale si trova un possente camino. Iniziato forse sotto gli Arabi, ampliato dai Normanni, come raccontato sul portale ufficiale del Comune di Milazzo, il Mastio assunse la sua struttura attuale (come rivelano le otto torri angolare e mediane) sotto Federico II di Svevia. Alcuni dei conci in pietra lavica che ornano le strutture murarie delle torri e del salone recano ancora oggi i marchi dei lapicidi, geometrici contrassegni che consentivano di riconoscere – e conseguentemente controllare e remunerare – il lavoro dei singoli maestri impegnati nel cantiere milazzese. Successivamente, sotto gli Aragonesi, il Mastio normanno-svevo venne protetto dal tiro delle armi da fuoco attraverso la costruzione, alla fine del Quattrocento, della cinta bastionata che lo racchiude (cosiddetta cinta aragonese o “barrera artillera”) coi suoi 5 torrioni semicilindrici. Infine, nel Cinquecento gli Spagnoli, per proteggere la città e la costa dai pirati barbareschi che avevano saccheggiato le Isole Eolie e la Calabria e per avere un’imprendibile fortezza da cui controllare Messina, innalzarono la poderosa cinta muraria contraddistinta dalle numerose caditoie destinate alla difesa piombante.

La “barrera artillera” (cinta aragonese) costruita tra il 1496 ed il 1508 e progettata dall’ingegnere militare Baldiri Meteli. Recentemente è stata oggetto di studi da parte dell’arch. Alessandro Gaeta, che ha rinvenuto i documenti della sua costruzione all’Archivio di Stato di Palermo, curando inoltre eleganti simulazioni grafiche come quella raffigurata sopra assieme alla foto del portale d’ingresso e a qualche particolare interno ed esterno delle cannoniere munite di mirino a forma di croce e di fori entro cui scorrevano i perni dei portelloni lignei di chiusura della bocca delle stesse cannoniere, onde preservare le artiglierie da pioggia ed interperie. Con la costruzione della cortina cinquecentesca (cosiddetta cinta spagnola) l’intero complesso fortificato assunse la fisionomia di una vera e propria città murata, entro la quale erano ubicati i palazzi del potere, dalle sede municipale agli uffici giudiziari, cinque-sei edifici di culto, oltre alla chiesa madre innalzata alle soglie del Seicento, e le numerosissime abitazioni civili di coloro i quali dimoravano all’interno della stessa città murata. Un complesso di fabbricati pubblici e privati del quale oggi, se si eccettuano l’antico duomo e la secentesca badia benedettina, non rimangono altro che i perimetri murari di base, solo in parte affioranti in superficie.
Imponente e suggestiva, la poderosa cinta spagnola, che comprende la cortina e ad essa affiancati i due bastioni denominati rispettivamente “di Santa Maria” e “delle Isole”, è il risultato della progettazione di alcuni dei migliori ingegneri militari del tempo. Tra questi, il bergamasco Antonio Ferramolino, al quale si deve la realizzazione di uno dei luoghi più affascinanti e suggestivi dell’intera città murata: la galleria di contromina del bastione delle Isole, un lungo e tenebroso cunicolo, ricavato nel perimetro murario dello stesso bastione, che aveva lo scopo di prevenire gli attacchi delle mine nemiche, ossia dei tunnel sotterranei realizzati dagli assedianti al fine di raggiungere la base delle fortificazioni onde collocarvi potenti cariche esplosive capaci di distruggerle. Proprio per prevenire tali attacchi il Ferramolino consigliò la realizzazione di una galleria di contromina, dove l’assediato avrebbe pazientemente vigilato ascoltando l’eventuale approssimarsi dei colpi di piccone della costruenda mina nemica, che, non appena intercettata, sarebbe stata prontamente neutralizzata. Questo complesso sistema di fortificazioni non venne mai espugnato: non ci riuscirono neppure gli Spagnoli, che l’avevano eretto, quando tentarono da qui di riconquistare la Sicilia perduta. E lo stesso Garibaldi (nella famosa battaglia di Milazzo del 1860) fermò la sua avanzata vittoriosa sotto le mura del Castello, finché l’esercito borbonico, per il collasso dello Stato napoletano, non si arrese.

Cominciò allora il declino della città murata: il Duomo antico, eretto a partire dal 1607 – è caratterizzato da forti membrature di sapore michelangiolesco, da una facciata recante meridiana, zodiaco ed una scultura in marmo raffigurante S. Maria col Bambino, nonché da eleganti geometrie in pietra da taglio di Siracusa tanto all’interno quanto all’esterno, oltre che da altari arricchiti da stupende tarsie marmoree – fu abbandonato al vandalismo ed al degrado (la graduale distruzione venne inaugurata dai garibaldini, prima, e dalle truppe del giovane Regno d’Italia, dopo) mentre il Mastio diventava un carcere, rimanendo tale sino al 1960. È solo da qualche decennio che la città ha cominciato a riappropriarsi di quello che un tempo era il suo cuore pulsante. In questi anni, la realizzazione di un teatro all’aperto, i restauri dell’antico Duomo (di cui ancora oggi non si conosce il nominativo del progettista, mentre si conosce quello dell’architetto nonché capomastro palermitano – Giuseppe Gasdia – che ne ha diretto il cantiere dal 1615 circa) e quelli parziali di diversi ambienti delle cinte murarie hanno rappresentato indubbiamente alcuni decisivi passi in avanti in direzione del recupero di una delle fortificazioni più importanti della Sicilia.

 

Sardegna: Le torri costiere, sentinelle del mare
Da shmag.it del 29 giugno 2021

La Fortezza Vecchia a Villasimius. Adobe Stock | Stefano Garau

Di Franca Falchi

La parola “Torre” in Sardegna è sinonimo di pirati. Queste, infatti, più che col nome di torri costiere sono note come torri saracene, anche se di saraceno hanno ben poco. Gran parte delle circa cento torri presenti lungo tutta la nostra costa sono infatti di origine spagnola, edificate come mezzo di difesa dagli attacchi dei pirati, ma non a difesa dai saraceni visto che le invasioni dei popoli arabi del Mashriq avvennero ben 500 anni prima della costruzione di questo sistema di difesa costiera.

Il Mediterraneo è stato sin dall’antichità il mezzo per le espansioni e per il progresso economico tramite il commercio. Numerosi sono i ritrovamenti di bronzetti raffiguranti navi o quelli di relitti in prossimità della costa con ancora il loro preziosi carico di garum (salsa di pesce molto simile alla pasta di acciughe), di ossidiana, legname e metalli a testimonianza delle rotte commerciali che interessavano la Sardegna sin da epoca antica. Insieme al commercio, in forma parallela, però si è ben presto sviluppato il fenomeno della pirateria. A iniziare dal 700 d.C. le coste sarde divennero meta di costanti razzie da parte di mori, saraceni, barbari e poi anche turchi. Le loro incursioni non erano finalizzate solo al saccheggio ma anche al rapimento (è nota la storia del bambino rapito all’Asinara che in età adulta divenne re di Algeri) e alla conquista di territori che spesso rendeva necessario alle popolazioni indietreggiare dalla costa verso l’entroterra.

La Torre Salinas a Costa Rei

Le fallimentari misure intraprese contro i barbari, uno tra i più noti è sicuramente il pirata Barbarossa, fecero decidere a Filippo II di Spagna l’adozione di un sistema difensivo costiero fatto di torri, con relativo presidio militare, collocate nei punti strategici della costa. Nacque così la “Reale Amministrazione delle Torri”, istituzione volta non solo alla realizzazione di nuove torri ma anche alla loro manutenzione, al rifornimento di armi e all’arruolamento degli uomini addetti al presidio di guardia. Le torri non erano semplicemente collocate nella costa in prossimità dei villaggi da difendere, ma la loro localizzazione rispondeva a precisi criteri di comunicazione. Tutta la reta costiera era regolata da un complesso sistema di comunicazione tra torri contigue fatto di segnali, in modo da tenere sempre sotto controllo l’intera costa e da dare alle popolazioni il tempo di mettersi in salvo.
Il fumo di giorno, la luce del fuoco la notte o il suono di un corno, erano capaci di trasmettere l’allarme anche ad ottanta chilometri di distanza e dove non arrivava la comunicazione visiva, veniva utilizzata la “guardia morta” una postazione mobile con una vedetta (non fornita di torre) che a piedi o a cavallo trasmetteva il segnale alla torre successiva. Da qui i vari toponimi come “Guardia del turco” o “Guardia dei Mori”. Ogni torre era equipaggiata da un suo presidio militare, a seconda dell’ampiezza della stessa. Le piccole torri con un paio di soldati, fucili e spingarde; le medie con una piccola guarnigione e dei cannoni di media dimensione e portata, le grandi con una vera guarnigione con un capitano, 5/6 soldati, cannoni pesanti, spingarde e fucili. Questi uomini, spesso sottopagati, erano costretti a trascorrere diversi anni di servizio alla torre, nell’ordine dai sessanta ai settanta, per cui questo incarico veniva accettato spesso solo da chi non aveva famiglia.

La Torre Aragonese a Porto Torres

Quasi tutte le torri hanno stessa pianta circolare, tranne quella di Porto Torres (esagonale), quella di Muravera e Nurachi (a pianta quadrata) e il complesso di piccole torri di Fortezza Vecchia a Villasimius, nato come singola torre (a pianta triangolare) alla quale sono state aggiunte in seguito quattro torrette. La costruzione delle torri circolari era quella più facilmente realizzabile e economica (non era necessario personale specializzato o scalpellini) e sopportava maggiormente l’impatto delle cannonate.

Per riuscire a vedere la conclusione degli atti di pirateria nelle coste della Sardegna, tuttavia trascorreranno lunghi secoli di terrore. Solo nel 1815, grazie al decreto di abolizione della schiavitù e alla messa al bando della pirateria, iniziò la progressiva dismissione delle torri e nel 1842, Carlo Alberto di Savoia, attuò un vero cambio di strategia di difesa militare che non prevedeva l’uso delle torri costiere. Queste però vennero riutilizzate durante la Seconda guerra mondiale sotto forma di presidio doganale e militare, sede di impianti telemetrici e di segnalazione con il sistema dell’avvistamento ottico. La definitiva dismissione avvenne nel 1989 in concomitanza con l’Intesa Stato-Regione.
Molte torri sono giunte sino a noi in pessime condizioni di conservazione, dovuta allo  sgretolamento ad opera degli eventi atmosferici: il 25% di esse è andato completamente distrutto, il 35% riversa in condizioni piuttosto precarie e questo è dovuto non solo all’attuale incuria ma anche e soprattutto alla scarsa qualità dei materiali utilizzati sin dalla costruzione. Ieri come oggi, era in opera un certo malcostume nella realizzazione di queste opere di pubblica utilità, fatto di abusi, malversazioni e relativo utilizzo di materiali di scarsa qualità e ruberie, tanto che spesso era più economico abbattere e ricostruire piuttosto che affrontare continue manutenzioni e ristrutturazioni.
Questo ha reso l’intero sistema a volte poco efficace. Con una più oculata gestione, con maggiore onestà e criterio, si sarebbero potuti limitare sprechi di denaro e probabilmente creare un sistema di difesa più efficace di quello che fu effettivamente realizzato.

 

Museo Forte Bramafam a Bardonecchia riapre sabato 3 luglio 2021
Da torinotoday.it del 29 giugno 2021

Apre al pubblico il Museo Forte Bramafam a Bardonecchia: quando visitarlo e cosa c’è dentro

Sabato 3 luglio inizia la stagione 2021 di apertura al pubblico del Museo Forte Bramafam di Bardonecchia. Una avventura e una sfida di recupero e valorizzazione del Forte - costruito tra il 1874 ed il 1889 sul colle che domina la conca di Bardonecchia e che a fine ‘800 era la più importante fortificazione delle Alpi Cozie – che dura da 26 anni. Il Bramafam è rinato grazie all’Associazione per gli Studi di Storia e Architettura Militare (A.S.S.A.M.): un cantiere sempre aperto con al centro la realizzazione di un Museo sulla storia del Regio Esercito che ogni anno offre novità espositive con nuovi allestimenti e mostre temporanee. Inoltre, da quest’anno il Bramafram è entrato a pieno regime nella Rete dei Forti che raggruppa enti pubblici e privati che gestiscono le principali fortificazioni italiane.

“Se ci fossimo limitati al restauro forse sarebbe stato tutto più semplice afferma Pier Giorgio Corino “anima” e Direttore del Museo -, ma l’idea che ci ha travolto e che ha preso sempre più corpo è stata quella di trasformare il forte in un museo, dove salvare la memoria storica di chi ci ha preceduto. Cosa di certo non semplice, ma siamo andati avanti. La chiave di lettura del nostro recupero è stata quella di salvare gli oggetti che hanno fatto la storia per trasmettere al visitatore la sensazione di un’immersione nella vita quotidiana delle persone che hanno attraversato, vissuto e fatto quelle epoche. Per questo per noi sono importanti anche i piccoli oggetti come un pettine o una lettera personale. Dietro ogni piccolo manufatto c’è un racconto che dobbiamo imparare a riconoscere, leggere e tramandare. L’impostazione è stata quella di salvaguardare le memorie materiali del passato prima che vadano disperse. Le scelte espositive sono mirate più in un’ottica di ricercatore storico, esponendo i materiali in modo tale che gli oggetti escano virtualmente dalle vetrine e avvolgano il visitatore, raccontando la loro storia. Si è dato corso a scelte di inquadramento che si staccano dagli standard di un normale museo; certo forse la nostra fortuna è che nessuno ci ha imposto delle linee guida: noi parliamo solo di storia, bella o brutta che sia stata, ma solo di storia”.

Periodi di apertura e orari 2021: a luglio tutti i fine settimana, ad agosto tutti i giorni, a settembre e ottobre tutte le domeniche. Orario di visita: dalle 10 alle 18,30. Ultimo ingresso ore 17. Tempo medio di visita 2-3 ore. Accessi contingentati. Info: Tel. +39 3336020192 - +39 3473122958. Altre info e aggiornamenti sulle mostre info@fortebramafam.it e alla pagina FB.

Le mostre temporanee del 2021

Le uniformi della Repubblica Italiana. Si tratta del racconto di quale è stata l’evoluzione delle uniformi dell’Esercito Italiano dal 1946 al 2000, dall’utilizzo delle battle dress inglesi della fine degli anni ‘40, dalle prime giacche diagonali, all’evoluzione del mimetismo, sino al cappotto modello 1956 per alti ufficiali delle truppe alpine. “È dal 2015 che ci stiamo lavorando, ora l’abbiamo completata, attraverso una trentina di uniformi, oltre ad alcuni 'soldati' che faranno da figuranti nella mostra”.

Bestiario fotografico della Valle di Susa. Nella galleria di gola invece verrà esposta una mostra molto particolare: “Bestiario fotografico della Valle di Susa”. Si tratta di una mostra che nasce dalle campagne fotografiche realizzate in quota da Alessandro Perron, un giovane fotografo naturalista bardonecchiese, che è riuscito a catturare con passione, tecnica e pazienza gli animali selvatici che ancora abitano i boschi e le rocce della nostra montagna.

Come arrivare al forte Bramafam

IN AUTO:
• da Torino con l’autostrada A32 Bardonecchia/Frejus, seguire l’uscita per Bardonecchia

• da Bardonecchia proseguire lungo la SS. 335 in direzione Oulx sino a incontrare le indicazioni Museo Forte Bramafam, girare a destra all’altezza del sottopasso ferroviario. Da questo punto imboccare il ponte sulla destra. Risalire per 2 km sino al bivio della Cappella di Sant’Anna. Parcheggiare nell'area indicata e proseguire a piedi sulla destra per circa 300 m. sino a raggiungere il forte.
• da Oulx proseguire lungo la SS. 335 in direzione Bardonecchia sino a incontrare le indicazioni Museo Forte Bramafam, girare a sinistra all’altezza del sottopasso ferroviario

A PIEDI O IN MTB: da Bardonecchia, con partenza da Campo Smith con una passeggiata di circa 4 Km nel bosco, attraverso lo sterrato per Bivio Quattro Strade/Colomion, e proseguendo poi verso Sant’Anna e il Forte, oppure dal sentiero che parte da Fontana Giolitti

COL BUS NAVETTA - da Bardonecchia dal 19 giugno fino al 5 settembre è attiva la Linea 8, che da Piazza De Gasperi, in concomitanza con l’apertura, tutti i fine settimana di luglio, tutti i giorni di agosto e le domeniche di settembre, porta direttamente, al Museo Forte Bramafam (max. cinque persone, per distanziamento Covid). La prenotazione è subordinata all’acquisto del biglietto d’ingresso al forte direttamente presso l’Ufficio del Turismo.

 

Da oggi riprendono le visite guidate sulla Linea Gotica
Da iltirreno.it del 27 giugno 2021

Organizza il comitato. Gli esperti condurranno i visitatori fino al monte Pittone. Sono previsti tre tour al giorno a orari specifici: presentarsi in anticipo

27 Giugno 2021 borgo a mozzano. A partire da oggi, domenica 27 giugno,il comitato Linea Gotica riprende a organizzare le visite guidate sulla Linea Gotica di Brancoli, sul Monte Pittone (territorio di Borgo a Mozzano).
Dato il contesto attuale dell’emergenza sanitaria, spiega il portavoce del comitato, Simone Micheli, «le visite saranno a numero chiuso e solo su prenotazione con partenze a orari prefissati. Partiranno, per l’esattezza alle ore 9,30, 10, e alle 10,30.
Le guide del comitato accompagneranno i visitatori sul sentiero lungo il Monte Pittone e mostreranno le molte fortificazioni ancora presenti in questo percorso di alto valore storico e paesaggistico
Lungo il percorso saranno inoltre presenti anche rievocatori storici con indosso varie uniformi del tempo che permetteranno di far rivivere e far conoscere ancora più da vicino la storia di questi luoghi e non solo.
Il comitato Linea gotica ricorda «che sarà possibile visitare anche il museo della Memoria di Brancoli, alla chiesa di San Giusto di Brancoli. Museo che al momento si trova nelle solite stanze di sempre, ma appena saranno ultimati i lavori di ristrutturazione, si sposterà nelle vicine sale, in ambienti più grandi e totalmente rinnovati».
Per adempiere alle operazioni di registrazione e organizzazione dei gruppi si richiede di arrivare con circa quindici minuti di anticipo rispetto all’orario di partenza indicato.
Per informazioni e prenotazioni è possibile chiamare i seguenti numeri telefonici: 3381400559 oppure 339 8854979. Inoltre il comitato organizzatore può essere contattato scrivendo all’indirizzo email lineagoticabrancoli@gmail.com —

 

Forte Santa Tecla, ecco il progetto per la rinascita: protezione civile, laboratori, teatro e scout
Da genova24.it del 24 giugno 2021

Una rete di quattro associazioni vuole far rivivere la struttura semi-abbandonata sulle alture di San Fruttuoso, in corso le trattative col Comune

Genova. Un centro di formazione per la protezione civile, un sistema di monitoraggio degli incendi boschivi, uno scenario mozzafiato per spettacoli teatrali, laboratori didattici per le scuole, visite guidate e uno spazio a disposizione degli scout. Sono alcune delle proposte che una rete di quattro associazioni ha avanzato al Comune per tutelare e riqualificare il Forte Santa Tecla, struttura che dal 1747 domina San Fruttuoso e San Martino e che oggi è quasi inutilizzata nonostante numerosi tentativi di strapparla all’abbandono.
Il progetto in realtà è stato consegnato a Tursi nello scorso ottobre, ma è negli ultimi mesi che il Comune di Genova, dal 2019 proprietario dell’immobile dopo il trasferimento dal Demanio, ha mostrato maggiore interesse. E adesso, alle soglie di un evento estivo che vedrà trasformarsi il forte in palcoscenico per uno spettacolo itinerante tratto da Carlo Goldoni, il sogno sembra più vicino a diventare realtà. La rete di volontari che ha messo in campo la proposta per far vivere l’area 365 giorni all’anno è formata da Associvile, associazione di volontari di protezione civile che da 24 anni si occupa di custodire il forte; il Gruppo Radio Liguria, già presente con una base operativa all’interno; la compagnia teatrale I Conviviali che dal 2009 promuove eventi a San Fruttuoso; e il gruppo scout Agesci Genova 3 che l’anno scorso aveva già organizzato aperture sperimentali al pubblico col patrocinio del Municipio Bassa Valbisagno.

“Abbiamo ancora tanta strada da fare per trovare una quadra, ma il Comune ha manifestato un interesse sincero – spiega Marco Cuggè, responsabile operativo di Associvile e referente della Rete Forte Santa Tecla -. La soluzione diventa più complessa nel momento in cui si parla di atti amministrativi”. Le associazioni avevano ipotizzato di sottoscrivere una convenzione, ma gli uffici di Tursi propendono più per una concessione o per un patto di collaborazione.
Al di là delle formalità di carattere tecnico, c’è bisogno di definire esattamente le condizioni dell’accordo. La rete di associazioni si renderebbe disponibile per la gestione attiva del forte e per curare le piccole manutenzioni, ma in cambio il Comune dovrebbe accollarsi la copertura delle spese più onerose oltre ad alcuni interventi necessari per aprire stabilmente alla cittadinanza: garantire l’agibilità interna secondo le norme di sicurezza, installare servizi igienici, fornire un allaccio a rete elettrica e internet, prevedere un sistema di illuminazione esterna e ripristinare l’accesso carrabile.

“È chiaro che nessuno di noi può far convergere flussi di denaro – prosegue Cuggè -. Quello che noi proponiamo è un risparmio di gestione e una serie di attività che però non possono essere a titolo oneroso. La strada da percorrere potrebbe essere quella già seguita per Forte Puin“. Negli scorsi gli assessori Piciocchi, Garassino e Viale hanno partecipato a un sopralluogo con le associazioni. E anche se non è ancora arrivata una risposta ufficiale, la disponibilità di massima è stata incassata. Dunque non dovrebbero esserci ostacoli, se non quelli burocratici. Ma come potrebbe rivivere il Forte Santa Tecla? Anzitutto con attività legate alla protezione civile. I locali, sostiene la rete di volontari, sarebbero ideali per creare un polo di formazione, in particolare per l’Anticendio boschivo, ma soprattutto per coinvolgere e sensibilizzare i ragazzi delle scuole e la cittadinanza in generale. Il gruppo dei radioamatori liguri, che sta già sperimentando un sistema di monitoraggio video proprio con le squadre antincendio, potrebbe organizzare in questa base i corsi di formazione tecnica per conseguire la licenza di operatore, ma anche laboratori scientifici per gli studenti. All’interno gli appassionati hanno già installato una stazione meteo professionale che invia dati online in tempo reale. Inoltre, il contesto naturale lo renderebbe una sede perfetta per gli scout del quartiere e per altri gruppi di aggregazione giovanile.

E poi c’è il teatro. La compagnia I Conviviali aveva già proposto una performance nel forte due anni fa e replicherà l’esperienza dal prossimo 2 luglio con Strazio e delizia, spettacolo itinerante con regia di Iula Rossetti che verrà replicato cinque volte al giorno, ogni mezz’ora a partire dalle 18.30, per gruppi di 30 persone al massimo nel rispetto delle normative anti-Covid. “Il forte è già di per sé una location teatrale – commenta Paolo Derba, attore e riferimento della compagnia -. Avevamo realizzato un’iniziativa simile 13 anni fa a Rocchetta Nervina, in un contesto medievale che anche da solo costituiva un’attrazione. Per questo vorremmo far conoscere a tutta la cittadinanza quest’ambientazione fantastica”. La speranza è che possa diventare un’abitudine.

 

TEST POSITIVO PER IL CAMM-ER
Da difesaonline.it del 24 giugno 2021

(di Redazione) 24/06/21

MBDA ha completato con successo il lancio del missile di difesa aerea CAMM-ER contro un bersaglio in manovra. La prova si è svolta in un poligono di tiro italiano.

CAMM-ER è parte di una famiglia di sistemi di difesa aerea CAMM di nuova generazione.

Tutti gli assetti della famiglia CAMM condividono lo stesso sistema di ricerca radar attivo e sistema di lancio.

La portata dichiarata è di oltre 40 km. Il CAMM-ER è stato progettato per sostituire l'Aspide nel Sistema di Difesa Aerea Medio Avanzato (MAADS) dell'Aeronautica Militare Italiana, il Grifo dell'Esercito Italiano e sarà utilizzato nel sistema Albatros NG per la difesa aerea navale (NBAD).

 

A Genova arriva la Navetta dei Forti: percorso e orari per vedere la città dall'alto
Da mentelocale.it del 24 giugno 2021

Se il progetto della funivia sarà realizzabile con l'arrivo dei 70 milioni del Recovery, i Forti di Genova diventano comodamente raggiungibili grazie a piccoli autobus. Sabato 26 giugno 2021, alle ore 8, c'è l'inaugurazione della "Navetta dei Forti", l'unica linea che porta sulle alture di Genova per ammirare la città dall'alto. «Vedrai una città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare». Da questa descrizione di Petrarca, che definì Genova la Superba, nasce l'idea di Genovarent: far conoscere le vecchia mura e forti di Genova ai turisti e ai cittadini che vogliono ammirare la città dall'alto.

Con la collaborazione del Comune di Genova ha preso forma, in pochi mesi, la Navetta dei Forti: 2 minibus che partono da Viale Caviglia e passano da Piazza de Ferrari, Piazza Manin e dalla stazione di partenza del trenino di Casella e portano sulle alture fino ai Forti genovesi, da dove iniziano i percorsi di trekking e passeggiate al Forte Diamante, Forte Fratello Maggiore e Minore, Forte Castellaccio, Forte Sperone e Forte Begato. Le navette hanno i seguenti orari di partenza: 8 - 9.30 - 11 - 13 - 14.30 - 16 (ultima partenza), tutti i sabati e domeniche e festivi su prenotazione sul sito Gerent Travel, inviando una e-mail o telefonicamente al numero 010 564003 (per prenotare la sola andata usare la voce "ridotto"). Il costo è di 14 euro per andata e ritorno o 8 euro per la sola andata, e può essere pagato con carta di credito sul sito, presso gli uffici Genovarent o direttamente sulla navetta dei forti.
Questo il percorso completo della Navetta dei Forti di Genova, con tutte le fermate: Viale Caviglia - Piazza De Ferrari - Piazza Manin - Stazione Trenino di Casella - Capolinea Funicolare Righi - Forte Castellaccio- Forte Sperone- Forte Diamante - Forte Begato - Forte Tenaglia - Castello d'Albertis - Manin - Santi Giacomo e Filippo - Viale Caviglia. Si può scegliere tra le 5 fermate per salire e, al ritorno, accordarsi con l'autista per salire in una delle fermate previste nei pressi dei Forti.

 

INDIA. S400 cinesi sull’Himalaya, Nuova Delhi ripensa la sua difesa contro Pechino
Da agnews.eu del 24 giugno 2021

Il PLA ha aggiornato la base aerea di Hotan nello Xinjiang e quella di Nyingchi in Tibet. Entrambe le basi sono appena al di là del LAC in Ladakh e Arunachal Pradesh rispettivamente, con il PLA che schiera squadroni S-400 per proteggerle dalla minaccia aerea indiana.

Come riporta l’Hindustan Times Il Capo di Stato Maggiore della difesa indiana, il generale Bipin Rawat, ha detto che la difesa aerea stava diventando sempre più complessa nel contesto più ampio della proposta di istituire un comando di teatro di difesa aerea. Ha detto che c’erano grandi utilizzi dello spazio aereo, non limitati solo ad aerei ed elicotteri.

Lo stallo in corso con l’esercito cinese nel Ladakh orientale con la presenza di due squadroni di sistemi antiaerei S-400 nella base aerea di Hotan nello Xinjiang e nella base aerea di Nyingchi in Tibet, appena attraverso Ladakh e Arunachal Pradesh rispettivamente, ha costretto a un ripensamento sulla difesa aerea e sulle contromisure. A questo scenario sempre più complesso si aggiungono Uav armati, droni a sciame, missili e razzi, che ora fanno parte dei sistemi d’arma autonomi del Pla. L’India dovrebbe ottenere cinque squadroni di sistemi S-400 dalla Russia, a partire dal dicembre 2021, la cui potenza è tale che può colpire un caccia a 400 chilometri di distanza. Forse, questo è il motivo per cui l’Aeronautica Militare Indiana sta facendo
affidamento sul missile aria-terra Hammer sul caccia Rafale come arma del futuro, poiché il missile non ha bisogno di essere sparato dall’alto; abbraccia semplicemente le caratteristiche della montagna, zooma in altezza quando si avvicina al bersaglio e poi lo distrugge dall’alto verso il basso con un angolo di novanta gradi con la capacità di aggiustamenti dell’ultimo minuto del bersaglio utilizzando tre diversi sistemi di guida oltre al GPS.

La IAF ha già testato il missile Hammer ed è già nelle sue disponibilità, con i francesi che offrono anche lo sviluppo e la produzione congiunta di questa potente arma a lungo raggio. Con il sistema di difesa aerea sotto la sfida di un avversario tecnologicamente avanzato nel nord, la domanda fondamentale che viene posta è se l’India dovrebbe investire in più aerei ed elicotteri o sistemi autonomi che detteranno le guerre future. Mentre l’IAF è stata incaricata di avere 42 squadroni di aerei, ciascuno con 18 aerei, la forza attuale è di circa 30 con il potenziale di altri sei squadroni da aggiungere.

Con il nuovo scenario a Nuova Delhi si pensa che l’India debba creare più reggimenti armati di UAV, razzi e missili che possono eliminare le truppe e le difese aeree dell’avversario. È proprio per queste ragioni che l’esercito indiano chiederà al governo l’acquisizione di droni Predator armati. Gli Stati Uniti si sono anche offerti di addestrare il personale indiano sulla sicurezza informatica, poiché i sistemi di difesa sono vulnerabili ai cyberattacchi. È abbastanza evidente che gli scenari di guerra stanno cambiando con le portaerei, le basi aeree e gli basi militari tutti sotto la minaccia di missili a lunga distanza. Il futuro sta nei radar a lungo raggio che possono captare la posizione del nemico in profondità nel suo territorio e un missile a risposta rapida che cancella la potenziale minaccia. L’India, secondo il giornale indiano, deve pensare alla Cina, non al Pakistan, «perché il principale avversario è cambiato». Antonio Albanese

 

Il Bunker di Kesselring a Recoaro Terme tra storia e realtà virtuale
Da tviweb.it del 23 giugno 2021

Fermare il tempo al 20 aprile 1945. E’ questo l’obiettivo del progetto di riqualificazione del Bunker di Kesselring a Recoaro Terme. Venerdì si è svolto il backstage per le riprese video che saranno incluse nelle applicazioni multimediali, visori e pannelli espositivi, che accompagneranno il visitatore e con i quali sarà possibile immergersi in un’esperienza storico-culturale innovativa, consentendo di esplorare ambienti e scenari all’interno del quartiere generale delle forze armate tedesche del nord Italia utilizzando la realtà virtuale. Una decina di uomini in divisa tedesca d’epoca, mezzi militari, trincee, check point, uffici dettagliatamente ricostruiti hanno fatto da scenario per lo sviluppo di questo sistema innovativo di esposizione e informazione al passo con i tempi.

Questo risultato si è raggiunto grazie alla collaborazione dell’Associazione Bunker di Recoaro, che da anni lavora per riportare alla luce i rifugi antiaerei di Recoaro e che svolge attività di promozione e informazione attraverso visite guidate di questo importante sito storico, sconosciuto ai libri di storia. Alcuni collezionisti e il Museo delle Forze Armate 1914-1945 di Montecchio Maggiore hanno fornito mezzi militari d’epoca, come la Motocicletta Sidecar BMW modello R75 e la Mitragliatrice MG42, che hanno consentito di ricreare la storia.
Il bunker prende il suo nome dal feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante supremo delle forze tedesche in Italia, che a Recoaro collocò i principali uffici strategici del quartier generale tedesco. Dopo il bombardamento a opera degli americani il 20 aprile 1945, proprio in questo bunker bellico venne presa la decisione e furono decise le condizioni della resa tedesca, che portarono qualche giorno dopo alla firma dell’armistizio a Caserta.

La struttura bellica è collocata all’interno del compendio termale in concessione a Terme di Recoaro Spa. La società, con lo spirito di promuovere il turismo locale ha voluto adottare una strategia di rilancio di tale luogo, ancora poco conosciuto, con una connotazione profondamente innovativa. La Presidente della società Terme di Recoaro, la Dottoressa Paola Borgo, dichiara: «Il nostro progetto di rilancio del bunker ha l’obiettivo di promuovere il turismo, considerato che anche quest’anno le terme non sono operative». Il Dottor Tiziano Bonato, vicepresidente della società, promotore e responsabile del progetto aggiunge: «l’iniziativa è condotta in collaborazione, per la parte tecnologica, con il referente scientifico Dottor Daniele Bursich, archeologo esperto in nuove tecnologie applicate all’indagine e alla diffusione dei Beni Culturali. Vogliamo offrire l’opportunità di conoscere la storia attraverso un’esperienza moderna e di avanguardia tecnologica».

Appuntamento quindi a metà luglio per l’inaugurazione ufficiale e apertura al pubblico, nel rispetto delle attuali normative Covid, del Bunker di Kesselring, con tecnologie di realtà virtuale, valorizzato all’esterno da un’ambientazione scenografica d’epoca permanente (la ricostruzione di un check point tedesco) e la presenza di mezzi militari d’epoca: in tale occasione sarà anche possibile “ammirare” un semicingolato tedesco per trasporto truppe funzionante di 6 metri.

 

Pola. Nuova luce per le antiche porte e la cinta muraria
Da lavoce.hr del 23 giugno 2021

Di Arletta Fonio Grubiša

Non s’illuminano d’immenso come nella “Mattina” di Ungaretti, ma si accendono discretamente con la complicità della notte offrendo agli occhi una visione inedita, splendida, un’immagine che il nucleo storico si meritava da tempo. Pola ha finalmente scoperto i vantaggi permanenti delle lampadine di nuova generazione. In uno dei tratti più suggestivi del centrocittà che va dai Giardini verso la Riva, un altro impianto di illuminazione si è messo al servizio delle mura antico-medievali, di Porta Ercole, di Porta Gemina, dell’imponente edificio del Museo archeologico rifatto a nuovo e soprattutto dei cittadini e visitatori che possono così riappropriarsi in sicurezza, anche nelle ore serali, di uno spazio urbano importante e prestigioso.

Valore storico e monumentale

L’intervento pienamente all’altezza del valore storico e monumentale della zona, passa per via Carrara e via San Giovanni regalando un’immagine artistica che esalta la bellezza finora spenta dei resti della storia conferendone l’impronta di una modernità rispettosa e non invasiva. Vedere, ovvero passeggiare, per credere nel miracolo compiuto dal nuovo impianto di illuminazione, che ha sostituito quello preesistente, ormai obsoleto, ripristinando i vecchi punti luce con corpi illuminanti a LED, ad alta resa cromatica e alta efficienza energetica. Artefice del progetto “Illuminotecnico “è l’impresa polese “Vintijan” che ha portato a frutto 1,4 milioni di kune assegnate dalla Città allo scopo di riqualificare una parte del nucleo urbano iscritto nel Registro dei beni culturali della Repubblica di Croazia, migliorandone la visibilità notturna. A parte l’installazione dei nuovi lampioni dotati di lanterne Led e il potenziamento dell’impianto, quello che rappresenta l’aspetto più eccellente sono i proiettori ad incasso, che riflettono fasci di luce da terra e rendono smagliante l’imponenza monumentale che si ha di fronte: i resti di storiche mura di difesa e le loro Porte, appena liberate dall’ultima sterpaglia che ne imbrattava la visuale.

La tecnologia Smart

La collocazione della tecnologia Smart in questi punti strategici era iniziata ancora lo scorso novembre per essere ultimata ora, in contemporanea con l’arrivo della stagione estivo-vacanziera. Tredici nuovi corpi illuminanti, alti 10 metri ciascuno, due dispositivi su pali da 12 metri e due applique su facciata hanno contribuito letteralmente a cambiare il volto di quest’angolo di città, potenziando a Pola la nuova cultura della luce. Quella che con differente modalità d’effetto coloristico, ha già conferito falsa potenza alle gru “disoccupate” di Scoglio Olivi. E c’è anche un altro aspetto vantaggioso della nostra rinnovata luce diventata chiave di racconto moderna per far risplendere e riportare in evidenza una storia millenaria che non tutte le città possono vantare. Il lavoro della “Vintijan” è stato eseguito di concerto con criteri innovativi e sostenibili. L’uso della luce Led ha fatto coniugare il risparmio energetico con la riqualificazione di spazi urbani, la sicurezza con la vivibilità di un’area che nello stesso tempo è veicolare e pedonale e che accomuna al patrimonio artistico anche il parco antistante in un percorso appartenente alla vita della comunità cittadina. D’ora in poi si avrà modo di detenere il telecontrollo dell’illuminazione, che permetterà di gestire le luci dell’impianto in maniera efficiente e sostenibile riducendo dabbene la spesa d’utenza.

Parte di un progetto più vasto

Quest’opera compiuta dopo costanti intralci, ricerche archeologiche e controlli della Sovrintendenza del patrimonio storico-monumentale, è parte integrante di un progetto “multiplo”. Nello stesso sono inseriti i lavori conclusivi di costruzione dell’ascensore che dai rifugi sotterranei farà salire al Castello; gli interventi finali che riguardano l’edificio museale e il suo circondario e l’appena avviata impresa di recupero e valorizzazione del Piccolo teatro romano. Non si possono ignorare nemmeno la ricostruzione della pavimentazione del parco vicino e il rifacimento del manto stradale davanti agli sbocchi di via Kandler e Castropola, in salita per via della Confraternita ragusea. Oltre che di luce c’è di che accendersi d’ottimismo.

 

Oggi alle 14 presentazione online del progetto Unesco sulle fortificazioni genovesi nel Mediterraneo
Da bizyournal.it del 23 giugno 2021

Con un seminario online oggi 23 giugno alle 14 sarà presentato Eirene, il progetto internazionale targato Unesco promosso da Italia Nostra per tutelare e valorizzare le fortificazioni genovesi nel Mediterraneo. Il progetto è stato ideato, promosso e organizzato in particolare dall’architetto Giovanni Spalla, consigliere della sezione di Genova, con il contributo anche della professoressa Francesca Mazzino, anch’essa consigliera di Italia Nostra Genova.

L’evento è parte delle iniziative di Genova Blue District, sulla cui pagina Facebook sarà trasmesso in diretta. Non è possibile la partecipazione in presenza.

Il programma degli interventi:

Saluti istituzionali prof. Marco Giovine vicepresidente del Centro del Mare Università di Genova

Marco Bucci sindaco di Genova

Dmitry Anatol’yevich Funk direttore dell’Istituto di etnologia e antropologia dell’Accademia delle scienze russa

Maria Vedrinskaia console generale della Federazione russa a Genova

prof. Mario Pestarino segretario generale dell’Accademia ligure di scienze e lettere

prof.ssa Anna Elena Salvi coordinatrice generale del corso di Architettura e urbanistica dell’università paulista – Unip

Introducono Ebe Giacometti presidente di Italia Nostra

Oreste Rutigliano consigliere nazionale onorario, ex presidente di Italia Nostra

Vincenzo Lagomarsino presidente di Italia Nostra sezione di Genova

prof. ing. arch. Enzo Siviero già Iuav, direttore di Galileo e rettore di Ecampus

Disputano

Giovanni Spalla professore, architetto, urbanista, accademico curatore del dossier Fg Galileo/Med n248 “Il progetto Unesco Eirene e il piano territoriale paesaggistico del Mediterraneo, Mar Nero e Mare Di Azov: tutela, censimento e restauro della forma delle città e dei paesaggi”

Stefania Zini filologa, antropologa, ricercatrice presso l’Istituto di etnologia e antropologia dell’Accademia delle scienze russa, presidente della Commissione di etnografia, antropologia e archeologia della Società geografica russa (Mosca) riassumerà il lavoro collegiale di Nikita Viktorovich Khokhlov, Giovanni Spalla e Ruslan Aleksandrovic Tiurin.

Michele Marchesiello magistrato e scrittore

“Un nuovo diritto penale per una nuova idea di paesaggio”

Mauro Mariotti professore ordinario di botanica ambientale e applicata dell’Università di Genova, direttore del dipartimento di Scienze della terra, dell’ambiente e della vita (Distav) e direttore dei Giardini Botanici Hanbury

“Biodiversità, paesaggio, pianificazione territoriale e il caso dei forti di Genova”

Emiliano Beri professore di storia militare, laboratorio di storia marittima e navale, Unige

“Il sistema fortificatorio genovese in età moderna: aspetti funzionali”

Francesca Mazzino professoressa ordinaria di architettura del paesaggio. scuola politecnica di architettura e ingegneria, Unige

“Infrastrutture verdi e blu per la pianificazione del paesaggio”

Domenico Sguerso direttore del laboratorio di Geomatica della Scuola politecnica di architettura e ingegneria, Unige

“Il contributo della geomatica per lo studio e il censimento delle fortificazioni, l’analisi spaziale e l’inquadramento cartografico”

Stefano Gardini funzionario archivista presso L’archivio di Stato di Genova

“Luoghi e reti della memoria genovese: per un censimento internazionale delle fonti scritte e iconografiche”

Nikita Viktorovich Khokhlov ingegnere spaziale, biologo, ricercatore presso l’Istituto di etnologia e antropologia dell’Accademia delle scienze russa, segretario scientifico della Commissione di etnografia, antropologia e archeologia della società geografica russa (Mosca)

“Le colonie genovesi sulle carte portolano.”

“Le monete della kaffa medievale” (con Stefania Zini)

“Le comunità italiane del Mar Nero oggi e l’eredità genovese”

Ruslan Aleksandrovich Tiurin storico, archeologo, presidente della società archeologica “terra” (città di Voronegh), presidente della commissione di etnografia, antropologia e archeologia della Società geografica russa (Mosca)

“Choban – Kule : la fortezza dimenticata dei fratelli Guasco”

Sofia Vladimirovna Akimova archeologo, esperto statale per la conservazione dei monumenti, vicecapo dell’Istituto autonomo di cultura per l’ispezione statale dello stato di conservazione dell’eredità storica e culturale (regione di Voronegh)

“Analisi comparata della legislazione russa e di quella italiana nell’ambito della conservazione dell’eredità storica e culturale”

Dina Kotelnikova docente Unige, ambasciatrice di Genova nel mondo, traduttrice italiano-russo del dossier Fg Gallileo/Med n 248

Patrizia Bernadette Berardi architetto cordinatrice del dossier Fg e curatrice di Galileo/ Med. n 248

 

Riapre a luglio il museo del Forte Airolo
Da laregione.ch del 22 giugno 2021

Fortificazioni del San Gottardo da scoprire: sarà accessibile anche un’altra opera storica, il Foppa Grande

Il Museo Forte Airolo si appresta a riaprire i battenti con alcune novità di rilievo a cominciare dal periodo e dagli orari di accesso. Il museo infatti sarà aperto da giugno ogni sabato, sino a fine ottobre, dalle 10 alle 17. Al di fuori degli orari e fuori stagione è comunque sempre possibile organizzare visite per gruppi o comitive. Le visite sono sempre accompagnate da una guida. Il forte è un’interessante costruzione dell’ingegneria militare di fine ’800. Fu costruito fra il 1886 e il 1890 per difendere con i suoi cannoni l’accesso della galleria ferroviaria del San Gottardo e gli accessi stradali della Leventina e della Val Bedretto. L’edificio è dotato di un fossato esterno che serviva per il combattimento ravvicinato. Fino alla prima guerra mondiale era considerato il più moderno d’Europa e vi potevano alloggiare circa 200 persone tra ufficiali, sottufficiali e soldati.

All’interno è stata allestita un’esposizione permanente di armi, piani della costruzione come pure parte dell’armamento e dell’equipaggiamento del forte. Il quale negli anni scorsi ha rischiato di scomparire perché ci si voleva edificare sopra la nuova caserma, poi edificata poco distante. Si deve la salvaguardia della ‘tartaruga’ alla determinazione del colonnello Arnoldo Moriggia attivatosi con un gruppo di amici. L’Associazione Amici del Forte Airolo precisa che è pure visitabile un’altra opera storica delle fortificazioni del San Gottardo, l’opera di artiglieria di Foppa Grande, nella zona del Motto Bartola, la cui ristrutturazione à terminata nel 2003. Situata a 1'540 metri di altezza la fortificazione permetteva di tenere sotto tiro in particolare la Val Formazza, in Italia. L’opera fu completata nel 1942 e ampliata negli anni seguenti. Poteva ospitare una cinquantina di militi. Le visite all’opera di Foppa Grande sono organizzate unicamente per gruppi di minimo 10 persone. Per informazioni o prenotazioni ci si può rivolgere al numero 079 379 70 52.

 

Il Castello di Gallipoli riapre con “Un mare di storie”. Un Viaggio-Experience nel passato alla scoperta della città
Da leccenews24.it del 22 giugno 2021

Il Castello angioino di Gallipoli ospita la mostra “Un mare di storie”, un Viaggio Experience nel passato, per riscoprire le bellezze della città. Tutte le info

Riapre le sue porte il castello angioino di Gallipoli, affacciato sul mare, con la sua mostra “Un mare di storie”, un Viaggio Experience coinvolgente ed emozionale nel passato, alla riscoperta delle bellezze e delle particolarità dell’antico borgo cittadino. Prodotta dall’agenzia di comunicazione Orione e curata da Creation, propone un’inedita commistione di linguaggi e di dialogo tra tradizione e innovazione, pubblico e privato, cittadini e turisti, passato e futuro, in un mosaico di echi e suggestioni.

L’idea fa parte di un progetto più ambizioso e finanziato dalla Regione Puglia nell’ambito di “Custodiamo la cultura in Puglia 2021 – misure di sviluppo per lo spettacolo e le attività culturali”, realizzato in collaborazione con l’amministrazione comunale.

“Un mare di storie”, il Viaggio Experience nel passato

Aperta fino al 14 novembre, la mostra propone un nuovo modo di coinvolgere il visitatore, un salto sorprendente dal passato al futuro per un’esperienza unica da vivere. Il viaggio sarà accompagnato dall’incontro virtuale nelle sale del piano terra che si affacciano sulla Piazza d’armi, con tre importanti personaggi storici che hanno caratterizzato la storia di Gallipoli:

• il famoso architetto, ingegnere e pittore toscano Francesco di Giorgio Martini, autore di uno dei più importanti trattati di architettura civile e militare del Rinascimento, progettista di tanti palazzi e castelli in giro per l’Italia al quale si deve la forma attuale del Castello di Gallipoli
• il paesaggista Jakob Philipp Hackert, artista tedesco e pittore di corte di sua Maestà Ferdinando IV di Borbone re di Napoli, che alla fine del Settecento approdònche nella città ionica con l’incarico di rappresentare le città portuali del Regno
• la “zarina” Caterina II, imperatrice di Russia, che nei palazzi di San Pietroburgo, già ravvivati da musiche napoletane, alimentava lampadari e lucerne con l’olio lampante che dal porto di Gallipoli veniva esportato in tutto il mondo per l’illuminazione pubblica e privata, per la lavorazione della lana e per fabbricare il sapone.

Il percorso terminerà nella sala ennagonale del Castello, un raro esempio di architettura militare di così grande per forma e dimensione e un avvolgente spettacolo fulldome experience.

Ci sarà inoltre una proiezione a 360° con un videomapping animato sull’epoca d’oro di Gallipoli e sul suo “mare di storie” passando per il racconto dei tre “compagni di viaggio” e arrivando anche a “visitare” alcune delle bellezze architettoniche del centro storico come la concattedrale di Sant’Agata e Santa Maria della Purità

“Un ritorno alla cultura”: il sindaco Minerva lancia la sfida «Il Castello di Gallipoli rappresentava una grande sfida e insieme un’opportunità in termini di processo creativo», il primo a parlare è Umberto Pastore, amministratore delegato Creation, società che ha curato la mostra insieme ai responsabili del progetto, l’architetto Raffaela Zizzari e del direttore Luigi Orione Amato.
«Tutti noi abbiamo trascorso un periodo complicato e delicato e la chiusura, seppure momentanea dei luoghi di cultura, ci ha fatto capire ancora di più quanto essi siano importanti e fondamentali nella nostra quotidianità» spiega poi il sindaco della città di Gallipoli, Stefano Minerva riferendosi al periodo della pandemia che ha costretto alla chiusura, tra l’altro dei luoghi di interesse sociale.
«Gallipoli racchiude al suo interno un tesoro prezioso: la sua storia, la sua cultura, la sua identità e la città ha tanto da raccontare; così questa opportunità è l’occasione giusta per ripartire e fare un tuffo nella cultura ed esprime inoltre il valore aggiunto di una città che si pone al centro di una narrazione collettiva, fatta di bellezza e scoperta» conclude.

Gli orari di apertura e le informazioni per la prenotazione
Nell’estate 2021 il castello riapre con un progetto ambizioso che vuole attrarre e stupire i turisti, ma anche i gallipolini che potranno vedere spettacolarizzate le bellezze e il “mare di storie” della propria città con un evento inedito.
Aperto tutti i giorni fino al 14 novembre 2021, gli orari di apertura saranno dalle ore 10 alle 20 per il mese di Giugno e Settembre, fino alle 24 a Luglio e Agosto, e dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17 per i mesi di Ottobre e Novembre, escluso il Lunedì.

Per tutte le ulteriori Informazioni e le prenotazioni gli interessati sono disponibili inoltre al numero 0833262775 o per email ad info@castellogallipoli.it o al sito www.castellogallipoli.it, e ovviamente sui canali social di Facebook @castellogallipoli e Instagram @castello_gallipoli.

 

Il recupero delle mura - Prossimi lavori alla Polveriera
Da ilrestodelcarlino.it del 21 giugno 2021

Per consolidare e restaurare l’area e l’annesso Torrione di via don Minzoni. Tutti gli interventi, da via Zagarelli alle adiacenze di Porta San Mama

Le antiche mura perimetrali della città e, soprattutto, il loro recupero e conservazione rappresentano certamente uno degli aspetti che più stanno a cuore ai ravennati. Ogni anno vengono investiti dall’amministrazione comunale circa 100mila euro per il restauro di porzioni di manufatto. Attualmente sono in corso lavori al tratto di via Zagarelli alle Mura.
Si tratta di opere di consolidamento e restauro degli apparati decorativi dei paramenti murari e della loro messa in sicurezza. Gli uffici comunali, nel frattempo, hanno predisposto il progetto (che deve essere finanziato) per recuperare le mura nel tratto di via Circonvallazione Piazza D’Armi. E’ in corso di predisposizione, invece, l’intervento per consolidare e restaurare la cosiddetta ’Polveriera’, e annesso Torrione, di via don Minzoni. In questo caso l’investimento è di 120 mila euro. Questi ultimi due interventi saranno eseguiti tra il 2022 e il 2023. Dal 2016 a oggi sono stati destinati al recupero delle mura circa 700mila euro. "Fin dall’inizio del mandato – commenta l’assessore ai Lavori pubblici, Roberto Fagnani – ci siamo preoccupati di mettere in sicurezza il patrimonio storico della città. Le mura sono certamente il manufatto più caro ai ravennati anche perché, oltre a quelle che si trovano in spazi pubblici, sono nei giardini delle abitazioni. E’ un lavoro continuo che in questi anni è stato esteso alla Rocca Brancaleone. Dopo aver investito 500mila euro ogni anno per il suo recupero, ora possiamo contare sul finanziamento di 5 milioni contenuto nel piano Grandi progetti beni culturali, voluto dal ministro Dario Franceschini". Altri due progetti che verranno messi in cantiere riguardano il tratto di mura da via Trento a via di Roma e in adiacenza alla Porta San Mama. I privati che riqualificheranno l’ex Amga, all’inizio di via di Roma in angolo con via Venezia, sistemeranno anche il tracciato delle antiche mura storiche che attraversano l’area, con un progetto di interventi in connessione con porta Serrata e con il complessivo sistema murario, e la realizzazione di un percorso ciclo pedonale che sarà accompagnato da una serie di grandi immagini che testimonieranno l’esistenza delle antiche mura. Ravenna presenta un perimetro murario di quasi cinque chilometri, delimitante una superficie di 180 ettari, già nel V-VI secolo d.c.

La cinta muraria si dimostrerà più che sufficiente al contenimento della popolazione fino al XIX secolo. Nel 1863 e nel 1886, in seguito alla realizzazione delle opere ferroviarie, si verificarono i primi smantellamenti con l’abbattimento di un torrione e di parte delle mura fino alla Porta Alberoni. Negli anni 19201921, con la costruzione del primo foro Boario, fu demolito l’intero tratto dalla chiesa del Torrione a Porta Adriana e, successivamente, quello tra Porta Gaza e Porta S. Mamante. Attualmente restano circa 2.500 metri di antiche mura e sei porte. lo. tazz.

 

Roma e le Mura Aureliane: arte nell’arte
Da ilformat.info del 21 giugno 2021

Le Mura Aureliane che circondano la città eterna sono un’opera grandiosa tanto quanto Roma, costruite a scopo difensivo dall’imperatore Aureliano dal 270-275 d.C. Prima di allora nella capitale dell’Impero sono presenti le Mura Serviane, le prime costruite intorno ai sette colli, risalenti al periodo Repubblicano. Erette verso la metà del VI secolo a.C. dal sesto re Servio Tullio, sono di tufo e con una forma quadrata. Oggi quasi inesistenti a parte pochi resti.

Durante l’Impero, soprattutto nel periodo di massima espansione e potere, Roma non ha bisogno di fortificazioni. Ma verso il III secolo si diffonde una crisi economica e politica, a cui si aggiunge l’arrivo dei barbari, verso il lago di Garda.
Infatti, la discesa degli Alemanni nell’Italia centro-settentrionale rende necessaria una cinta muraria, considerando anche una maggior estensione della città e l’inefficacia di quelle esistenti, diventate dei ruderi. Aureliano dopo alcuni tentativi di assalto degli Alemanni tra il 270-271, con il Senato rendono il progetto murario concreto per difendersi e scoraggiare gli attacchi.

Aureliano, che regna solo cinque anni e muore assassinato, lascia una grande eredità. E con l’aiuto delle corporazioni civili, avvia la costruzione dotata di più accessi, fino ad arrivare a 19 chilometri. Tutt’oggi se ne possono ammirare ancora 12,5 km, incastrate tra vecchie e nuove costruzioni nella città.
Le mura sono alte sei metri e spesse tre e mezzo. E a distanza di quasi trenta metri viene posizionata una torre quadrata, per aver un maggior controllo dell’area. Le 18 porte sono dotate di torri e doppia chiusura. Ci sono fenditure, piccoli ingressi di servizio, cortili prima di accedere alla città e un’entrata e un’uscita per regolare i flussi.

Nella costruzione vengono inglobati tombe, acquedotti, quello dell’Acqua Claudia di Porta Maggiore, l’Anfiteatro di Castrense, le ville aristocratiche, la Piramide di Cestio, per evitare che possano essere occupate. Il cammino della Ronda sopra le mura inoltre, si snoda per circa 350 metri.
Nel tempo le mura subiscono molte ristrutturazioni, visibili dalle diverse tecniche adottate. Infatti, dopo solo venticinque anni dalle sue fondamenta, Massenzio rinforza la struttura e inserisce un fossato non completato. E con l’Imperatore Onorio, il generale Flavio Stilicone aumenta fino a raddoppiare l’altezza e le porte principali sono ridimensionate. Ma i tanti accessi comunque rendono più vulnerabile la struttura.

L’occupazione della città, si verifica dopo 130 anni dalla sue fondamenta con i Goti di Alarico, il 24 agosto del 410, entrando da Porta Salaria, stranamente aperta. E nel 455 con i Vandali di Genserico il nemico entra nella città, attraverso porta Ostiense, lasciata ancora una volta aperta. E probabilmente non è un caso.
Ma tra gli scontri più sanguinosi da ricordare il Sacco di Roma nel 1527 con le truppe spagnole e i Lanzichenecchi di Carlo V d’Asburgo, che per circa dieci mesi saccheggiano e uccidono, causando gravi danni alla città e al patrimonio artistico. Senza contare il dono della peste portato dai Lanzichenecchi, che si aggiunge agli altri flagelli.

Le mura Aureliane hanno un ruolo di difesa per ben 1600 anni, perdendo la loro funzione solo con l’unità d’Italia e la presa di Roma nel 1870. Quando i Bersaglieri aprono “una breccia vicino a Porta Pia”, mettendo fine al potere del papato.
E dal XV-XIX, sono i Pontefici a provvedere al restauro delle mura. Gli interventi più resistenti da ricordare sono anche quelli di Antonio Sangallo nel 1536. Papa Pio IV fa rafforzare le mura e sostituisce la Porta Nomentana con Porta Pia, da cui prende il nome. E secoli prima Papa Leone IV fa realizzare le prime mura del Vaticano, dette appunto Leonine, nel IX secolo.

Tra le curiosità prima che venissero costruite delle mura, per delimitare la città, viene usato il pomerio o pomerium, “il confine sacro e inviolabile” della città. Inoltre, dopo gli eventi storici del 1870, le mura diventano quasi un intralcio e per fortuna non vengono demolite, ma a volte anche vissute. Infatti, a Porta S. Paolo sembra che nel periodo medievale, nella parte alta della torre orientale, sia vissuto un eremita greco, che crea una cappella. Le tracce sono visibili oggi da alcune decorazioni sopravvissute agli eventi.

Secoli dopo in un tratto delle mura Aureliane nasce la “Scuola d’Arte Educatrice” di Francesco Randone (1864-1935), vicino a Piazza fiume e alla Torre XXXIX. Il pittore apre uno studio tra le mura nel 1890 e insegna la sua arte gratuitamente ai bambini e ai ragazzi bisognosi, collaborando anche nelle attività manuali con Maria Montessori.

E durante il periodo fascista la porta San Sebastiano viene abitata dal gerarca Ettore Muti e oggi nella fortificazione si trova il Museo delle Mura aperto dal 1990. Inoltre, vicino a Via Veneto nelle mura di recente, un senzatetto, ha occupato una parte del passaggio e trasformato in un monolocale con letto, riscaldamento e illuminazione. Difficile da credere ma sembra che in mancanza di una adeguata sistemazione, senza saperlo ha goduto di un privilegio raro e millenario.

Nell’ultimo secolo purtroppo si assiste a molti abusi con nuove costruzioni addossate alle mura, o permessi per usare le torri o bastioni come abitazioni. E si sono avviate iniziate per la tutela e la valorizzazione dell’imponente opera. Le mura, la confezione più pregiata e antica al pari dello stesso contenuto architettonico e storico arricchisce gli altri tesori. Peccato che Aureliano sia morto presto, altrimenti chissà che cosa avrebbe lasciato ancora a Roma di duraturo e magnifico. Non che ora manchi qualcosa, nonostante sia stata più volte depredata, appare sempre colma e maestosa di arte e bellezza. Il passato ha aggiunto il suo fascino misterioso, con cui continua a raccontare e a impressionare. Unica e senza tempo, come le stesse parole di Alberto Angela:

“In tutto l’Impero si pagava con una stessa moneta, c’era una sola lingua ufficiale (unita al greco in Oriente), quasi tutti sapevano leggere, scrivere e far di conto, c’era uno stesso corpo di leggi e c’era una libera circolazione delle merci.”

 

I volontari dell'Ana hanno restaurato le postazioni militari all’Alpe Paione
Da ossolanews.it del 21 giugno 2021

In Val Bognanco si è svolta l’esercitazione sezionale per gli Alpini del Gruppo di Protezione Civile

I volontari di Protezione Civile della Sezione A.N.A. di Domodossola sono stati impegnati lo scorso sabato 19 giugno nell’esercitazione sezionale volta al mantenimento delle capacità operative del Gruppo. Il Coordinatore Salvatore Attinà, in accordo con il Comune di Bognanco e i locali Alpini rappresentati dal Capo Gruppo Giuseppe Pellanda, ha individuato come sito di svolgimento dei lavori le postazioni militari in disuso poste fra l’Alpe Paione e la cima Costa del Dosso.

Dopo un’attenta ricognizione svolta nelle giornate precedenti, sono state identificate quattro postazioni sormontate da un “posto comando”. I “fortini” vennero edificati con funzione addestrativa e operativa dagli Alpini del Battaglione Intra nel ventennio fra le due guerre mondiali. A giudicare dalla posizione, le postazioni vennero concepite per ospitare le armi, mortai e mitragliatrici pesanti, che costituivano il supporto alla manovra per gli Alpini dello storico Battaglione locale. Dodici volontari del Gruppo di Protezione Civile A.N.A., coadiuvati da altrettante Penne Nere del Gruppo di Bognanco, hanno svolto i lavori di pulizia e ripristino muovendosi sulla complessa pietraia che caratterizza il versante.

Le postazioni sono state liberate dalla vegetazione che le ingombrava e le lastre di pietra che le racchiudevano a protezione risistemate secondo la logica originaria. Una volta rimossi i depositi di materiale terroso accumulati nei decenni, sono stati riportati alla luce i gradini, le nicchie per le casse di munizioni e le basi d’appoggio utili, un tempo, al posizionamento delle armi. Attraverso i lavori di pulizia, gli Alpini del Gruppo di Protezione Civile e del Gruppo di Bognanco hanno potuto simbolicamente rendere omaggio alla tenacia e al sacrificio delle Penne Nere verbanesi, cusiane e ossolane del Battaglione Intra che, durante i due conflitti mondiali e la campagna in Africa Orientale, si sono distinte per valore ed eroismo. L’esercitazione sezionale si è conclusa positivamente cogliendo la soddisfazione del Coordinatore del Gruppo di Protezione Civile e di tutti i volontari intervenuti.

 

Il Parco delle Mura al tramonto, dallo Sperone al Puin per il sentiero delle farfalle
Da mentelocale.it del 21 giugno 2021

Sabato 26 giugno 2021, con partenza alle ore 18, Genova Cultura Tour dà appuntamento all'escursione Il parco delle mura al tramonto... (previsto un contributo di partecipazione; prenotazione obbligatoria: e-mail Genova Cultura; 010 3014333 - 392 1152682. Esplorare le alture della città, le fortificazioni ottocentesche e le antiche mura, percorrendo l'antico sentiero immerso nella natura, che costeggia le mura seicentesche fino al forte Sperone, per proseguire verso il forte Puin lungo il cosiddetto "sentiero delle farfalle" e le antiche neviere e ritornare alla funicolare costeggiando il forte Castellaccio.

Situato sul monte Peralto, nel punto di intersezione ad angolo acuto delle due fronti principali della cinta, l’una che domina la Valpolcevera e l'altra la Valbisagno, Forte Sperone è il luogo simbolo della potenza del capoluogo ligure con i percorsi verticali delle torri, la vastità delle volte in laterizio della Caserma superiore, lo stupefacente spazio circolare della Cappella e l’immensità del paesaggio che si può godere dai Bastioni. Nel Seicento, con la costruzione delle Mura Nuove, l'opera entra a far parte del perimetro di cinta e nel 1747 viene ampliata e assume, con Giacomo Brusco, un aspetto che lo differenzia dagli altri forti, per la grandiosità delle masse murarie. Ampliato sotto l’amministrazione napoleonica, l'antico baluardo deve la sua forma attuale ai lavori eseguiti tra il 1815 e il 1827 con una prima barriera bastionata e un portale monumentale protetto da un fossato e poi di successive trasformazioni che nel corso del XIX secolo portano anche all’elevazione di due torri angolari ai vertici.

Forte Puin, il cui nome deriva dalla ridotta dei Pani con riferimento alla funzione di approvvigionamento rivestita in passato, è stato realizzato durante il periodo napoleonico e si deve a Brusco e Barabino la realizzazione tra il 1815 e il 1828. Si configura come una massiccia torre di pietra a pianta quadrata circondata da un recinto rettangolare bastionato con una freccia sul lato nord che conferisce una conformazione a stella. Un ponte levatoio che sormonta il fossato, introduce all’interno della cinta.

 

Laggio, uscita a Col Ciampon col Gruppo Archeologico Cadorino
Da amicodelpopolo.it del 20 giugno 2021

In programma martedì 22 giugno. Il luogo è conosciuto specialmente come piccolo museo della grande guerra, ma ha una valenza anche archeologica.

Il Gruppo Archeologico Cadorino organizza per martedì 22 giugno un’uscita a Col Ciampon, nelle vicinanze di Laggio, in compagnia di Giovanni De Donà, grande appassionato di storia cadorina. Il luogo è conosciuto specialmente come piccolo museo della grande guerra, ma ha una valenza anche archeologica in quanto nel 1915, durante lavori militari, vi furono trovati oggetti e fibule romane, purtroppo persi perché trafugati nel 1918 durante l’invasione austriaca. Il sito del ritrovamento è segnalato da un cartello sulla sommità del colle.

Realizzato dal Regno d’Italia nel 1890 per bloccare la stretta di Tre Ponti, la postazione è raggiungibile attraverso una comoda strada militare. L’impianto, seppur semplice, merita una visita in quanto antesignano dei più moderni forti realizzati all’inizio del ventesimo secolo. Il Col Ciampon, sede di una postazione di cannoni fin dal 1890, fu ulteriormente potenziato tra il 1915 e il 1917 con una potente fotoelettrica, 8 piazzole per artiglieria e un complesso sistema di postazioni in Block Haus a protezione dell’impianto.

La cura del sito è affidata a volontari che hanno provveduto alla posa della cartellonistica e alla realizzazione di copie di cannoni e mitragliatrici. Per i partecipanti all’uscita il ritrovo è fissato all’Arrena di Laggio alle ore 14. Il dislivello da affrontare è di 100 metri lungo il Sentiero Botanico “Gabriele Larese”. La durata sarà di 2 ore, con soste intermedie variabili in funzione dell’interesse nei riguardi dei manufatti visitabili. Al termine della visita chi vorrà potrà proseguire per conto proprio l’escursione fino alla chiesetta di San Daniele.

In caso di maltempo l’uscita verrà rimandata; nell’incertezza telefonare al 348 7201103. L’escursione è libera e gratuita. Per motivi organizzativi e legati alle disposizioni sanitarie è richiesta la prenotazione. Partecipazione limitata a 15 persone, con precedenza ai soci.
Richiesto l’uso della mascherina.
Per informazioni e prenotazioni: archeocadore@gmail.com – cell 348 7201103.

 

Il Silurificio di Baia, fra progetti militari segreti e motorini
Da storienapoli.it del 20 giugno 2021

Di Federico Quagliuolo

Il Silurificio di baia fu uno dei più importanti stabilimenti militari d’Italia. Ne erano infatti solo tre in tutto il Paese e proprio questo luogo diventò, durante l’ultima guerra, la sede di uno dei progetti d’ingegneria navale più segreti d’Italia. Per giunta diventò il luogo in cui lavorava l’intera area flegrea: basterà pensare che nel 1943 c’erano addirittura 9000 lavoratori. Erano impianti avanzatissimi per l’epoca, che addirittura erano sorvegliati dai servizi segreti giapponesi.

Da Fiume a Via Gianturco:

l’inizio del Silurificio di Baia La storia del silurificio di Baia, in realtà, comincia da tutt’altra parte, in un territorio che oggi nemmeno è più italiano. Nella “nostra” Fiume, che oggi si chiama Rijeka in Croazia, un imprenditore inglese di nome Robert Whitehead sul finire del XIX secolo aprì uno stabilimento per la produzione di siluri per la Regia Marina. Fu un successo tale che, in occasione dello scoppio della I Guerra Mondiale e delle tensioni nel mediterraneo, l’impianto produttivo doveva essere esteso nel resto del Paese per prepararlo alla guerra (che in effetti poi fu combattuta un anno dopo). La zona scelta fu l’isolotto di San Martino, che un tempo era meta di pescatori e di vacanze: fu costruita una grossa struttura in cemento per la produzione di siluri, che ne realizzava circa 10 al mese. La società inglese, però, fallì e, per non perdere lo stabilimento, intervenne lo Stato Italiano, che decise di piazzarlo nella fabbrica di 2/7 Gianturco, dove un tempo si producevano le automobili elettriche De Luca Daimler. Poi, pochi anni dopo, il nuovo governo fascista decise di riprendere tutti gli stabilimenti di Baia.

Il siluro napoletano

Lo stabilimento del silurificio di Baia fu un polo di eccellenza assoluta e, su tutti, due nomi fecero il giro del mondo: i napoletani Franco Smith e Carlo Calosi, due ingegneri militari. In realtà, incredibilmente, Smith nemmeno era laureato in ingegneria. Era “solo” un genio, studioso e appassionato di tecnica militare: fu infatti il progettista di un siluro estremamente efficiente, con un motore a 2 tempi e con una rapidità nel viaggio straordinaria, di gran lunga superiore alla media del suo periodo. Fu la sua invenzione a valergli una laurea in Ingegneria honoris causa all’Università di Napoli! Il siluro fu chiamato “Siluro Napoletano” (anche perché “Siluro Smith” poteva farlo sembrare un prodotto britannico) e negli anni ’20 era considerato fra i migliori prodotti di ingegneria militare. Differente invece è la storia di Carlo Calosi: un professore di ingegneria elettrica che rivoluzionò l’innesco dell’esplosivo: progettò e brevettò infatti un congegno elettromagnetico che, quando il siluro passava sotto la chiglia della nave, in presenza dell’enorme massa di metallo dello scafo, si attivava e faceva esplodere istantaneamente il contenuto. Poi inventò il siluro ruotante, che riusciva a colpire il bersaglio anche nel caso in cui si trovava in anticipo o in ritardo rispetto ai calcoli del lancio: se infatti non colpiva la nave, il siluro avrebbe cominciato a ruotare su di sé fino alla collisione con lo scafo nemico. Questo diventò famoso come “Siluro Calosi” e fu un’eccellenza produttiva di Baia.

Un’industria strategica nazionale

La posizione del Silurificio di Baia era pressoché perfetta in termini strategici e il governo fascista lo sapeva bene: rispetto a Fiume era meno soggetto a possibili attacchi stranieri e la vicinanza con l’Italsider e con i cantieri navali di Baia era ideale. Oltretutto c’era anche una marcia speciale: i lavoratori procidani. L’Istituto Navale di Procida, infatti, è sempre stato un’eccellenza nazionale in termini di preparazione tecnica dei suoi studenti e la manodopera professionale fu di livello elevatissimo. Fu così che nel 1934, sotto la direzione dell’ammiraglio friulano Eugenio Minisini, lo stabilimento di Baia cominciò ad ampliare vertiginosamente la produzione, assumendo manodopera specializzata da Procida e da tutti i Campi Flegrei. Per capire le dimensioni del silurificio di Baia, dobbiamo immaginare che nel 1942 fu realizzato sulla spiaggia del Fusaro un gigantesco impianto per la fonderia e le lavorazioni meccaniche, a Baia, sotto il Castello Aragonese, venivano assemblate e montate le armi, mentre sull’Isolotto di San Martino c’era il luogo di test, il siluripedio. Gli stabilimenti erano poi collegati da una segretissima galleria sotterranea di 1300 metri, che poi diventò un luogo abbandonato nel dopoguerra.

I progetti segreti del Silurificio di Baia

L’Ammiraglio Minisini era un vulcano di idee. Letteralmente. Aveva quasi 70 anni quando diventò direttore del Silurificio, ma ragionava con l’entusiasmo di un giovane di venti: mentre infatti la produzione di siluri aumentava in maniera vertiginosa, si dedicò segretamente allo studio e alla realizzazione di nuovi sottomarini sperimentali. Li chiamò i “SA” (Sommergibile d’Assalto) ed erano minuscoli, rapidi e letali: con i loro siluri, disegnati appositamente per lo scafo particolare, erano capaci di affondare navi e sottomarini avversari senza nemmeno essere visti. Minisini aveva infatti un desiderio: superare la supremazia bellica dei tedeschi in mare, con i loro leggendari U-Boot. Fu così che durante la II Guerra Mondiale il Governo Italiano decise di finanziare lo sviluppo di uno dei progetti più segreti della Marina Militare: SA1, soprannominato Sandokan, SA2, soprannominato Yanez, e SA3, soprannominato… kammamurì. (letteralmente: “qua dobbiamo morire” in napoletano). Oltre alle dimensioni minuscole, ciò che faceva gola a tutti era un propulsore segreto estremamente innovativo, progettato personalmente dall’ammiraglio Minichini: grazie alle particolari caratteristiche del sottomarino e al motore avanzatissimo, il sommergibile era più veloce di qualsiasi nave allora in mare. Abbiamo notizie dei Servizi Segreti Giapponesi che, ai tempi dell’Asse, studiarono molto attentamente lo sviluppo di queste armi e ne usarono le tecnologie per la propria flotta. Dell’ultimo sottomarino, il SA3, non sappiamo però che fine ha fatto. Sono sopravvissute solo alcune fotografie, mentre i progetti tecnici non esistono più. Anche i suoi rottami sono spariti. Secondo alcuni fu affondato a Positano, dalle parti dell’isolotto Li Galli, per non farlo recuperare dagli Inglesi. Altri ritengono che fu distrutto dai tedeschi (che, quando si ritirarono, bombardarono con una violenza inaudita il 5/7 silurificio, minando tutte le strade e gli ingressi). Altri ancora, invece, pensano che sia stato recuperato dagli Americani e, data la segretezza dell’arma, non sia stata fatta menzione nei documenti ufficiali. Dopo l’occupazione alleata del Sud Italia, infatti, il Quartier Generale americano si interessò immediatamente ai progetti segreti del silurificio e ben pensò di smantellare e portare tutto in America, compreso l’ammiraglio Minisini che continuò a lavorare a New York.

Fra motorini e radar

Distrutti, smantellati e ridotti in macerie: gli impianti di Baia e del Fusaro, dopo la guerra, furono praticamente inutilizzabili. E con loro finirono disoccupati tutti gli ex dipendenti, lasciando l’intera zona flegrea nella disperazione e nella miseria. Fu necessario solo l’intervento dell‘IRI, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale, per riprendere le industrie e rinconvertirle ai nuovi usi civili. E nel 1945, sul pieno entusiasmo della ricostruzione, mentre a Pontedera stava per nascere la mitica Vespa, nello stabilimento di assemblaggio dei siluri di Baia si cominciò a produrre il Paperino, un piccolo scooter due tempi destinato all’uso cittadino. Il destino dello stabilimento del Fusaro del Silurificio di Baia, invece, fu non meno interessante: diventò infatti la prima industria italiana di produzione radar con il nome di Microlambda. L’iniziativa partì da Carlo Calosi, il professore che inventò l’omonimo siluro e che durante la guerra accompagnò Minisini negli Stati Uniti: dopo il 1945 volle tornare in Italia per rilanciare il suo territorio. E ci riuscì, dato che la Microlambda diventò fornitrice dei servizi segreti degli Stati Uniti, con radar prodotti da manodopera esclusivamente campana. Proprio questa storia è raccontata da Vincenzo Del Forno, ex dirigente dei due stabilimenti.

La fine di un’epoca

Le avventure industriali di Baia, però, erano destinate a finire in un ventennio. Mentre il mondo sembrava continuamente sull’orlo di una nuova guerra, e le armi in preparazione non erano più “semplici” siluri, ma armamenti atomici, nel blocco occidentale scoppiava il boom economico e il benessere che portò all’urbanizzazione di tutta la costa campana. Cominciò così l’abbandono o la riconversione degli antichi stabilimenti produttivi in luoghi di vacanza. E così Baia, che un tempo era terra di vizi e di patrizi romani, ritornò di nuovo alla sua naturale vocazione: bellezza e vacanze in riva al mare. -Federico Quagliuolo Riferimenti: Rivista Marittima – Il ritorno di Sandokan (altomareblu.com) Top Secret: sottomarini a Napoli, sommergibile SA3 Kammamuri (altomareblu.com) Benedetto Croce e il Silurificio Whitehead di Baia – Storia – History – AIDMEN Whitehead Torpedo: Its Origin and Italian Adaptation | Comando Supremo Maurizio Erto, Bacoli 1919-2019, D’Amico Editore, Bacoli, 2019 Matteo marchesini, Il Navigatore, Vita nomade di Carlo Calosi, UTET, Torino, 2009 Federico Quagliuolo Fotografo e scrittore, classe 1992. Vado in giro con la Vespa alla ricerca di tutte le curiosità nascoste dietro le strade che esploro. Sono il fondatore di Storie di Napoli, il gruppo di ragazzi innamorati della propria città che oggi conta tre libri pubblicati, 200.000 7/7 fan e 2.000.000 di spettatori video. Ho studiato al Liceo Sannazaro e mi sono laureato in Giurisprudenza alla Federico II. Nonostante gli studi classici, sono appassionato di tecnologia e motori. Sogno un giorno di poter raccontare tutte le storie d'Italia, ispirato dalla penna di Gino Doria, Vittorio Gleijeses e Luciano De Crescenzo.

 

Terme di Recoaro: il Bunker di Kesselring e la realtà virtuale
Da vicenzareport.it del 20 giugno 2021

Il Bunker di Kesselring a Recoaro Terme (VI) e la realtà virtuale: un approccio tecnologico per rivivere la storia.

Fermare il tempo al 20 aprile 1945. E’ questo l’obiettivo del progetto di riqualificazione del Bunker di Kesselring a Recoaro Terme. Ieri si è svolto il backstage per le riprese video che saranno incluse nelle applicazioni multimediali, visori e pannelli espositivi, che accompagneranno il visitatore e con i quali sarà possibile immergersi in un’esperienza storico-culturale innovativa, consentendo di esplorare ambienti e scenari all’interno del quartiere generale delle forze armate tedesche del nord Italia utilizzando la realtà virtuale.

Una decina di uomini in divisa tedesca d’epoca, mezzi militari, trincee, check point, uffici dettagliatamente ricostruiti hanno fatto da scenario per lo sviluppo di questo sistema innovativo di esposizione e informazione al passo con i tempi. Questo risultato si è raggiunto grazie alla collaborazione dell’Associazione Bunker di Recoaro, che da anni lavora per riportare alla luce i rifugi antiaerei di Recoaro e che svolge attività di promozione e informazione attraverso visite guidate di questo importante sito storico, sconosciuto ai libri di storia. Alcuni collezionisti e il Museo delle Forze Armate 1914-1945 di Montecchio Maggiore hanno fornito mezzi militari d’epoca, come la Motocicletta Sidecar BMW modello R75 e la Mitragliatrice MG42, che hanno consentito di ricreare la storia.

Il bunker prende il suo nome dal feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante supremo delle forze tedesche in Italia, che a Recoaro collocò i principali uffici strategici del quartier generale tedesco. Dopo il bombardamento a opera degli americani il 20 aprile 1945, proprio in questo bunker bellico venne presa la decisione e furono decise le condizioni della resa tedesca, che portarono qualche giorno dopo alla firma dell’armistizio a Caserta.

La struttura bellica è collocata all’interno del compendio termale in concessione a Terme di Recoaro Spa. La società, con lo spirito di promuovere il turismo locale ha voluto adottare una strategia di rilancio di tale luogo, ancora poco conosciuto, con una connotazione profondamente innovativa. La Presidente della società Terme di Recoaro, la Dottoressa Paola Borgo, dichiara: «Il nostro progetto di rilancio del bunker ha l’obiettivo di promuovere il turismo, considerato che anche quest’anno le terme non sono operative». Il Dottor Tiziano Bonato, vicepresidente della società, promotore e responsabile del progetto aggiunge: «l’iniziativa è condotta in collaborazione, per la parte tecnologica, con il referente scientifico Dottor Daniele Bursich, archeologo esperto in nuove tecnologie applicate all’indagine e alla diffusione dei Beni Culturali. Vogliamo offrire l’opportunità di conoscere la storia attraverso un’esperienza moderna e di avanguardia tecnologica».

Appuntamento quindi a metà luglio per l’inaugurazione ufficiale e apertura al pubblico, nel rispetto delle attuali normative Covid, del Bunker di Kesselring, con tecnologie di realtà virtuale, valorizzato all’esterno da un’ambientazione scenografica d’epoca permanente (la ricostruzione di un check point tedesco) e la presenza di mezzi militari d’epoca: in tale occasione sarà anche possibile “ammirare” un semicingolato tedesco per trasporto truppe funzionante di 6 metri.

 

Il Castello di Cardiff, dove Medioevo e Ottocento convivono armoniosamente
Da finestresullarte.info del 20 giugno 2021

Il Castello di Cardiff è il monumento più noto della capitale del Galles: è una fortezza con duemila anni di storia, e che conserva anche una sontuosa anima vittoriana.

Il mastio medievale del Castello di Cardiff. Foto Castello di Cardiff

Il Castello di Cardiff, uno dei monumenti più celebri del Galles, è un singolare concentrato di storia, dove Medioevo e Ottocento convivono armoniosamente. Oggi nella sua parte principale si presenta come una straordinaria residenza neogotica di epoca vittoriana, ma questo non significa che la sua storia sia così recente (anche perché è ancora in piedi il suo iconico mastio medievale): le origini del Castello vanno infatti rintracciate duemila anni fa. La storia comincia nel I secolo avanti Cristo, quando i romani, arrivati in Britannia, difensero l’area su cui sorge l’odierna città con una serie di fortificazioni per proteggere l’entroterra dalle incursioni dei pirati: si trattava del primo insediamento nella zona dove oggi si trova il castello. Terminata la dominazione dei romani e caduto in disuso il sistema di fortificazioni, il Castello di Cardiff fu ricostruito nell’XI secolo dai Normanni. I Normanni tennero il Castello fino al 1216: durante quest’epoca fu aggiunto il mastio, quando nel castello risiedeva Robert Fitzhamon, cavaliere al servizio di re Guglielmo il Conquistatore. E sempre in quest’epoca, attorno al Castello si sviluppò il primo nucleo della Cardiff medievale.

Nel 1216, alla scomparsa di Guglielmo di Gloucester, il signore che nel frattempo era divenuto feudatario del Castello, il maniero passò alla famiglia De Clares per via ereditaria: i De Clares ressero il castello per un secolo, fino all’estinzione della famiglia avvenuta nel 1314, anno in cui re Edoardo II assegnò il feudo di Cardiff al suo favorito, Ugo Despenser il giovane. Quando la famiglia Despenser cadde in disgrazia a seguito del tradimento di Ugo, che cospirò contro la corona inglese e pertanto fu condannato a morte, il castello, pur rimanendo di proprietà della famiglia, venne retto de facto dal governatore della regione. Nel 1416 il Castello di Cardiff passò per vie ereditarie ai Beauchamp e da questi, nel 1449 ai Neville, che lo ressero durante la guerra delle Due Rose. Passato dunque ai Tudor, nel 1551 fu acquistato da William Herbert, conte di Pembroke: la famiglia ne detenne la proprietà per due secoli, ma nel Seicento il Castello non era abitato e cadde in rovina. Fu poi anche occupato durante gli anni della guerra civile e nel 1776, pesantemente alterato, diventò proprietà dei marchesi di Bute, che avviarono importanti lavori di restauro e ristrutturazione.

Le mura esterne. Foto Castello di Cardiff

I Bute trasformarono Cardiff nel più grande porto mondiale di esportazione del carbone, e fecero fortuna grazie alle loro attività commerciali: si pensi che John, terzo marchese di Bute, nel 1860 era considerato l’uomo più ricco del mondo. Fu proprio John Bute, nel 1866, a incaricare l’architetto William Burges (Londra, 1827 - 1881) della trasformazione del Castello in una magnifica residenza neogotica. Furono aggiunte le torri gotiche che vediamo ancora oggi, vennero progettati gli opulentissimi interni con pitture murali, vetrate, marmi, dorature, apparati scultorei in legno. Una delle particolarità del Castello consiste nel fatto che John Bute volle inserirvi delle stanze a tema: ecco dunque camere italiane o arabe, giardini mediterranei, sale gotiche, e così via. Sia Bute che Burges scomparvero prima che il lavoro venisse portato a termine, e le operazioni furono dunque completate da John IV. Non era però terminato l’antico ruolo strategico del Castello: durante la seconda guerra mondiale, infatti, il Castello di Cardiff fu utilizzato per l’ultima volta come struttura difensiva. Mentre gli aerei della Luftwaffe bombardavano la città, sotto le mura del castello furono creati dei rifugi antiaereo che diedero riparo a circa duemila abitanti (oggi sono visitabili). Infine, nel 1947, dopo la scomparsa del quarto marchese di Bute, il Castello fu ceduto allo Stato, ed è oggi un museo visitabile.

Non tutto ciò che di antico c’era nel Castello, tuttavia, è andato perduto. Ci sono ancora importanti resti del forte romano, scoperti nel 1888, quando il terzo marchese di Bute decise di costruire una torre: gli scavi archeologici condotti successivamente hanno appurato di scoprire che le pareti in cui gli operai del marchese si erano imbattuti erano i resti delle mura del forte romano, oggi visibili nel Centro Visitatori del Castello. Inoltre, è sopravvissuto anche il mastio normanno, il più importante del Galles: oggi ci si può salire sopra, attraverso un’ascesa con 50 ripidi gradini, e godere dall’alto della vista della città. Non sono invece medievali le possenti mura all’ingresso: si tratta, in questo caso, di una ricostruzione che risale ai lavori di epoca vittoriana (i camminamenti delle mura sono comunque percorribili).

Vista dall’alto. Foto Città di Cardiff

La parte più nota del Castello sono comunque gli appartamenti ottocenteschi. Il terzo marchese di Bute nutriva un forte fascino per il passato medievale, condiviso dall’architetto William Burgess, e i due poterono così dare libero sfogo alla loro immaginifica fantasia. Dallo studio di Lord Bute, decorato come fosse una cappella gotica, si passa alla spettacolare Camera araba del 1881, con il suo incredibile soffitto in legno decorato a foglia d’oro che imita le nicchie muqarnas delle moschee arabe (si tratta delle decrazioni con tante nicchie sovrapposte). La Banqueting Hall, ovvero la sala dei banchetti, è la più antica del Castello: la struttura è ancora quella del XV secolo, ma i particolarissimi affreschi furono realizzati nell’Ottocento a imitazione di quelli che si possono ammirare negli edifici medievali. L’unica sala del Castello che risale ai lavori settecenteschi, ovvero ai primi anni in cui i Bute abitarono nel maniero, è la Drawing Room, piccolo salotto un tempo sontuosamente arredato (gran parte di ciò che era al suo interno fu rimosso quando la famiglia donò nel 1947 il castello alla città). Infine, nella parte più antica si trova anche una Biblioteca, in quella che era la grande aula quattrocentesca del Castello.

Tutte le parti del castello sono racchiuse nel grande quadrilatero delle mura: oltrepassato l’ingresso, si vedrà la residenza vittoriana sul lato sinitro e il mastio medievale sull’angolo di fondo, rialzato sopra un terrapieno. La parte destra è invece occupata interamente dalla “Public Square”, un prato che è frequente meta di svago da parte degli abitanti di Cardiff anche perché, al contrario del resto del castello, in questo caso si tratta di un’area a libero accesso, ed è dunque particolarmente apprezzata anche perché offre servizi e strutture per poter pranzare nel verde o passare un momento della giornata a rilassarsi. Il Castello si promuove inoltre come sede di eventi e cerimonie, senza nascondere questa sua vocazione ma, anzi, incoraggiandola. Insomma, il luogo dove un tempo probabilmente si combatterono scontri cruenti è oggi luogo di cultura, di incontri e di felicità.

 

Lavori da 350mila euro nella muraglia del Forte
Da iltirreno.it del 19 giugno 2021

PORTOFERRAIO. Approvato, il giorno prima della scadenza del bando, il progetto definitivo per il restauro e la valorizzazione della batteria, dei camminamenti e degli accessi alle fortificazioni della piazzaforte di Portoferraio tra la muraglia di forte Stella e la residenza napoleonica de’ Mulini. Lo ha deliberato la giunta comunale, prevedendo la spesa di 350mila euro, secondo il bando pubblico “Interventi di sostegno delle città murate di Toscana”.

Il progetto è stato redatto da Elisabetta Coltelli, referente dell’Ufficio difesa del suolo, tutela, valorizzazione e recupero ambientale. La decisione di intervenire prende le mosse dalla constatazione del patrimonio storico e architettonico della piattaforma medicea- orenese della città di Portoferraio (relativo soprattutto alle possenti fortificazioni della città murata) oggi ancora in parte inaccessibili a causa della mancanza delle opere di restauro, recupero e messa in sicurezza di percorsi di accesso al mare.

«S’imponeva il restauro – si legge nell’atto amministrativo – di una significativa parte dei percorsi di accesso alle fortificazioni ubicati ai piedi di uno dei più importanti forti della città e dei giardini della villa napoleonica de’ Mulini che rappresentano oltre a un valore storico-architettonico-culturale e paesaggistico, un valore identitario per il comune e volano per l’economia non solo locale, ma dell’intera isola». –

 

In origine era la "casa" di un conte: a Pozzallo c'è una torre che sembra adagiata sulla sabbia
Da balarm.it del 19 giugno 2021

Torre Cabrera, voluta dal Conte di Modica da cui prende il nome, in origine non era stata concepita esclusivamente come torre di difesa bensì come "Palacium"

Silenziose si stagliano sulla linea di orizzonte che unisce mare e cielo, familiari all’occhio eppure poco conosciute.
Come scrigni possenti, custodiscono il tesoro di storie secolari. Occhi verso l’infinito moto marino, hanno vegliato e protetto l’isola e i suoi abitanti.
Sono le torri costiere di Sicilia, che da mezzo millennio ne costellano il perimetro e raccontano storie di incontri e scontri.
Tra queste vi è la suggestiva Torre Cabrera a Pozzallo, in provincia di Ragusa.
Questa torre si erge, imponente e maestosa, sulla scogliera del litorale del borgo marino e prende il nome da colui che decise di realizzare questa fortificazione nella prima metà del Quattrocento, ovvero il conte di Modica Giovanni Bernardo Cabrera. Quest’ultimo era esponente di una delle più illustri famiglie catalane, i visconti Cabrera e Bas e conti di Osona, che sostenne e finanziò i sovrani spagnoli nella riconquista della Sicilia e ne ebbe in cambio la Contea di Modica confiscata ai ribelli Chiaramonte.

Realizzata in stile tardo medievale del periodo Aragonese in pietra iblea, poderosa e massiccia a guardia della costa, sembra quasi adagiata sulla sabbia. Splendidamente circondata dalle case dei pescatori e dai ristorantini del vecchio borgo, Torre Cabrera è il vero simbolo di Pozzallo.
L'imponente edificio a pianta quadrata misura 20 metri di lato ed ha un'altezza di 28 metri dal piano stradale, è costituita di tre piani più la terrazza. Conserva all'esterno il cinquecentesco bastione scarpato, che si protende sul mare con l'ampia terrazza, munita delle troniere che servivano per la manovra dei pezzi d'artiglieria prescritti dalle esigenze del sistema difensivo della Sicilia nel Mediterraneo, mare di scorrerie e di conflitti.

A seguito dei recenti restauri si è dimostrato, però, che questa costruzione in origine non era stata concepita esclusivamente come torre di difesa bensì come Palacium, che coniugava quindi la funzione di residenza signorile con quella di punto di controllo delle granaglie e delle merci, le quali provenienti dal’interno venivano imbarcate dal Caricatore. Infatti, in base a diversi documenti rinvenuti, gli storici affermano che l’intenzione originaria del conte era quella di avere una sua personale residenza in riva al mare. La scelta di trasformarla in fortezza per la difesa della città arrivò solo in momenti successivi, probabilmente rendendosi conto che la posizione non era ideale visti i continui assedi da parte dei pirati, che non avrebbero certo fatto trascorrere troppo tempo prima di saccheggiarla.

La trasformazione in fortezza avvenne nel 1606 ad opera dell’ingegnere Giulio Lasso, già conosciuto in Sicilia per aver realizzato diversi altri importanti edifici, da Catania a Palermo. Già alla fine del ‘500, al palacium originario, si aggiunge il poderoso bastione a mare, si tamponano le grandi aperture a levante, a mezzogiorno e a ponente; si adatta l'articolazione degli spazi interni a favore di una sistemazione utilitaristica di carattere militare.

Si costruiscono i due grandi contrafforti sulla facciata sud e si modifica il sistema d'accesso, interrando nella cieca base bastionata l'originaria scala di accesso. L'impianto planimetrico interno, con i magazzini e le cisterne nel piano terra e con i decorati e spaziosi saloni dei piani elevati, risponde sia alla funzione rappresentativa del palazzo-residenza, sia a quella commerciale legata alla fiorente attività del "Caricatore di Pozzallo", porta a mare dell'antica Contea di Modica (1296- 1816). Da lì, infatti, partiva il grano destinato all'esportazione lungo le rotte mercantili del Mediterraneo. L’esterno della torre presenta una grande uniformità costruttiva e l’impianto planimetrico interno è semplice e sobrio, diviso in due sezioni rettangolari. Una serie di volte ricoprono gli ambienti della torre: due volte a botte nella prima elevazione e tre volte a crociera per ogni sezione degli ultimi due piani. Nelle volte a crociera di qualcuna delle sale adibite a residenza, spiccano gli stemmi raffiguranti la capra, simbolo della nobile famiglia catalana dei Cabrera.

Qui altri due ambienti, destinati probabilmente ad uso privato, sono coperti da altre tre crociere ed illuminati da due trifore trilobate aperte sul mare. Una scaletta a chiocciola ricavata all'interno del muro nello spigolo sud ovest, conduce al terzo piano, occupato dal terrazzo da cui si gode una vista panoramica straordinaria.

Durante i lavori di restauro degli ultimi anni sono stati ritrovati alcuni elementi decorativi originari della Torre – Palazzo: si tratta dei cosiddetti “azulejos heraldicos”, caratteristiche mattonelle maiolicate, decorate in blu e con stemmi di famiglie nobiliari, quasi sicuramente realizzate in Spagna.
Nella torre prestavano servizio soldati e artiglieri e sulle sue terrazze erano piazzati cannoni di diverso calibro, mentre dei cavalieri sorvegliavano la costa. Si pensa che vi venissero anche puniti i criminali o i prigionieri saraceni catturati e giustiziati in una camera particolare, ancor oggi visibile, situata proprio sugli scogli, dove i detenuti venivano incatenati e poi uccisi per annegamento dalle acque innalzatesi con l'alta marea.
Nel 1693 Torre Cabrera subì gravi danni in seguito al rovinoso terremoto che colpì tutta la Sicilia orientale e fu necessario ricostruire in fretta il Caricatore. Rispetto al progetto originale furono apportate alcune modifiche ma fu mantenuto il suo stile sobrio ed austero.

La Torre Cabrera è oggi insignita dell’importante riconoscimento di Monumento Nazionale. La sua effige è riportata sullo stemma della città per ricordare che attorno alla fortezza nacque e si sviluppò un piccolo borgo di pescatori, artigiani e soldati che poi ingrandendosi diventò l’attuale Pozzallo.

 

Sardegna, il Cammino delle 100 torri: 1200 km lungo le coste dell'isola
Da trekking.it del 18 giugno 2021

Il cammino delle Cento Torri in Sardegna è il più lungo d’Italia ed uno dei più suggestivi d’Europa. Il periplo dell’isola a piedi, alla scoperta delle torri di avvistamento che testimoniano le antiche invasioni dal mare.

In Sardegna da qualche anno è stato creato un nuovo cammino che si candida a diventare uno dei più suggestivi d’Europa, certamente è il più lungo d’Italia con i suoi 1284 chilometri di lunghezza divisi in 70 tappe a loro volta suddivise in 8 grandi vie.
Il Cammino delle 100 Torri, perché si chiama così Questo cammino percorre per intero le coste della Sardegna, infatti non esiste un vero punto di partenza e arrivo, ma si può scegliere una delle tante località toccate dal percorso.
Il nome deriva dalle fortificazioni che si incontrano lungo il percorso, sono infatti ben 105 le torri di avvistamento che si incontrano.

Queste strutture sono testimoni delle invasioni dell’isola, furono infatti costruite per l’avvistamento delle navi nemiche in avvicinamento. Queste torri costiere sono fortificazioni erette lungo i litorali della Sardegna, con il compito di difendere le coste dagli invasori Saraceni. Le prime fortificazioni vennero costruite nell’alto medioevo e ne vennero create altre fino alla metà del diciannovesimo secolo, andando a costituire un vero e proprio sistema difensivo dell’intera isola.

Le caratteristiche del tracciato

La caratteristica peculiare di tutto il Cammino delle 100 torri è di non allontanarsi mai dal mare, nessuna tappa si sposta nell’entroterra, ma segue sempre il profilo costiero. Si attraversano poi ambienti molto diversi, si cammina lungo bianche spiagge, sopra scogliere a picco sul mare, su sterrati e ci sono anche tratti collinari più impegnativi. Il tracciato si può percorrere interamente in un arco di tempo che va dai 45 ai 60 giorni, a seconda dell’allenamento e della preparazione, necessari per completare tutti i 1284 chilometri di lunghezza. Le 70 tappe sono a loro volta suddivise in 8 Grandi Vie, che sono veri e propri cammini autonomi e che nel loro complesso danno vita a quello delle 100 torri, ecco quali sono:

1. Via degli Angeli
2. Via Sarcopos
3. Via Ogliastra
4. Via Smeralda
5. Via Catalana
6. Via delle Miniere
7. Via del Martirio.

Il percorso non è particolarmente difficile ed è alla portata di chiunque abbia un minimo di abitudine a camminare, il tracciato non ha quasi mai dislivelli e tratti impegnativi. L’unica eccezione sono tre tappe che attraversano aree montuose con dislivelli più impegnativi e sentieri per escursionisti esperti.
La prima è quella che comprende la Salita del Galg, che si trova nel Comune di Bunei, durante la quale si affronta un dislivello di 800 metri.
Ci sono poi le tappe del Monte dell’Argentiera, nel Comune di Sassari e la tappa di Mausia nell’Iglesiente che hanno tratti piuttosto impegnativi. Nulla di alpinistico, semplicemente piccole variazioni rispetto all’andamento pianeggiate del percorso.

Un’altra possibile divisione di questo lungo tracciato è quella tra Cammino orientale e occidentale. Il primo va da Cagliari fino alla Gallura e per lo più segue spiagge e strade sterrate per una lunghezza totale di circa 600 chilometri.
Gli ambienti attraversati sono quasi sempre coperti dalla macchia mediterranea e le spiagge sono quelle bianche della Sardegna più conosciuta.

Per seguire tutta la costa orientale dell’isola si percorrono 4 delle 8 vie complessive che compongono il cammino: 1) Via degli Angeli, 2) Via Sarcapos, 3) Via Ogliastra, 4) Via Smeralda
La parte occidentale invece segue le strade sterrate, le dune, le zone lacustri e la parte più selvaggia della ragione. Si parte da Castelsardo e si arriva fino a Cagliari, questa parte del cammino copre i restanti 634 chilometri, attraverso le restanti 4 vie: 1) Via Catalana, 2) Via degli Angeli, 3) Via Costa delle Miniere, 4) Via del Martirio.

Quando andare e come organizzare il viaggio

Visto che la quasi totalità del tracciato segue le coste e si trova a bassa quota sono senz’altro da evitare i mesi di luglio e agosto, che sono i più caldi e nei quali spiagge e strutture ricettive sono al completo per i turisti balneari. I mesi migliori sono maggio, giugno, settembre e ottobre, quando le giornate sono ancora lunghe, le temperature gradevoli e le strutture ricettive ancora aperte ed operative.

Sono oltre 200 le strutture che si incontrano lungo il cammino, oltre a numerosi chioschi, bar e locali che sono ottimi punti di sosta lungo le giornate di marcia. Il cammino si può percorrere anche nei mesi invernali, infatti in Sardegna le temperature non sono mai troppo rigide e con una buona attrezzatura si può percorrere agevolmente tutto l’anno.

Importante però organizzare e prenotare le soste in anticipo per evitare di trovare le strutture chiuse.
Un’altra caratteristica di questo lungo cammino è la possibilità di percorrerlo anche a piccoli tratti. Infatti ciascuna delle 8 vie che lo compongono è a sua volta un cammino che si può percorrere in tappe di pochi giorni e che ha molto da offrire al viaggiatore lento.
Le credenziali del pellegrino e l’Associazione del Cammino delle 100 Torri
L’Associazione ha studiato e progettato tutto il cammino. Un lungo lavoro di ricerca storica, di individuazione di sentieri, punti di appoggio e strutture ricettive. Fondamentale anche l’opera di censimento delle fontane e fonti d’acqua, oltre al rilevamento delle tracce GPS di tutto il percorso. Un insieme di dati e informazioni estremamente utili per i pellegrini e messi a loro disposizione dall’associazione.

L’idea del cammino viene da un trekking fatto da alcuni associati tra Torre Solinas e e Torre dei Dieci Cavalli, pochi chilometri nel territorio di Muravera che hanno fornito lo spunto e l’idea di questo spettacolare viaggio lento in una delle Regioni più belle d’Europa. Sul sito dedicato al cammino, curato dall’Associazione, si può acquistare la guida ufficiale e si possono scoprire la storia di tutte le torri toccate dal percorso.

 

Addio agli archivi della Stasi, la Ddr diventa storia
Da agi.it del 18 giugno 2021

Passa all'Archivio federale tedesco l'enorme massa di documenti che fotografa quella che è stata forse la più colossale attività di spionaggio mai realizzata nei confronti di un'intera popolazione

AGI - C'erano milioni di schegge di verità - spesso inconfessabili, quasi sempre sconvolgenti - in quella massa infinita di documenti che fotografavano, pagina per pagina, forse la più colossale attività di spionaggio mai realizzata nei confronti di un'intera popolazione. Sono gli archivi che contengono la totalità degli "atti della Stasi", la famigerata polizia segreta della Ddr, immensa mole di carte e registrazioni che oggi - a oltre trent'anni dalla caduta del muro di Berlino - passa di mano, per essere acquisitae conservata dall'Archivio federale tedesco.
In pratica, è documentazione che si fa definitivamente storia, passaggio di una Germania che ha finito - almeno simbolicamente - di fare i conti con la cortina di ferro. Milioni di documenti, decine di migliaia di foto e di registrazioni realizzate durante il regime prima di Ulbricht e poi di Honecker, annotazioni di informatori segreti, resoconti di pedinamenti, intercettazioni e sospetti redatti in linguaggio burocratico dagli zelanti agenti dell'Msf (il ministero per la sicurezza dello Stato, ossia la "Staatsicherheit", da cui il diminutivo Stasi).

Un Paese di spie

I numeri fanno impressione: si calcola che i "collaboratori" della Stasi erano più di mezzo milione, in generale le spie che erano infiltrate finanche nei condomini, nelle scuole, nelle fabbriche, nelle università. Secondo alcune stime, il numero degli informatori rispetto alla popolazione di quello che si definiva "Scudo e Spada del Partito" era di uno a sei.
Un numero tanto esorbitante che è quasi difficile crederci. Da quando gli atti della "Staatsicherheit" sono stati resi disponibile al pubblico, oramai oltre trent'anni fa, sono stati circa 3,5 milioni i tedeschi che hanno potuto vedere con i propri occhi le carte che documentavano le notizie che lo Stato aveva raccolto su di loro.
Storie anche drammatiche: mariti (o mogli) che scoprivano di essere stati spiati per tutta la vita dal coniuge, ex studenti che si trovavano dinnanzi la rivelazione che il loro arresto, tanti anni prima, era stato causato dalle "rivelazioni" dell'insegnante tanto amato, altri che scoprirono di aver avuto per anni le cimici in casa e che forse l'incidente capitato allo zio non fu un caso. Storie di dissidenti messi all'indice per essere stati agenti al soldo del regime, salvo scoprire che era stata la soffiata di un insospettabile a pilotare le accuse.

Un emblematico passaggio di consegne

Ebbene, l'Autorità che in questi trent'anni ha amministrato tutto questo immenso materiale da oggi non esisterà più. Un passaggio di consegne emblematico celebrato la sera del 17 giugno presso il Deutsches Historisches Museum, alla presenza della ministra della Cultura Monika Gruetters, dal presidente dell'Archivio federale Michael Hollman e dall'ex capo dello Stato tedesco Joachim Gauck, che sulle macerie ancora calde del Muro venne nominato primo incaricato del governo per gli Atti della Stasi.
"Abbiamo reso giustizia alle vittime e abbiamo costruito il ponte verso la prossima generazione", ha detto l'attuale - e ultimo - responsabile dell'Autorità, Roland Jahn. "La struttura che abbiamo creato fa sì che questo lavoro possa continuare, e che anche in futuro gli atti della Stasi rimangano il simbolo della rivoluzione pacifica che ha portato alla caduta del Muro e alla riunificazione delle due Germanie".
Il riferimento è anche al fatto che la documentazione continuerà a essere accessibile al pubblico e al fatto che i circa 1.300 impiegati dell'autorità passeranno all'Archivio federale. L'immensa massa di documenti, carte, minute e registrazione materialmente rimangono dove sono, ossia nel palazzo che ai tempi della Ddr ospitava il quartier generale della Stasi a Berlino, nel quartiere di Lichtenberg, nonché in altre 13 località della Germania dell'est.

Schegge di verità

Non è certo un caso se come data del passaggio sia stato scelto il 17 giugno: si tratta infatti dell'anniversario della grande rivolta popolare del 1953, i cui moti operai furono brutalmente repressi nel sangue. Partendo da una miriade di scioperi convocati per la terribile situazione economica del Paese, il 17 giugno quasi un milione di persone si riversò nelle strade in decine e decine di diverse città della Ddr, portando al blocco del lavoro e a proteste in praticamente tutti i centri industriali del Paese.

La reazione fu pesantissima: la protesta fu strangolata con durezza con l'aiuto dei cingolati sovietici, oltre 10 mila persone furono arrestate, il numero esatto delle vittime in strada e delle esecuzioni successive a tutt'oggi non è conosciuto.
Anche su questo episodio è dagli atti della Stasi che sono emerse le più importanti schegge di verità: i leader della Sed, il partito unico socialista della Ddr, erano stati colti di sorpresa. Nella propaganda di regime le proteste diventarono ben presto "un colpo di Stato fascista pilotato dall'Occidente". I carri armati dell'Armata rossa fecero il resto.
Solo Mikhail Gorbaciov, molti anni dopo, ebbe il coraggio di buttare in faccia la verità a Honecker e ai capi della Stasi: "Chi arriva in ritardo sarà punito dalla storia" disse, il 7 ottobre 1989. Un mese e due giorni dopo, il Muro che aveva spaccato in due Berlino ed il mondo intero era caduto. Per sempre.

 

Antonio Caregaro Negrin al Museo del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza
Da vicenzapiu.com del 18 giugno 2021

Ricorre quest’anno il bicentenario della nascita dell’architetto vicentino Antonio Caregaro Negrin (1821- 1898), figura significativa ed esemplare nel panorama culturale dell’Ottocento ed in particolare del territorio vicentino.

Al Museo del Risorgimento e della Resistenza sono state allestite due vetrine che espongono alcuni documenti conservati nell’archivio del Museo, riferiti alla sua attività di ingegnere militare e patriota durante la Prima Guerra d’Indipendenza.

L’esposizione è visitabile con ingresso gratuito fino al 31 dicembre nel salone d’ingresso, durante gli orari di apertura del Museo di Villa Guiccioli: da martedì a domenica (lunedì chiuso) dalle 9 alle 13 e dalle 14.15 alle 17. Dall’1 luglio al 31 agosto con orario estivo, dalle 10 alle 14.

L’iniziativa al Museo del Risorgimento e della Resistenza fa parte del percorso di conoscenza della figura del noto architetto approfondita nella mostra “L’architetto di Alessandro Rossi. Antonio Caregaro Negrin 1821 – 1898” al Lanificio Conte di Schio (aperta fino al 26 settembre) che coinvolge anche Villa Zileri Motterle a Monteviale e il Municipio di Arzignano.

Informazioni: http://www.associazionetrama.it/caregaronegrin/,  Facebook caregaronegrin1821.2021 Instagram caregaronegrin1821_2021

Al Museo del Risorgimento si potranno vedere i documenti riguardanti i disegni sulle fortificazioni di Brondolo e di altri luoghi della Laguna di Venezia, che l’architetto elaborò nel 1849.

Si tratta di testimonianze dell’intensa attività di Antonio Caregaro Negrin riguardante l’impegno durante la Prima Guerra d’Indipendenza: tra il 1848 e il 1849 dimostra il suo spirito patriottico e le sue capacità come ingegnere militare, realizzando opere a difesa di Vicenza e di Venezia. Il Comitato di difesa di Vicenza gli affida l’incarico di progettare le fortificazioni della città; dopo l’attacco del 10 giugno 1848, nel quale viene gravemente ferito, si adopera per la difesa della città lagunare costruendo le barricate del porto di Marghera.

Conosciuto principalmente come architetto civile e progettista di giardini, Caregaro Negrin diventa a metà dell’Ottocento l’architetto di fiducia di Alessandro Rossi, realizzando a Schio numerose strutture per i lavoratori del Lanificio Rossi, come il Quartiere operaio, l’Asilo Rossi, il Giardino Jacquard.

Il progetto del Giardino Jacquard gli viene commissionato nel 1859 dall’industriale scledense: un incarico stimolante perchè il giardino non era da configurarsi come il naturale proseguimento di una villa patrizia, ma doveva essere pensato come una sorta di “teatro all’aperto”, dove protagonisti fossero gli operai del Lanificio Rossi.

Dalla città di Vicenza riceve numerosi incarichi: dalla riorganizzazione urbanistica di vie e piazze tra il 1867 e il 1870, ai progetti per la riduzione di Campo Marzo a parco pubblico e al restauro della scena del Teatro Olimpico.

Per informazioni: museorisorgimento@comune.vicenza.it, tel. 0444 222820. https://www.museicivicivicenza.it/it/ 

 

Galles: in viaggio tra fortezze, dragoni e... surf
Da viaggi.corriere.it del 18 giugno 2021
Di Alessandra Sessa

Quanto conosciamo questa nazione del sud ovest della Gran Bretagna? Ce lo siamo chiesti in occasione della partita di calcio UEFA EURO 2020 del 20 giugno. Ecco tutto il bello e il buono di questo fiero spicchio di Regno Unito, un piccolo paese dalla grande Storia

Un dragone rosso su campo bianco e verde. La bandiera del Galles sventola con fierezza dagli spalti degli Europei di calcio UEFA 2020, e il 20 giugno lo farà dallo stadio Olimpico contro gli Azzurri, avversari dello stesso girone. Non sappiamo ancora come andrà a finire, ma è l’occasione perfetta per ricordare le meraviglie di un territorio pieno di magia. Questo spicchio sud occidentale di Gran Bretagna con capitale Cardiff, infatti, è una delle quattro nazioni del Regno Unito e vanta idilliache distese di brughiere, colline e montagne; spiagge selvagge animate da surfisti e centinaia di romantici castelli. Praticamente una piccola e pittoresca nazione,ma dalla grande storia.

Il paese dei castelli

Una storia antica e gloriosa che trasuda dalle mura delle sue centinaia di castelli. Del resto, il Galles, vanta la maggior densità di castelli al mondo. Circa 600, di cui oggi ne rimangono, tra rovine e architetture perfettamente conservate, un centinaio. Tra questi spiccano le 17 fortezze che compongono il cosiddetto Iron Ring, l’anello difensivo voluto dal re inglese Edoardo I a partile dalla fine del 1200 per fronteggiare le numerose rivolte delle genti gallesi. Il più famoso e fotografato è forse il Castello di Caernarfon, che troneggia con le sue torri ottagonali specchiandosi nel fiume Seiont. Qui dal 1911 si proclama il Principe di Galles, proprio come fece nel XIII secolo Edoardo I con suo figlio.

Altrettanto scenografico è il Castello di Harlech, che domina la Baia di Cardigan dall’alto di uno sperone roccioso con la sua forma rettangolare. Considerata una fortezza inespugnabile, Harlech era dotata di una scalinata collegata al mare per via di un canale che, in caso di assedio, consentiva il rifornimento. Un po’ come avvenne durate gli eroici sette anni di resistenza durante la leggendaria Guerra delle Due Rose (1455-1485).

E di castelli è ricca anche la capitale Cardiff a cominciare proprio dal centro storico, dove s’impone il Cardiff Castle, edificato sui ruderi di un forte romano del III secolo. Fino al vittoriano Castell Coch, qualche chilometro più a nord, detto Castello Rosso per via della tonalità della pietra, che sembra uscito da un libro di favole con le sue torri circolari. La vivace capitale vanta poi architetture ben più recenti ma altrettanto visitate, come il Principality Stadium, dove appunto si tengono le partite di calcio, ma soprattutto quelle di rugby, sport nazionale gallese, in cui vengono accolti anche i fans italiani durante il torneo delle Sei Nazioni.

 

Un museo... nel quale abitano 800 persone. La Fortezza di Suomenlinna a Helsinki
Da finestresullarte.info del 18 giugno 2021

La Fortezza di Suomenlinna a Helsinki, uno dei simboli della capitale della Finlandia, è molto più di un insieme di musei: è un complesso molto articolato nonché una comunità viva, abitata da 800 persone.

Suomenlinna

Una singolare fortezza della metà del Settecento costruita su un gruppo di isolotti, quando la Finlandia faceva parte della Svezia: è Suomenlinna, il primo sito del paese a essere iscritto (nel 1991) al Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco. Si trova appena fuori Helsinki e i lavori di costruzione di questa particolare fortezza marittima cominciarono nel 1748: l’obiettivo della Svezia, che nella prima parte del Settecento era stata in guerra con la Russia, era quello di rafforzare questa parte del suo territorio, attivando una base navale a Helsinki. Si decise dunque per il piccolo arcipelago delle isole Susiluodot, e nel 1750 si trovò il nome: gli svedesi chiamarono il forte Sveaborg (“Viapori” in finlandese, per omofonia: letteralmente, “Sveaborg” significa “Castello della Svezia”, e al contrario “Suomenlinna”, il nome che la fortezza ha acquisito in seguito, ha il significato di “Castello della Finlandia”). Tuttavia i piani non andarono come previsto: occorsero quarant’anni affinché fosse finita la prima fase di costruzione, e comunque non venne mai finita così com’era stata progettata. La guerra di Pomerania, che occorse tra il 1756 e il 1763, fece infatti dirottare le risorse altrove, ma comunque alla fine del Settecento la fortezza poteva funzionare da base navale nella guerra russo-svedese del 1788-1790, pur senza essere direttamente coinvolta negli eventi bellici. Ne fu toccata per la prima volta nel 1808, quando fu assediata e conquistata dai russi, che la fecero diventare a loro volta una loro base navale quando il granducato di Finlandia diventò uno stato autonomo ma dipendente dalla Russia.

Durante l’epoca russa, la fortezza (per la quale, in questo periodo, fu utilizzato il nome di Viapori) fu ampliata a occupare alcune delle isole circostanti: furono costruiti alloggiamenti per i militari e anche una chiesa ortodossa, progettata dall’architetto Konstantin Ton. Durante la guerra di Crimea, la fortezza fu sottoposta a un bombardamento, nell’agosto del 1855, a opera della flotta anglo-francese, subendo danni molto estesi, che furono sistemati solo molti anni più tardi. A seguito dell’evento, l’importanza di Viapori diminuì progressivamente, sebbene costituì una parte della cosiddetta “Fortezza Navale di Pietro il Grande” durante la prima guerra mondiale: era il complesso di fortificazioni che servivano per proteggere la città di San Pietroburgo.

Veduta del complesso sotto la neve. Foto Suomenlinna

La fortezza diventò definitivamente finlandese dopo la rivoluzione russa: il governo del paese, nel 1918, la ribattezzò finalmente “Suomenlinna”. Fu una base della flotta finlandese durante la seconda guerra mondiale, e rimase una delle sedi della Difesa della Finlandia ancora per qualche anno, finché, alla metà degli anni Sessanta, la Difesa decise di lasciare Suomenlinna. Nel 1972 gli ultimi militari abbandonarono la fortezza (vi rimase soltanto l’Accademia Navale, che ancora oggi ha sede nel castello), che divenne dapprima sede amministrativa, poi complesso residenziale (vi abitano tuttora circa 800 persone) oltre che sede di diversi musei.

Sono sei i musei che hanno sede nella fortezza: il Suomenlinna Museum, l’Ehrensvärd Museum, il Museo Militare, il Sottomarino Vesikko, il Museo del Giocattolo e il Museo delle Dogane. Si trovano in aree separate di Suomenlinna e i biglietti per visitarli si acquistano separatamente.

Il Suomenlinna Museum è il museo principale della fortezza: è quello che ne racconta la storia plurisecolare. In mostra ci sono oggetti, utensili, armi, munizioni che sono state ritrovate nei depositi e nei magazzini della fortezza, oltre a schermi interattivi che narrano le vicende di Suomenlinna e la vita delle persone che ci hanno vissuto e tuttora ci vivono. Il piano superiore del museo è invece dedicato alla divulgazione delle attività di conservazione che gli esperti seguono nella fortezza, oltre a ospitare mostre temporanee.

Veduta del complesso. Foto Suomenlinna

Il secondo museo, l’Ehrensvärd Museum, ha sede in quella che era un tempo la residenza del comandante della fortezza, e deve il nome al fondatore di Sveaborg, il feldmaresciallo Augustin Ehrensvärd (Fullerö, 1710 - Saris, 1772), ufficiale dell’esercito svedese ma anche architetto militare e artista. Il museo conserva opere d’arte (soprattutto ritratti), armi, mobilia d’epoca: si tratta in gran parte degli arredi storici e dei manufatti che decoravano le parti residenziali di Suomenlinna. Il Museo Militare è diviso in due parti, ospitate in due diversi edifici: la prima racconta delle quattro guerre a cui la Finlandia ha partecipato nel corso del Novecento (la guerra civile del 1918, a seguito della quale è diventata uno stato totalmente indipendente, e i tre distinti conflitti combattuti durante la seconda guerra mondiale: la guerra d’inverno del 1939-1940, la guerra di continuazione del 1941-1944 e la guerra di Lapponia del 1944-1945). La seconda è invece dedicata alla storia delle forze armate finlandesi nel dopoguerra.

Una delle principali attrazioni di Suomenlinna è il Sottomarino Vesikko, un vero sottomarino che fu utilizzato durante la seconda guerra mondiale: dopo gli eventi bellici (i trattati di Parigi siglati nel 1947 impedivano alla Finlandia di avere sottomarini, eccezion fatta per Vesikko), fu completamente restaurato e aperto al pubblico in veste di museo nel 1973 (anche se è accoglie i visitatori solo nei mesi estivi). Il singolare Museo del Giocattolo si trova in una coloratissima villa ed espone giocattoli e balocchi dal primo Ottocento fino agli anni Sessanta del XX secolo. Infine, il Museo delle Dogane, che ha sede sull’isola di Susisaari, racconta la storia doganale della Finlandia, con anche esposizioni e mostre su questo tema.

Il Sottomarino Vesikko. Foto Suomenlinna

Come detto, la fortezza di Suomenlinna è tuttora abitata, ed è dunque un caso singolare di città dentro la città, con 800 abitanti che vi risiedono in maniera stabile e altri 400 che invece soggiornano per periodo più o meno estesi per ragioni lavorative. Sono pertanto diversi i servizi che si possono trovare sulle isole: dai caffè e ristoranti (alcuni sono tra i più rinomati di Helsinki) alle saune tanto amate dai finlandesi, dagli spazi per i pic nic alla biblioteca pubblica.

Non mancano inoltre i negozi dove fare shopping di souvenir e prodotti tipici. Suomenlinna, dunque, non è semplicemente un museo o un monumento storico, ma una vera comunità che vive in maniera molto stretta il rapporto col suo patrimonio storico e culturale. Anzi: ci vive dentro.

 

Alla scoperta di castelli e manieri di Spagna
Da gds.it del 18 giugno 2021

di Ida Bini (ANSA) - MADRID, 18 GIU - Imponenti manieri, alte fortezze e palazzi signorili spuntano ovunque nel territorio spagnolo: dalla costa all'entroterra, dalle colline alle montagne sono quasi 10mila i castelli e gli edifici che raccontano la storia di famiglie nobili, di condottieri e di artisti che vi si rifugiarono. Ora la Spagna ha deciso di riunire tutte queste prestigiose costruzioni in un'associazione che ne valorizzi la bellezza architettonica e il patrimonio culturale, con il sostegno della Segreteria di Stato per il Turismo e Turespaña.

Quasi tutte le dimore sono aperte al pubblico per visite guidate e anche per soste esclusive: alcuni, infatti, appartengono alla rete degli hotel Paradores che offrono soggiorni tra le mura storiche, come è il caso di Alcalá de Henares, Úbeda e Santiago.

Molti castelli ospitano mostre, spettacoli teatrali, eventi e degustazioni dei prodotti locali, oltre a organizzare passeggiate nella natura e nella storia di Spagna. Attraverso la piattaforma spainheritagenetwork.com il visitatore ha la possibilità di creare il proprio itinerario, prenotare la visita, trovare alloggio e conoscere il territorio o scegliere le attività, gli eventi e le feste più interessanti.

Ecco qualche suggerimento per scoprire i castelli più spettacolari e curiosi da visitare in vacanza.

A Peñíscola, cittadina della Comunità Valenciana, si trova l'omonimo castello, uno dei manieri meglio conservati di tutta l'Europa occidentale. L'edificio, costruito dall'ordine dei templari tra il 1294 e il 1307 sui resti dell'antica cittadella araba, è stato il rifugio di papa Benedetto XIII, che lo trasformò in palazzo e biblioteca pontificia. A metà luglio il castello, i cui giardini hanno una meravigliosa vista sul mare, ospita il Festival di teatro classico mentre ad agosto accoglie il Festival internazionale di musica antica e barocca.

Informazioni: castillodepeniscola.dipcas.es

A Olite, nel nord della Spagna, il palazzo dei Re di Navarra è una maestosa architettura militare gotica costruita tra i secoli XIII e XIV; oggi è un esclusivo albergo che ad agosto ospita il Festival di teatro classico. Informazioni: turismo.navarra.es

Vicino a Valladolid, 180 chilometri a nord di Madrid, sorge il castello di Peñafiel, un meraviglioso esempio di architettura gotica a pianta rettangolare, coronato da 8 torrette e impreziosito da due cortili. L'interno è a due piani con volte in pietra, e ospita il Museo provinciale del vino. Informazioni: turismopenafiel.es

A Belmonte, nel cuore della regione Castiglia-La Mancha, si trova il castello gotico-mudéjar fatto costruire nel 1456 dal marchese di Villena e confidente del re Enrico IV di Castiglia. E' uno dei manieri meglio conservati della penisola iberica e oggi ospita numerosi tornei e rievocazioni storiche dell'epoca medievale. Ai piedi del castello è nato il Trebuchet, il più grande parco storico tematico di macchine di assedio, con le riproduzioni di 40 macchinari militari utilizzati tra il V secolo e il Rinascimento. Informazioni: castillodebelmonte.com

Nel cuore dell'Andalusia, a 50 chilometri a nord di Granada, il borgo d'origine araba Alcalá La Real ha un'imponente fortezza che sorge sulla collina della Mota. E' strutturata su più piani ed è caratterizzata da diverse cinte murarie difensive, torri, ponti e tunnel sotterranei che la collegano con la cittadina sottostante. E' possibile visitare la fortezza con i tour teatralizzati di "Tu Historia" (tuhistoria.org/ciudad/alcala-la-real)

Non lontano, ai piedi della Sierra Nevada, si staglia il castello-palazzo di Calahorra, la prima costruzione spagnola in stile rinascimentale. Costruito su pianta rettangolare in appena tre anni, dal 1509 al 1512, su ogni angolo si trova una torre cilindrica che termina con una cupola. All'interno c'è un elegante cortile su due piani, con doppia galleria di archi, balaustre di marmo di Carrara e una scala claustrale di grande valore artistico.

Sempre in Andalusia nel cuore di Cordoba, nel quartiere di Santa Marina, merita una visita il Palazzo di Viana, un edificio signorile del XV secolo e ampliato nei secoli successivi. Oggi la dimora è il museo storico dei marchesi di Villaseca e di Viana, proprietari del palazzo, e offre anche uno dei cortili più belli della regione. Informazioni: palaciodeviana.com

Restando in Andalusia, a una trentina di chilometri da Cordoba è bene visitare il castello di Almodóvar, maniero di origine araba costruito sulla riva destra del fiume Guadalquivir sui resti di un edificio romano e ampliato nei secoli successivi. Il castello, che è stato usato come location per alcune scene della serie televisiva Game of Thrones, ospita numerose manifestazioni culturali, tra cui le "Giornate medievali" con concerti, balli e combattimenti trecenteschi. Informazioni: castillodealmodovar.com

In Cantabria il suggestivo castello di Argüeso domina la collina, a guardia della strada che in passato collegava la costa con il territorio della Castiglia. Costruito tra il XIII e XV secolo, rappresenta il miglior esempio di fortificazione locale e ospita mostre temporanee e manifestazioni culturali. Informazioni: castillodeargueso.com

Infine, in Extremadura, si visita il castello di Alburquerque, chiamato anche "castello di Luna" in memoria di uno dei suoi principali costruttori, Alvaro de Luna. Il maniero, situato vicino al confine portoghese, è stato costruito a più riprese tra i secoli XIII e XV con imponenti aree difensive, muraglie, torrioni e portoni. Ogni agosto ospita il Festival medievale con accurate rappresentazioni teatrali, tornei e balli.

Per maggiori informazioni: spain.info (ANSA).

 

La Cittadella di Alessandria invasa da piante e rifiuti
Da iltorinese.it del 17 giugno 2021

Chissà se il cosiddetto “Quarto potere” avrà la forza necessaria per cambiare lo stato delle cose e recuperare come dovrebbe essere fatto uno dei gioielli d’architettura militare più preziosi d’Italia, la Cittadella di Alessandria del Settecento che sta lentamente morendo e scomparendo nell’indifferenza generale.

Per adesso ci vuole davvero un machete per farsi strada nella giungla di piante infestanti che hanno aggredito e coperto in gran parte il forte alessandrino. Nei giorni scorsi sulle colonne del “Corriere della Sera” Gian Antonio Stella scriveva: “Che vergogna, c’è da arrossire davanti alle discariche di immondizia tra i ruderi degli edifici crollati. Alle vagonate di amianto, frigoriferi scassati e rifiuti velenosi abbandonati in un capannone in disuso dalla saracinesca sventrata. Ai resti di libri bruciati buttati qua e là. Alle tegole schiantatesi a terra, alle muraglie di vegetazione dietro le quali puoi solo intuire l’esistenza dei bellissimi bastioni settecenteschi.

Agli alberelli che spuntano tra i comignoli. Agli alberi che si sono ingoiati i tetti facendoli crollare..”. Attualmente la Cittadella è affidata al Comune di Alessandria. Da una decina di anni i volontari del Fondo Ambiente Italiano (Fai) se ne prendono cura ma il denaro non basta e nessun ente, nessuna amministrazione sembra disposta a investire del denaro per salvarla. Intanto l’ailanto o albero del Paradiso ne approfitta, la pianta di origine cinese che può raggiungere i 30 metri di altezza, terribilmente infestante, si allunga con estrema rapidità sulle facciate e sui tetti e sta occupando poco alla volta la Cittadella. Nel 1994 la fortificazione, progettata dall’architetto Ignazio Bertola, fatta costruire da Vittorio Amedeo II a partire dal 1728 e considerata un capolavoro di arte militare unico nel suo genere con mura e fossati a forma di stella a sei punte, fu invasa dalle acque del Tanaro durante quella terribile alluvione.

Venne abbandonata e oggi è in condizioni pessime per l’assenza di manutenzione. Secondo gli storici la Cittadella è stata nel Settecento uno dei più importanti monumenti europei nell’ambito delle fortezze militari e ancora oggi è un colpo d’occhio notevole per chi la guarda da lontano. Imponente, grandiosa e padrona del territorio circostante, ben lontana da case, cascine e palazzi che almeno in parte la nasconderebbero. Il 10 marzo 1821, in cima ai bastioni della Cittadella, venne innalzata la bandiera tricolore per la prima volta nella storia d’Italia e da qui partirono i primi moti rivoluzionari.

Filippo Re

 

HENSOLDT modernizza i radar di localizzazione dell’artiglieria COBRA
Da aresdifesa.it del 16 giugno 2021

HENSOLDT modernizzerà il sistema di prova del radar di localizzazione dell’artiglieria COBRA che è in servizio con diversi eserciti della NATO. 

Con un contratto assegnato dall’organizzazione multinazionale di approvvigionamento Organization Conjointe de Cooperation en matière d’Armement (OCCAR) per conto di Germania e Francia, HENSOLDT sostituirà il COBRA Radar Environment Simulator (CRES), indispensabile per determinare l’implementazione ottimale e testare le prestazioni del sistema.

Il CRES è l’elemento chiave per testare e verificare le prestazioni del radar COBRA in un ambiente di laboratorio con traiettorie del bersaglio riproducibili. Genera ritorni radar artificiali che consentono di simulare tutti i tipi di proiettili balistici (missili, granate da mortaio, obici o proiettili di cannone) senza la necessità di trasmissioni reali. Pertanto, il CRES può essere utilizzato in una sala di manutenzione chiusa od anche all’interno di uno shelter COBRA.

L’attuale CRES è in servizio con gli Eserciti Francese e Tedesco dagli anni ’90 ed è diventato obsoleto e inaffidabile. La sostituzione con un CRES sviluppato e utilizzato da HENSOLDT per sistemi COBRA in uso presso altri Paesi è stata considerata la soluzione più economica.

COBRA è un sistema radar mobile per la localizzazione di posizioni di artiglieria e missili ostili e per calcolare in anticipo la traiettoria di volo dei proiettili al fine di dare un allarme tempestivo e consentire un’azione protettiva. 

La sua prima configurazione è stata sviluppata dal consorzio EuroArt composto da HENSOLDT, Thales e Lockheed Martin intorno alla fine del secolo per le forze armate tedesche, francesi e britanniche. Oggi, oltre 40 sistemi di varie configurazioni sono stati schierati da Germania, Francia e Turchia, nonché da diverse forze armate al di fuori dell’Europa.

Fonte ed immagine HENSOLDT

 

I bunker della Breda, viaggio nei tunnel segreti sotto il verde del Parco Nord
Da milano.corriere.it del 15 giugno 2021

Qui aveva sede la fabbrica di aeroplani, più volte bombardata dagli Alleati nel corso della seconda guerra mondiale. Le guide dell’associazione Eumm: «Si respira ancora la paura rimasta aggrappata a questi muri»

di PAOLO ROBAUDI

Ci sono nella città luoghi nascosti dove la memoria è così densa che si avvertono ancora le vibrazioni di chi vi ha vissuto prima di noi. Tra questi i «Bunker della Breda», all’interno del Parco Nord Milano. Incontriamo Alessandra Micoli e Michela Bresciani, dell’Associazione Eumm, Ecomuseo Urbano Metropolitano Milano. Sono loro che si occupano della raccolta di materiale storico, della curatela e delle visite al Bunker della Breda, parte del Parco Nord.

I bunker sono i sotterranei dove sorgeva la «V Sezione Aereonautica», la fabbrica di aeroplani della Breda, più volte bombardata dagli Alleati nel corso della seconda guerra mondiale. Il luogo è quanto di più improbabile e nascosto si possa svelare ai nostri occhi. Siamo al Parco Nord di Milano, all’interno di un’area umida in cui rane e tritoni la fanno da padroni assieme alle libellule. Qui, raccontano Alessandra e Michela, sorgeva 70 anni fa la fabbrica aereonautica della Breda: «Un’azienda dalle dimensioni notevoli, di cui non rimane più alcuna traccia, se non il rudere abbandonato della torre di controllo e la rete di bunker, costruiti prima e durante la guerra». Michela tratteggia la ricostruzione: «In questo momento la natura è nel suo massimo splendore, il verde degli alberi, il contrappunto dei fiori sono oggi a corolla di questi luoghi, si fa fatica immaginare questa soglia. Una volta superata, si entra in una dimensione dove la storia si stratifica, portandoti per mano, nel tempo, in un tempo che vorresti negare. Queste sono le memorie del sottosuolo. Abbiamo allestito i bunker con infografiche e foto, con l’aiuto anche di alcuni artisti».

«L’atmosfera che si respira è quella della tragedia, sembra il palcoscenico della memoria, plasmata nella forma e soprattutto nella funzione di questa serie di cunicoli. Respiriamo ancora il dramma di una generazione che ha attraversato la guerra più feroce». Michela e Alessandra raccontano: «La resistenza eroica degli operai, che boicottavano durante l’occupazione nazista, la produzione bellica, così come il dramma delle deportazioni e della Shoah. Ma soprattutto si avverte ancora la paura, come fosse sostanza, rimasta aggrappata a questi muri, l’ultimo riparo, come tutto fosse un’opera del teatro dell’assurdo».

«La parte di bunker oggi rinati, simbolo e memoria per le future generazioni, ricorda il peso della storia, le fatica, la paura di momenti vissuti da tanti uomini, trattenendo anche il più flebile lamento, immobilizzati dal terrore e dalle violenze di cui solo l’uomo è capace». Alessandra rivela: «I bunker della Breda ancora oggi sono la testimonianza e il segno di un passato lontano e vicino. Riusciamo ancora oggi a raccogliere testimonianze dirette, attraverso interviste video, di persone che hanno vissuto in prima persona quei momenti. Tutto il materiale che abbiamo è proveniente in gran parte da raccolte private».

Uscendo dai cunicoli, torniamo alla luce e al colore: il contrasto è fortissimo, così come lo sbalzo di temperatura. Tutto sembra voler narrare altre storie. Alla luce del sole c’è la vita, sotto il grigio e la negazione. Nel parco c’è chi corre, chi fa yoga, chi prova le coreografie per il prossimo video sui social. Come in un quadro di Chagall, la danza continua e le capre suonano i violini.

 

Vittorio Veneto, al via il recupero di cinque edifici militari dismessi
Da trevisotoday.it del 15 giugno 2021

Martedì 15 giugno la firma dell'accordo: la caserma "Luigi Maronese" diventerà di proprietà dello Stato, in cambio il Comune acquisirà l'aviosuperficie a San Giacomo di Veglia e una parte della ex Caserma Gotti

Firmato martedì 15 giugno l'accordo di programma tra Ministero della Difesa, Agenzia del demanio, Provincia di Treviso e Comune di Vittorio Veneto per la definizione delle attività di riqualificazione e recupero di alcuni immobili militari che occupano porzioni significative del tessuto urbano di Vittorio Veneto.

Si tratta, nello specifico, di cinque immobili militari dismessi: Palazzo Doro Altan, Palazzo Marinotti, Palazzo Piccin, Caserma Tandura e parte della Caserma Gotti. Il percorso, avviato con un’intesa del 2014, ha registrato una lunga collaborazione istituzionale per delineare tutti gli aspetti amministrativi, urbanistici ed economici che oggi consente di inquadrare in una visione complessiva una vera e propria operazione di rigenerazione urbana. Sono state infatti individuate le destinazioni d’uso necessarie e appetibili con cui attivare operazioni immobiliari che rimetteranno in circolo questi spazi importanti della città con funzioni più coerenti e attuali rispetto alle esigenze di sviluppo del territorio, prevedendo anche nuove aree per servizi e spazi verdi, e generando esiti positivi sul fronte delle opportunità occupazionali. L'accordo prevede inoltre una permuta fra Stato e Comune secondo cui la caserma "Luigi Maronese", oggi di proprietà del Comune, dove si trova la caserma dei carabinieri diventerà dello Stato che potrà così risparmiare le spese di affitto attualmente corrisposte. In cambio il Comune acquisirà la proprietà dell'areocampo di San Giacomo di Veglia e di una porzione della ex Caserma Gotti per adibirle alle proprie finalità.

 

Punta Giglio, nuova lettera a Mattarella
Da alguer.it del 15 giugno 2021

L´oggetto, seppur da prospettive opposte e concorrenti, è sempre Punta Giglio e l´intervento in corso di realizzazione nell´ex Batteria militare sulla falesia di Alghero. Questa volta è Raffaele Cadinu ad interessa il Presidente della Repubblica, in risposta alla missiva dell´architetto Giovanni Oliva

ALGHERO - Seconda lettera indirizzata e protocollata presso la Presidenza della Repubblica Italiana, all'attenzione di Sergio Mattarella. L'oggetto, seppur da prospettive opposte e concorrenti, è sempre Punta Giglio e l'intervento in corso di realizzazione nell'ex Batteria militare sulla falesia di Alghero. Questa volta è Raffaele Cadinu ad interessa il Presidente della Repubblica, in risposta alla missiva dell'architetto Giovanni Oliva. Di seguito il testo integrale della lettera. Egr. Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella
Mi chiamo Raffaele Cadinu e abito ad Alghero, sono un estimatore della Costituzione della Repubblica Italiana, che è il vertice delle nostre Leggi e la base del vivere democratico, Le scrivo poiché un mio concittadino, un architetto verosimilmente sospeso dall’Albo degli architetti, ha pubblicato sui quotidiani una lettera, a Lei indirizzata, artatamente priva dei riscontri necessari alla dimostrazione delle asserzioni riportate, e debbo affermarLe che, a mio avviso, tali mancanze siano tutt’altro che in buona fede. Il mio concittadino non Le ha scritto infatti che i lavori di restauro conservativo della ex postazione militare di Punta Giglio, ubicata nel territorio di Alghero all’interno di un Parco Regionale, siano conseguenti ad un bando pubblico del Demanio dello Stato che è il proprietario dell’immobile, e che all’uopo sono state rilasciate ben 14, tra autorizzazioni e pareri, da tutti gli organi istituzionali preposti.

I lavori infatti sono a carattere pubblico e il sito rimarrà pubblico e non privato come invece viene pubblicizzato nelle proteste anche sulla pubblica piazza, generando malcontento verso tutte le Istituzioni coinvolte nel processo amministrativo. Non Le ha nemmeno scritto che, a seguito di accessi agli atti al limite dell’ingerenza, vi siano state più risposte esaustive da più organi dello Stato e della Regione Sardegna, e tra questi la Soprintendenza ai Monumenti che ha l’Alta Sorveglianza dei Lavori, Il Parco Naturale Regionale di Porto Conte, il Corpo Forestale Regionale quale organo deputato al controllo, ed infine anche il Ministro Franceschini nel suo ruolo di Ministro dei Beni e delle Attività Culturali. Nonostante ciò il mio concittadino, narra, afferma e Le scrive che vi siano state “autorizzazioni che risultano con tutta evidenza forzature e distorsioni delle norme vigenti”, lasciando così intendere agli sprovveduti che leggono e approvano le sue affermazioni, che tutti gli Enti coinvolti nei quattro anni di iter autorizzatorio siano collusi, cosa questa che ha provocato e sta provocando malumore avverso i principi democratici e di rispetto delle Leggi e quindi della Costituzione.

Le lagnanze dell’Architetto Oliva infatti, come detto, non sono esaustive nell’esposizione dei fatti reali, e infatti in nessuna parte della missiva si rileva che già ha avuto le risposte dagli Enti preposti, peraltro organi dello Stato, e ripeto, in ultimo proprio il Ministro Franceschini. Stimatissimo Presidente Mattarella, nel rispetto del ruolo che Lei ricopre quale Garante della Costituzione, non credo Lei possa interessarsi o attuare una sospensione dei lavori inerenti uno scavo regolarmente autorizzato, profondo peraltro poche decine di centimetri e che sarà ricoperto in conformità alle regole dell’arte, ma sono invece molto preoccupato per il travisamento del termine Democrazia, che non può, a mio modesto avviso, essere confuso con la licenza di pubblicare fatti non coerenti con la totalità contestuale e quindi, con comportamenti reazionari e oscurantisti, resi pubblici con lettere indirizzate al Capo di Stato e tali da mettere in dubbio le Norme e le Leggi dello Stato stesso. Preciso che sono le Norme e le Leggi con le quali è stato approvato e autorizzato il progetto di cui trattasi, le stesse che in qualità di cittadini dobbiamo rispettare e che stanno alla base del vivere civile sanciti dalla Costituzione, della quale Lei è il Garante. Confido anche io, quale Sardo e cittadino della Repubblica Italiana nel Suo interessamento. Porgo con la presente i doverosi e rispettosi Ossequi Raffaele Cadinu

 

Brezzo di Bedero, i ragazzi dell'Asilo Mariuccia puliscono le fortificazioni della Linea Xadorna
Da luinonotizie.it del 15 giugno 2021

Il lavoro fa parte del progetto "Canonica e Dintorni", che mira a valorizzare il patrimonio storico, artistico, paesaggistico e ambientale di tutto il territorio

Grazie al progetto “Canonica e dintorni”, come raccontato lo scorso novembre, i ragazzi della fondazione Asilo Mariuccia si occupano della manutenzione e pulizia delle aree lungo le fortificazioni della Linea Cadorna presenti nel territorio e nei boschi di Brezzo di Bedero. “Canonica e dintorni” è un progetto di valorizzazione del patrimonio storico, artistico, paesaggistico e ambientale, che mira a realizzare un percorso ad anello all’interno del territorio di Brezzo di Bedero. Si parte dal Belvedere Pasqué, stupenda balconata sul Lago Maggiore, e si risale la strada tra i boschi di castagni e prati, dove prima si incontrano i resti delle fortificazioni della Linea Cadorna della prima Guerra Mondiale e poi, giunti alla sommità del dosso montano, l’antica Collegiata di S. Vittore che risale al 1100.

Scendendo la scalinate delle Orsoline si giunge al giardino agricolo di “Casa Paolo”, dove sono coltivati un orto e un frutteto didattico. Infine, si attraversa il nucleo antico del borgo e ci si trova al punto di partenza dove si può fare una sosta usufruendo delle strutture dell’oratorio della Parrocchia. I ragazzi dell’Asilo Mariuccia, così, oltre alla manutenzione delle aree e dei percorsi, si occupano dello sviluppo e della promozione delle esperienze di turismo, in particolare di quello scolastico per le scuole elementari e medie, in stretta collaborazione con l’ISIS Volontè Città di Luino-corso Turismo.

Con Infovadis, invece, verrà prodotto un supporto informatico che potrà essere utilizzato, soprattutto nelle scuole della provincia, per far conoscere il nostro territorio e il suo patrimonio artistico,culturale e ambientale, oltre che realizzare una app dove lungo il percorso grazie ai codici QR chiunque potrà raccogliere informazioni. Al progetto “Canonica e dintorni” partecipano con Fondazione Asilo Mariuccia, Comune di Brezzo di Bedero, Parrocchia di Brezzo di Bedero, Legambiente di Laveno e Varese, ISIS Città di Luino, FAI Luino e Valli del Verbano, Legambiente di Laveno e Varese, la cooperativa sociale Costa Sorriso ANFFAS Luino, Associazione Casa Paolo, Associazione Hortus, Associazione Apicoltori Varese e Infovadis, con il supporto di Ubi Banca Varese e Comunità Montana Valli del Verbano e con il patrocinio di Rotary Club Luino Laveno.

 

BUNKER TRASFORMATI IN ALLOGGI LUNGO LA COSTA OLANDESE, UN SOGGIORNO IN MEZZO ALLA NATURA IMMERSI NELLA STORIA
Da turismoitalianews.it del 14 giugno 2021

Convertiti in alloggi sostenibili con vista sulle dune. Sono i primi bunker nella zona di Hoek van Holland, che tornano a nuova vita e decisamente più sostenibile dopo 76 anni dalla liberazione dei Paesi Bassi dall'occupazione tedesca.

(TurismoItaliaNews) Lungo la costa olandese si trovano ancora numerosi bunker nascosti tra le dune. L'associazione no-profit Cocondo ha lanciato un programma di ricostruzione e mantenimento per dare una seconda vita a queste strutture, un tempo ermetiche e buie e considerate invincibili. A queste costruzioni viene dato un nuovo scopo, trasformandole in luoghi di soggiorno molto speciali; una sorta di edilizia costiera sostenibile, ecologica e mimetizzata con l’obbiettivo di preservare il patrimonio storico, la sua natura circostante e scoprire come il patrimonio e la natura possono completarsi a vicenda.

Grazie alla collaborazione con designer e artisti, i bunker delle dune di Hoek van Holland vengono trasformati in alloggi unici e sostenibili per la cui trasformazione si utilizzano materiali naturali ed ecologici che tengono conto delle caratteristiche esistenti del bunker e della natura circostante. Il progetto pilota è iniziato nel 2020 con la trasformazione dei primi bunker che è durata un anno.

Da vecchio bunker telefonico ad alloggio per famiglie

Hoek van Holland comprende l'area Natura 2000 e il monumento nazionale “Het Vinetaduin” che ospita circa 60 bunker protetti. Qui si trova anche un ex bunker telefonico. Questo rifugio militare tedesco costruito nel 1943 consisteva in un centralino telefonico in cemento armato e un'abitazione in muratura. Durante la guerra il bunker era presidiato da due persone e ora, dopo la trasformazione, il bunker può ospitare una famiglia di 4 persone. E’ dotato di soggiorno, bagno e una bella camera da letto, una volta la stanza del centralino telefonico, mentre la seconda camera è stata ricavata da una ex finestra interna e dà direttamente sul terrazzo all’esterno. I lavori in legno sono stati disegnati da Remko Verhaagen e realizzati da Thijs Brandsma con una quercia di 75 anni per ricordare i 75 anni dalla liberazione. Il ricavato degli affitti viene interamente investito nella conservazione e nello sviluppo del patrimonio e della natura circostante. Questo progetto servirà inoltre per preservare la storia della regione, visto che pochi conoscono la storia della costa olandese durante la ricostruzione che seguì la Seconda guerra mondiale.

 

MARINA MILITARE: LA DIFESA A CORTO E MEDIO RAGGIO
Da difesaonline.it del 8 giugno 2021

Di Tiziano Ciocchetti

Lo sviluppo del programma CAMM-ER (Common Anti-air Modular Missile Extended Range) di MBDA prosegue secondo i tempi previsti. L’obiettivo è quello di poter fornire i primi sistemi – l’Aeronautica Militare sarà il cliente di lancio – entro l’inizio del 2024.
Dopo oltre 40 anni di servizio, il sistema missilistico a medio raggio superficie-aria ASPIDE è ormai giunto al termine della vita operativa. Inoltre, il missile CAMM-ER dovrà rimpiazzare i sistemi a medio raggio SKYGUARD (basato sull’ASPIDE) in dotazione all’Esercito Italiano.
Il CAMM-ER ha una lunghezza di 4,2 metri e un peso di 160 kg. Il motore Avio gli conferisce un raggio d’azione massimo di oltre 40 km, con una velocità pari a mach 3.
La peculiarità del missile è che viene lanciato “a freddo”, ovvero l’espulsione dal canister avviene grazie all’utilizzo di un generatore di gas, successivamente il motore si avvia quando il missile è distante diversi metri dal sistema di lancio ed è già in modalità turn-over (orientato sul bersaglio).
Anche la Marina Militare necessita di acquisire un sistema missilistico a medio raggio che possa essere imbarcato sulla classe Thaon di Revel e sulle future corvette europee. Tale necessità, fi noad oggi, è stata assolta dai sistemi ALBATROS (anch’essi basati sull’ASPIDE), i quali figurano (sulla carta) ancora imbarcati sui caccia classe Durand de la Penne e sulle fregate classe Maestrale
.
Oltre all’acquisizione del nuovo missile, per la difesa a corto-medio raggio, la Marina Militare dovrebbe rivedere anche l’utilizzo dell’artiglieria per la difesa di punto contro la minaccia dei missili antinave. L’anno scorso doveva essere testato, sul caccia
Doria, il nuovo munizionamento Davide/DART da 76 mm (gittata massima20 km), tuttavia per motivi sconosciuti i test non sono stati effettuati.
A differenza di altre Marine, quella italiana ha sempre utilizzato, perla difesa di punto (CIWS, Close In Weapon System) pezzi in calibro40 e 76 mm, preferendoli alle Gatling da 20 e 30 mm (in dotazione alla U.S. Navy e alla Marina russa). Sarebbe il caso di cominciare a valutare la possibilità di adottare sistemi d’arma da 25 mm, magari adattando il nuovo cannone a 4 canne rotanti, GAU-22/A da 25x173mm, montato sul caccia F-35A, per un impiego navale. Ciò comporterebbe un grande risparmio sia in termini economici che di spazio (oltre che un notevole incremento della celerità di tiro, 3.300 colpi al minuto contro i 139 del 76/62), inoltre potrebbe essere impiegato in funzione anti barchini nelle missioni di contrasto alla pirateria marittima.
Foto: MBDA / Marina Militare

 

I TEL Iskander-M stanno ricevendo un nuovo missile.
Da aresadifesa.it del 7 giugno 2021

In foto: 9P78-1 TEL Iskander-M (Vitaly Kuzmin)

È un missile stealth che manovra per creare ulteriori problemi per la difesa aerea e missilistica. Il nuovo missile è stato lanciato durante un'esercitazione del 2020, scrive il quotidiano Izvestia citando fonti del ministero della Difesa.

Il nuovo missile è rivestito con materiali radioassorbenti, è altamente manovrabile e può distruggere bersagli a una distanza di 500 chilometri. Il missile appartiene alla classe balistica aerea.

La nuova arma è probabilmente uno sviluppo del missile balistico 9M723, che è stato utilizzato da Iskander-M per diversi anni.

 

È la cittadella fortificata più grande in Sicilia: in un video la magia del Castello di Milazzo
Da balarm.it del 6 giugno 2021

Il complesso monumentale, che sorge alla sommità dell’antico "Borgo", ha una superficie di oltre 7 ettari di cui oltre 12.000 mq sono coperti da fabbricati

È la cittadella fortificata più grande in Sicilia che custodisce storie, leggende e strani ritrovamenti.
Stiamo parlando del Castello di Milazzo, che regna incontrastato, nella forma di un complesso monumentale in piena regola, a Milazzo appunto, nel Messinese.
La sua bellezza si svela ad ogni ora del giorno, dall’alba al tramonto, diffondendo un’atmosfera unica, imperdibile, come si può vedere nel video che vi proponiamo, realizzato da Giuseppe Famà.
Il complesso monumentale, che sorge alla sommità dell’antico “Borgo”, ha una superficie di oltre 7 ettari di cui oltre 12.000 mq sono coperti da fabbricati, tanto da essere tra le strutture fortificate più importanti d’Europa.

La sua posizione fu scelta strategicamente, a presidio di una rada naturale che ha costituito da sempre uno dei porti più importanti della Sicilia, prospiciente le Isole Eolie. Quella che viene anche chiamata la “Cittadella Fortificata”, infatti, rappresenta uno dei pochi esempi di architettura militare in cui ancora esistono sistemi difensivi realizzati nel corso di circa 10 secoli. Nella fattispecie il sito, però, non ha avuto sempre valenze esclusivamente militari, ma ha vissuto “vite alterne” è il caso di dire anche,  essendo stato anche un borgo medioevale, nella zona compresa fra la Cinta Aragonese e quella Spagnola. Addentrandoci nella sua storia dobbiamo ricordare che alla breve dominazione degli Angioini, subentrarono gli Aragonesi.

Fu sotto Alfonso il Magnanimo che il castello venne ristrutturato e, alla fine del ’400, per volontà di Ferdinando il Cattolico, venne costruita la “Cinta aragonese”, che ingloba la struttura federiciana. Nei primi decenni del 1500, invece, iniziarono i lavori per la costruzione della “Cinta spagnola”, (struttura che include il vecchio abitato medievale che in quest’area si era sviluppato nel corso dei secoli e che è in parte visibile negli scavi all’interno). Ulteriori rimaneggiamenti si svolsero tra il ‘600 e il ‘700: nacquero in questi secoli vari edifici civili come il Palazzo dei Giurati, situato di fronte al Duomo Vecchio. Nel 1860 dopo la conquista di Garibaldi, l’esercito borbonico abbandonò il presidio che aveva nel castello.

Dal 1880 al 1959 la struttura venne adibita a carcere. Dopo un lungo periodo di abbandono e incuria, tra il 1991 e il 2002, e tra il 2008 e il 2010, il complesso è stato oggetto di due importanti restauri che lo hanno reso la bellezza che è oggi. A proposito del Duomo Vecchio fu costruito a partire dal 1608 e fu completato nella seconda metà del 1600. Durante il Settecento vennero eseguiti altri lavori, come la nuova sagrestia (completata nel 1704). Fu intitolato inizialmente a Santa Maria Assunta e, nel 1678, a Santo Stefano, patrono di Milazzo.

Il prospetto principale, di impronta tardo-cinquecentesca, è caratterizzato da paraste in pietra siracusana con capitelli compositi e corinzi, ed è diviso in due ordini da una cornice. Le cupole, invece, di cui 4 laterali e una Maggiore, sono prive di tamburo; alla base sono presenti quattro finestre rotonde e si concludono in un lanternino. All’interno, la Maggiore è articolata a vele. Nei riquadri che separano le 4 finestre tonde sono presenti tre figure che probabilmente facevano parte di un gruppo di 4 santi (San Leone II, San Demetrio, San Nicola, San Papino).

La Cittadella Fortificata comprende, inoltre, il Bastione di Santa Maria (che prende il nome dalla vecchia chiesa matrice che venne in parte abbattuta per costruirlo); il Bastione delle Isole, detto anche “delle sette porte” (rappresentava il baluardo di difesa nord della cittadella e fu progettato da Antonio Ferramolino); la Chiesa dell’Annunziata, addossata a quest’ultimo (doveva essere a navata unica irregolare, rimane visibile la sezione absidale dell’altare maggiore). E poi ancora l’ex Monastero delle monache Benedettine del S.S. Salvatore; la Cinta e la Porta Aragonesi (a forma ogivale, compreso tra due torrioni dell’estremità nord della cinta) che ospita la grande torre Normanna quadrangolare mediana del versante ovest, la parte più antica di tutto il Castello e la più elevata (17 metri circa), inserita nella cinta federiciana. Essa presenta una base a scarpa di età posteriore, che non supera i 10 metri d’altezza e che la cinge dai quattro lati.

Oggi il complesso monumentale “Castello di Milazzo” è stato dato in gestione dal Demanio dello Stato, ramo Artistico – Storico – Archeologico (ad eccezione del Duomo Antico di proprietà della Città), al Comune di Milazzo. Come ogni luogo che conservi così tante tracce storiche e antropologiche tante sono le leggende che ad esso si legano, in particolare quella del fantasma di una suora che sarebbe stata murata viva all’interno dell’antico Monastero delle Benedettine o quella del fantasma di un uomo con una testa fra le mani che si aggira nei pressi del cimitero inglese, o ancora la vicenda della povera Elena Baele.

Nei decenni, poi, tanti studi sono stati condotti e alcuni hanno portato alla luce anche oggetti particolari, divenuti protagonisti di pubblicazioni internazionali. Nella fattispecie, il 17 febbraio 1928, una squadra di detenuti, duranti alcuni lavori, trovarono uno scheletro umano, rinvenuto nella spiaggia di ponente sottostante il castello. Questo scheletro, ritenuto da subito umano, era contenuto dentro una gabbia di ferro. Diversi esperti, italiani e stranieri, si interessarono al curioso ritrovamento e tra questi il professore svedese Erik Marjensond e il dottore Gustavo Eler Voinicher, che pubblicò un libro dal titolo “The cage of the Castle of Milazzo” (1961).

La gabbia, fabbricata con listelle di ferro, era stata modellata su busto umano, con due distinte appendici corrispondenti agli arti inferiori e con una specie di maschera strozzata all’altezza del collo. Il reperto rinvenuto racchiudeva uno scheletro umano privato delle parti inferiori delle gambe, della mano destra e dell’intero avambraccio sinistro. Le ricerche puntarono all’individuazione di qualche fatto di cronaca o storico che potesse svelare il mistero e l’indizio, alla fine, fu dato dai cinque bottoni di metallo rinvenuti con lo scheletro, che recavano la scritta “Enniskilling 27”. Sul retro di uno di questi vi era la scritta “Covent Garden” da qui si risalì ad un soldato che portava l’antica divisa del Britannico 27° Reggimento Reale Enniskilling, che fu di stanza a Milazzo con a capo Sir John Stuart, tra il 1806 ed il 1808.

Durante le guerre napoleoniche, infatti, la Cittadella fu la chiave del sistema difensivo ed offensivo nell’isola. Venne appurato, alla fine, che l’uso della gabbia penitenziaria non era del tutto estraneo alle istituzioni britanniche di quel tempo e che lo scheletro rinvenuto appartenesse ad un disertore, mutilato e fatto morire lentamente per essere infine rinchiuso nella gabbia e fatto pendere dalla sommità della Torre Saracena.

 

Nuova ricerca pubblicata on line da Michelangelo Zecchini sulle torri costiere dell'Elba
Da tenews.it del 6 giugno 2021

Scritto da Michelangelo Zecchini

E’ stata pubblicata on line da Michelangelo Zecchini una nuova ricerca sulle torri costiere dell’Elba, che può essere letta o scaricata al link:

https://www.academia.edu/49113505/LE_TORRI_COSTIERE_DELLELBA_CARTOGRAFIA_STORICA_ED_EVIDENZE_ARCHITETTONICHE

I documenti d’archivio emersi e la tipologia architettonica attuale confermano la committenza appianea e la datazione delle tre torri di Marciana Marina, Marina di Campo e Rio Marina (poco dopo il 1550 per le prime due, poco prima per la terza).

Un breve excursus è dedicato anche alla quattrocentesca torre del Giove che oggi, purtroppo, è a rischio di collasso definitivo.

 

Vallate genovesi: rinasce il Sentiero delle fortificazioni
Da lavocedigenova.it del 5 giugno 2021

L'assessore Bordilli: ""Le nostre vallate sono al centro di una profonda riscoperta e di un piano di interventi importanti per la manutenzione delle strade bianche"

Trenta chilometri di percorso alla scoperta delle fortificazioni di Genova. Il sentiero è stato presentato questa mattina in uno dei punti di partenza, in via Cantore, dall’assessore allo Sviluppo e tutela delle Vallate Paola Bordilli e dall’ideatore del percorso, Roberto Giordano, trekker e Ambasciatore di Genova nel mondo, già conduttore televisivo di programmi dedicati al viaggio. Presente anche il consigliere delegato ai Rapporti con gli enti sportivi e il Coni Vittorio Ottonello.

Giordano, in collaborazione con il Comune di Genova, ha anche curato la realizzazione della cartellonistica: le partenze per l’accesso al sentiero sono indicate da Forte San Giuliano – angolo via Nazario Sauro – e da via Cantore – angolo corso Martinetti.
Il sentiero, raccontato in un video diffuso sui canali social istituzionali del Comune di Genova, tocca tutte le fortificazioni genovesi in un percorso semicircolare, adatto a tutti, percorribile quasi completamente anche in bicicletta o a tappe, viste le numerose convergenze con le mobilità della città (bus, funicolare, trenino Genova-Casella e cremagliera).

Il percorso fa parte di un progetto più ampio, che prevede da parte del Comune di Genova la riqualificazione del sistema dei forti con un primo intervento all'interno del parco delle mura. "Le nostre vallate – spiega l’assessore Bordilli - sono al centro di una profonda riscoperta e di un piano di interventi importanti per la manutenzione delle strade bianche, che vanno dalla Val Polcevera, Trensasco, Righi, Val Bisagno, da Ponente a Levante. Abbiamo intrapreso, coinvolgendo anche le associazioni attive sul territorio e con convenzioni con il Cai e la Fie, un lavoro di tutela, manutenzione, valorizzazione e promozione delle vallate con la predisposizione di punti ristoro e belvedere, in modo che Genova possa essere vissuta da visitatori e genovesi dal verde dei nostri monti fino al blu del nostro mare". Sei i cartelli posizionati lungo il circuito, con cartina e indicazioni anche in lingua inglese, utili per chi decide di affrontare questo percorso a metà tra il trekking urbano e l'escursionismo.

Il percorso è indicato da oltre 300 placchette in alluminio con la scritta "I forti di Genova".

"Il sistema delle fortificazioni genovesi – spiega Giordano – è un complesso di strutture difensive realizzate in epoche diverse, i cui progetti di modifica e ricostruzione, sono stati ripresi più volte nel periodo napoleonico, risorgimentale e durante i conflitti mondiali. Il percorso, con splenditi panorami che permettono al visitatore di vedere Genova dall’alto, è praticamente adatto a tutti ed è un mix di storia, tradizioni ed escursione a pochi passi dalla città". Si parte da corso Italia in prossimità del forte San Giuliano e si conclude a Sampierdarena nella zona sottostante a Forte Belvedere. Dopo l’area del Medio Levante, e dopo San Giuliano si percorrono le creuze di Albaro e San Martino, superando i bastioni di Santa Tecla e si arriva a Forte Richilieu e poi  verso Forte Ratti e successivamente Forte Quezzi.
Successivamente si scende a Marassi si attraversa il Bisagno e si risale seguendo le propaggini delle Mura Nuove, provenienti della Val Bisagno, controllate dal Forte Castellaccio e Torre Specola, e costeggiato il Forte Sperone si procede lato Valbisagno, verso le fortezze isolate del Puin, del Fratello Maggiore, ormai distrutto, e del Minore, esterne alle Mura Nuove, prima di giungere al Forte Diamante.
Si scende dal versante che guarda la Valpolcevera e si trovano i forti Begato, Tenaglia, Crocetta Belvedere e da lì una lunga discesa verso Via Cantore.
In località Luamà, in prossimità del Forte Quezzi, parte una variante che scendendo nella zona di ponte Carrega e attraversando l'omonimo ponte risale verso Preli e direttamente al Forte Diamante.

"Il progetto – spiega Giordano – ha trovato totale copertura dei costi hanno con la sponsorizzazione di alcune aziende locali che hanno creduto fortemente in questa importante opportunità turistica per la nostra città. Un contributo importante è arrivato dagli undici Rotary Club della nostra città, da sempre attenti alle tematiche e necessità del nostro territorio, in particolare ora che la sostenibilità ambientale è diventata la settima area di intervento e azione del Rotary International. Le traduzioni in lingua inglese sono state dall'American International Women's Club, la cui mission è da sempre quella di essere un punto di aggregazione e socializzazione della comunità statunitense e internazionale a Genova e della sua integrazione con la città".

 

FAI ed Amministrazione comunale restituiscono Forte Ogliastri alla città
Da messinaweb.tv del 5 giugno 2021

I Forti “Umbertini”: Le più belle terrazze sullo Stretto

(Da una scheda a cura del prof. Enzo Caruso) “Costruiti nella seconda metà dell’800 per difendere lo Stretto da attacchi nemici, i Forti posizionati sulla costa messinese e calabrese sono oggi le più belle terrazze da cui ammirare uno dei panorami più spettacolari al mondo. Lo Stretto di Messina, per la sua posizione geografica privilegiata, ha assunto nei secoli un posto di rilievo dal punto di vista storico, militare e strategico nel Mediterraneo.
Le varie dominazioni, susseguitesi nei secoli, hanno dotato la città dello Stretto di una serie di fortificazioni che la rendono unica tra le città marinare italiane e d’Europa. Dall’epoca spagnola fino al periodo umbertino, le opere fortificate dello Stretto, sono un segno del passato che rappresentano oggi un provato esempio di valorizzazione turistica finalizzata ad una ricaduta economica positiva sul territorio.
Distribuiti sulle due coste dello Stretto di Messina, comunemente detti “Umbertini”, i Forti fanno parte del Piano Generale di Difesa dello Stato elaborato dalla Commissione presieduta dal Generale Luigi Mezzacapo, con l’intento di rendere sicuri i confini nazionali subito dopo l’Unificazione d’Italia.
Tale piano prevedeva una cintura di 22 forti ubicati sulla sponda calabra e siciliana posti a difesa dello Stretto relativamente al fronte a mare e a quello di terra riferito alla Piana di Milazzo. L’avvento delle nuove navi da guerra dotate di cannoni rigati posizionati sui ponti corazzati che, con i loro tiri, avevano reso inservibili le fortificazioni cinquecentesche, troppo visibili e a bassa quota, condusse alla costruzione di una nuova tipologia di fortificazioni realizzate sulle colline, completamente invisibili dal mare, con terrapieni a ridosso delle murature e dotate di potenti artiglierie.

I 18 Forti che si affacciano sullo Stretto (Batterie da costa antinave) avevano il compito di colpire il naviglio nemico in transito con potenti obici da 280 mm, cannoni da 149 e da 75 mm, mentre i 4 Forti di montagna, Antennamare, Campone, Ferraro e dei Centri (costa siciliana), armati solo con artiglierie di piccolo calibro, avevano invece una funzione di controllo sul Tirreno, per eventuali attacchi di fanteria provenienti dalla piana di Milazzo. Il Sistema difensivo dello Stretto risulta unico nel suo genere perchè, a differenza di quelli italiani ed europei, non ha come oggetto la difesa della città, bensì lo specchio d’acqua dello Stretto, con una cinta di forti che, partendo a sud da Forte Cavalli (ex Batteria Monte Gallo), gira intorno a Messina, si estende a nord fino a Punta Faro, attraversa il mare e ritorna a sud, sulle colline della costa calabra, fino a Reggio.”

De Luca, impegno per far rivivere Forte Ogliastri

 

"Bene bonifica bunker all’Acquasanta, ma i capannoni in eternit di Marola?"
Da cittadellaspezia.com del 5 giugno 2021

I consiglieri Melley e Centi chiedono una commissione con assessori, Marina Militare e Murati Vivi: "Questa è la vera emergenza".

La Spezia - “Abbiamo appreso che il Ministero della Difesa e la Marina Militare hanno stanziato più di un milione di euro per bonificare dalla presenza dell’amianto i bunker militari conservati sotto la collina dell’Acquasanta e che sono tornati in auge a seguito dell’intrusione dei due “urbex” che ha avuto largo eco in tutto il mondo. Una buona notizia certo, ma stupisce che invece nulla di nuovo si sa in merito alla attesa bonifica dei tanti capannoni fatiscenti della Marina Militare che hanno le coperture in eternit e che si trovano nelle aree fronte l’abitato di Marola". Così Guido Melley e Roberto Centi, LeAli a Spezia/Lista Sansa, che continuano: “Questa è la vera emergenza su cui occorrerebbe intervenire come hanno dimostrato il ripetuto distacco di lastre in amianto che sono volate per strada e nei pressi della scuola di Marola, provocando un giusto allarme da parte della popolazione.

Si tratta di una questione per la quale ci siamo mossi subito, richiedendo una presa di posizione da parte della giunta e che aveva condotto anche ad una mozione approvata all’unanimità dal consiglio comunale, volta a definire un protocollo d’intesa tra Comune e Marina per avviare i lavori necessari e monitorare lo stato di potenziale pericolo per gli abitanti del quartiere oltre che per gli stessi lavoratori civili e militari dell’Arsenale. Si tratta inoltre di una vicenda sollevata a più riprese dall’Associazione dei Murati Vivi che si batte da anni per rivendicare la soluzione di antichi problemi nella difficile convivenza tra il borgo di Marola e gli insediamenti militari. Purtroppo registriamo che in questi anni la situazione è rimasta pressoché invariata. Per questo abbiamo richiesto di convocare una seduta della commissione Ambiente alla presenza di assessori, responsabili della Marina Militare e degli stessi Murati Vivi per fare il punto e definire una volta per tutte un serio crono programma degli interventi".

 

Aree militari in disuso Riatto con fondi Ue
Da ilpiccolo.it del 5 giugno 2021

FIUME
Arrivano fondi dall’Ue per il restauro di fortificazioni militari in stato di abbandono, costruite dagli italiani 80 e più anni fa a Fiume, Zara e Spalato. Le strutture verranno restaurate grazie al Programma di collaborazione transfrontaliera Interreg V A Italia – roazia 2014 – 2020, al quale partecipano quattro città italiane (Forlì, Campobasso, Cesenatico e Pesaro) e le tre citate città croate. Il progetto di valorizzazione turistica degli ex impianti militari comprenderà vale 1,825 milioni di euro, per l’85% finanziato da Bruxelles. A Fiume andranno 180 mila euro: saranno destinati - secondo i piani del Comune - a impianti militari approntati all’epoca dell’amministrazione italiana di Fiume e Sušak, nell’ambito del Vallo Alpino. Nella parte fiumana, le fortificazioni riguardano il tratto fra Pehlin e Drenova, mentre oltre la Fiumara sono impianti dislocati fino al cantiere di riparazioni navali Viktor Lenac.

 

CAVARZERE Lo Stato tenta nuovamente di sbarazzarsi dell'ex base missilistica
Da ilgazzettino.it del 4 giugno 2021

CAVARZERE
Lo Stato tenta nuovamente di sbarazzarsi dell'ex base missilistica Nato di Cavarzere. Intende procedere all'alienazione, a trattativa privata, a corpo e non a misura, nello stato di fatto e di diritto in cui essa si trova. Prezzo base, 380mila euro. Lo scorso anno aveva invano tentato di venderla all'asta per 410mila. La base, non lontana dal fiume Gorzone, prossima al confine col comune di Chioggia, si estende su 127mila 530 metri....

 

I bunker d’artiglieria raccontano una storia
Da bresciaoggi.it del 2 giugno 2021

Turismo bellico seguendo le orme della Grande Guerra. Accade a Passo Nota, Comune di Tremosine, nel cuore dell’alto Garda, dove domani pomeriggio verrà inaugurato il percorso storico della «Batteria Ariotti». Il ritrovamento era avvenuto qualche anno fa dei resti delle quattro postazioni d’artiglieria dislocate a Passo Nota durante la prima guerra mondiale. Domani l’inaugurazione come luogo storico da visitare: il ritrovo è alle 15.30 al rifugio degli alpini (da Limone si imbocca la Sp 115 fino a Vesio seguendo poi le indicazioni per passo Nota percorrendo la Val di Bondo) prima di intraprendere il percorso guidato a piedi. Alle 16.45 il taglio del nastro. La postazione ha un valore particolare per le numerose iscrizioni patriottiche ancora perfettamente conservate, incise dal capitano Ariotti e dai suoi artiglieri.

I lavori di sistemazione di una delle quattro postazioni di artiglieria sono stati effettuati da Ersaf in collaborazione col Comune di Tremosine e la sezione Ana Monte Suello. L’area del Parco alto Garda era stata fortificata durante la grande guerra con una fitta rete di strade militari, sentieri di arroccamento, trincee, ricoveri e appostamenti. Non c’è praticamente crinale che non sia percorso da trincee o rafforzato da feritoie e rifugi in galleria. Già una decina d’anni fa Luca Zavanella, ingegnere di Gargnano, aveva localizzato mappato le posizioni fortificate nell’alto Garda esplorando 400 tratti di trincee, oltre 150 grotte e 40 chilometri di crinali e sentieri. Patrimonio da valorizzare per affiancare ai sentieri del parco anche questa rete segnaletica militare. •.

 

Riaprono gallerie e Baluardo senza obbligo di prenotazione
Da messaggeroveneto.it del 2 giugno 2021

Palmanova
Dopo la chiusura forzata dei primi mesi dell’anno, riapre, senza obbligo di prenotazione, il percorso di visita attrezzato e illuminato tra le vie militari sotterranee della Fortezza Unesco. I visitatori potranno immergersi nella Palmanova underground, nella Fortezza del 1600, seguendo i percorsi sotterranei utilizzati dalle milizie per difendere la città dai nemici, alla scoperta delle tecniche militari dell’epoca.

Le gallerie, che si snodano per alcune centinaia di metri sottoterra, e l’area visita di Baluardo Donato saranno aperte al pubblico da sabato, ogni fine settimana (sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19). È prevista anche l’apertura straordinaria per oggi, Festa della Repubblica. Sono possibili aperture anche infrasettimanali su prenotazione, per gruppi da 8 persone in su. Il sindaco Francesco Martines e l’assessore Adriana Danieli, commentano: «Palmanova riparte e si riapre ai turisti, anche stranieri, che sempre più spesso scelgono Palmanova come meta di visita. Torniamo alla normalità con i cicloturisti che sostano in Piazza Grande, consumano nei bar, visitano il Parco Storico dei Bastioni». E aggiunge l’assessore con delega ai Bastioni, Luca Piani: «Si potrà nuovamente godere di una visita unica alla Palmanova sotterranea, tra le misteriose gallerie di contromina e l’unicità di Baluardo Donato, il meglio conservato della Fortezza».

Il biglietto d’ingresso prevede un costo di 3 euro (gratuito per under14, disabili e possessori di FvgCard). A ogni visitatore verrà data la possibilità di usufruire di una audioguida, disponibile in italiano, inglese o tedesco. I biglietti possono essere acquistati all’Infopoint oppure in galleria, durante gli orari di apertura. L’accesso alla gallerie sarà consentito per un massimo di 5 persone alla volta, muniti di mascherine e previa disinfezione delle mani. Per i gruppi superiori alle 8 persone è possibile organizzare aperture extra orario.

 

Il commercio avrà un punto Forte
Da polesine24.it del 1 giugno 2021

Approvata in giunta la variante urbanistica al Prg di Forte San Felice: l’area per i l 1 3% sarà utilizzabile per attività legate al commercio e al turismo.

“Forte San Felice è un monumento di valore storico, architettonico e paesaggistico inestimabile della nostra Chioggia e della laguna sud di Venezia - sottolinea il vicesindaco e assessore al Demanio Marco Veronese - motivo per cui come ente stiamo seguendo una strada che prevede una collaborazione istituzionale molto ampia e complessa, ma che è l 'unica via che può garantire i l raggiungimento degli obiettivi ambiziosi di fruizione pubblica del compendio” .

Il restante 87% di Forte San Felice con il protocollo d’intesa è stato trasferito al ministero delle infrastrutture (ex Magistrato alle acque), con destinazione di uso pubblico; ne fanno parte le strutture storiche più significative: il portale monumentale del Tirali del 1704, il castello della Luppa del 1385, la blockhaus austriaca, la polveriera veneziana, i bastioni cinquecenteschi.
La variante passerà ora in commissione consiliare e, successivamente, in consiglio comunale per i l voto.

 

2 giugno 2021 in Liguria: apertura musei, fortezze e aree archeologiche
Da mentelocale.it del 1 giugno 2021

I musei, le fortezze e le Aree archeologiche della Direzione regionale Musei Liguria sono aperti in occasione della festa della Repubblica 2021. Cosa fare mercoledì 2 giugno in Liguria? Ci si può organizzare per una bella gita in queste strutture storiche. Ecco gli orari con i musei aperti nelle quattro province liguri:

La Spezia, Museo archeologico nazionale e zona archeologica di Luni | dalle 14.30 alle 19.30 (ultimo ingresso ore 18.30);

La Spezia, Fortezza Firmafede | Sarzana | mostra Early artist known as Banksy 2002 2007 prints selection dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 20. Per info: sito Fortezza Firmafede; qui il link per prenotare;

La Spezia, Fortezza di Sarzanello | Sarzana | da sabato 29 maggio a mercoledì 2 giungo dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19;

La Spezia, Villa romana del Varignano | Portovenere |  dalle 9 alle 14.30;

 Genova, Museo archeologico nazionale di Chiavari | dalle 9 alle 14.30;

 Savona, Forte San Giovanni | Finale Ligure | dalle 16 alle 20; Savona, Villa Rosa - Museo dell'arte vetraria altarese | Altare | dalle 15 alle 19;

Imperia, Forte Santa Tecla | Sanremo | mostra #turismoasanremo | dalle 16.30 alle 22 (ultimo ingresso ore 21.00). Per info: sito musei liguria beniculturali /turismoasanremo;

 Imperia, Area archeologica di Nervia | Ventimiglia | dalle 9 alle 17; Imperia, Museo preistorico dei Balzi Rossi | Ventimiglia | dalle 8.30 alle 19.30.

Per prenotare gli ingressi in queste strutture della Liguria, cliccare su questo link: Musei Liguria Beni Culturali / Prenota.