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ANNO 2021

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Via ai cantieri sulle mura sud sei mesi di lavori alla Rocca
Da nuovavenezia.it del 31 luglio 2021

Sei mesi per rimettere a nuovo una parte delle mura della Rocca di Noale. Gli operai dovranno sistemare l’area sud, fra la torre sud e quella ovest, da tempo senza un intervento vero e proprio. Secondo le intenzioni del Comune, il recupero permetterà di migliorare la sicurezza quando riprenderanno le manifestazioni all’aperto, visto che ora l’accesso avviene dal lato opposto, ovvero da nord. Oltre alla cinta muraria, dove si cercherà di usare il più possibile il materiale originale e si metterà mano ad altri punti dell’edificio, saranno costruiti i nuovi servizi igienici. Dietro al progetto c’è lo Studio Valle di Venezia che già in passato si era dedicato alle mura della Rocca, ed è stato approvato dalla Soprintendenza. «Grazie ad un lungo lavoro», spiega la sindaca Patrizia Andreotti, «abbiamo avuto anche il parere favorevole a realizzare una passerella che colleghi la spianata sud con gli spalti. Quest’opera, però, si farà in un secondo momento». Il cantiere costerà 260 mila euro e si dovrebbe concludere a gennaio.

Sarà ripristinata la seconda porta a sud, come dimostrano pure alcuni testi storici sulla storia della Rocca. Nel libro “Noale tra storia e memoria”, Giacomo Dal Maistro riporta come «Si poteva uscire dalla parte opposta all’ingresso principale, per un’altra porta e per un secondo ponte levatoio di legno posto a mezzodì “longissimo e bello” e ancora esistente nel 1483». Anche il volume “Il castello medievale di Noale” dello storico Federico Pigozzo riporta che la Rocca era dotata di un altro accesso sul lato opposto. Non è la prima volta che lo storico edificio del 1200 è al centro di una serie di lavori, anche importanti, tenendo presente che per edifici simili i lavori non terminano mai, specie quelli di manutenzione. Nel 2008, ad esempio, sono state sistemate le mura, mentre poi, grazie allo studio dell’architetto Patrizia Valle, si è andati avanti con il restauro e il consolidamento statico delle torri e della cinta muraria est e ovest.

Anche se ora ci sono solo poche parti rispetto all’originale, la Rocca resta il simbolo di Noale. Costruita a metà del 1200 durante il periodo dei Tempesta, signori feudali del posto, dentro c’erano gli ambienti di residenza per gli ospiti di riguardo e per il personale di servizio. Non solo, c’erano pure le prigioni, i magazzini, le cucine, le stalle. Dopo essere stata pure un cimitero, ora la Rocca ospita iniziative culturali. —

 

Pulizia delleMura I lavori sono arrivati al Torrione del Barco
Da lanuovaferrara.it del 30 luglio 2021

Sono arrivati al Torrione del Barco i lavori di pulizia, consolidamento, ripristino di lacune e fessurazioni delle mura di Ferrara. Partito a marzo da viale Belvedere, l’intervento – realizzato dall’impresa Caporini – è giunto all’estremità nord-ovest della cinta muraria e proseguirà ulteriormente.

Il progetto’ “Un chilometro di mura all’anno” coinvolge oltre 9 chilometri di mura storiche. Dove erano evidenti particolari dissesti del paramento murario sono stati eseguiti interventi di “scuci e cuci”. Si tratta del ripristino di alcune lacune del paramento con la posa di mattoni con le caratteristiche e le dimensioni di quelli originari.

Le diverse lavorazioni saranno completate con ristilature profonde dei giunti, pratica utile e diffusa per la manutenzione e il restauro di murature storiche e che ha anche il vantaggio di migliorare la durabilità dei paramenti, sigillando i giunti e limitando infiltrazioni di acque meteoriche e impedendo al contempo l’attecchimento di vegetazione infestante. —

 

Nuova base missilistica Pechino: ad un passo dalla guerra totale con Stati Uniti
Da antimafiaduemila.com del 30 luglio 2021

Di Francesco Ciotti

Sono ben 110 i silos di lancio nucleare che la Cina starebbe realizzando nella regione occidentale dello Xinjinag, 2.200 chilometri ad Ovest di Pechino. Un’imponente base missilistica che, secondo le ultime indiscrezioni di esperti militari statunitensi, sarebbe ora capace di ospitare un numero di missili simile alle 120 postazioni di lancio già in costruzione vicino alla città di Yumen. Gli analisti hanno rilanciato scenari allarmistici sullo scacchiere strategico di Pechino. “La costruzione di silos nei siti di Yumen e Hami costituisce la maggiore espansione dell'arsenale nucleare cinese di sempre”, afferma il rapporto sui nuovi siti scoperti.
Si evoca un lampante nervosismo nella divulgazione di questi rapporti: a confermare come la tensione tra Stati Uniti e Cina sia giunta ad un punto di quasi non ritorno sono state le parole di Joe Biden che, martedì, in un discorso all’ufficio del direttore dell’Intelligence nazionale (ODNI), ha evidenziato le crescenti “minacce” poste in essere dalla Russia e da Pechino alla sicurezza internazionale degli Stati Uniti, sottolineando che un attacco informatico di larga portata potrebbe portare ad una guerra effettiva.
“Penso che... se finiamo in una guerra, una vera e propria guerra di tiro con una grande potenza, avverrà come conseguenza di una violazione informatica di grande entità e stanno aumentando esponenzialmente le capacità in tal senso” ha affermato Biden.
Avvertimenti gravi e preoccupanti a cui fanno eco le parole del segretario della Difesa Usa, Lloyd Austin che lunedì, nel corso di una visita ufficiale nel sud est asiatico, ha dichiarato che “gli Stati Uniti non cercano lo scontro con la Cina”, ma "non si tireranno indietro se un confronto diventerà inevitabile” specificando, come “il mancato impegno di Pechino a risolvere le dispute in maniera pacifica e a rispettare lo stato di diritto non si manifesta solo in mare. Basti vedere le aggressioni contro l'India, le attività militari destabilizzanti nei confronti del popolo di Taiwan, il genocidio e i crimini contro l’umanità commessi nei confronti dei musulmani uiguri nello Xinjiang”.
A preoccupare Washington sono elementi che la Cina stessa considera come suoi affari interni (vedi Taiwan ed isole contese nel mar cinese meridionale), dove secondo Tom Fowdy, scrittore e analista britannico di politica e relazioni internazionali su RT, la possibilità di dialogo è completamente affossata da ciò che Pechino “percepisce come una palese mancanza di rispetto per i propri interessi da parte degli Stati Uniti che sono decisi a perseguire l'egemonia e la concorrenza contro di essa a tutti i costi”.
Una delle ultime provocazioni è avvenuta il 12 luglio, quando il cacciatorpediniere missilistico statunitense USS Benfold ha navigato vicino alle contese isole Paracel, un gruppo di 30 isole, in cui Pechino ha attualmente 20 avamposti, rivendicate da Cina, Vietnam e Taiwan. Sulla questione delle presunte persecuzioni degli Uiguri in Cina, inoltre, è opportuno ricordare le parole di Lorens Wilkenson, colonnello in pensione dell'esercito degli Stati Uniti ed ex capo di Stato maggiore del Segretario di Stato americano Colin Powell, quando già nel 2018, in un convegno al Ron Paul Institute's, aveva dichiarato che la Cia avrebbe voluto destabilizzare la Cina e il modo migliore per farlo sarebbe stato quello “di fomentare disordini e unirsi agli Uygur (nello Xinjiang) per fare pressione sui cinesi Han di Pechino dall'interno piuttosto che dall'esterno". Era già stato annunciato due anni fa da quale direzione sarebbe arrivata la destabilizzazione, e quale nemico sarebbe stato additato come potenza “aggressore”, in quanto aggredita. Anche sulle pagine del Global Times, quotidiano ufficiale del partito Comunista cinese, si percepisce in queste ore un nervosismo crescente: oltre ai rimandi delle ultime dichiarazioni di Biden e Austin, in un editoriale sono citate le pubblicazioni di Michele Flournoy, ex sottosegretario alla Difesa degli Stati Uniti per la politica nell'amministrazione Obama, che nel 2020 aveva sostenuto la necessità di sviluppare capacità militari nel Pacifico in modo da “affondare tutte le navi militari, i sottomarini e le navi mercantili cinesi nel Mar Cinese Meridionale entro 72 ore”. Rispetto alle velate minacce di guerra occidentali nell’editoriale si auspica che la Cina rafforzi le sue unità missilistiche terrestri che possano colpire grandi navi da guerra statunitensi nel Mar Cinese Meridionale in una guerra. “Possiamo espandere massicciamente questa forza in modo che, se gli Stati Uniti provocano uno scontro militare nel Mar Cinese Meridionale, tutte le sue grandi navi saranno prese di mira contemporaneamente da missili terrestri” prosegue l’editoriale, che in seguito conclude con questo ammonimento: “Dobbiamo convincere il mondo nel prossimo futuro che la Cina non provocherà gli Stati Uniti, ma se gli Stati Uniti verranno a combattere la Cina nello Stretto di Taiwan o nel Mar Cinese Meridionale, il PLA avrà la capacità sufficiente per sconfiggerli”.
Siamo già oltre l’orlo del precipizio. Nessuno sembra accorgersi di come, dietro i toni diplomatici di un sipario già poco rassicurante, all’effettivo oramai l’unica possibilità di dialogo consista nel raggiungere il più velocemente possibile la condizione di mutua distruzione assicurata. Ed è difficile credere che gli Usa, senza colpo ferire, lasceranno che il loro principale rivale raggiunga l’equilibrio strategico in tal senso.

 

Riprese alla Polveriera del Cardeto, set per un giorno di un cortometraggio dedicato al Maestro Enzo Triccoli
Da adriaeco.eu del 30 luglio 2021

Ciak, si gira! La Polveriera del Parco del Cardeto oggi inedito set per le riprese di un cortometraggio sulla figura del M° Enzo Triccoli, il grande talento della scherma marchigiana. Le riprese di “Zonderwater”, questo il titolo, sono state effettuate all’esterno della Polveriera trasformata per un giorno nel campo di prigionia in Africa dove Triccoli è stato detenuto durante la seconda guerra mondiale. Tra gli attori, i marchigiani Luigi Moretti e Giacomo Bottoni e il reggiano Andrea Chimenti, cantautore e già del gruppo dei Moda.

Il corto girato ad Ancona sarà pronto all’inizio del prossimo anno: “Questo luogo – ha dichiarato il regista, Jonathan Soverchia – è ideale, rispecchia l’atmosfera del film: surreale e metafisico”. “Zonderwater” sarà inserito nel circuito dei festival.

 

Recupero del Forte San Felice via libera dalla Salvaguardia
Da nuovavenezia.it del 28 luglio 2021

La commissione ha approvato il progetto per la sistemazione degli edifici storici Sul piatto 12 milioni di euro. Il vicesindaco Veronese: «Avanti con gli interventi»

Di Elisabetta B. Anzoletti

Semaforo verde dalla Salvaguardia per il progetto di recupero del Forte San Felice. La commissione veneziana ha approvato nei giorni scorsi il progetto che prevede per ogni edificio del compendio storico uno specifico intervento di restauro, a eccezione del Castello della Luppa per il quale sono necessarie ulteriori indagini. Si tratta di un ulteriore passo in avanti per la valorizzazione complessiva del bene e la sua fruizione pubblica. Il progetto di recupero, finanziato con sette milioni di euro derivanti dalle opere di compensazione del Mose a cui si sono aggiunti ulteriori cinque milioni stanziati nell’ultimo Comitatone, riguarda l’87% del compendio passato dal ministero della Difesa al ministero delle Infrastrutture e affidato alla gestione del Provveditorato alle opere pubbliche.

L’altro 13%, rimasto in capo alla Difesa, sarà invece dato in concessione ai privati attraverso un bando perché realizzino strutture ricettive e commerciali, andando ad abbinare il valore storico-culturale dell’area a quello turistico. In quel caso saranno gli stessi privati a occuparsi del restauro degli edifici.
«L’approvazione della commissione di Salvaguardia», spiega il vicesindaco Marco Veronese, «è un traguardo importante nell’ambito di un procedimento lungo e complesso che vede il Comune da tempo impegnato in un tavolo tecnico, assieme a ministero della Difesa, ministero dei Beni Culturali, ministero delle Infrastrutture e Agenzia del Demanio, nonché alle strutture ministeriali periferiche come Soprintendenza e Provveditorato. La soddisfazione c’è per l’impegno profuso che ha consentito di presentare un progetto di valorizzazione con una consistente porzione pubblica che ha trovato accoglimento dalla Salvaguardia di Venezia. L’augurio è che ora si proceda in tempi rapidi con l’esecuzione degli interventi a cura del Provveditorato. Questa collaborazione istituzionale molto complessa è l’unica via che può garantire il raggiungimento degli obiettivi ambiziosi di fruizione pubblica del compendio. Mi auguro che al più presto, Covid permettendo, i progetti presentati alla commissione possano essere condivisi con una presentazione alla città».
Di recente sono ripresi i lavori per il recupero del portale di Andrea Tirali che stava letteralmente cadendo a pezzi con il primo di tre stralci. L’intervento si era aperto nell’aprile 2019 con i primi due milioni messi a disposizione con i fondi delle opere compensative, ma si era interrotto causa Covid. —

 

Torri medievali in abbandono sul Gargano, audizione Pagliaro: doveroso recupero di un patrimonio che non può andare perduto
Da trnews.it del 28 luglio 2021

GARGANO- Nota del consigliere regionale Paolo Pagliaro, capogruppo La Puglia Domani e Presidente MRS: “Due monumenti in abbandono, simbolo del degrado a cui sono lasciati molti beni del nostro patrimonio storico, architettonico e identitario, dal Gargano al Salento. Sono le due torri medievali che sorgono alla foce orientale del lago di Varano, testimoni di pietra di un passato da preservare da incuria e degrado, e da valorizzare.

Mira proprio a puntare un faro di attenzione su queste due torri dimenticate, l’audizione che ho richiesto in VI Commissione. Si tratta delle torri costiere più antiche del Gargano, preziose testimonianze medievali di epoca federiciana che rischiano di cadere in rovina nell’indifferenza di enti, istituzioni e organi preposti alla conservazione e tutela. Il 20 giugno scorso si è tenuta una manifestazione promossa e organizzata dal ricercatore e scrittore Giuseppe Landella insieme al gruppo storico Turris Maior, al centro studi Martella e all’osservatorio Torre di Belloluogo, firmatari anche di un appello rivolto alla politica locale e regionale, e agli enti competenti.
Visto il silenzio delle istituzioni, in Commissione Cultura proveremo a sollecitare un interesse doveroso, che produca un concreto piano di recupero e valorizzazione delle due torri garganiche.
È un’operazione culturale necessaria, volta a  conservare beni che tanto potrebbero dare anche in termini di offerta turistica e che invece giacciono nel dimenticatoio”.

 

Bardonecchia: cinque appuntamenti in quota con la storia tra bunker e fortezze - Da giovedì 29 luglio a giovedì 26 agosto
Da lagendanews.com del 28 luglio 2021

BARDONECCHIA – L’Amministrazione di Bardonecchia pensa la turismo nei confronti di questa nuova forma di turismo “post bellico”. Ha elaborato un opuscolo “Alla scoperta di bunker e fortezze nella Conca. Appuntamenti in quota con la storia”. Iniziativa che vuol offre a tutti l’opportunità di ripercorre in piena sicurezza, grazie soprattutto alla costante presenza delle Guide Alpine Valsusa, le antiche vie e i sentieri militari siti nella Conca alla scoperta di quello che rimane di alcune delle più di quaranta fortificazioni edificate a scopo difensivo il secolo scorso ai confini con la Francia.

LA STORIA

Proposta integrata dalle informazioni fornite direttamente ai partecipanti alle gite dai soci dell’Associazione Monte Chaberton, temi trattati più volte in passato durante diverse conferenze e convegni molto partecipati svoltisi al Palazzo delle Feste, sede da quasi un anno sede della mostra permanente “Guerra sulle Alpi. Dallo Chaberton al Vallo Alpino”. “L’Amministrazione Comunale, anche grazie alla disponibilità dei soggetti coorganizzatori, ha elaborato questa innovativa proposta – dice Chiara Rossetti, Vice Sindaco e Assessore alla Cultura – che consente di scoprire nuovi percorsi, in parte sconosciuti o poco noti ai più, permette la contestuale fruizione e la riqualificazione di diverse strade e sentieri presenti sul territorio. Attività in alta quota che vanno ad integrare le tante svolte con merito da tempo sia dal Museo Forte Bramafam e sia dall’Associazione Monte Chaberton”.

IL CALENDARIO

Calendario degli appuntamenti settimanali: giovedì 29 luglio, Fortificazioni Tre Croci e Pianoro 4 Sorelle. Giovedì 5 agosto, Fortificazioni Valle del Frejus. Poi giovedì 12 agosto, Fortificazioni Valle di Rochemolles. G28iovedì 19 agosto, Fortificazioni Col des Acles e Passo della Mulattiera e giovedì 26 agosto, Teleferica Sueur (da confermare). La partecipazione alle uscite sul territorio è subordinata alla prenotazione obbligatoria da effettuarsi all’ Ufficio del Turismo di piazza Alcide de Gasperi, 1/a entro il giorno precedente alla gita versando € 11.00 a persona.

Per ulteriori informazioni ufficio del Turismo di Bardonecchia.

 

25 luglio, ricordando il 1943 le ANPI del Medio Olona riaprono il bunker di Marnate
Da varesenews.it del 25 luglio 2021

Oggi 25 luglio grazie all'impegno delle sezioni ANPI del Medio Olona ci sarà l'apertura straordinaria del bunker di Marnate, ricordando la storia

“Nella notte tra il 24 e il 25 luglio il Gran Consiglio del Fascismo approva con 19 voti favorevoli, 7 contrari e 1 astenuto, l’ordine del giorno presentato da Dino Grandi che esautora Mussolini dalle funzioni di capo del governo. Poche ore dopo l’ormai ex duce è fatto arrestare e imprigionare dal re Vittorio Emanuele III. Il 25 luglio segna dunque la data della fine del fascismo come forma istituzionale e regime legittimo. Non è, tuttavia, la fine del fascismo tout court, che di lì a pochi giorni si riproporrà in una nuova veste alla guida della Repubblica Sociale Italiana, al cui vertice sarà lo stesso Benito Mussolini”. (Fonte Anpi)

Per ricordare la storia attraverso le testimonianze e i luoghi del nostro territorio, è in programma una giornata ricca di significato in valle Olona. Oggi, grazie all’impegno delle sezioni ANPI del Medio Olona, infatti, il bunker di Marnate, risalente alla seconda guerra mondiale, sarà visitabile dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14 alle 18.

Alle 10.30, inoltre, ci sarà la presentazione del libro 1943 di Stefano Catone, in cui la Resistenza e i suoi valori sono i veri protagonisti. L’appuntamento è in via Lazzaretto a Marnate

Santina Buscemi

 

Anagni – Recinzione danneggiata alla ex polveriera, intervenire per evitare ingressi non autorizzati
Da tg24.info del 25 luglio 2021

È il Circolo Legambiente di Anagni a segnalare che una parte della recinzione dell’ex polveriera è danneggiata.

Una parte della recinzione dell’ex polveriera è vistosamente danneggiata, chiunque potrebbe entrare indisturbato e compiere azioni illecite. E’ noto come ogni estate ettari ed ettari di vegetazione vadano a fuoco. “Segnaliamo a chi di dovere perché si provveda prontamente al ripristino della recinzione per evitare ingressi non autorizzati e potenziali danni ad un bene comune dei cittadini anagnini.” Questo l’appello di Legambiente.

Anna Ammanniti

 

Sul greto del fiume una granata da 40 cm della Seconda Guerra Mondiale
Da bresciatoday.it del 24 luglio 2021

La scoperta durante il sopralluogo di un tecnico del Comune di Brescia

I lavori sono stati immediatamente bloccati, la zona è stata recintata e si attende l'arrivo degli artificieri. Il ritrovamento di una granata inesplosa è avvenuto nella giornata di ieri nella Valle di Mompiano, nel letto (ora asciutto) del Rio Roncai.
Un tecnico del Comune di Brescia stava compiendo le verifiche preliminari all'avvio dei lavori per la messa in sicurezza del torrente che, scendendo dalla Maddalena, confluisce poi nel Garzetta. In una zona impervia, a nord della ex Polveriera, si è imbattuto nel grosso ordigno - delle dimensioni di 40 cm - della Seconda Guerra Mondiale.

Avvisata immediatamente la Polizia, la zona è stata recintata e si attendono gli artificieri dell'Esercito. Come riporta il quotidiano Bresciaoggi, dovrebbe trattarsi di una bomba della Seconda Guerra Mondiale, sganciata probabilmente dagli inglesi o dagli americani quando, negli ultimi mesi del conflitto, avevano come obiettivo la ex Polveriera. Solo due giorni prima, mercoledì, a Pontevico, nell'isola ecologica, è stata invece ritrovata una granata da mortaio, però vuota, senza esplosivo.

 

Molfetta: Da oggi riapre al pubblico Torrione Passari
Da molfettalive.it del 24 luglio 2021

Da.oggi riapre al pubblico Torrione Passari - Una riapertura che si aggiunge a quella della dolina del Pulo, del Museo Civico Archeologico del Pulo di Molfetta, e della Sala dei Templari

Dopo la dolina del Pulo, il Museo Civico Archeologico del Pulo di Molfetta, e la Sala dei Templari, riapre al pubblico, partire da oggi, 24 luglio, anche Torrione Passari.
E' possibile accedere per le visite dal martedì alla domenica, dalle 17.30 alle 20, nel rispetto delle disposizioni anti covid, muniti di misure di protezione individuali, per un massimo di otto persone per volta.
Tutti i sabato e le domeniche di agosto, dalle 16.30 alle 19.30, è possibile, invece, visitare la dolina che, dal 5 giugno, giorno della riapertura, ad oggi, ha fatto registrare una presenza di pubblico di 780 visitatori, e il Museo Civico Archeologico del Pulo, (ad oggi 300 visitatori) dalle 17.30 alle 20.30.

Le visite sono gratuite.

 

A Sant’Ilario c’è un bunker che in pochi conoscono
Da ilnerviese.it del 24 luglio 2021

Da Matteo Sacco

I bunker antiaerea, nel Levante, sono sparsi per tutta la collina.  A Sant’Ilario, però, ce n’è uno che, recentemente, è stato visitato dagli appassionati di Bunkerland. Il rifugio antiaereo, realizzato durante la seconda guerra mondiale, si trova lungo la strada che da Nervi raggiunge la frazione di Sant’Ilario, in proprietà privata.

La galleria è dotata di due accessi principali lato strada, più una via di fuga che, grazie all’utilizzo di una scala, permetteva l’accesso nel giardino dell’abitazione soprastante. All’interno del rifugio sono ancora ben visibili le latrine e tracce dell’impianto di illuminazione. Attualmente il rifugio è chiuso ed è stato adibito a box.

 

Un bosco sulla sommità del Torrione: emergenza degrado
Da cremonaoggi.it del 23 luglio 2021

Una sorta di “bosco verticale”, ma ben lontano dallo splendido complesso del Centro direzionale di Milano: il Torrione di via Ghinaglia, ultimo baluardo del fu castello di Santa Croce, appare sormontato da una vera e propria selva di arbusti ed erbacce, alti ormai quasi come piccole piante, che hanno preso il sopravvento, insinuandosi anche nelle crepe, e che in alcuni punti scendono fino a terra, con il rischio di danni al complesso.

La situazione di degrado di questo angolo di storia cremonese, del resto, non è nuova: da anni, periodicamente, si rende necessario intervenire per ripulire la zona, che spesso resta abbandonata a se stessa. Stavolta però la condizione della struttura supera le peggiori previsioni. D’altro canto le erbacce non sono l’unico problema: approfittando dello stato di abbandono dell’edificio, molti lo utilizzano come discarica a cielo aperto, gettando ogni tipo di sporcizia nel fossato che circonda la costruzione.

Il castello di Santa Croce era ritenuto, per importanza, il secondo castello italiano dopo quello sforzesco. Ciò che ne rimane oggi in via Ghinaglia, tuttavia, è una ricostruzione, fatta nel 1520, ai tempi della dominazione francese. La sua storia si sviluppa nell’arco di circa quattro secoli, tra il 1370, quando ne venne iniziata la costruzione sull’area dove precedentemente esisteva la chiesa di Santa Croce da cui prese il nome, fino al 1789, quando Francesco II d’Austria ne decretò l’abbattimento dopo che si erano manifestati pesanti sintomi di cedimento.

Isolato dalla cinta muraria della città, il castello costituiva una fortezza indipendente, affacciata sul greto del fiume Po che allora scorreva poco lontano dalla città nei pressi dell’attuale via Massarotti.

Laura Bosio

 

Recupero delle fortezze. Pola come Sebenico
Da lavoce.hr del 22 luglio 2021

Il primo cittadino Filip Zoričić ha fatto visita alla località dalmata e ha incontrato il vicesindaco Danijel Mileta

Un anno fa, di questi tempi, la Città di Pola diventava capofila di un singolare progetto di recupero, valorizzazione e rilancio in chiave turistica del sistema di fortificazioni risalenti al periodo austroungarico. Un progetto che ha ottenuto non soltanto l’approvazione del Ministero dello Sviluppo regionale e dei Fondi europei, ma della stessa Commissione europea, che tramite il meccanismo degli Investimenti Territoriali Integrati (ITI) ha approvato uno stanziamento di 9 milioni di kune. Da allora a oggi poco o nulla è stato fatto e del progetto non si è più sentito parlare. Almeno fino a questi giorni. La volontà di recuperare e rilanciare in chiave culturale e turistica le vecchie fortificazioni del Polese è stata rispolverata, infatti, dal sindaco di Pola, Filip Zoričić, che ha inoltre colto l’occasione per annunciare la costituzione di un team di esperti. Una squadra che avrà il compito di presentare un nuovo progetto, che sarà poi nuovamente candidato all’ottenimento di fondi da parte dell’Unione europea. Zoričić ha spiegato che il team opererà in seno all’assessorato all’Autogoverno locale. Il sindaco non si è limitato ad annunciare la ripresa del progetto e la costituzione di un gruppo di esperti. Infatti, in questi giorni il primo cittadino di Pola è stato ospite del vicesindaco di Sebenico, Danijel Mileta, con il quale ha discusso proprio del recupero e della trasformazione delle vecchie fortificazioni abbandonate in un valore aggiunto per la città, campo in cui l’amministrazione di Sebenico ha dimostrato la propria eccellenza.

Nel dettaglio, Mileta ha presentato il recupero e il restauro della fortezza di San Michele e l’attuale progetto di rivitalizzazione della fortezza di San Giovanni. Il vicesindaco della Città dalmata ha detto che tutte le fortezze di Sebenico sono state restaurate o lo saranno grazie ai fondi dell’Unione europea. “La cosa più importante è preparare un progetto valido” ha detto Mileta. Dopo avere ringraziato il collega per l’esaustiva presentazione, Zoričić ha dichiarato che Pola, una delle città più ricche della Croazia per quanto riguarda il patrimonio storico-architettonico, seguirà di certo l’esempio di Sebenico.

 

La fortezza di Königstein di Bellotto in mostra alla National Gallery di Londra
Da quilondra.com del 22 luglio 2021

La National Gallery presenta una mostra imperdibile dedicata alle vedute di uno dei più importanti e noti artisti italiani del XVIII secolo: Bernardo Bellotto. Dal 22 Luglio fino al 31 Ottobre 2021.

NG6668 Bernardo Bellotto The Fortress of Königstein from the North 1756-8 Oil on canvas 132.1 × 236.2 cm Bought with the support of the American Friends of the National Gallery, The National Gallery Trust, the Estate of Mrs Madeline Swallow, Art Fund (with a contribution from The Wolfson Foundation), Howard and Roberta Ahmanson, The Deborah Loeb Brice Foundation, Mrs Mollie W. Vickers, The Manny and Brigitta Davidson Charitable Foundation, The Sackler Trust and through private appeal, 2017 © The National Gallery, London

Per la prima volta nella loro storia, dopo più di 250 anni, i cinque dipinti che rappresentano la fortezza di Königstein, sono esposti insieme in un’unica sala della National Gallery. Un evento imperdibile che permette al pubblico di ammirare gratuitamente l’opera di uno dei pittori italiani più importanti del Settecento.

Bellotto (1722–1780) dipinse questa imponente veduta storica, non una ma ben cinque volte; essa rappresenta la fortezza di Königstein (in tedesco: Festung Königstein), chiamata anche la Bastiglia sassone, una delle più grandi fortificazioni costruite in cima a una collina in Europa, situata a circa 40 km a sud-est di Dresda, nella pittoresca valle dell’Elba, in Germania. Nella mostra i curatori hanno riunito, per la prima volta nella storia, le cinque vedute monumentali, compresa quella recentemente acquisita proprio dalla National Gallery che rappresenta la fortezza vista da nord che si staglia nettamente contro un pallido cielo serale.

I cinque dipinti furono realizzati quando Bellotto era al culmine della carriera, come pittore di corte di Augusto III, elettore di Sassonia e re di Polonia; le opere furono commissionate come parte di una serie più ampia di ben 30 paesaggi di Dresda e dei suoi dintorni.

Le vedute di Königstein mostrano l’antica fortezza sia dall’esterno, attraverso le sue imponenti mura, che dall’interno. Bellotto riesce a catturare sia l’insieme che i dettagli del sito, su tele che misurano più di due metri di larghezza. I visitatori possono così ammirare l’imponenza e le forme spigolose della fortezza, ma anche i dettagli delle finestre, delle pareti di pietra fatiscenti, oltre ai minuscoli soldati sui bastioni e alle donne che stendono il bucato nel cortile.

Bellotto è stato, insieme a Canaletto e Sguardi, uno dei pittori più importanti ed innovativi della pittura del Settecento italiano, tra i primi a sperimentare il genere del Vedutismo, una tecnica pittorica con cui si rappresentano paesaggi naturali e urbani, non più come sfondo di scene storiche, mitologiche o sacre, ma come veri protagonisti del quadro. L’uomo non è più il soggetto principale ma diventa una presenza secondaria. La ‘Veduta’ si basa su un’approfondita conoscenza prospettica e su una grande attenzione per il dettaglio. La diffusione del Vedutismo fu molto legata alla moda del ‘Grand Tour’, il viaggio di formazione dei giovani nobili e borghesi dell’Europa del Nord che, facendo tappa nelle principali città italiane, giungevano fino al Sud della penisola e in Sicilia, per ammirare le testimonianze classiche e le bellezze naturali. I dipinti erano in genere di dimensioni ridotte perché considerati souvenir (ricordi) dei luoghi visitati.

Per molti decenni Bellotto è stato trascurato e sottovalutato, a favore del suo più famoso zio e maestro, Canaletto; tuttavia oggi è riconosciuto come una delle personalità artistiche più importanti e innovative del XVIII secolo. Applicando ciò che aveva appreso a Venezia alle sue originalissime rappresentazioni panoramiche del nord Europa, Bellotto portò la tradizione della veduta in una direzione completamente nuova, originale ed internazionale.

Questo articolo è stato scritto per Qui londra da: Vincenzo Sebastiano Giornalista, storico dell'arte, architetto


INFORMAZIONI EVENTO

Bellotto: The Königstein Views Reunited
Dal 22 Luglio 2021
Fino al 31 Ottobre 2021
La mostra è Aperta tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00 (Venerdì fino alle 21.00)  La mostra è gratuita ma è consigliata la prenotazione online

 

S-500
Da aresdifesa.it del 22 luglio 2021

Secondo un video diffuso dal Ministero della Difesa russo il 20 luglio 2021, l'esercito russo ha presentato l'S-500 Prometheus, noto anche come 55R6M "Triumfator-M", l'ultima generazione di sistemi missilistici di difesa aerea di fabbricazione russa durante una prova di lancio dal vivo che si è tenuta presso il poligono di Kapustin Yar, dove il missile lanciato avrebbe distrutto un bersaglio balistico.

Il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha affermato che l'S-500 sostituirà i sistemi missilistici di difesa aerea S-400 che sono in servizio con le forze armate russe dal 2007. L'S-400 Triumph è stato progettato per coinvolgere, ECM, radar-picket, direttore aerei di area, da ricognizione, strategici e tattici, missili balistici tattici e da teatro, missili balistici a medio raggio e altri mezzi di attacco aereo attuali e futuri a una distanza massima di 400 km e un'altitudine fino a 30 km. L'S-400 Triumph può anche distruggere missili da crociera Tomahawk e altri tipi di missili, compresi quelli a guida di precisione, nonché aerei AWACS, a distanze fino a 400 km.

L'S-500 Prometheus utilizza due nuovi tipi di missili il 77N6-N e il 77N6-N1, i primi missili russi con testate inerti, in grado di distruggere le testate nucleari con la forza d'impatto, cioè colpendole con precisione a grande velocità. Secondo l'industria della difesa russa, l'S-500 sarà anche in grado di lanciare il missile 53T6M chiamato anche PRS-1M, un nuovo intercettore ipersonico sviluppato dalla Russia come parte del sistema di difesa missilistico A-135 e destinato a sostituire il Intercettore endoatmosferico 53T6. Il nuovo intercettore è in grado di raggiungere una velocità massima di 4 chilometri al secondo (Mach 14).

Secondo il ministero della Difesa russo, il primo S-500 sarà consegnato all'unità di difesa aerea e missilistica della regione di Mosca dopo il completamento di un ciclo completo di test.

 

Gaeta e le fortificazioni di Carlo V patrimonio dell'Unesco: presentata la candidatura
Da ilfaroonline.it del 21 luglio 2021

Il Sindaco di Gaeta: "Siamo pronti ad intraprendere un percorso che suggellerà il valore e l’importanza del Patrimonio culturale custodito nella nostra città"

Gaeta – Gaeta Patrimonio dell’Unesco: il sistema fortificato dell’epoca di Carlo V come tema centrale per la pre-candidatura della città quale sito dall’eccezionale valore universale.

“Siamo orgogliosi – afferma il Sindaco Cosmo Mitrano – di poter comunicare che abbiamo presentato la pre-candidatura avviando l’iter per l’iscrizione ed il riconoscimento della città di Gaeta e delle fortificazioni di Carlo V tra i nuovi siti dell’Unesco. Siamo pronti ad intraprendere un percorso che suggellerà il valore e l’importanza del Patrimonio culturale custodito nella nostra città. Gaeta, museo a cielo aperto, custodisce un Patrimonio culturale, artistico, archivistico, monumentale e naturalistico di inestimabile valore che, circoscritto su una superficie abbastanza ridotta, ne esalta ancora di più il valore e la quantità di Beni Culturali che oggi possiamo ammirare e visitare.

In questi anni, l’Amministrazione comunale – spiega il Sindaco Cosmo Mitrano – ha avviato, con determinazione, una complessa e proficua azione di valorizzazione del nostro territorio basata sull’individuazione delle peculiarità storiche, paesaggistiche e demoantropologiche. Conoscenze da cui sono scaturiti poi una serie di interventi ed iniziative di carattere culturale e divulgativo.
Nell’ambito di questa attività di valorizzazione del territorio – prosegue Mitrano – si è individuato nelle fortificazioni bastionate di Gaeta, un elemento distintivo e dall’alto interesse storico-culturale. La piazzaforte naturale di Gaeta, senza dubbio, è la testimonianza materiale e storica in cui le architetture difensive si integrano in un unicum con il paesaggio.

Gaeta – conclude il Sindaco – avverte da tempo l’esigenza di proporre all’attenzione ed alla conoscenza della comunità internazionale questa importante rete di preesistenze di “Architetture fortificate e di paesaggi militari” tanto da indurci ad avanzare la candidatura quale Ente capofila di una rete con altri siti individuando obiettivi condivisi e sviluppando politiche culturali finalizzate alla valorizzazione del patrimonio comune”.

Oltre all’adesione del progetto, infatti, si è costituita una rete su scala nazionale e mediterranea di siti accomunati dalla presenza di sistemi difensivi costieri nei territori dominati dalla Casa Reale spagnola già dal periodo di Carlo V.

“Il Patrimonio – aggiunge alla Valorizzazione palazzi storici/monumentali/federalismo demaniale l’Assessore Gianna Conte – rappresenta l’eredità del passato di cui si beneficia nel presente con l’intento di trasmettere alle future generazioni. L’adesione ad un progetto ambizioso come il riconoscimento della nostra città quale Patrimonio dell’umanità, giunge al termine di un percorso avviato in questi anni dall’Amministrazione Mitrano e che si concretizza oggi. Siamo consapevoli che questo è il primo step di un cammino impegnativo intrapreso con entusiasmo ma siamo altrettanto fiduciosi di giungere ad un risultato che in molti auspicano perché Gaeta lo merita senza alcun dubbio”.

 

Forte Olimpio a Magadino, porte aperte e visite guidate
Da laregione.ch del 21 luglio 2021

La struttura è stata arredata con pezzi d'epoca e permette un tuffo nel passato dell'esercito svizzero

Per quanto l’assetto del territorio nel corso dei decenni sia mutato, il “Forte Olimpio” in Gambarogno (Magadino) riesce ancora a celarsi benissimo alla vista di chi passi occasionalmente lungo la strada cantonale. Ai membri della “Associazione fortificazioni Gambarogno” il merito di aver riaperto recentemente il portone della struttura militare per accogliere una settantina di persone che ha avuto modo di vivere qualche ora nell'ex stabile dell'esercito svizzero, riarredato con pezzi d'epoca.

Sono già previste altre due date di porte aperte: domenica 25 luglio e domenica 8 agosto, sempre dalle 10 alle 12 e dalle 13.30 alle 17. Esperti guideranno la visita al complesso, che in origine – la costruzione risale al periodo tra il 1914 e il 1915; ovvero ai tempi della Prima guerra mondiale – era fortino di fanteria, in calcestruzzo armato. Per i gruppi composti da almeno 10 persone è data facoltà di visita durante tutto l’anno; necessaria la prenotazione all’indirizzo scrivendo a info@fortificazionigambarogno.ch.o”.

 

Solaro, ex Polveriera: via alle visite guidate
Da ilsaronno.it del 20 luglio 2021

SOLARO – Visite guidate alla ex Polveriera militare di Solaro, a cura delle Gev, le Guardie ecologiche volontarie. I prossimi appuntamento sono previsti domenica 25 luglio, domenica 1 agosto e domenica 15 agosto sempre alle 9.

Iscrizione obbligatoria a questo link entro le 11 venerdì precedente la visita: https://rb.gy/gidlwe

Quello che era un deposito di munizioni, ora è un tempio della natura. L’area ha sempre avuto una certa vocazione bellica, fin dai tempi del Regno d’Italia quando era utilizzata per le esercitazioni delle truppe austriache. Nella seconda Guerra mondiale si insediarono le forze armate tedesche. Ora ospita la sede del Parco delle Groane e della Brughiera Briantea, mentre dove c’era la Polveriera il bosco ha preso il sopravvento rispetto alle postazioni militari che comunque permangono a memoria futura. Custodisce gli ambienti più preziosi delle Groane sia a livello di flora che di fauna.

Si visiteranno questi luoghi accompagnati dalle Guardie ecologiche volontarie del Parco delle Groane e della Brughiera Briantea. La visita inizierà alle 9 ed avrà una durata di 2 ore circa; a Solaro, Centro parco Polveriera in via della Polveriera 2 (si può parcheggiare all’interno della sede parco).

 

Una caserma chiamata Friuli Venezia Giulia
Da ilfriuli.it del 19 luglio 2021

Abbiamo la più alta densità di strutture militari d’Europa, costruite senza una strategia urbanistica, e che ora, in gran parte, sono in stato di abbandono. Però, una riconversione è possibile

Sono sicura che, ovunque vi siete trovati, alla notizia che venite dal Friuli qualcuno si è avvicinato per dirvi: “Oh, in Friuli ho fatto il militare e mio nonno da giovane ha fatto la guerra. W la classe!” Così, anche nel paesino più lontano, mescolando nostalgia per sé e gentilezza per voi, una persona mai vista prima può aver iniziato a raccontarvi di luoghi che conoscete e poi di episodi con i compagni di camerata. Ecco, questo è esattamente il tipo di situazione in cui la Storia scappa via dai compassati libri di testo per parlarvi con la voce di altri protagonisti dell’identità della nostra regione. Dalla fine della Seconda guerra mondiale fino al crollo del muro di Berlino, infatti, quassù sono arrivati e partiti migliaia di giovani italiani. Sembra che solo negli ultimi 40 anni della leva obbligatoria, abolita nel 2004, 2 milioni di reclute abbiano letto sul foglio di destinazione il nome di uno dei nostri paesi.
A raccontarla bene è una Storia molto social che può far venire i lucciconi agli occhi, ma è soprattutto una Storia tanto politica da riproporsi dopo anni come un nodo da sciogliere. Non è un mistero che una delle aree più a rischio di errori progettuali e logiche di profitto sia quella dei siti militari dismessi che costellano la regione dalla montagna al mare. Si tratta di migliaia di ettari di terreno dove caserme abbandonate, capannoni dai tetti sfondati, magazzini ormai inutilizzabili o terreni liberi aspettano un piano di riconversione.
Se ne discute troppo poco a porte aperte da quando nel 2001 è iniziata la fase della ‘cartolarizzazione’. Inventata per cedere a usi civili parti di territorio prima gestito in forma esclusiva e in segretezza dal Ministero della Difesa, la cartolarizzazione è uno strumento per trasferire agli enti locali la proprietà di immobili e terreni. Ma, alla luce dei fatti, l’espressione più corretta sarebbe ‘scaricare’ alle comunità locali problemi insostenibili per costi di smaltimento di materiali residui e per la finale destinazione d’uso. La militarizzazione della regione è stato un processo molto complesso sul piano della convivenza di interessi che rischiavano di essere contrapposti se la politica non avesse continuamente cercato contropartite, compromessi e mediazione. Dopo la Prima guerra mondiale Mussolini in nome della conquista vittoriosa aveva deciso di realizzare il Vallo alpino del Littorio e di difenderlo a settori con un grande dispiegamento di fortificazioni fisse lungo la frontiera carnico-cadorina verso l’Austria e la frontiera jugoslava fino a Postumia e Fiume. I comandi e gli uffici stavano ovviamente a Udine e a Trieste negli anni.
Negli anni del secondo dopoguerra, con il Patto Atlantico, l’assetto difensivo assumeva un altro raggio d’azione. Fino agli anni Cinquanta mirava soprattutto a contenere una improvvisa aggressione jugoslava. Tutta la regione veniva coinvolta quindi nei programmi delle infrastrutture sulla fascia confinaria a est. Ma negli Anni Sessanta i criteri di difesa della Nato provocavano una stagione di nuove costruzioni, con un potenziamento difensivo adatto al conflitto atomico. Le fortificazioni cambiavano in superficie e in profondità, rappresentavano una visione territoriale basata su più ordini di capisaldi e sul criterio della ‘dilatazione’. Alle caserme urbane di vecchia tradizione si aggiungevano nuove caserme nei centri minori, come Tricesimo, Remanzacco, Brazzano, Villa Vicentina… per alloggiare corpi di fanteria d’arresto o di mezzi corazzati. Poi, alla fine degli Anni Settanta, arrivava la nuova dottrina Nato volta a cambiare ancora: difesa organizzata con uno strumento snello basato solo su tre corpi d’armata e tre divisioni meccanizzate e corazzate.
Nel 1989, caduto il muro di Berlino, con l’inizio delle crisi politiche negli Stati ex sovietici arrivava anche la fine della vecchia strategia atlantica continentale. Nasceva l’idea di un esercito di interforze da spostare sui fronti extranazionali, supportato da nuove politiche industriali e territoriali. Fine della storia.
È un fatto però che nel 2000 tutta questa costruzione della frontiera militare sul confine orientale d’Italia diventava una scomoda eredità. Quanto scomoda per grandi o piccole amministrazioni locali, già in crisi demografica e di sviluppo economico, solo uno studio poteva dirlo.

“Un paese di primule e caserme (https://www.ilfriuli.it/articolo/spettacoli/%E2%80%9Cun-paese-di-primule-e-caserme%E2%80%9D-al-cinema/7/131524)” è al momento il lavoro più stimolante di cui disponiamo in tal senso. Condotto tra il 2008 e il 2017 da un’equipe di professionisti sotto il coordinamento dello studio Corde di Venezia, è uno studio attendibile sulle ipotesi di riconversione, reso pubblico, con Cinemazero e Tucker film, attraverso un docufilm e un libro che hanno fatto il giro della regione. Guardo il sito e trovo le basi del ragionamento progettuale con una mappa interattiva che riceve aggiornamenti. La valutazione del sistema militare e le sue tracce storiche è limpida, la mappatura delle aree abbandonate - al momento 285 - è basilare per comprendere quali valori oggettivi stanno a monte degli scenari di riconversione. Valori architettonici, paesaggistici o connessi al sistema territoriale realizzato dall’Esercito. Contatto Alessandro Santarossa, l’architetto ideatore della ricerca, testata una prima volta per una sua tesi di dottorato internazionale sull’identità europea. “Partivamo da una convinzione data per certa - mi racconta - vale a dire l’alta competenza di pianificazione del territorio da parte del sistema militare, e volevamo capire quale riconversione fosse un volano di sviluppo economico, culturale e sociale oggi. Così abbiamo iniziato a identificare i principali siti e a classificarli nel sistema”.

Questa catalogazione, che riguarda circa la metà dei principali insediamenti dismessi, è stata sufficiente per dimostrare che la regione presenta un caso di addensamento e stratificazione di strutture militari unico in Europa e che il sistema realizzato dallo Stato aveva comunque sostanziali difetti nella pianificazione integrata. Le ipotesi di riutilizzo comunque restavano valide seppure da ricalibrare sul dato di realtà. “Volevamo contrastare il destino di lenta scomparsa e di rinaturalizzazione non controllata – continua Santarossa -. Secondo noi le comunità locali avrebbero avuto bisogno di una pianificazione regionale di sostegno e abbiamo provato a individuare tre direttrici applicabili a un territorio così vasto: l’uso turistico e di narrazione di memoria (in questo caso la storia della leva obbligatoria meriterebbe uno spazio... vero?), come è stato fatto in altri Paesi per siti di alto interesse storico nazionale; la riconversione energetica (solare e di trasformazione delle biomasse); l’utilizzo per l’housing sociale, cercando di individuare i siti più idonei”. Santarossa mi fa vedere la ricchezza delle soluzioni e mi richiama al rischio di valutare in modo superficiale e per pura moda alcune soluzioni e tendenze. “Non esistono scenari univoci, anzi, lo studio del sito specifico aiuta l’ottimizzazione del riutilizzo, ma serve una visione complessiva e a lungo termine, avere le spalle larghe ed essere disposti a cambiare nel corso d’opera perché alcune situazioni di partenza possono mutare”. Cita poi il difficile caso di Arzene e i prerequisiti del sito del Comune di San Giovanni al Natisone, un’ex polveriera diventata un’enclave naturalistica di preziosa biodiversità. Le argomentazioni sono di ampio respiro e alla fine mi convinco che tutta l’operazione di riconversione è un’occasione per una politica alta su un treno in corsa.  

 

Bardonecchia: al Museo Forte Bramafam la mostra “Le uniformi della Repubblica Italiana” Un'occasione per rivive la storia
Da lagendanews.com del 18 luglio 2021

BARDONECCHIA – A Bardonecchia è aperto al pubblico il Museo Forte Bramafam per la stagione estiva 2021. La stagione di visite prevede nuovi allestimenti e due nuove mostre temporanee iniziate e continueranno sino a fine ottobre. Il Forte è un cantiere sempre aperto con al centro la realizzazione di un Museo sulla storia del Regio Esercito. Un’occasione per rivive la storia, la cui visita è imperdibile per i turisti e villeggianti dell’alta Valsusa.

LE VISITE

Ogni anno offre novità espositive con nuovi allestimenti e occasioni per tornarci, anche grazie alle mostre temporanee. Un preciso riconoscimento all’operato del gruppo di volontari che opera con rigore storico e scientifico da 26 anni al Bramafam è che da quest’anno è entrata a pieno regime la Rete dei Forti che raggruppa enti pubblici e privati che gestiscono le principali fortificazioni italiane.

LA MOSTRA

Quest’anno è stato portato a compimento un progetto avviato alcuni anni or sono che ha dato corso alla realizzazione della Mostra “Le uniformi della Repubblica Italiana”. Si tratta del racconto di quale è stata l’evoluzione delle uniformi dell’Esercito Italiano dal 1946 al 2000. Dall’utilizzo delle battle dress inglesi della fine degli anni ‘40. Dalle prime giacche diagonali, all’evoluzione del mimetismo, sino al cappotto modello 1956 per alti ufficiali delle truppe alpine. Queste ad eleganza stavano alla pari dei cappotti umbertini di panno turchino. È dal 2015 che ci stanno lavorando, ora l’hanno completata, attraverso una trentina di uniformi. Oltre ad alcuni “soldati” che faranno da figuranti nella mostra.

IL FORTE

Il Forte Bramafam è una fortificazione che si trova in Valsusa, vicino a Bardonecchia. Eretto sul costone omonimo al margine sud-orientale della conca di Bardonecchia, per estensione ed armamento può essere considerata la più grande opera fortificata di fine Ottocento delle Alpi Cozie. La fortificazione venne costruita tra il 1874 e il 1889 ed è una delle più grandi opere fortificate della fine del XIX secolo delle Alpi Cozie. È stato costruito per difendere la linea ferroviaria Torino- Modane e il traforo ferroviario del Frejus. Il forte, che all’apice della funzionalità contava più di 200 unità, controllava il paese di Bardonecchia e le valli della Rho e del Frèjus e teneva sotto tiro l’imbocco italiano del traforo ferroviario da possibili attacchi francesi.

APERTURE

Il museo Forte Bramafam sarà aperto a luglio tutti i sabati e domeniche ad agosto tutti i giorni. Nei mesi di settembre e ottobre tutte le domeniche. L’orario di visita è dalle 10 alle 18,30, ultimo ingresso alle 17. Tempo medio di visita 2-3 ore, le visite sono contingentate.

 

Repubblica Ceca: da arsenale atomico a Museo. Il deposito Javor 51 apre le porte al pubblico
Da euronews.com del 18 luglio 2021

Di Debora Gandini & Jiri Skacel

L'apertura del cancello da 6 tonnellate ci porta in un altro mondo. Il deposito di testare nucleari chiamato Javor 51 (https://www.atommuzeum.cz/). Ben nascosto tra le foreste di Brdy nella Boemia occidentale, nella Repubblica Ceca, a una cinquantina di chilometri dai confini tedeschi, è stato uno dei 24 depositi nucleari dell'Europa Orientale e l'unico al mondo aperto al pubblico. Ora infatti è diventato una specie di Museo. Qui si possono vedere i missili balistici a corto raggio come gli Scud, testate che possono raggiungere in pochissimo tempo città come Monaco, Francoforte e Stoccarda. “Questo era il luogo più sorvegliato e più nascosto dell'ex Cecoslovacchia, protetto filo spinato dove i soldati sparavano senza preavviso, ci racconta Vaclav Vitovec, Direttore della Fondazione Cortina di Ferro- C'era una zona interdetta perfino al volo, come confermato anche dai piloti che hanno visitato questo Museo Atomico.”

“Questo era il luogo più sorvegliato e più nascosto dell'ex Cecoslovacchia, protetto filo spinato dove i soldati sparavano senza preavviso.” - Vaclav Vitovec - Direttore del Museo ATOM

Vaclav Vitovec è riuscito a ottenere il via libera per questo Museo che comprende anche bunker. Il suo obiettivo principale è mostrare alla gente quanto sia inutile la corsa agli armamenti atomici che possono solo distruggere il mondo. Tra queste mura è racchiusa la quantità di denaro speso nella corsa agli armamenti e quella che viene spesa per l'energia nucleare". Durante la guerra fredda (https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_fredda) l'arsenale dei nove paesi con armi atomiche avrebbe potuto distruggere la terra 18 volte. Il deposito nucleare assomiglia a un set dei film di James Bond, ma è tutto reale. Visitare questo luogo è una specie di avvertimento per le nuove generazioni sui pericoli delle armi atomiche. Il deposito è aperto al pubblico tutti i sabati senza bisogna di alcuna prenotazione.

La storia di Javor 51

L’area di Brdy, in Repubblica Ceca, è stata utilizzata come centro di addestramento militare. Dai nazisti prima, dall’Armata Rossa, poi, ma anche dall’esercito ceco-slovacco e dalle truppe della Nato, destinata, infine a diventare una base missilistica. Dopo le pressioni dell’opinione pubblica ceca, quest’area di 350 chilometri quadrati ha avuto un destino diverso, diventando uno dei parchi più belli della nazione. Situato a mezz’ora da Praga, Brdy è un luogo incantato. L’edificio più importante è una struttura di cemento, nota con il nome in codice Javor 51, termine ceco utilizzato per indicare l’albero di acero. Secondo gli storici, si trattava di un deposito top secret dell’Armata Rossa, destinato ad ospitare fino a 60 testate nucleari da impiegare in caso di attacco alla Germania Occidentale. Adesso, invece, l’edificio ospita un museo della Guerra Fredda, l’Atom Museum (https://www.atommuzeum.cz/). Parte di una particolare struttura di bunker “doppio”, si pensa che Brdy sia l’unico esempio creato al di fuori dell’Unione Sovietica.

 

La fattoria più bizzarra del mondo: in un bunker di guerra a Londra i vegetali crescono sottoterra
Da reportergourmet.com del 17 luglio 2021

Immaginati per la vita al di fuori del pianeta, questi orti sotterranei potrebbero sfamare la popolazione nei prossimi 30 anni. L'energia utilizzata è rinnovabile al 100% e gli organismi crescono in ambiente protetto.

Di Massimiliano Bianconcini

Non tutti sanno che in uno sperduto sobborgo di Londra si trova uno degli orti più grandi del Regno Unito, in grado di produrre un cospicuo numero di ortaggi per la capitale. Dal 2015, la società Growing Underground ha infatti occupato uno degli otto rifugi antiaerei della Seconda Guerra Mondiale, utilizzato dalla popolazione durante i terribili bombardamenti nazisti, per coltivare prodotti privi di pesticidi. La fattoria, se così vogliamo chiamarla, è interamente al chiuso. Quanto di più lontano dai tradizionali mezzi di coltivazione e raccolta delle verdure.

Il progetto è arrivato sul mercato inglese come una bomba, presentando i prodotti freschi della prima “fattoria sotterranea al mondo“. Gli imprenditori Richard Ballard e Steven Dring hanno immaginato di incrementare l’economia verde della città, utilizzando il tunnel antiaereo che si trova 10 piani sotto il livello del suolo. Un’opportunità incredibile resa possibile dalle moderne tecnologie per la coltivazione delle piante. L’energia utilizzata per far crescere e prosperare gli alimenti è rinnovabile al 100%. I clienti possono aspettarsi forniture di verdure da insalata, come il crescione e la rucola, nonché di erbe aromatiche, come il basilico tailandese, l’erba cipollina, persino l’aglio, direttamente dal sottosuolo londinese.

Ballard è stato in grado di realizzare questa utopica realtà, utilizzando tecnologie come il riscaldamento a LED e l’acqua riciclata. Gli spazi di Growing Underground sono una visione futuristica con file di serre verdi, stabilizzate sotto una luce dai cromatismi viola. A partire dal 2019 è possibile, inoltre, visitare gli spazi della farm in continua crescita, situati negli otto tunnel lunghi 91 metri ciascuno, che componevano il rifugio. I vegetali crescono in un ambiente completamente privo di suolo. I vegetali sono coltivati su moquette riciclate, sostenuti da 18 ore di illuminazione a LED e con inaffiamento automatizzato. Prima della pandemia, l’attività era così redditizia da impiegare nove dipendenti a tempo pieno. E tornerà ad esserlo. L’agricoltura urbana è destinata a essere uno dei settori in più rapida espansione, destinata a diventare essenziale per economie mondiali e per il rifornimento di materie prime vegetali. Growing Underground ha avviato partnership per la vendita al dettaglio con il gigante dei supermercati M&S e con Whole Foods. Rifornisce inoltre di insalate alcuni ristoranti stellati della Capitale inglese.

L’anno scorso Forbes ha riferito che per allinearsi ai crescenti bisogni della popolazione, la produzione alimentare dovrà aumentare del 70% nei prossimi 30 anni. Per questo le fattorie indoor diventeranno vitali, offrendo una soluzione al problema della produzione di materie prime vegetali. Non è un caso che l’agricoltura indoor sia stata citata da molti organismi globali come una delle soluzioni più realizzabili ed efficaci. La tecnologia idroponica a clima controllato di Growing Underground garantisce una resa pari a quella di 60 raccolti l’anno. L’agricoltura tradizionale è invece soggetta a problemi ambientali e di approvvigionamento, che un ambiente controllato può mitigare. Inoltre, cosa da non sottovalutare, l’agricoltura indoor riduce la necessità della deforestazione, creando spazi flessibili in luoghi abbandonati come un bunker antiaereo della Seconda Guerra Mondiale.

Ci sono infine altri vantaggi ambientali. Erbe come il coriandolo, che provengono tradizionalmente da climi più caldi come il Marocco, possono essere prodotte in questi ambienti controllati, risparmiando miglia aeree e emissioni di CO2. L’azienda è ora alla ricerca di una seconda tranche di finanziamenti per aprire un altro orto indoor di periferia. “Posso immaginare siti come questo in tutti i principali centri urbani”, ha affermato il responsabile delle operazioni di Growing Underground Alex Hamilton- Jones. “Il futuro sarà costellato da tante farm indoor o sottoterra. Immaginate per garantire vita e prosperità alle colonie al di fuori del pianeta, potranno invece aiutare a sfamare la popolazione terrestre con colture sostenibili e deliziose”.

 

E Marciana ora vuole recuperare l’affascinante Fortezza Pisana
Da iltirreno.it del 17 luglio 2021

Il progetto nel programma triennale delle opere pubbliche

Di LUIGI CIGNONI

MARCIANA. La giunta retta da Simone Barbi punta alla valorizzazione e alla fruibilità della Fortezza Pisana. Lo fa, inserendo nel programma triennale delle opere pubbliche 2021-2023 il progetto con cui ha partecipato al bando regionale. Nell’attesa intanto di conoscere se la proposta è stata accolta o meno dalla Regione (il bando scadeva il 30 giugno), l’esecutivo si predispone all’adempimento del programma. Che prevede, per la sua completa realizzazione, uno stanziamento di 240mila euro, di cui 200 dovrebbero arrivare da Firenze (nell’eventualità che il progetto sia accolto) e 40mila invece con investimento del Comune.
Il progetto nasce da lontano e vede il coinvolgimento oltre che del Comune (ente proprietario) anche del parco nazionale e del Dipartimento di Storia, disegno e restauro dell’Architettura dell’Università La Sapienza. «Infatti – ammette il sindaco – il nostro elaborato redatto dagli Uffici comunali si è avvalso anche del contributo del Dsdra di Roma, che ci ha fornito preziose indicazioni nella stesura del piano. Rilevante è stata la partecipazione di Tommaso Empler, docente capofila delle attività di studio condotte dalla Sapienza di Roma. Oltre a recuperare architettonicamente gli ambienti che si trovano all’interno della fortificazione e permettere al pubblico di visitarli in assoluta sicurezza, si provvederà anche a rendere agibili percorsi esplorativi per i portatori di handicap oltre a posizionare cartelli illustrativi nei punti più interessanti del forte, in diverse lingue».

L’equipe di Empler da anni conduce indagini sul territorio insulare. Nell’area del granito (versante occidentale) ha lavorato a Campo nell’Elba e Marciana sulle pievi romaniche di San Lorenzo, di San Giovanni, della chiesa San Bartolomeo a Pomonte, di San Niccolò e della Fortezza Pisana. Nell’area mineraria (Comune di Rio) sulla pieve di San Quirico e sui castelli del Volterraio e del Giove. Si tratta di strutture ancora in buono stato. Alcune appartengono al periodo medievale, altre all’epoca rinascimentale, tardo rinascimentale. Certe sono a mezza montagna, oppure su alcune sommità e seguono i canoni e gli stilemi delle architetture fortificate tipiche dei periodi storici in cui sono state realizzate. Ci si riferisce al castello del Volterraio (eretto intorno all’anno 1000 e ristrutturato in epoca tardo duecentesca); alla Fortezza di Marciana (costruita dai pisani nel XII secolo, poi restaurata e potenziata nel 1560 dagli Appiani, signori di Piombino); al castello del Giove, voluto presumibilmente nel 1459 da Jacopo III Appiano su una struttura preesistente.
Ma è Marciana che assurge a importanza politica, da quando i Principi di Piombino (gli Appiani) vi stabiliscono la loro residenza sull’isola. Infatti restaurano e potenziano, nel 1560, la Fortezza Pisana con bastioni agli angoli di un quadrilatero, come riportato dai registri dell’epoca: «In tutti i luoghi dove si lavora per le fortezze che si fanno, le donne vadano tutte senza differenza a portare acqua e sassi et tutto quanto si bisogna» (Archivio Storico di Marciana, 1560).
«Il nostro obiettivo – conclude Barbi – è far comprendere le trasformazioni che hanno interessato la Fortezza nel tempo. Le operazioni di restauro sono necessarie perché il patrimonio culturale possa essere preservato nel tempo». —

 

Marostica, ex rifugio antiaereo Monte Pausolino diventa del Comune
Da vicenzapiu.com del 15 luglio 2021

L’Agenzia del Demanio ha sottoscritto l’atto di trasferimento in proprietà al Comune di Marostica, in provincia di Vicenza, dell’ex Rifugio antiaereo di Monte Pausolino, una galleria lunga 264 metri.

La firma, avvenuta nelle sale del Comune alla presenza del sindaco Matteo Mozzo e del Direttore regionale del Veneto dell’Agenzia Edoardo Maggini, conclude l’iter previsto dalla normativa del Federalismo demaniale culturale a seguito dell’accordo di valorizzazione siglato nel dicembre scorso.

L’ex rifugio antiaereo, realizzato verso la fine della II Guerra Mondiale all’interno della cinta muraria, entra così a far parte del più ampio progetto di riqualificazione dei beni monumentali del centro di Marostica e sarà oggetto di un recupero architettonico, ambientale, paesaggistico e culturale che lo renderà fruibile alla cittadinanza.

 

Alghero, nel lungomare Colombo riaffiora un rifugio antiaereo
Da lanuovasardegna.it del 15 luglio 2021

Di Nicola Nieddu

ALGHERO. A 78 anni dalla sua realizzazione, nel centro storico di Alghero, riaffiora un rifugio antiaereo realizzato nella Seconda guerra mondiale. Rifugio che è stato riportato alla luce nel corso dei lavori di ripristino della condotta fognaria da parte di Abbanoa. Se da un lato la perdita ha causato problemi di infiltrazioni e avvallamento della sede stradale, dall'altra ha permesso di rinvenire il rifugio antiaereo, situato nel lungomare Cristoforo Colombo, tra le torri di Sulis e di San Giacomo. Il locale, della lunghezza di 5 metri per 2, presenta ai lati due porte murate e un gabinetto rudimentale fatto con mattoni e scarico collegato all'antica condotta fognaria sottostante. Una volta fatta la scoperta, è intervenuta la Soprintendenza, ma anche due studiosi che ad Alghero operano e che, nel passato, hanno svolto un lavoro interessante con la pubblicazione del volume “Lo sbarco che mai avvenne - il sistema fortificato di Alghero e Porto Ferro nella Seconda guerra mondiale”.

Si tratta di Rolando Galligani e Mauro Almaviva che fanno parte dell'associazione “Nel vivo della Storia” che studia e ricerca da anni le fortificazioni e i manufatti sella Seconda guerra mondiale. «Il rifugio - hanno fatto notare i due studiosi - fu costruito insieme ad altri cinque in diverse zone del centro città, a partire dal mese di maggio 1943, su progetto dell'ingegner Fausto Cella. Quello rinvenuto sul lungomare Cristoforo Colombo è il numero 5. I rifugi avevano tutti la stessa conformazione: locali più lunghi alternati, ad angolo retto, ad altri più corti. Gli ingressi di norma erano due (alle estremità) o tre, con uno inframmezzato. Con un archeologo della Soprintendenza di Sassari e con l'assenso dell'impresa che ha eseguito i lavori, in sicurezza - hanno proseguito Galligani e Almaviva - è stato aperto un varco nella porta murata sul lato verso la torre di San Giacomo. Il locale, parzialmente pieno di terra rimasta presumibilmente durante il rinterro, ha le dimensioni di almeno 7 metri di lunghezza e 1,80 di larghezza, con la volta ad arco acuto in cemento armato». Secondo la ricostruzione fatta da Galligani e Almaviva, la costruzione dei sei rifugi antiaerei fu commissionata con delibera dell'allora Podestà, a tre imprese edili algheresi: Vittorio Trova ( rifugi 1-2-6); Giovanni Corbia (rifugi 3-4) e Nando Manca (rifugio 5). In precedenza, nel 1942, l'impresa “Angelo Mortello” fu incaricata di costruire i rifugi antiaerei nelle scuole elementari di via Cagliari, in pratica dove ora sorge il parcheggio di Piazza dei Mercati. I due studiosi, evidenziano anche che nel dicembre 1943 fu utilizzata manodopera militare per il rinterro dei rifugi 4 e 6.
La proposta dell'associazione “Nel vivo della Storia” è quella di attribuire un valore aggiunto alla storia della città con la predisposizione di un progetto per l'ispezione e la pulizia del rifugio e la sua eventuale valorizzazione. I due studiosi hanno relazionato lo studio all'assessore alla cultura Marco Di Gangi, il quale si è complimentato con loro per l'importante lavoro di studio e recupero della memoria.

 

Storie e racconti della Grande Guerra sulla fortezza di Chiusaforte
Da udinetoday.it del 15 luglio 2021

Due giornate, sabato 17 e domenica 18 luglio, dedicate alle “Storie e racconti della Grande guerra sulla Fortezza Col Badin di Chiusaforte”, un'occasione per scoprire il baluardo militare sul confine orientale. L’evento è proposto dal Parco naturale Prealpi Giulie con il patrocinio del Comune di Chiusaforte e Rete Bike Fvg, cooperativa che gestisce l’ospitalità del Forte.

Il cortometraggio "Portatrice"

Il programma prevede sabato 17 luglio la presentazione del cortometraggio pluripremiato a livello internazionale “Portatrice” un film girato nelle nostre valli che racconta una giornata “tipo” di una portatrice carnica durante il primo conflitto mondiale. Il film vede la regia Giovanni Cismondi e Michele Fiascaris per la co-produzione di Bavecchi - Cainero e le musiche della pianista internazionale Alessandra Celletti. Sarà presente il co-produttore Andrea Bavecchi è un importante consulente storico del museo Forte Badin, del museo della guerra Zagabria, del museo della guerra Belgrado nonché consulente dei principali network quali: History Channel, Natgeo, Discovery Channel. A seguito della presentazione il cortometraggio sarà proiettato in una no-stop nella saletta multimediale, così da dare la possibilità al pubblico, a rotazione, di assistere alla visione in sicurezza.

Musica e presentazione di libri

Andrea Bavecchi, che oltre alla parte documentaristica ha un intensa attività di scrittore, sarà anche protagonista domenica 18 luglio alla ore 10 assieme allo storico Claudio Zanier e al sindaco del comune di Chiusaforte Fabrizio Fuccaro per la presentazione del libro “Le porte di Ester” edizioni Gaspari che narra la storia di una volontaria cecoslovacca ebrea a Cave del Predil negli ultimi anni del conflitto. Nelle due giornate sono previste visite guidate al forte e al museo del forte a partire dalle ore 10. Non poteva mancare musica live in collaborazione con Associazione Complotto Adriatico; sabato 17 luglio con inizio alle ore 18 sarà la volta Naffis & Massarutto. Il duo nasce da un'intensa passione per il blues, in particolare per la versione acustica: Marco Naffis suona prevalentemente la national resophonic ed è la voce, Gianni Massarutto suona l'armonica con uno stile unico imitando il basso, e la chitarra. Ne risulta un groove originalmente coinvolgente.

Domenica 18 luglio alle ore 12 sarà la volta di Miky Martina il “rocker delle montagne”. Chiamato il cantautore delle montagne, Miky viene da Tarvisio e trova ispirazione per le sue canzoni attraverso la sue amate Alpi Giulie. L’ingresso è libero per informazioni e prenotazioni è possibile telefonare al 340 5095271

 

Genova, alla scoperta delle batterie sul Monte Moro tra bunker, cannoni e gallerie
Da ilsecoloxix.it del 14 luglio 2021

di Licia Casali

Basta camminare una ventina di minuti e, alle spalle del cimitero di Quinto, è possibile tuffarsi nella storia visitando le tre batterie costruite nel 1941 per difendere la città dagli attacchi che arrivavano dal mare.

Un viaggio tra galleria scavate nella montagna, rifugi e resti di scritte in tedesco che l'associazione Progetto Monte Moro da anni chiede di preservare e trasformare in un parco.

 

Sant'Arcangelo, sub della Marina alla ricerca di una polveriera tedesca nelle acque del Trasimeno
Da corrieredellumbria.corr.it del 14 luglio 2021

di Gabriele Burini 14 luglio 2021 Sub della Marina militare di Ancona a Sant’Arcangelo di Magione da martedì 13 luglio: l’obiettivo è trovare nelle acque antistanti il vecchio molo una polveriera con armi tedesca. Il fatto è stato portato alla luce dallo storico Gianfranco Cialini che ad aprile aveva inviato una lettera ai carabinieri di Magione, al sindaco Giacomo Chiodini, alla prefettura e alla questura sulla possibilità che nelle acque lacustri ci potesse essere un deposito di armi militari. In quei giorni infatti alcuni volontari, guidati dal presidente della Pro Loco di Sant’Arcangelo, Simone Cittadini, e della consigliera comunale, Vanessa Stortini, avevano bonificato la scarpata, di proprietà privata, sulla sponda del lago vicino alla Frusta.

“Io volevo segnalare, per senso civico e per responsabilità, quanto segue. Non tutti sanno che a circa cinquanta metri dal luogo bonificato, proprio a ridosso del vicino vecchio pontile, in zona demaniale, ci potrebbe essere sepolta una polveriera di munizioni molto più pericolosa dell’eternit raccolto dai volontari” dice Cialini nella lettera.

Una polveriera risalente alla seconda metà del giugno 1944. In quei giorni infatti, a Sant’Arcangelo, c’era un reparto di soldati tedeschi in ritirata “che aveva un deposito d’armi vicino alla fattoria dei Baldami – prosegue Cialini nella lettera – Non potendo portare via le armi e non volendole lasciare agli alleati che gli erano alle calcagna, i tedeschi decisero di farle saltare in aria. Una cosa che avrebbe potuto causare la morte di tanti civili innocenti e la distruzione delle abitazioni. Supplicati dagli abitanti del luogo, i tedeschi desistettero dal loro intento e con l’aiuto di alcuni abitanti caricarono le munizioni su alcuni carri trainati da buoi e le scaricarono nel lago. Ho saputo dell’accaduto quando facevo ricerche storiche sul salvataggio degli ebrei di Isola Maggiore e, grazie alla bonifica della scarpata fatta dai volontari, mi è tornato alla memoria. Non mi risulta che la zona sia stata bonificata. Nel frattempo sono state poste delle targhe sul vecchio molo che ricordano il salvataggio degli ebrei e lo stesso pontile è stato oggetto di restauro”. E così fino a giovedì i sub della Marina militare di Ancona rimarranno nella frazione lacustre per le operazioni di ricerca e recupero. Già trovati oggetti metallici e alcune munizioni.

 

Un atlante per riscoprire i castelli tra Piave e Livenza, testimoni e custodi delle nostre origini grazie agli studi di Michele Zanchetta
Da qdpnews.it del 11 luglio 2021

Castelli e borghi fortificati hanno plasmato il nostro territorio, gettando spesso i semi da cui sono nate le comunità in cui oggi viviamo, e ora una nuova opera vuole far luce su questo snodo fondamentale della storia locale: l’Atlante dei castelli tra Piave e Livenza firmato da Michele Zanchetta e edito da De Bastiani.
C’è stato un tempo in cui il presidio e la difesa del territorio erano affidati a possenti mura di pietra e torri posizionate nel punto giusto per dominare vallate e pianure: nei secoli turbolenti tra la caduta dell’impero romano e l’alto Medioevo scegliere dove insediarsi era soprattutto una questione di protezione e sicurezza da saccheggi e brigantaggio.

Strutture fortificate incastonate nelle nostre terre come gioielli infrangibili, fatte per durare ma pensate per un modo di fare la guerra che il progresso scientifico rese inevitabilmente obsolete. Altrettanto inevitabile per quelle imponenti opere fuori dal tempo andare incontro a destini differenti, dall’essere scelte come sedi di rappresentanza del potere politico al venire utilizzate come granai, cave o addirittura cimiteri. Oppure, nei peggiori dei casi, venire letteralmente divorate dal progresso o dalla natura che nei secoli ha riconquistato il proprio presidio.
Una miriade di storie che Michele Zanchetta, archeologo professionista e studioso, ha ricostruito in oltre due decenni di ricerca tanto sul campo quanto nelle fonti, e poi raccolto in un volume che, per la sua impostazione di metodica ricostruzione geografica e storica del processo di incastellamento, non può che definirsi un vero e proprio atlante. Non si è trattato infatti di mettere semplicemente nero su bianco l’esistente già conosciuto ai più, ma di censire anche quelle fortificazioni che hanno subito importanti modifiche nel tempo fino a perdere la consapevolezza della loro origine nella memoria collettiva, e addirittura anche quelle non più esistenti ma che qualche indizio, nelle fonti antiche o nella toponomastica, l’hanno comunque lasciato.
Un lavoro certosino di esplorazione e indagine su un ampio territorio, delimitato da confini oroidrografici naturali e pertinente ben quattro province, Treviso, Belluno, Venezia e Pordenone, che ha generato tra l’altro una mole di dati a cui lo studioso ha voluto dare un’inedita lettura multidisciplinare grazie alla collaborazione dell’archeologo Massimo De Piero e del matematico Francesco Morandin, autori rispettivamente degli apparati topografici e statistici del volume.
Oltre all’ambizione dello sguardo di insieme, c’è però anche la consapevolezza del fatto che ogni luogo ha una propria vicenda, e che i traguardi nella ricerca storica non sono punti di arrivo ma sempre nuovi punti di partenza.
E così anche il castello probabilmente più celebre e studiato del Veneto orientale, quello di Conegliano che è anche città natale dello studioso, offre la possibilità di una lettura non scontata di un luogo che è simbolo della città, ma anche emblematico caso di studio del rapporto instaurato dalle comunità con le proprie fortezze antiche.
L’affascinante rocca sulla cui tutela e valorizzazione la comunità si interroga ormai da decenni, è in realtà quello che rimane di una struttura fortificata che nel momento di maggior potere poté contare di varie decine di torri, un tale simbolo di forza da spingere la città a cercare, senza successo, la propria autonomia alternativamente dalle influenze bellunesi e trevigiane. E quando il Cima ne rappresentò le mura grandiose, nelle sue tele di fine Quattrocento che lo avrebbero reso famoso in tutto il mondo, il castello aveva ormai esaurito la sua funzione militare e, ancora sede del potere politico, si stava avviando verso un inesorabile periodo di rovina.
Tra quell’ultimo momento di splendore fissato ad aeternum e il lento percorso di recupero iniziato nel Novecento, e non ancora concluso, secoli di abbandono, saccheggi, crolli e ricostruzioni dal sapore romantico ormai date per acquisite pur nella loro evidente astoricitá. Insomma, ogni castello ha una storia che ne contiene tante altre, e nel caso dei castelli dell’Alta

 

«Incuria a Forte Tron bisogna intervenire»
Da nuovavenezia.it del 10 luglio 2021

«Forte Tron a Ca’ Sabbioni è lasciato nella più totale incuria. Mancano i più elementari controlli e una strategia di valorizzazione opportuna. Ad aprile, l’assessora Mar ha preso degli impegni ad totalmente disattesi: assicurava un intervento in tempi brevi. Ad oggi non risulta invece alcuna valutazione e progettazione a beneficio della struttura». A denunciarlo è il consigliere comunale Pd Giuseppe Saccà che ha presentato un’interrogazione firmata da tutto il gruppo e da Verde Progressista, Movimento 5 stelle, Venezia è Tua, Terra e Acqua 2020 in cui si chiedono modalità e tempi di intervento per il recupero del Forte, parte integrante del campo trincerato di Mestre.
«I soli interventi nel Forte per contrastare il degrado e l’incuria» ricorda Saccà «sono stati fatti grazie ai cittadini volontari che si sono auto organizzati per pulire e raccogliere i rifiuti serve un intervento per recuperare finalmente un luogo storico e unico per la città». —

 

Tornano i nazisti a Recoaro, ma è solo la ricostruzione dell'ex bunker di Kesserling
Da ilgazzettino.it del 9 luglio 2021

TERME DI RECOARO - In quello che fu il bunker del feldmaresciallo Albert Kesserling, il comandante in capo delle forze tedesche in Italia, il quale decise di collocare proprio a Recoaro il comando supremo dell'esercito nazista del nord Italia, rivive lo "spirito" tedesco. Ma si tratta solo, ovviamente, di una ricostruzione storica. Al compendio termale delle terme di Recoaro, è stato installato un nuovo sistema espositivo multimediale all'interno del bunker di Kesselring. Il passato torna nel presente per fermarsi all’aprile del 1945: il 20 aprile di quell'anno, a pochi giorni dalla rotta nazista, gli aerei americani bombardarono il sito. Il bunker resistette al bombardamento a tappeto, tanto che già due ore dopo l'azione il comando tedesco era nuovamente funzionante. Ma le bombe alleate diedero un sicuro impulso alla resa tedesca.

Un po' sinistro, forse, il vedere militari nazisti e mezzi tedeschi della guerra, mani operative degli occupanti germanici in Italia. Ma si tratta di storia, e il visitatore avrà la possibilità di utilizzare pannelli esplicativi, totem interattivi e visori 3D per vedere sia scene ricostruite che l'ambientazione degli uffici, per comprendere gli eventi bellici che hanno caratterizzato questo importante sito storico. Non solo, per completare il coinvolgimento nel ritorno al passato del periodo dell'occupazione tedesca, il visitatore dovrà attraversare un checkpoint dove saranno presenti costantemente delle guide in divisa militare d'epoca, che si occuperanno di guidare la visita all'interno del bunker. Un punto infermieristico, inoltre, con personale in divisa da croce rossa sempre di quel periodo, si occuperà del protocollo sanitario dei visitatori e dell’igienizzazione dei visori multimediali utilizzati.

Dal 10 luglio inizia la possibilità di visitare il sito. Per tutto il mese di luglio presente un semicingolato tedesco trasporto truppe di 6 metri, funzionante, fornito dal Museo delle Forze Armate 1914-1945 di Montecchio Maggiore. Si possono vedere anche alcune armi e mezzi militari d'epoca, come la motocicletta sidecar Bmw modello R 75.
La realizzazione del progetto è stata possibile grazie alla collaborazione dell’associazione Bunker di Recoaro, che da anni lavora per valorizzare i rifugi antiaerei come testimonianza storica e che negli ultimi anni ha svolto attività di promozione e informazione attraverso visite guidate di questo importante sito storico e al finanziamento di privati sostenitori. Terme di Recoaro spa, cha ha in gestione il bunker, crede nella necessità di valorizzare il sito anche con aspetti non attinenti alle Terme, per dare un segnale di rilancio e di ripresa. In occasione dell’inaugurazione il governatore Luca Zaia, non potendo essere presente - si legge in una nota delle Terme - ha comunque rivolto un saluto e un plauso all’interventodi riqualificazione.

La presidente della società Terme di Recoaro, Paola Borgo, sottolinea: «La riqualificazione del bunker costituisce certo un'opportunità ulteriore di attrazione turistica per il territorio, ma stiamo comunque operando per la riapertura delle cure termali». Dopo l'inaugurazione, la mostra – con ingresso pagamento di 5 euro, gratuito sotto i 14 anni - rimarrà aperta il venerdì, sabato e domenica per tutta l'estate dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18, oltre ai giorni festivi, con prenotazione su eventbrite, sul posto o telefonando al numero 370 105 1290. Maggiori info su recoaro-bunker.it

 

Recupero dell’ex polveriera di Volpago: per l’Europa il progetto è ottimo, mancano integrazioni per puntare ai fondi del Programma Life
Da qdpnews.it del 9 luglio 2021

Di Mirco Cavallin

Sono passati poco più di tre anni da quando il Comune di Volpago ha acquisito gratuitamente dal Demanio l’area di quasi mille ettari del dismesso deposito militare di munizioni, costruito nel 1966 nell’area boschiva del Montello.
La zona, abbandonata da tempo, è andata in progressivo degrado, sia nella parte vegetale, non più controllata e gestita, sia per le strutture presenti all’interno, adibite a depositi, ricoveri e alloggi per i militari.
L’intenzione è di recuperare e salvaguardare l’area, considerata di grande valore ambientale e storico, essendo inserita all’interno del sito della Rete Natura 2000 denominato “Grave del Piave”.
“Abbiamo deciso di cercare finanziamenti nel programma comunitario “Life” – spiega il sindaco Paolo Guizzo -, che dal 1992 sostiene la realizzazione di iniziative di carattere ambientale. Per questo abbiamo incaricato più di un anno fa una società specializzata, la Venetian Cluster srl di Venezia, di stilare un progetto per la richiesta di finanziamento alla Commissione Europea, che ha valutato ottimamente la documentazione inviata”. La proposta elaborata, che si chiama “Life Mons”, ha infatti ricevuto 33 punti, appena 2 sotto la soglia stabilita, per la presenta di alcune criticità, che possono essere risolte.

“E’ stata chiesta – aggiunge il primo cittadino – l’estensione del progetto a zone vicine e simili: abbiamo trovato la collaborazione coi Comuni di Cornuda per il bosco del Fagarè e di Sernaglia della Battaglia per l’area del Piave. Con queste integrazioni, che sono in fase di elaborazione, contiamo di presentare la documentazione completa, appena sarà pubblicato il bando europeo, che è stato rinviato a causa del Covid. Dovrebbe essere questione di giorni”. Per fare questo l’iniziale spesa di 9.150 euro per la stesura del progetto è stata integrata di altri 4.392 euro, in modo da procedere in tempi celeri al completamento del dossier, che dovrebbe portare, con buone probabilità, all’accesso ai finanziamenti europei del Programma Life, oggi gestiti dall’Agenzia Esecutiva Europea per il Clima, le Infrastrutture e l’Ambiente.
Resta ancora in sospeso tutto il capitolo relativo alla bonifica dell’amianto presente in gran parte degli oltre 60 edifici presenti sulla collina.

“Anche lì – conclude Guizzo – la pandemia ha rallentato le procedure e ancora non conosciamo l’esito della domanda che abbiamo già da tempo inoltrato. Confido che si possa sbloccare tutto al più presto“.
(Fonte: per concessione di Luciano Pizzolato).

 

Luoghi spettrali e inquietanti della Russia
Da rbth.com del 8 luglio 2021

Di Nikolaj ShevchenkoCampi di pionieri abbandonati, bunker sotterranei e città dei morti. Ecco i luoghi della Russia che vi metteranno i brividi

 

Yukon è il nome di una stazione radio abbandonata a 10 chilometri da Anadyr. Queste vecchie antenne arrugginite, che spuntano dal nulla, hanno un aspetto alquanto sinistro.

Con lo sviluppo della comunicazione mobile e della tecnologia satellitare, la stazione divenne rapidamente obsoleta e fu abbandonata nel 2003.

I resti delle attrezzature arrugginite sparse per la collina, altrimenti vuota, danno a questo luogo un tocco distintamente inquietante.

 

 

 

Non è facile creare un bunker antiatomico nel centro di Mosca, senza dare nell’occhio e rischiare una pubblicità sgradita. Eppure, durante i primi anni della guerra fredda, per la leadership sovietica non c’era nulla di impossibile. 

Il bunker fu progettato per resistere a un attacco nucleare diretto contro Mosca: per questo si trova a 65 metri sotto terra.

L'ambiente all'interno è a dir poco inquietante, poiché le spesse mura sembrano ingoiare i visitatori.

E la simulazione di un imminente attacco nucleare ricrea le angosce e i timori dell’epoca. 

 

 

Area 51: anche la Cina lavora ad una base segreta isolata dal mondo
Da leganerd.com del 8 luglio 2021

La Cina sta lavorando ad una sua versione dell'Area 51? Potrebbe venire usata per testare i veicoli sperimentali, come lo spazioplano decollato a settembre.

DI UMBERTO STENTELLA

Sembra che la Cina stia costruendo qualcosa di simile all’Area 51 degli Stati Uniti d’America, ossia una base militare da usare per i test sui suoi veicoli aerei sperimentali.

Lo scorso settembre – scrive il magazine Popular Mechanics – la Cina ha testato per la prima volta un veicolo spaziale senza pilota riutilizzabile. Il veicolo si inserisce all’interno della stessa categoria del più noto Boeing X-37, spazioplano sperimentale della U.S. Space Force. Il veicolo è rimasto in orbita per due giorni, per poi atterrare in un’area remota della provincia di Xinjiang. La Cina non ha accompagnato il test con annunci trionfali. A dirla tutta, prima del suo atterraggio, il mondo ne ignorava completamente l’esistenza.

 

Nel frattempo, non è passato inosservato il fatto la stessa base usata per il veicolo sperimentale sia stata oggetto di un enorme lavoro di espansione. Gli edifici si sono moltiplicati nel tempo, con la costruzione di nuovi hangar di grandi dimensioni. La base è dotata di una pista d’atterraggio e decollo a forma di triangolo equilatero.

 

LL

La base, continua PM, è isolata dal resto della Cina e dista diversi Km da qualsiasi centro abitato. Secondo molti analisti si tratterebbe – appunto – di una versione cinese dell’Area 51, che come è noto è stata il sito di sperimentazione dell’aeronautica per lo sviluppo e la progettazione di diversi veicoli usati per operazioni d’intelligence come l’U-2, l’SR-71 – noto come Blackbird – e il bombardiere B-2.

LLLa Cina, proprio in questi anni, lavora ad un suo equivalente del bombardiere stealth B-2 noto con il nome H-20. La nuova base di Xinjiang potrebbe venire usata per testarlo in volo, lontano da occhi indiscreti.

 

'La Spezia forte', progetto valorizza antiche fortificazioni
Da ansa.it del 8 luglio 2021
Da percorso mura '800 a museo Guerra Fredda, 4 mln interventi

Un percorso di 4 km lungo le mura ottocentesche, un museo dedicato alla Guerra Fredda, il recupero dei resti di un ex convento trecentesco, un percorso multimediale all'interno di una galleria anti aerea nel ventre della città. Valgono oltre 4 milioni di euro gli interventi contenuti nel progetto 'La Spezia forte', presentato questa mattina alla Spezia e che punta a valorizzare antichi manufatti e fortificazioni militari che cingono la città.

I lavori sono in parte già iniziati, con il primo tratto del Parco delle Mura inaugurato per settembre, mentre tutto il progetto sarà pronto entro un anno. "L'anima storica della città tornerà a essere viva, con edifici e testimonianze del passato che torneranno a disposizione di residenti e turisti. È il recupero di una identità, la possibilità di rivivere emozioni, con un rilancio in senso turistico" ha spiegato in conferenza stampa il sindaco Pierluigi Peracchini. In particolare tra gli interventi ci sono la realizzazione del percorso di 4 km del Parco delle Mura, lungo la cinta muraria dell'Ottocento, la riqualificazione del Parco della Rimembranza con un museo dedicato alla Guerra Fredda, il restauro dell'ex convento trecentesco delle Clarisse, con scavi archeologici previsti in autunno, e il recupero della galleria anti aerea Quintino Sella, utilizzata nell'ultimo conflitto mondiale durante i bombardamenti. Qui verranno ricreati, con effetti multimediali, l'atmosfera e le emozioni di quei momenti. Infine il recupero della batteria Vadilocchi.
"Ogni luogo sarà dotato di pannelli - ha aggiunto l'assessore ai lavori pubblici Luca Piaggi -, completi di informazioni e Qr code da cui sarà possibile accedere a filmati e contenuti. I lavori che già sono stati avviati hanno permesso tra l'altro di riqualificare alcune zone. Ci siamo trovati a camminare su vere montagne di rifiuti. Adesso questi percorsi e beni potranno essere restituiti ai nostri cittadini e ai turisti". Plaude all'iniziativa l'associazione 'Dalla parte dei forti Onlus': "Dopo anni di gestazione e di proposte oggi vediamo andare a compimento un interessante progetto generale sul recupero delle fortificazioni spezzine" (ANSA).

 

Al Forte delle Benne si apre la stagione estiva. Elisa Corni: "Ripartiamo col botto"
Da ildolomiti.it del 5 luglio 2021

Tra il forte delle Benne, il forte di Busa Grande, la Trincea di Grigno e infine la Torre Belvedere apre i battenti il "Piccolo Museo Diffuso Storico della Valsugana". Tra mostre, incontri e workshop gli ospiti potranno tornare a saziare la propria fame di cultura

Di Anna Giulia Mattivi

LEVICO. “Da questo fine settimana ripartiamo col botto”, esorta entusiasta Elisa Corni, project manager dell’Associazione culturale Forte delle Benne. L’associazione, attiva dal 2014, apre la stagione estiva con l'apertura del "Piccolo Museo Diffuso Storico della Valsugana" composto da quattro siti: il forte delle Benne, il forte di Busa Grande, la Trincea di Grigno e infine la Torre Belvedere. Da questo fine settimana saranno proprio questi siti storici i protagonisti dei primi tre eventi all’insegna della storia e della cultura.
Il primo incontro si terrà al forte delle Benne, venerdì 9 luglio, dove verrà proposta una visita guidata alla mostra “Dietro il Fronte”, con lo storico Marco Abram. Lo studioso si è occupato di una ricerca riguardo i prigionieri di guerra di origine russa e serba presenti in Trentino durante la Prima Guerra Mondiale. Attraverso una serie di foto e documenti, sarà possibile esplorare la storia di questa silenziosa forza lavoro che contendeva ai civili le poche risorse disponibili. Una prima occasione da non perdere con una guida di eccezione.
Il secondo evento si svolgerà il giorno dopo, sabato 10 luglio. Si tratta dell’inaugurazione della mostra “Fortezze Bastiani” e a seguire si terrà il workshop “Fortezze nella notte”, guidato dal fotografo e autore Andrea Contrini. Tra le vestigia della Grande Guerra gli aspiranti fotografi potranno confrontarsi con il mondo della lunga esposizione e delle tecniche di light painting.
Infine domenica troverà spazio il progetto “Levico incontra gli autori”, con Susanna Tartaro. Una rassegna organizzata dalla Piccola Libreria e dalla Biblioteca Comunale di Levico che continuerà fino alla fine di agosto. La giornalista e scrittrice incontrerà il pubblico nella mattinata di domenica presso il Forte delle Benne, dove presenterà il suo libro “La non mamma”.

Tante altre attività saranno presto organizzate, come lo spettacolo “Testa di Legno”, organizzato dal collettivo Clochart per famiglie e bambini.
“Quest’anno abbiamo notato una tendenza di altro tipo – conclude Elisa -. L’anno scorso le persone avevano fame di attività, purtroppo adesso vediamo che invece sono più interessate a bersi un aperitivo in centro. Per questo stiamo cercando di rinnovarci attraverso i siti”.
Per maggiori informazioni e prenotazioni consultare il sito internet www.fortedellebenne.it.

Alcuni cenni storici:

Il forte Werk delle Benne è un’opera difensiva costruita dagli austriaci tra il 1882 e il 1889. Si trova sulla sommità dell’omonimo colle e, insieme al dirimpettaio Forte di Tenna, era stato pensato per sorvegliare e difendere la sottostante Alta Valsugana da una eventuale avanzata di nemici in direzione di Trento. La fortezza è, infatti, uno degli elementi dell’ampia e articolata cintura di fortificazioni, nota con il nome di Festung Trient, ideata per la difesa del Trentino e soprattutto del suo capoluogo nel caso di un conflitto tra l’Impero asburgico e il Regno d’Italia. Il caposaldo d’artiglieria Busa Granda con la sua batteria di obici corazzati venne costruito nei pressi dell’omonima cima, come postazione sostitutiva al forte Colle delle Benne in località Compet, sopra Levico. L’elaborazione del progetto e la vigilanza sull’esecuzione dei lavori vennero affidate al capitano Emil Huetter della direzione del Genio di Trento, che il 7 febbraio 1915 aveva già presentato su carta millimetrata i primi schizzi della nuova batteria corazzata di obici.
Poiché i progetti furono realizzati dallo stesso capitano, la realizzazione dell’intera opera richiese soltanto tre mesi e mezzo, tanto che all’inizio della guerra la batteria era già attrezzata e pronta al fuoco.
La Trincea di Grigno invece è stata costruita in calcestruzzo, ed era la prima trincea italiana eretta nel territorio nemico. Appena l'Italia dichiarò la guerra, le truppe austriache arretrarono le loro posizioni e Grigno passò quindi subito all'Italia.
Furono così gli italiani a realizzare la nuova linea difensiva che gli austriaci non erano riusciti ad organizzare: più linee di fortificazioni campali di cui le più importanti poste sul Monte Lefre e sull'Altipiano dei Sette Comuni, con avamposti dotati di mitragliatrici per coprire le trincee situate in valle.
Una di queste era lo sbarramento di Grigno che era costituito da due fasce: una prima linea a cielo aperto (con rinforzo di legname e sacchi di sabbia) ed una seconda linea rappresentata dal "trincerone", che non fu mai "provato" durante il conflitto, ma fu conquistata dagli Austriaci in seguito alla Disfatta di Caporetto.
L’ultimo sito, la torre Belvedere è un falso storico del 1800 ad opera dell’allora podestà Emilio degli Avancini, di nobile famiglia levicense, proprietaria di tutta l’area dove oggi si trovano la Canonica e l’Oratorio. Non ha avuto pertanto un uso militare, ma semplicemente come una struttura residenziale dei ricchi proprietari.

 

Comunicato stampa: iniziato il restauro del Bastione Impossibile
Da padovanews.it del 5 luglio 2021

Il vicesindaco con delega ai lavori pubblici Andrea Micalizzi ha illustrato i lavori di restauro avviati da qualche settimana del Bastione Impossibile lungo la cinta muraria cinquecentesca. L’intervento, che si inserisce nel più ampio progetto di restauro di tutti gli 11 km della cinta muraria cittadina, ha richiesto un investimento di 1.150.000 euro (1 milione dei quali messi a disposizione dalla Fondazione Cariparo) e richiederà circa un anno di lavoro da parte della dell’impresa veneziana Lares, specializzata in diagnostica, conservazione e restauro. Sarà restaurata e consolidata la parte muraria verso via Bronzetti che in alcuni punti evidenzia alcuni crolli, ma soprattutto sarà recuperata la parte ipogea, tristemete conosciuta dai padovani per il dramma accaduto durante la seconda guerra mondiale. I grandi stanzoni sotterranei, che nel ‘500 ospitavano i cannoni di difesa, durante la guerra erano adibiti a rifugio antiaereo. La notte dell’ 8 febbraio 1944 durante un bombardamento alleato (i bombardieri erano quelli della Raf britannica) una bomba perforante ad alto potenziale cadde sul bastione e rompendo la volta del cunicolo di ingresso riuscì a penetrare all’interno esplodendo e uccidendo oltre 200 persone.

Il foro sulla volta, ancora oggi perfettamente visibile, sarà mantenuto e trasformato in lucernario mentre gli spazi interni diventeranno una delle “stazioni” del museo diffuso delle Mura, e sarà allestito con sistemi di proiezione che racconteranno ai visitatori e la storia di quella porzione delle mura e la tragica vicenda del bombardamento. Nella parte più interna che dà su via Raggio di Sole invece sarà ricostruita, così come era all’inzio del ‘900, una delle aule elioterapiche realizzate sul bastione (l’altra è già stata restaurata ed è visibile entrando nella area sulla destra con la sua magnifica terrazza) e le mura saranno liberate dai riporti in terra e rese visibili nella loro conformazione originaria.
Il vicesindaco Andrea Micalizzi spiega: “Il Bastione Impossibile è uno dei tratti più suggestivi della nostra cinta muraria che è lunga ben 11 km. Con questo cantiere continua il lavoro di restauro delle mura, e in questo tratto faremo un lavoro di consolidamento e restauro delle parti murarie e anche di quelle sotterranee, perché questo è un luogo della memoria molto importante per la città. Oltre a ricordare il sistema fortificato della Padova del ‘500 qui ci fu un bombardamento con moltissime vittime durante l’ultima guerra perché le mura erano considerate un buon luogo di riparo. Una bomba colpì proprio il bastione causando al morte di oltre 200 persone che erano qui per proteggersi da quel bombardamento. Questo evento fa parte della storia della città e nell’operazione di restauro si recupera anche questa memoria per cui anche i segni della bomba saranno conservati così come il foro della bomba sulla volta che diventerà un lucernario. Realizziamo anche il restauro, o meglio la ricostruzione di una delle aule elioterapiche. Così un altro luogo ricco di storia e di bellezza verrà riconsegnato alla città“.

 

“Station to station”: l’arte in mostra nel bunker della stazione centrale di Reggio
Da ilreggino.it del 5 luglio 2021
Dopo 80 anni riapre il bunker salvifico della stazione centrale di Reggio Calabria per ospitare una mostra in cui i linguaggi della contemporaneità si fondono con le sperimentazioni tecniche, in un sito decisamente suggestivo. “Station to station” della direzione artistica Tecnhè Contemporary Art è un’esposizione dal sapore unico, un viaggio che, come i treni, passa

Di Gabriella Lax

Dopo 80 anni riapre il bunker salvifico della stazione centrale di Reggio Calabria per ospitare una mostra in cui i linguaggi della contemporaneità si fondono con le sperimentazioni tecniche, in un sito decisamente suggestivo. “Station to station” della direzione artistica Tecnhè Contemporary Art è un’esposizione dal sapore unico, un viaggio che, come i treni, passa attraverso le gallerie dell’ispirazione e si porta dietro il suo bagaglio culturale. Alla stazione di Reggio, dal 1° luglio al 30 agosto, saranno esposte le opere di Grazia Bono e Gianni Brandolino, Pino Caminiti, Angela Pellicanò, Felipe Perez, Francesco Petrone, Technelab e Zeroottuno, curata da Giuseppe Capparelli. Perché la pandemia è stata un grande incubatore di idee, di passaggi di fasi, soprattutto per gli artisti. Così il lockdown viene raccontato senza retorica, asettico, da ognuno in modo differente.

Come chiarisce Angela Pellicanò «È un percorso dentro un bunker che dialoga con le opere e, viceversa, le opere sono state calate dentro il bunker nel rispetto del preesistente. È un viaggio sfaccettato, un viaggio da fermi che gli artisti hanno fatto senza usare la retorica della pandemia come pretesto. Perchè, va da sé che quella è stata un’esperienza che ci ha accomunati. Ogni artista ha fatto una riflessione per ragionare su cosa la pandemia ci ha lasciato, qual è lo strascico paradossalmente culturale che ci ha lasciato la pandemia». Un mostra possibile, in un luogo ritrovato, anche per la città dello Stretto, «grazie ad RfI, con i vertici italiani, i dirigenti Sergio Stassi e il Andrea Destro e con Technè che ha curato l’allestimento».
Niente di claustrofobico per gli spettatori. «È un bunker che è stato costruito prima del periodo bellico, durante il periodo fascista, da Mazzoni. Ed è stato aperto dopo 80 anni per cui è interessante anche dal punto di vista storico visitare questo spazio inedito e restituirlo alla città».

La mostra è aperta tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18. L’apertura probabilmente slitterà pomeriggio dalle 17 alle 1930.

 

Il castello di Nisida: da fortezza a carcere Minorile
Da magazinepragma.com del 5 luglio 2021

La storia del monumento simbolo dell'isola

by Martina Federico

NAPOLI – Il castello di Nisida è collocato su un isolotto del golfo di Napoli appartenente alla frazione di Bagnoli. Costruito intorno alla metà del XIV secolo, nel regno della regina Giovanna, include una Torre di Guardia adibita a residenza. Nel XVI secolo Don Pedro de Toledo, il vicerè, dispose un restauro per farne una delle fortificazioni più potenti della città. In seguito, nel XVII secolo (1626) durante l’epidemia di peste il Vicerè Antonio Alvarèz de Toledo ordinò di adibire il castello come struttura per accogliere gli ammalati.

Sotto il dominio borbonico il castello perse i suoi connotati difensivi. Utilizzato come prigione per criminali e prigionieri politici. Infine nell’età fascista il carcere venne convertito a riformatorio giudiziario diventando, a partire dal 1934, un penitenziario minorile.

 

Studiare e ripensare la Guerra fredda al confine orientale italiano
Da ilfriuli.it del 4 luglio 2021

Martedì 6 luglio l'evento promosso dall'Istituto regionale per la Storia della Resistenza e dell'Età contemporanea di Trieste e dall'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione di Udine

Martedì 6 luglio, dalle ore 17.00, sulla piattaforma zoom, all’indirizzo https://bit.ly/3vt9tmh, si terrà l’incontro di studi Studiare e ripensare la Guerra fredda al confine orientale italiano, promosso dall'Istituto regionale per la Storia della Resistenza e dell'Età contemporanea di Trieste e dall'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione di Udine.
L’obiettivo congiunto dei Istituti regionali è fare il punto su un tema, quello della Guerra Fredda sul confine orientale, che rappresenta un importante nodo della storia del Friuli Venezia Giulia nel Novecento, e a cavallo del nuovo secolo. Da questa iniziativa proseguiranno, o prenderanno le mosse, alcune ricerche, coordinate da entrambi gli Istituti storici, che verteranno su analisi di tipo politico-culturale e sociale, militare ed economico, distintive di un territorio qual è quello della nostra regione, dove i confini hanno da sempre avuto un ruolo di controllo reciproco e contemporaneamente di collegamento tra realtà e popolazioni diverse.

Alla presenza dell’Assessore Tiziana Gibelli, l'incontro sarà introdotto dai professori Patrick Karlsen dell'Università di Napoli “Federico II” e Andrea Zannini dell'Università di Udine. Interverranno Lorenzo Ielen, dell’Università di Trieste, con una relazione su La difesa dell'Italia nord-orientale nella pianificazione italiana e NATO; Tommaso Piffer, dell’Università di Udine, con La fortificazione permanente sul confine orientale durante la guerra fredda. Appunti di progetto; Giulio Mellinato dell’Università di Milano- Bicocca, Le frontiere della Guerra fredda in prospettiva economica e Alessandro Cattunar dell’Associazione 47/04 Gorizia che parlerà di: Lasciapassare/Prepustnica. Un percorso multimediale lungo il confine goriziano.

 

Guerra sulla Linea gotica: inaugurato il nuovo Museo della memoria
Da iltirreno.it del 4 luglio 2021

Di Luca Meconi

Allestita un’ala nell’ex convento delle Oblate, nel centro storico In una parte sono esposti i reperti bellici, nell’altra sono stati creati spazi interattivi

Borgo a mozzano. Reperti bellici, documenti, fotografie, mappe, pannelli informativi sul periodo storico relativo alla Seconda guerra mondiale e alla Linea gotica, di cui Borgo a Mozzano è stato uno dei centri più importanti. Tutto questo e molto altro è custodito nella nuova sede del “Museo della memoria” allestito in un’ala dell’ex convento delle Oblate nel centro storico. Tante le autorità presenti ieri mattina alla cerimonia di inaugurazione, tra cui il senatore Pd Andrea Marcucci, il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, la consigliera regionale Valentina Mercanti, il sindaco Patrizio Andreuccetti e Neva Chiarenza per la Sovrintendenza ai beni culturali.

Se Borgo a Mozzano ha un museo lo deve senza dubbio all’attività instancabile del “Comitato per il recupero e la valorizzazione delle fortificazioni della Linea gotica” guidato da Piergiorgio Pieroni. Sono stati loro, infatti, diversi anni fa a occuparsi del recupero dei numerosi siti di fortificazioni presenti sul territorio quali bunker, trincee, piazzole e camminamenti costruiti nel periodo bellico dall’Organizzazione Todt. Grazie a questi volontari nel 2012 è nato il “Museo della memoria” nei locali della stazione ferroviaria. Un locale sempre considerato provvisorio, non molto ampio, dove venivano difficilmente accolti i numerosi visitatori che arrivano in Media Valle proprio con l’obiettivo di visitare le fortificazioni. Adesso nella nuova sede, più ampia, è stato possibile dividere il museo in due parti: nella prima parte sono esposti i reperti bellici che negli anni sono stati donati dai privati e sono stati collocati dei pannelli contenenti le informazioni storiche affiancati da numerose fotografie. Nella seconda parte, invece, è stato creato uno spazio interattivo dove saranno proiettati a ciclo continuo dei filmati che raccontano la Linea gotica. Questo spazio è pensato anche agli studenti delle scuole che ogni anno arrivano qui da tutta Italia con i loro professori in visita.

«Il lavoro compiuto per questo museo – afferma Piergiorgio Pieroni – rende giustizia al nostro territorio e alla sua storia, così complessa e dolorosa. Come Comitato ci siamo da sempre impegnati a raccontare quello che qui successe, a tramandare le storie e mantenere viva la memoria. Con questa nuova veste, ne siamo sicuri, il Museo e il Comitato continueranno in questa opera attirando un sempre crescente numero di visitatori». «La nostra storia – ha dichiarato il sindaco Andreuccetti – è legata indissolubilmente ai fatti della Seconda guerra mondiale. Il nostro territorio è stato teatro di battaglie, atti orribili, gesti eroici. Donne e uomini, giovani e anziani, hanno vissuto gli orrori della guerra. Poter inaugurare questo nuovo museo, interamente rinnovato, vuole essere un tributo alla memoria di tutti i figli di Borgo a Mozzano e il punto di partenza per chi, questa nostra storia, ancora non la conosce».

Il Museo, da oggi Museo civico, e la rete dei sentieri legati alla Linea gotica fanno parte della Liberation route Italy e Liberation route Europe. Per visitarlo è necessario prenotarsi ai numeri 058382041 o 0583888881. Al termine della cerimonia di inaugurazione, Giani ha visitato il territorio borghigiano soffermandosi in particolare al convento di San Francesco della Misericordia di Borgo a Mozzano dove ha incontrato il governatore Gabriele Brunini ringraziandolo per l’attività che quotidianamente viene svolta e dove ha potuto ammirare le bellezze storiche e artistiche. —

 

Al via il recupero e la valorizzazione delle mura malatestiane di Cesena
Da corriereromagna.it del 3 luglio 2021

Furono i Malatesta a dare al centro storico di Cesena la caratteristica forma “a scorpione”, racchiudendola in una cinta muraria della quale si conservano ampi tratti. Oggi proprio le mura malatestiane, segni viventi di una storia lunga e intensa e testimoni di importanti cambiamenti sociali, culturali e politici, sono poste al centro di un percorso che impegna l’amministrazione comunale e la Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena in un’opera di recupero e di valorizzazione. A tal proposito, il aindaco Enzo Lattuca e il presidente della Fondazione Roberto Graziani hanno siglato il Protocollo d’intesa per assicurare il coordinamento delle azioni e per individuare insieme le modalità necessarie per lo sviluppo della progettazione. Presente all’incontro anche la Soprintendente Architetto Lisa Lambusier.

Lo scopo del Comune e della Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena è di arrivare in tempi celeri all’elaborazione di uno studio di fattibilità per il recupero dell’intera cinta muraria cesenate, inclusi anche gli immobili di “Porta Fiume”, “Ex Lazzaretto”, “Rocca Nuova” e “Rocca Vecchia”. Chiaramente, questo studio – che verrà realizzato da un team di professionisti tecnici a cui la Fondazione affiderà l’incarico – costituirà il primo passo per una progettazione completa.

 

La Cina sta costruendo più di 100 silos missilistici "nucleari" nel deserto
Da concaternanaoggi.it del 1 luglio 2021

Di Cesarino Rivera

La Cina sta costruendo più di 100 silos missilistici nel deserto, secondo un’analisi delle immagini satellitari, che secondo i ricercatori indica una possibile espansione delle capacità nucleari del paese. Gli analisti hanno avvertito che l’espansione ha rappresentato uno “sviluppo preoccupante”, ma hanno anche esortato alla cautela contro il “pensiero peggiore”, citando la tensione tra le principali potenze nucleari sul disarmo.

Ricerca, segnalata per la prima volta da Washington Post (https://www.washingtonpost.com/national-security/china-nuclearmissile-silos/2021/06/30/0fa8debc-d9c2-11eb-bb9e-70fda8c37057_story.html) Giovedì, nel deserto della provincia di Gansu, è stata identificata la costruzione di almeno 119 silos, che potrebbero trasportare missili balistici intercontinentali.

I ricercatori, del James Martin Center for Nonproliferation Studies del Middlebury Institute of International Studies, hanno fatto la scoperta analizzando le immagini satellitari fornite dalla società commerciale Planet. Uno dei ricercatori, l’esperto nucleare statunitense Jeffrey Lewis, ha affermato che il sito di due giorni, che si estende per più di 700 miglia quadrate, include la costruzione di bunker sotterranei, che possono fungere da centri di lancio, trincee per cavi, strade e una piccola base militare. Le caratteristiche del progetto rispecchiavano gli attuali siti di lancio di missili balistici nucleari nella Mongolia interna, indicando che la Cina aveva costruito o costruito almeno 145 in totale.

“Riteniamo che la Cina stia espandendo le sue forze nucleari in parte per mantenere un deterrente in grado di resistere a un primo attacco degli Stati Uniti in numero sufficiente per sconfiggere le difese missilistiche statunitensi”, ha detto Lewis al Washington Post. Si ritiene che la Cina abbia circa 350 testate nucleari, circa 30 in più rispetto al 2020 e molto meno degli Stati Uniti o della Russia, secondo lo Stockholm International Peace Research Institute.

Nel mezzo di una corsa agli armamenti e del deterioramento delle relazioni con Washington, Cina e Russia Sono riluttanti a ridurre il loro arsenale (https://foreignpolicy.com/2021/06/30/china-nuclear-weaponssilos- arms-control/) Senza restrizioni simili sugli Stati Uniti. Ad aprile, il comandante delle forze nucleari statunitensi ha avvertito di una “sbalorditiva espansione” delle capacità nucleari della Cina. Il numero di silos non è necessariamente correlato al numero di missili, poiché Lewis ha suggerito che potrebbe essere un “gioco di conchiglie” per nascondere parzialmente dove erano tenuti i missili e per garantire che le altre parti in guerra non sapessero esattamente dove si trovavano. Ha detto che il design era simile a quello che gli Stati Uniti avevano progettato quando avevano fatto i piani iniziali per un “gioco di conchiglie” negli anni ’70.

Quindi, mentre 120 silos sembrano significare 120 razzi, è molto facile essere 12 razzi. Non sappiamo. E anche se la Cina dispiegherà solo pochi missili, le sue forze potrebbero crescere nel tempo in silos”, Lewis Ha detto alla rivista Foreign Policy (https://foreignpolicy.com/2021/06/30/china-nuclear-weapons-silosarms- control/). “Tuttavia, che siano 12 o 120, è uno sviluppo allarmante”. Dopo che un incontro della NATO il mese scorso ha avvertito della necessità di affrontare il crescente autoritarismo e la potenza militare della Cina, Pechino ha accusato il blocco di “calunnia” e si è riferito in particolare al suo arsenale nucleare. La missione della Cina presso l’Unione europea ha affermato che il paese ha molte meno testate nucleari rispetto ai membri della NATO e si è impegnato a non usarle o minacciare di usarle contro paesi non nucleari. Ha affermato che la Cina è impegnata in una politica di difesa di “natura difensiva” e che la sua ricerca della modernizzazione militare è giustificata e ragionevole. All’inizio di giugno, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha affermato che il paese aderisce al principio di non utilizzare prima le armi nucleari.

James Acton, co-direttore del Programma di politica nucleare presso il Carnegie Endowment for International Peace, ha esortato a non considerare lo “scenario peggiore” alla luce delle rivelazioni sulla costruzione del silo. “Ci sono molte ragioni per chiedersi se la Cina stia per espandere il suo arsenale nucleare così rapidamente, anche se lo sta espandendo un po'”, ha detto Acton, notando la somiglianza con il piano di gioco missilistico degli Stati Uniti negli anni ’70. In secondo luogo, devi capire che il programma di modernizzazione nucleare della Cina può essere guidato in gran parte dalla preoccupazione per gli Stati Uniti. La Cina è stata abbastanza aperta riguardo alle sue preoccupazioni sul fatto che gli Stati Uniti possano attaccare preventivamente le sue forze nucleari in qualsiasi conflitto”. John Colfer, un analista in pensione della CIA per gli affari dell’Asia orientale, ha messo in dubbio la vicinanza degli edifici costruiti. “Sono così assemblati che esteriormente sfidano quasi l’avversario a considerare un attacco di controforza”, ha scritto su Twitter.