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Roma, nuova vita per il Forte Aurelia: tra i 'luoghi del cuore' del Fai da votare
Da adkronos.com del 31 ottobre 2020

"Ci sono toponimi caratteristici nelle nostre città la cui origine è ormai solo nei ricordi di chi non c’è più. Ci sono luoghi dimenticati, a volte perché abbandonati, a volte perché inaccessibili. Eppure, anche nella Città che conserva la gran parte delle vestigia della Storia antica, e anche di quella più recente, ci sono quindici 'giganti dormienti' che costellano, ormai inglobati, il tessuto urbano della metropoli. Si tratta dei quindici Forti del Campo Trincerato di Roma (e delle quattro Batterie) che furono fatti erigere all’indomani della proclamazione di Roma quale Capitale del Regno". A dirlo è Francesco Bosticco, ufficiale nella Guardia di Finanza, in un articolo a sua firma pubblicato sul magazine Infosec.news.

Tra i primi atti del Governo insediato nella Città Eterna (evidentemente memore dei fatti del 1849 e dell’epilogo della Repubblica Romana, che si concluse con l’ingresso a Roma dei Francesi attraverso la via Aurelia per ripristinare il Papa Re) - si legge nell'articolo -, fu commissionato uno studio strategico sulla protezione della Capitale che si concluse con la decisione ed il finanziamento per la costruzione di una cintura di difesa della città, che ormai non poteva più essere efficacemente protetta dalle care, buone vecchie Mura Aureliane. In aderenza alle moderne teorie militari dell’epoca, si decise di proteggere la città con un 'Campo Trincerato', cioè una cintura di postazioni fisse a corona intorno all’abitato, ad una distanza di circa 4/5 chilometri dalla cinta Aureliana, distanziati di circa 2/3 chilometri l’uno dall’altro e che, con le artiglierie di cui venivano dotate, avrebbero potuto coprire l’intero territorio circostante con un 'tiro incrociato'. La scelta cadde su modelli di Forte di 'tipo prussiano', parzialmente interrati, e praticamente invisibili ad un’osservazione da parte di eventuali attaccanti, situati di fatto in aperta campagna all’epoca.

I cantieri di costruzione, ricostruisce Bosticco, "furono avviati per i primi sette nel 1877 (con i Forti Aurelia Antica, Boccea, Casal Braschi, Monte Mario, Portuense, Bravetta e Appia Antica) e si conclusero con il completamento dell’ultimo degli altri otto nel 1882 (Ardeatina, Casilina, Ostiense, Pietralata, Prenestina, Trionfale, Tiburtina e Monte Antenne). Per dover di cronaca, le quattro Batterie (conclusi i lavori nel 1891) erano la Tevere (non più esistente), Porta Furba, Appia Pignatelli e Nomentana".

"I Forti e le Batterie di Roma - continua l'autore - in realtà non spararono mai un solo colpo (ma non ci addentreremo in questioni da Corte dei Conti…) e furono dismessi nel 1919, dopo il trasferimento dei pezzi d’artiglieria sul Fronte Orientale (dove purtroppo erano sicuramente più utili in quel momento). Dopo quella data, ognuno dei Forti iniziò una propria 'seconda vita' demaniale: alcuni abbandonati, alcuni adibiti a depositi o magazzini, altri riciclati come caserme o assegnati ad Istituzioni dello Stato (come Forte Braschi, che già dal 1925 ospita la sede dell’Intelligence nazionale)".

"Ho la fortuna di far parte di un’Amministrazione che, dal 1958, ha in consegna uno di questi manufatti, il Forte Aurelia Antica e, dopo molti anni di oblio e di utilizzo come mero 'spazio utile per metterci cose, che non si sa mai', ha preso coscienza dell’importanza di questo pezzo della storia di Roma e ne ha deciso il restauro e la riqualificazione per una ormai prossima fruizione al pubblico", sottolinea Bosticco.

"Storie ed eventi hanno accompagnato questo 'gigante addormentato', che sta per riemergere dall’oblio di un’oscura caserma per trasformarsi in un luogo di recupero della memoria e dello spazio, in un quartiere popoloso di Roma, dove giaceva dietro al filo spinato, dimenticato da tutti. In questi giorni il Fai – Fondo Ambiente Italiano – sta raccogliendo i voti dei lettori e degli appassionati, per nominare i nuovi 'Luoghi del Cuore'. Votatelo - è l'invito - se vorrete supportare questo lavoro includendolo nel circuito Fai. Presto il Forte aprirà il suo portone per accogliere nuovamente i romani, come ha fatto nel passato, con un’Esposizione temporanea per i 150 Anni di Roma Capitale e, al termine dei lavori, con spazi di svago e di cultura pieni di cimeli, storia e storie, esperienze visuali ed emozionali non comuni".

 

Fortezze, borghi medievali, montagne e Adriatico. Tra Abruzzo, Umbria e Marche, un'Italia che sorprende
Da repubblica.it del 31 ottobre 2020

Di Giuseppe Ortolano

Da Civitella del Tronto al "Castello" di Postignano. Un itinerario di un centinaio di chilometri lungo la dorsale appenninica, tra storia e bellezza naturale

Dall’imponente città fortezza abruzzese al borgo medievale rinato sulle dolci colline umbre. Quello che vi proponiamo è un viaggio slow nell’Italia centrale, in luoghi poco affollati, ricchi do storia e di un antico fascino. Si parte da Civitella del Tronto, spettacolare borgo fortezza abruzzese, che si trova al vecchio confine settentrionale del Viceregno di Napoli con lo Stato Pontificio, a una trentina di chilometri dalle spiagge del mare Adriatico. Situato in posizione strategica a 600 metri d’altezza, è dominato da una delle più grandi e importanti opere di ingegneria militare d'Europa caratterizzata da una forma ellittica con un’estensione di 25.000 mq e una lunghezza di oltre 500 metri. L’attuale fortezza fu edificata a partire dal 1564 per volere di Filippo II d’Asburgo - re di Spagna – al posto di una rocca aragonese sorta su una probabile preesistenza medievale. Due gli assedi ai quali dovette fare fronte. Uno per opera dei francesi nel 1806 e l’altro nel 1860/61 da parte delle truppe piemontesi, che riuscirono a conquistarla e a sconfiggere l’ultima resistenza borbonica solo dopo mesi di combattimenti, pochi giorni dopo la proclamazione del Regno d’Italia. La Fortezza venne quindi lasciata in abbandono e depredata per più di un secolo, fino all’importate intervento di restauro curato dalla Sovrintendenza di L'Aquila che tra il 1975 e il 1985 l’ha in gran parte recuperata.

Oggi è aperta al pubblico che può visitare tre camminamenti coperti, le vaste piazze d'armi, le cisterne, i lunghi camminamenti di ronda, i resti del Palazzo del Governatore, la chiesa di San Giacomo, le caserme dei soldati e il Museo delle Armi, dove sono conservate armi e mappe antiche. Spettacolare il panorama che si ammira dagli spalti, con lo sguardo che spazia dai massicci del Gran Sasso, della Laga, della Maiella e dei Monti Gemelli fino al Mare Adriatico. Ai piedi della fortezza il suggestivo borgo di Civitella del Tronto rinchiuso all’interno delle antiche mura con la bellissima terrazza panoramica di piazza Filippi Pepe; il monumento a Matteo Wade, voluto da Francesco I di Borbone in onore del comandante irlandese che difese la fortezza durante l’assedio francese del 1806; la trecentesca chiesa di Santa Maria delle Laudi o della Scopa, completamente affrescata; i palazzi dai portali in pietra elaborati dai maestri comacini e lombardi; la Ruetta, una delle vie più strette d’Italia, e il Museo Nina, che raccoglie una delle più grandi collezioni italiane di alta moda antica.
Un rilassante viaggio di un centinaio di chilometri tra Abruzzo, Marche e Umbria, passando da Norcia che tenta faticosamente di riprendersi dai danni causati dal terremoto del 2016, porta a un altro gioiello dell’Italia centrale: il Castello di Postignano. Il nome non deve trarre in inganno. Il castello è in realtà un suggestivo borgo medievale nel cuore della verde Valnerina, fondato tra il IX e il X secolo sul declivio di una collina lungo la strada che collegava Spoleto, Foligno, Norcia e Assisi. Costruito a forma triangolare dai suoi stessi abitanti, dediti all’agricoltura, all’artigianato tessile e alla produzione di lime, bisturi e altri oggetti in ferro, e dominato da una snella torre di avvistamento, il borgo venne definitivamente abbandonato agli inizi del Novecento, diventando uno dei tanti paesi fantasma dell’Italia centrale. “Riscoperto” nel 1979 dal fotografo e architetto americano Norman Carver Junior, che nel suo libro Italian Hilltowns definì Castello di Postignano l'archetipo dei borghi collinari italiani dedicandogli la copertina del volume, nuovamente danneggiato dal terremoto del 1997, il borgo ha iniziato la sua rinascita nel 2007 quando un paio di illuminati architetti è riuscito miracolosamente ad acquistare tutte le proprietà abbandonate e ha iniziato un coraggioso restauro conservativo, nel rispetto delle forme originarie e delle normative antisismiche.

Passato quasi indenne dal terremoto del 2016 oggi il Castello di Postignano ospita, oltre a case private, un affascinante albergo diffuso con un’accogliente trattoria e un bar panoramico, un laboratorio di tessitura, una bottega antiquaria e diversi spazi espositivi, attualmente dedicati a belle mostre fotografiche. Assolutamente da visitare la piccola chiesetta di San Lorenzo, originariamente dedicata a San Primiano, dove furono riportati alla luce gli affreschi dell'intera parete absidale databili alla seconda metà del XVI secolo, attribuibili alla cerchia del De Magistris, detto il “Caldarola”. Dopo il sisma del 1997 la parete crollò e su un muro retrostante, più antico, apparve una Crocifissione risalente alla fine del XV secolo. Altri affreschi sono stati scoperti durante i lavori di restauro di un'abitazione, probabilmente la cappella di un antico convento. Dal borgo partono numerosi facili sentieri che portano a mete naturalistiche, storiche e architettoniche. A una decina di chilometri si trova il paese di Cerreto di Spoleto i cui abitanti, nel vocabolario della Crusca del 1612, erano descritti come “coloro che per le piazze spacciano unguenti, o altre medicine, cavano i denti o fanno giochi di mano che oggi più comunemente dicesi ciarlatani,…da Cerreto, paese dell’Umbria da cui soleva in antico venir siffatta gente, la quale con varie finzioni andava facendo denaro“. Il Castello di Postignano è così uscito dall’abbandono diventano una preziosa meta del turismo slow dell’Umbria, da visitare e se possibile dove fermarsi a dormire per respirare la tranquillità e il fascino di un luogo ricco di storia e fascino.

 

Ripartono i tour alla fortezza di San Leo
Da ilrestodelcarlino.it del 31 ottobre 2020

Visite guidate alla fortezza di San Leo in Valmarecchia. Sono quelle in programma domani e domenica prossima, alle 15.30. Due percorsi guidati che tratteranno diverse tematiche inerenti il monumento. Domani è in programma il percorso guidato, dal titolo “Uno sguardo su San Leo: fortificazioni ed edifici sacri” che illustrerà il sistema difensivo della fortezza con uno sguardo alle altre fortificazioni presenti in vallata e agli edifici sacri di San Leo. L’8 novembre il tema della visita sarà “L’architettura militare al servizio di una Fortezza naturale”. Il possente masso calcareo di San Leo, con le pareti perimetrali scoscese e perpendicolari al suolo, costituisce di per sé una fortezza naturale e già i romani costruirono una prima fortificazione sul culmine del monte.

Grazie al percorso guidato i visitatori potranno apprendere l’evoluzione dell’architettura della fortezza attraverso i secoli e l’opera dell’uomo. Entrambi i pomeriggi si concluderanno con la visita alla mostra personale “Arcana – Il Leone del Nuovo Orizzonte” dell’artista Andrea da Montefeltro. Per partecipare è richiesta la prenotazione allo 0541.926967 oppure via whatsapp al 339. 5497576. I partecipanti saranno omaggiati con volumi sui borghi e il territorio. I protocolli prevedono distanze tra visitatori, rilevamento della temperatura prima dell’ingresso in fortezza e obbligo di mascherina indossata per tutta la durata della visita.

 

Sulle tracce della Guerra fredda a Berlino con Villa Vigoni
Da corrieredicomo.it del 29 ottobre 2020

A 30 anni dalla riunificazione tedesca, il centro culturale italo-tedesco di Villa Vigoni a Menaggio pubblica un libro per informarsi sulla storia della Germania divisa e riunita in modo non accademico né cronologico, ma visitando i luoghi che ne portano maggiormente le tracce. “Divisione e riunificazione: itinerari storici nella Berlino della Guerra fredda” esce nel trentennale della riunificazione tedesca per avvicinare il pubblico italiano a una storia complessa e affascinante, che non si esaurisce nella costruzione e nella caduta del Muro di Berlino, che sarà ricordata il prossimo 9 novembre.
Pubblicato da Villa Vigoni, l’unica istituzione binazionale italo-tedesca in Italia, e scritto da Francesca Zilio – ricercatrice che si occupa di storia tedesca sia a livello accademico che in ambito turistico, collaborando con enti che organizzano viaggi culturali con l’accompagnamento di un docente – il libro è un progetto di Public History: non illustra la storia della Guerra fredda in Germania in modo accademico né cronologico, ma accompagnando il lettore attraverso itinerari che conducono nei luoghi di Berlino su cui questa storia ha lasciato più tracce.
Il libro “Divisione e riunificazione: itinerari storici nella Berlino della Guerra fredda” è articolato in quattro capitoli (La nuova capitale socialista; La stratificazione della storia tedesca nel quartiere di Mitte; La Germania di Pankow; La Berlino degli Alleati) a cui corrispondono quattro itinerari con relative mappe, che escono decisamente dai tradizionali percorsi turistici per far scoprire al lettore luoghi storici straordinari: dal primo punto in cui i berlinesi dell’Est riuscirono a passare ad Ovest la notte del 9 novembre 1989 (no, non è la Porta di Brandeburgo!), al luogo in cui si trova la baracca originale di Checkpoint Charlie (dove c’è solo una copia); dal cinema dei VIP della DDR, uno dei pochi edifici simbolo della ex Berlino Est che non hanno mutato aspetto né funzione, ai luoghi del film “Good Bye, Lenin!”, con relative spiegazioni su quali riferimenti storici del film sono accurati e quali sono fittizi; dal lussuoso hotel del centro che nessuno sospetta essere stato inaugurato da Erich Honecker, al castello di periferia che fu nel tempo deposito nazionale delle opere di “arte degenerata” sequestrate dai nazisti, residenza del presidente della Repubblica della DDR e il luogo del confronto fra il Governo di Berlino Est e le opposizioni che portò alle prime elezioni democratiche del 1989; fino alla centrale da cui gli Alleati occidentali amministravano Berlino Ovest, oggi sede del rettorato dell’Università libera di Berlino.
Tanti di questi edifici sono stati luoghi di decisioni fondamentali per la storia della Germania, dell’Europa e del mondo, di negoziati diplomatici e di trattati internazionali, di cui l’autrice spiega gli aspetti principali e l’importanza in modo semplice, affiancandoli a una serie di aneddoti interessanti per chi conosce Berlino e per chi vuole conoscerla.
Francesca Zilio è ricercatrice in Storia delle relazioni internazionali presso Villa Vigoni – Centro italotedesco per il dialogo europeo. Laureata in Scienze internazionali e diplomatiche all’Università di Trieste, ha ottenuto un dottorato binazionale in Storia delle relazioni internazionali presso la “Sapienza” Università di Roma e la Freie Universität di Berlino. Fra le sue attività di Public History ci sono la creazione e la gestione de “Il Muro di Berlino in pillole” su Facebook e l’elaborazione di itinerari storici per enti specializzati in viaggi culturali con l’accompagnamento di un docente.
Villa Vigoni – Centro italo-tedesco per il dialogo europeo (www.villavigoni.eu) è l’unica istituzione binazionale italo-tedesca esistente in Italia, con sede a Menaggio sul Lago di Como. Convegni accademici, conferenze internazionali e manifestazioni culturali rendono Villa Vigoni un luogo d’incontro e di confronto fra Italia e Germania nel contesto europeo, in cui si promuovono progetti e si approfondiscono conoscenze in ambito scientifico, politico, economico e artistico.

 

Cos’è e come funziona la Mop | la bomba americana distruggi bunker
Da insideover.com del 28 ottobre 2020

Di Paolo Mauri

Si chiama Mop, acronimo che sta per Massive Ordnance Penetrator. È una delle più potenti bombe che ci siano al mondo insieme alla Moab (Massive Ordnance Air Blast), la “mother of all bombs” usata per la prima volta in azione in Afghanistan ad aprile del 2017 sganciata da un MC- 130 “Combat Talon II” o “Slick” C-130, l’unico velivolo in grado di trasportarla date le sue imponenti dimensioni, e la Foab, una bomba termobarica russa che, che con le sue 44 tonnellate di Tnt equivalente sembra essere la più potente bomba convenzionale del mondo (a detta di Mosca). Sebbene la Mop sia più piccola della Moab, ha delle dimensioni e dei pesi di tutto rispetto: la bomba, denominata ufficialmente Gbu-57, è lunga infatti 6,2 metri con un diametro di 80 centimetri e ha una massa complessiva di 13,6 tonnellate di cui 2,4 sono rappresentate dalla carica esplosiva. Per fare un paragone la Moab ha un peso di 10 tonnellate ma ha una carica esplosiva di 8,4 rappresentata da H6, una mistura di Rdx (Ciclotrimetilenetrinitroammina), Tnt e alluminio. La Moab, infatti, non è progettata per penetrare bersagli corazzati, ma per colpire obiettivi d’area che distrugge tramite la sovrappressione ed il calore.

La Mop, invece, nasce esplicitamente per colpire obiettivi corazzati, o induriti come si dice in gergo militare: risulta che possa penetrare 60 metri di cemento armato in grado di resistere alla sovrappressione di 5mila Psi (circa 350 chilogrammi per centimetro quadrato). Ad oggi il bombardiere stealth B-2 Spirit è l’unico aereo in grado di utilizzare la Gbu-57 a livello operativo, sebbene i bombardieri B-52H abbiano sganciato alcune di queste armi durante passati test. Anche il futuro bombardiere stealth B-21 Raider sarà probabilmente in grado di trasportare le Mop, in quanto rientrano nella dottrina statunitense del Prompt Global Strike, ovvero la capacità di effettuare un attacco convenzionale in breve tempo in qualsiasi parte del mondo.
La Mop deriva dal progetto di un’altra bomba, la Big BLU, proposto dalla Northrop-Grumman e Lockheed-Martin nel 2002 e presto abbandonato. L’invasione dell’Iraq del 2003, però, mise l’Usaf davanti alla necessità di avere ordigni in grado di penetrare efficacemente i bunker nemici, così la Boeing l’anno successivo riesumò il progetto e sviluppò la Gbu-57, che effettuò il suo primo test nel 2007. Il primo ordine per 8 di questi ordigni arriva a febbraio del 2011, ma attualmente non si sa esattamente il numero di Gbu-57, nelle sue varie versioni, presenti nell’arsenale dell’Usaf, sebbene già a settembre del 2011 risulta fossero circa 20.
Sappiamo, come riporta The Drive, che ci sono stati ordini successivi e che da quella data un certo numero di ordigni è stato usato in vari test. È probabile che il numero totale di armi disponibili sia aumentato negli ultimi anni. Nel febbraio 2018, l’Usaf aveva annunciato che stava acquistando un numero imprecisato di Mop dalla Boeing, che probabilmente sarebbero stati anche nella configurazione Gbu-57E/B. Il mese prima, Bloomberg aveva riferito che un programma di “quarto aggiornamento” per gli ordigni era stato completato e che anche le bombe esistenti nelle scorte erano state modificate.
La Mop è stata pensata appositamente per colpire, con un attacco di precisione, gli spessi bunker utilizzati dall’Iran per la sua ricerca nucleare oppure utilizzati dalla Corea del Nord per celare sia le sue infrastrutture nucleari sia i veicoli di lancio per i missili balistici. Lo sviluppo della bomba è stato infatti accelerato di pari passo con il peggiorare della crisi per il nucleare iraniano, ed è tornata utile anche come strumento di deterrenza per la successiva crisi nordcoreana. La Mop venendo trasportata dal B-2 è un efficace mezzo di primo colpo: il bombardiere, infatti, si avvicina al bersaglio eludendo i radar avversari e sgancia l’ordigno restando invisibile sino al momento dello scoppio.
In effetti un tale sistema è efficace anche contro i siti corazzati di comando, comunicazione e controllo: un obiettivo primario che verrebbe colpito immediatamente all’inizio di possibili ostilità per creare confusione e “accecare” il nemico. La Mop, con la sua alta capacità di penetrazione data dalla sua massa, riuscirebbe a penetrare uno spesso strato di cemento armato per poi esplodere: la sua spoletta a scoppio ritardato, montata sulla coda della bomba per proteggerla, la farebbe detonare nel cuore dell’obiettivo. Grazie al suo carico bellico, e alla guida Gps della bomba, un B-2 potrebbe bersagliare con due ordigni un obiettivo particolarmente indurito: il primo colpo servirebbe per “ammorbidirlo”, mentre il successivo servirebbe a distruggerlo completamente.
Il B-2, come accennato, è l’unico velivolo che ha visto un aggiornamento mirante a migliorare le capacità convenzionali di “bunker busting”: il programma dell’Air Force noto come Hdbtds (Hard and Deeply Buried Target Defeat System). Secondo il bilancio del budget dell’Usaf per l’anno fiscale 2020, questi aggiornamenti includono una modifica non specificata “principalmente basata sul software” per la Mop che mira a migliorare la capacità Hard and Deeply Buried Target Defeat System, ovvero del sistema di bordo per colpire bersagli induriti o sepolti in profondità.

 

Dal cantiere dell’ex Provincia “sbuca” un tratto di fortificazione medievale
Da notizieplus.it del 28 ottobre 2020

Di Lucia Russo

È stato ritrovato, nel cantiere “ex Provincia” di San Liberale e via Cesare Battisti, un importante tratto di fortificazioni medievali della Città di Treviso.

La notizia è stata comunicata al Comune dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area Metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso: nel luogo del rinvenimento è infatti in corso la realizzazione di un complesso direzionale e residenziale. Le fortificazioni medievali della città ritrovate sono caratterizzate da imponenti strutture murarie, con arcate sostenute da pile.
Le strutture, di proprietà statale per legge, verranno non solo tutelate, ma anche opportunamente valorizzate e rese fruibili alla collettività.

«Ho appreso la notizia dalla Soprintendenza e posso già dire che tali strutture verranno tutelate e restituite alla collettività», afferma il sindaco Mario Conte. «C’è già un accordo di massima con la proprietà dell’immobile per la valorizzazione di questo sensazionale ritrovamento che andrà ad arricchire il già immenso patrimonio architettonico della Città».

 

Le mura di Venezia, tra laguna ed entroterra
Da metropolitano.it del 28 ottobre 2020

Tra terra e acqua, anche Venezia può essere considerata una città murata.

Il Forte di Sant’Andrea, davanti a San Nicolò, Lido di Venezia

Il sistema difensivo della città, in parte visitabile, è un  complesso sistema di opere di fortificazione realizzate, in fasi successive, a protezione di Venezia e della laguna veneta dalla Serenissima Repubblica, dall’Impero francese, dall’Impero austriaco e dal Regno d’Italia. Della Venezia fortificata sopravvive oggi una parte solamente, un prezioso gruppo di edifici che, destinati per decenni all’utilizzo esclusivamente militare, sono rimasti a lungo quasi sconosciuti.
Ora che buona parte di queste strutture sono state cedute dalle autorità militari, è stato possibile riconvertirle in aree dedicate alla cultura e al turismo con la creazione nuovi itinerari storico-naturalistici, tra laguna ed entroterra, che si snodano su un percorso suggestivo e molto esteso

Un piccolo viaggio a ritroso nel tempo

Le prime mura furono costruite a tutela del territorio già nel Cinquecento per bloccare l’accesso alla laguna.
Fino ad allora Venezia affidava la propria difesa esclusivamente all’inaccessibile reticolo lagunare, meticolosamente curato anche con deviazioni dei fiumi che sfociavano in laguna e che minacciavano l’interramento lagunare.
Le fortificazioni ebbero però  il loro periodo di sviluppo e gloria tra la fine del Settecento e per tutto l’ottocento.

Forte Marghera

Forte Marghera è il forte più antico e imponente tra quelli del Campo Trincerato di Mestre.

Occupa, infatti, più di quaranta ettari. A pianta stellata, fu la prima opera fortificata costruita per la difesa di Venezia e del suo arsenale dagli attacchi di terra e ne rappresenta il baricentro.

L’imponente struttura difensiva, che si sviluppa su numerose isolette artificiali attorno al nucleo centrale della fortezza, fu costruita a partire dai primi anni del XIX Sec. dagli eserciti francese e austriaco.

Oggi è monumento e area di aggregazione importante della città, mette insieme diverse realtà impegnate nella cultura e nella formazione, ma anche locali, ristorantini e spazi in cui si svolgono concerti tutto l’anno.

Forte Bazzera

Costruito nel 1910 come deposito munizioni a servizio del vicino Forte Rossarol,

Forte Bazzera è situato su un’isoletta rettangolare interamente circondata da un canale artificiale, alla quale si accede solamente attraverso un ponticello, un tempo (probabilmente) scorrevole. Dopo anni di abbandono ed utilizzo come discarica, dai primi anni ’90 è stato recuperato quale oasi e giardino per tranquille scampagnate dove si svolgono regolarmente manifestazioni artistiche, teatrali e musicali.

Da anni ospita anche la rinomata “Sagra dea Sbrisa”. Nell’area sono ancora ben visibili le antiche costruzioni militari, casematte in cemento armato, locali di deposito munizioni e quelli del corpo di guardia. Al Forte si accede per una stradina dal centro di Tessera, poche centinaia di metri prima del trafficato accesso all’aeroporto.

 

Forte Carpenedo

Poco distante, in via Vallon, si trova Forte Carpenedo.

L’edificio, a cui si accede attraversando un ponte all’epoca levatoio, costituisce, assieme ai gemelli Bazzera e Tron, il nucleo originario del Campo Trincerato di Mestre costruito alla fine dell’800 a supporto di Forte Marghera, non più in grado di difendere Venezia e il suo arsenale dagli attacchi via terra a causa dell’aumento delle gittate delle bocche da fuoco.

Il forte è visitabile attraverso un percorso museale in cui sono stati ricostruiti ambienti militari del secolo scorso (la stanza dell’ufficiale, l’ufficio del comandante, l’infermeria, la mensa, le camerate, le scuderie) mentre la parte esterna è sede di un Centro di Educazione Ambientale.

Oltre alle visite è possibile partecipare ad appuntamenti di carattere culturale, sportivo, storico e tradizionale. Il punto di ristoro del forte è un luogo confortevole e tranquillo che propone cucina italiana.

 

 

Forte Gazzera

Forte Gazzera, a nord-ovest di Mestre, in via Brendole, è oggi un ottimo esempio di integrazione e riutilizzo di strutture militari da tempo abbandonate.

Qui, gli edifici una volta dedicati ai locali di comando, fureria, cucine, dispense e camerate ospitano infatti un museo dedicato alle attività umane dell’entroterra veneziano.

Nei locali sono esposti materiali, attrezzature e attrezzi di vecchi mestieri.

La parte esterna è utilizzata per manifestazioni ed eventi sempre collegati agli antichi mestieri e tradizioni popolari.

 

Forte di Sant’Andrea

Il forte si trova nell’omonima isola, a Venezia ed è visitabile solo con mezzi propri.

Il pontile più vicino si trova infatti all’ Isola della Certosa (vaporetti Actv linee 4.1-4.2, fermata a richiesta). Forte S. Andrea, o Castelnuovo, venne realizzato nella prima metà del XVI secolo a opera dell’architetto veronese Michele Sanmicheli, autore di numerose costruzioni civili e militari rimaste celebri in tutti i domini della Serenissima.

Sorge su uno scanno sabbioso posto di fronte alla bocca di porto di Lido, l’ingresso principale dal mare alla laguna e alla città di Venezia. Con le sue cannoniere a pelo d’acqua rendeva quasi impossibile l’ingresso di eventuali navi nemiche nella città, anche grazie ad una catena tesa con il prospicente Forte di S. Niccolò, realizzato, anch’esso nel XVI secolo, costruzione medioevale di cui non rimane alcuna traccia. Al piano terreno, al centro del complesso fortificato, si raggiunge il grande Salone del Mastio che è il principale edificio esistente nell’Isola di Sant’Andrea. Un complesso di camminamenti, corridoi e scaloni consente di visitare quasi completamente il Mastio fino a raggiungere la terrazza da cui si gode di un meraviglioso panorama della laguna e di Sant’Andrea.

La Torre Massimiliana

La Torre Massimiliana si trova nell’isola di Sant’Erasmo, nella laguna nord (vaporetto Actv linea 13 da Fondamenta Nuove).

Costruita dagli austriaci tra il 1843 e il 1844, rappresenta l’unico esempio di fortificazione cilindrica a “torre massimiliana” in Italia.  Sorge sul sedime del precedente Forte di S. Erasmo costruito dai Francesi (1811-14) ed aveva la funzione di difendere la parte meridionale del litorale di S.Erasmo, prendendo d’infilata la bocca di porto di Lido.

La Torre è circondata da un fossato acqueo e ha una terrazza dalla quale si può godere di una spettacolare vista sull’intera isola e sulla bocca di porto del Lido.Ristrutturata nel 2003 dagli architetti Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini, la Torre Massimiliana è attualmente inserita nel nuovo sistema di infrastrutture e paesaggio dell’isola di Sant’Erasmo.

Lo scorso luglio il Comune ha emanato un bando pubblico per la concessione venticinquennale della struttura con l’obiettivo realizzare un edificio polifunzionalecon spazi dedicati alla lavorazione, preparazione, consumo e vendita dei prodotti locali d’eccellenza,un bar e un punto informativo.

 

Nove castelli di Arcevia, i gioielli dell’Anconetano
Da trueriders.it del 28 ottobre 2020

Lo sapevate che le Marche sono una delle regioni più gettonate dai turisti italiani e internazionali? Capire perché, del resto, non è difficile. Dalla natura degli Appennini alle coste del Conero, dai borghi ai sapori della cucina, questa regione è un vero tesoro d’Italia.
Qui si trovano alcuni dei gioielli del nostro Paese, dalla città rinascimentale di Urbino alle eleganti piazze di Ascoli Piceno. Il tutto, senza tralasciare i nove Castelli di Arcevia. Sono proprio loro la destinazione di questonuovo itinerario, perfetto per le giornate d’autunno.
Torniamo così a scoprire le bellezze italiane, all’insegna di quel turismo di prossimità che è fondamentale per il Bel Paese. Destinazioni non lontane da casa, dove trascorrere anche solo una giornata. Con la moto, poi, tutto diventa più facile e sono davvero pochi i legacci che ci limitano.
Immersi tra atmosfere tipicamente medievali, questi nove monumenti fanno tutti parte della provincia di Ancona. Bastano poche ore per toccarli tutti, ma nulla ci vieta di trascorrere un weekend nelle Marche. Di opzioni, del resto, ce ne sono a bizzeffe.

Tutto quello che c’è da sapere sui Nove castelli di Arcevia

Una storia che viene da lontano

 

Vista invernale su Arcevia, il borgo “cardine” dei nove castelli

I nove castelli di Arcevia si trovano a pochissimi chilometri uno dall’altro, quindici in tutto tra San Lorenzo in Campo (quello più a nord) e Avacelli (quello più a sud).
Prendono tutti il nome da Arcevia, questo bel borgo dell’anconetano che si trova all’imbocco degli Appennini, vicino la Gola della Rossa. L’antica Rocca Contrada cambiò il suo nome nel 1817, per decisione di Papa Pio VII, che veniva dalla non lontana Cesena. Il significato di questo nuovo nome voleva evidenziare la sua storica rilevanza di città fortificata. Qui però i primi insediamenti risalirebbero addirittura a venticinquemila anni fa. A quei tempi risalirebbe una sorta di officina rudimentale nella quale le popolazioni di allora producevano degli strumenti per la caccia in selce.

Circa 5000 anni fa nacque Conelle, una cittadella protetta da un fossato, mentre il borgo attuale risalirebbe all’incirca all’XI secolo. I nove castelli, infine, sarebbero sorti tra il Trecento e il Quattrocento.

 

Tra amore e poesia: ecco i castelli

 

Avacelli

Circondato da un fittissimo bosco, il Castello di Avacelli fu costruito intorno al XIV secolo. Oggi ha le sembianze di un borghetto, il cui panorama spazia fino alle vicine Grotte di Frasassi.

Splendide le due chiesette, quella di San Lorenzo e di Sant’Ansovino. Quest’ultima, dell’XI secolo, pare che sia stata costruita dall’Ordine dei Templari, che ne tenne la proprietà fino al suo scioglimento.

Avacelli è anche famosa per la Sagra degli asparagi, che si tiene ogni anno nel mese di maggio.

 

Castiglioni

Si entra da una porta del Quattrocento, e subito ci si ritrova immersi in un mondo antico ma straordinariamente ben tenuto. Ecco Castiglioni, uno dei nove castelli di Arcevia, conosciuto soprattutto per la sua festa del pane.

Pare infatti che qui ci fossero, già seicento anni fa, un mulino e un forno “pubblici”, nei quali si cuocevano pagnotte e filoni destinati a durare per molti giorni. Nelle due chiese di Sant’Agata e Santa Maria della Piana sono conservate splendide opere degli artisti locali Ercole Ramazzini e Andrea di Bartolo da Jesi, entrambi vissuti nel periodo pre-rinascimentale.

 

Caudino

Il più piccolo dei nove castelli di Arcevia, Caudino si trova alla fine di un bosco nel quale godersi una bella passeggiata. Disabitato in inverno, ma scelto come meta di villeggiatura in estate, è un borghetto dove il silenzio domina incontrastato.

Le mura fortificate dominano parte del perimetro, mentre la chiesa locale è dedicata a Santo Stefano.

 

Loretello

Dal più piccolo al più antico, il nostro viaggio tra i nove castelli di Arcevia prosegue verso Loretello, un castello che risale addirittura all’anno 1072. Furono i monaci di Fonte Avellana a rifugiarsi da queste parti, a caccia di un luogo perfetto per la meditazione e l’ascetismo.

Qui è molto diffusa, ancora oggi, la coltivazione dei cereali, delle olive e la produzione vinicole. Per ricordarne la storia è stato fondato il Museo della Civiltà Contadina.

 

 

Montale

Un po’ antico e un po’ moderno. Dei nove castelli di Arcevia quello di Montale è forse quello che ha saputo accogliere meglio i tempi contemporanei.

La sua cinta muraria è molto ben conservata, così come il campanile della Chiesa di San Silvestro. Da qui il panorama spazia fino al promontorio del Conero.

 

Nidastore

Saliamo a nord, fino quasi a toccare la provincia di Pesaro, per conoscere il Castello di Nidastore, ovvero “nido degli astori”. Qui infatti venivano allevati quei grandi uccelli che, in pieno Medioevo, erano una parte essenziale della caccia.

I toni ocra delle casette e di parte delle mura giunte fino a noi danno a tutto il complesso un aspetto elegante ma accogliente.

 

 

Palazzo

Palazzo d’Arcevia è forse il più “borgo” tra questi nove castelli: una serie di case ed edifici arroccati su una collina, che spunta quasi all’improvviso tra i boschi dell’Anconetano.

In cima all’abitato, la Chiesa dei Santi Settimio e Stefano domina tutto il complesso, e regala dei panorami che fanno bene agli occhi e al cuore. Un vero ventaglio di emozioni, di vicoli stretti e di ampie vedute sulle zone circostanti.

 

 

Viticcio

È il più famoso dei nove castelli di Arcevia, Piticchio, dal curioso nome e dalla carta d’identità celebre. Solo qualche anno fa, furono gli olandesi a scoprirlo e portarlo sulle TV di tutta Europa, forse anche prima di molti turisti italiani.

Si entra nel borgo passando per il grande arco dell’Ottocento, dal quale parte la Torre dell’Orologio. È uno dei simboli di Piticchio, insieme alla Parrocchiale di San Sebastiano, ai quadri di Ercole Ramazzini e alle mura del Quattrocento.

Passeggiare per i vicoli ben tenuti o sul cammino di ronda è un’esperienza irrinunciabile, che raccoglie e sintetizza tutta la bellezza di questa terra.

 

San Pietro in Musio

Ultimo, ma non per importanza, tra i nove castelli di Arcevia, San Pietro in Musio risale all’inizio del Duecento. La sua conformazione è però del Quattrocento, intoccata da allora.

Bellissima la passeggiata della cinta muraria, sulla quale quasi all’improvviso spunta un affresco dedicato a San Pietro. Da visitare anche il vicino Santuario della Madonna di Montevago.

 

 

Percorso

Il percorso dei nove castelli di Arcevia è una “passeggiata” nel cuore delle Marche anconetane. 50 chilometri, che – escludendo le soste – richiedono appena un’ora di guida. Ognuno di questi borghetti merita però una visita approfondita: concedetevi una o due giornate. Qualunque sia la scelta partiamo da Avacelli, che da Castiglioni dista appena 5,4 chilometri lungo la Provinciale 44.
Oltrepassata Serra De’ Conti, ci attendono due borghetti molto vicini uno dall’altro, Montale e Piticchio (4 chilometri). Siamo proprio nel cuore dei nove castelli di Arcevia, ma il percorso ha ancora molto da svelarci.

Circa 7 chilometri ci separano da Loretello, il più antico dei nove. Dopo la visita, deviamo sulla Provinciale 59 in direzione di San Lorenzo in Campo, il più settentrionale dei castelli. Ridiscendiamo verso Nidastore seguendo nuovamente la Provinciale 59, mentre è la SP14 che ci porta dritti a Palazzo (7,5 km) e finalmente ad Arcevia (10,3 chilometri).
Stefano Maria Meconi

 

La storia di Gladio
Da ilpost.it del 24 ottobre 2020

Trent'anni fa Giulio Andreotti confermò l'esistenza di una struttura militare segreta legata alla NATO, con una storia lunga e oscura

Il 1990 era un anno carico di aspettative per il futuro, in Europa. Per quanto possa sembrare strano oggi, a maggio Toto Cutugno cantò con ottimismo un inno europeista sul palco croato dell’Eurovision, una canzone che celebrava il futuro trattato di Maastricht. A ottobre la Germania Ovest – che aveva appena vinto i Mondiali di calcio – annetté la Germania Est, dopo che i due paesi erano rimasti divisi per più di quarant’anni. Gli antichi conflitti della Guerra fredda erano in via di risoluzione, con il presidente degli Stati Uniti George H. W. Bush e quello dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov che si incontravano sempre più spesso. Un anno prima il muro di Berlino era stato abbattuto e il politologo americano Francis Fukuyama si chiedeva retoricamente se quell’epoca stesse per segnare “la fine della storia”, in un articolo clamorosamente smentito dai fatti dei decenni successivi.

In questo clima, l’allora presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti ritenne che fosse arrivato il momento di parlare apertamente di Gladio, una struttura militare segreta che operava in Italia almeno dagli anni Cinquanta con lo scopo di resistere a una presunta occupazione nemica. Andreotti confermò la sua esistenza in un discorso alla Camera il 24 ottobre del 1990, trent’anni fa, dopo averne scritto in una relazione inviata il 18 ottobre alla Commissione parlamentare sulle stragi e sul terrorismo. Ma non era la prima volta che Andreotti poneva la questione di Gladio: lo aveva fatto anche poco più di due mesi prima, sempre parlando con la Commissione. E non era neanche la prima volta che emergeva questa storia: il terrorista di destra Vincenzo Vinciguerra nel 1984 aveva parlato durante un processo di «una struttura parallela ai servizi di sicurezza» che dipendeva dalla NATO.

Gladio non era l’unica struttura di sicurezza parallela presente in Europa. Faceva parte di un insieme molto più ampio di operazioni segrete (in inglese covert operations), una sorta di rete di strutture in vari paesi del blocco occidentale. La rete si chiamava “Stay-Behind” e aveva diramazioni in quasi tutti i paesi della NATO, tra cui Grecia, Belgio, Francia, Germania e Paesi Bassi.

Andreotti fu spinto a parlare con la Commissione stragi dopo un colloquio avuto a luglio del 1990 con il giudice Felice Casson, che stava indagando su una strage avvenuta nel 1972 e stava percorrendo una pista che lo aveva portato sostanzialmente a ricostruire la struttura e le operazioni di Gladio: così decise di chiedere ad Andreotti l’autorizzazione a consultare gli archivi dei servizi per le indagini, che – probabilmente visti i cambiamenti internazionali, e visto che la vicenda in un modo o nell’altro sarebbe venuta fuori – la concesse.
Il caso mediatico di Gladio montò lo stesso, anche se lentamente. Ad agosto, quando Andreotti cominciò a parlare con la Commissione stragi, i giornali di tutto il mondo – compresi quelli italiani – erano presi da una storia in quel momento più grossa: il presidente iracheno Saddam Hussein aveva appena invaso il Kuwait causando notevole scompiglio alla Casa Bianca, che decise poi di intervenire militarmente. In quei giorni sulle prime pagine dei giornali italiani non si parlava di Andreotti e di Gladio neanche in un trafiletto.

Dalla fine di ottobre, invece, le rivelazioni cominciarono a farsi più dettagliate e già il 4 novembre il Corriere della Sera titolava in prima pagina «Tempesta sui misteri di Gladio». Nel giro di poco la questione divenne materia di polemica politica tra governo e opposizione, soprattutto perché nella vicenda erano coinvolte due alte cariche dello Stato, vale a dire Andreotti e l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che peraltro reagì piuttosto male quando cominciarono le rivelazioni: si trovava in viaggio in Regno Unito e si affrettò ad ammettere la propria appartenenza a Gladio per giocare d’anticipo sulla stampa e sull’opposizione. Nella nota inviata alla Commissione Andreotti scriveva che la struttura di Gladio nacque ufficialmente il 26 novembre 1956, con un accordo tra il SIFAR e la CIA, ma in realtà la sua storia non inizia quel giorno. Già dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando cominciarono a emergere le prime divergenze tra Stati Uniti e Unione Sovietica, agli americani fu chiaro che nei paesi all’interno della loro sfera di influenza bisognava contenere a tutti i costi il comunismo. Tra questi paesi la priorità e le attenzioni maggiori ce le aveva l’Italia, per almeno due motivi: innanzitutto per la sua posizione geografica, al “confine” tra blocco occidentale e blocco sovietico, e poi per il fatto di avere uno dei partiti comunisti più forti e strutturati d’Europa. Alle elezioni del 1948 i comunisti e i socialisti si presentarono uniti – con il nome Fronte Democratico – e già durante quella campagna elettorale ci fu un’azione di propaganda da parte della divisione operazioni segrete della CIA (OPC), in favore della Democrazia Cristiana. Visto il successo, poi, l’allora presidente Harry Truman decise di proseguire con l’attività di intelligence.

Nel 1949 all’Italia fu concesso di entrare nella NATO nonostante il PCI, e in quello stesso anno si formò il SIFAR: nonostante fosse un servizio segreto italiano, la collaborazione del SIFAR con la CIA era strettissima, al punto che alcuni – tra cui lo storico Daniele Ganser – ritengono che il SIFAR non fosse completamente sotto sovranità italiana. A dirigerlo fu messo il generale Ettore Musco, che secondo alcuni documenti aveva già partecipato due anni prima a quella che il ricercatore Giacomo Pacini ha definito una «misteriosa» struttura anticomunista, cioè l’Armata Italiana delle Libertà.
Tra il 1952 e il 1954 il SIFAR e la CIA si accordarono per trovare un quartier generale delle operazioni segrete: fu scelto Capo Marrargiu, vicino ad Alghero, in Sardegna. Lì nel 1956 fu completata la costruzione di quello che venne chiamato CAG (Centro Addestramento Guastatori), con un piccolo porto, una pista per l’atterraggio degli aerei e una per gli elicotteri, un poligono di tiro e bunker sotterranei, tutto recintato da mura e barriere elettrificate. Le testimonianze di alcuni “gladiatori” – così erano chiamati i militari arruolati nell’operazione – raccontano qualcosa della segretezza in cui avvenivano le esercitazioni: persino loro non sapevano dove stavano andando o dove si trovassero. «Arrivavano con aeroplani camuffati e venivano trasferiti su pullman camuffati. Venivano scaricati davanti ai loro alloggi. Poi sarebbe iniziato l’addestramento», ha raccontato l’istruttore Decimo Garau.

Dopo Musco arrivò a capo del SIFAR il generale Giovanni De Lorenzo, che Daniele Ganser nel suo libro Gli eserciti segreti della NATO descrive così: «con i suoi baffi, il monocolo e rigidi atteggiamenti militari De Lorenzo rappresentava lo stereotipo del generale vecchia scuola». De Lorenzo e il SIFAR furono peraltro tra i protagonisti di una vicenda particolarmente oscura della storia italiana, un piano per un presunto colpo di stato (il cosiddetto “Piano Solo”) che servì come arma di ricatto per ridimensionare le richieste del segretario socialista Pietro Nenni, il quale stava trattando con il democristiano Aldo Moro per la formazione del primo governo di centrosinistra del dopoguerra. Era il 1964.
Nel 1965 il SIFAR fu smantellato perché venne scoperta un’attività di dossieraggio che De Lorenzo e la CIA stavano facendo su tutta la classe dirigente italiana, raccogliendo soprattutto informazioni riservate e delicate che rendevano i politici ricattabili, come relazioni extraconiugali. Gladio passò allora sotto il controllo del neonato SID (Servizio Informazioni Difesa), prima con il generale Allavena e poi con il generale Eugenio Henke, con cui le attività di Gladio continuarono tra gli anni Settanta e Ottanta fino al suo scioglimento nel novembre del 1990. Soprattutto negli anni Settanta, Gladio collaborò anche con la cosiddetta loggia massonica P2 (“Propaganda 2”) di Licio Gelli, la quale in quegli anni lavorava per mantenere ai vertici dello stato personaggi il più possibile conservatori e di destra.
A seguito delle rivelazioni di Andreotti e fino al 2001, quattro diverse procure hanno indagato sulle vicende connesse a Gladio, e ci sono stati dieci processi istituiti con lo scopo di accertare le presunte deviazioni eversive che sarebbero state attuate dai  membri della struttura. I processi e le indagini non hanno portato a nessuna condanna.

 

Musei del comunismo: un tuffo nel passato nelle città di Berlino e Tirana
Da ultimavoce.it del 22 ottobre 2020

BY SIMONE ROSI

Sono poche, forse, le cose che accomunano Berlino e Tirana, oltre al fatto di essere capitali dei rispettivi Paesi. Ma c’è un elemento che sicuramente le unisce: i “musei del comunismo”. In questi luoghi, i visitatori hanno l’opportunità di rivivere un passato cronologicamente vicino ma allo stesso tempo, per molti aspetti, lontanissimo.

Musei del comunismo. Prima tappa: Berlino, DDR-Museum

Geschichte zum Anfassen, ovvero “storia da toccare con le mani”. Questo è lo slogan, azzeccatissimo, del DDR-Museum, che offre uno spaccato ricco e articolato di quella che era la vita quotidiana nella Repubblica Democratica Tedesca.
La prima sala riproduce fedelmente un tipico appartamento di Berlino Est. Mobili, lampade, macchine da scrivere, giradischi, orologi, radio, televisori che trasmettono i programmi dell’epoca. Tutto, in questa sala, rimanda alla Berlino pre-1989. Nella cucina, poi, non mancano i prodotti che hanno segnato la vita degli abitanti della DDR. Fagioli Tempobohnen, birra Roter Oktober, caffè Mocca-Fix, cetriolini Spreewald (sì, quelli del film Good Bye, Lenin!) e molto altro ancora.
Il DDR-Museum ha ancora molto da offrire, come ad esempio la ricostruzione di una stanza di lavoro dei collaboratori della Stasi. Vi è poi, tra le principali attrazioni, la mitica Trabant, considerata l’auto del popolo nella Germania dell’Est. Altrettanto suggestiva è la sala con i simboli e le mascotte dell’epoca, come gli Ampelmännchen (gli omini rossi e verdi raffigurati nei semafori per regolare il traffico) e Sandmann, il protagonista di una serie animata per bambini.

Il museo, infine, dispone di un ristorante interno con arredi e menù rigorosamente in stile DDR.

Seconda tappa: i Bunk’Art di Tirana

In Albania ci sono centinaia di migliaia di bunker in cemento. Difficile stimarne con esattezza il numero. Secondo alcuni sono 170mila, secondo altri arriverebbero a 750mila.
Ma perché ci sono così tanti bunker in Albania? Perché il dittatore comunista Enver Hoxha temeva un attacco nucleare da parte delle potenze occidentali. E per questo motivo, dal 1944 al 1985, fece costruire bunker di cemento ovunque per difendere sé stesso, i suoi fedelissimi e la popolazione albanese da un eventuale attacco.
Una volta caduto il regime, alcune di queste costruzioni sono diventate negozi, bar, ostelli e, nel caso dei Bunk’Art, musei.

Bunk’Art 1 e Bunk’Art 2

Sono due, a Tirana, i “musei del comunismo”: il Bunk’Art 1 e il Bunk’Art 2. Il primo si trova nella zona nord-orientale di Tirana, mentre il secondo nel centro della città.
Il Bunk’Art 1 è un edificio sotterraneo di 5 piani e ben 106 stanze, 24 delle quali convertite in sale espositive. Questo mega-bunker di 2680 metri quadrati avrebbe dovuto accogliere, in caso di attacco nucleare, il presidente Hoxha e l’élite politica del suo regime. Fu inoltre dotato di una camera da letto e di un bagno (per la verità piuttosto spartano) destinati esclusivamente al presidente. Rimasto segreto fino a non molto tempo fa, il Bunk’Art 1 è stato aperto al pubblico nel 2014. È stato poi arricchito da fotografie, videoproiezioni, televisori con programmi dell’epoca, un grazioso teatro e la suggestiva ricostruzione di un’aula scolastica ai tempi del regime.

Il Bunk’Art 2, invece, si trova nel centro di Tirana.

All’ingresso, le pareti sono ricoperte di fotografie che ritraggono alcune delle migliaia di vittime del regime comunista. Le sale interne, invece, propongono perlopiù reperti sulla temutissima Sigurimi, la polizia segreta al servizio di Enver Hoxha. Si possono trovare, ad esempio, cimici e apparecchi con cui i funzionari ascoltavano le conversazioni dei sospetti oppositori, e alcuni oggetti in cui queste cimici venivano piazzate (perfino scope di paglia!).

 

Il Castello di Bestagno, esempio di architettura militare in valle Impero
Da riviera24.it del 22 ottobre 2020

Lo storico locale Alessandro Giacobbe racconta la storia della fortificazione

Di Cristian Flammia

Pontedassio. Viaggio in valle Impero per visitare i ruderi del “Castrum Bestagni“.  La fortificazione, molto probabilmente risalente alla fine del X secolo, era uno degli esempi più importanti e più rappresentativi di architettura militare nel Ponente Ligure . Il perimetro del castello aveva un impianto “ad incudine”, molto simile ai castelli di Monte Arosio, di Castelvecchio e di Prelà. Il fortilizio era posto in una posizione strategica e di controllo che gli permetteva di comunicare con altre torri di avvistamento poste lungo la valle Impero. Il castello fu costruito su anfratti particolarmente scoscesi e su un terrapieno, al cui interno si estendevano ampi sotterranei, oggi difficilmente visibili e percorribili a causa della folta vegetazione e dei numerosi crolli avvenuti duranti i secoli scorsi. Il Castrum Bestagni appartenne ai Duchi di Savoia a alla famiglia dei Doria e terminò la sua gloriosa storia nel Seicento, quando fu distrutto da un attacco delle truppe ispano-genovesi. Oggi, tutta la zona del castello, sebbene sia di proprietà privata, rappresenta un importante bacino di informazioni storiche e, per tale motivo, vogliamo rivolgere un appello per l’apertura di nuovi lavori di scavo archeologico, al fine di acquisire nuove conoscenze e renderle fruibili al grande pubblico. Le pietre del Castrum Bestagni sono, tutt’oggi, una delle testimonianze più interessanti e più significative della storia medievale della Liguria di Ponente.

In merito al castello medievale di Bestagno, lo storico Alessandro Giacobbe spiega: «Il castello di Bestagno ha una storia molto lunga e affascinante. Anzitutto, il toponimo del castello è molto complesso e compare anticamente in Liguria e in Piemonte, tanto da diventare anche un cognome. Il nome pare faccia riferimento alla presenza di acque nella zona e infatti il castello nasce vicino al Ponte di Assio, che era un fondo romano-ligure. La fortificazione, situata su una costiera di fronte all’antica chiesa matrice di San Michele, fondata intorno al X secolo, quando era necessario difendere il territorio dalle incursioni saracene provenienti dal mare. Il nucleo centrale, provvisto di cisterna e strutture di sopravvivenza, è molto simile a quello di Castel d’Appio a Ventimiglia. Nel corso del XIII secolo i Vescovi di Albenga, detentori dei diritti, erigono una importante cerchia muraria difensiva esterna con torri di avvistamento in collegamento visivo con la Torre della Colombera di Bestagno, che oggi non esiste più, e con la Torre di Santa Lucia. Alla fine del XIII secolo i Vescovi di Albenga vendono il castello ad un ramo della famiglia dei Doria. Da quel momento però il castello perde la sua importanza, perché troppo decentrato rispetto all’asse viaria Oneglia-Piemonte che interessava ai Doria. Come riportato da più fonti, il castello fu conquistato e parzialmente distrutto da un primo attacco ispano-genovese nel 1614 e poi definitivamente nella guerra del 1625 fra ispano-genovesi e francosabaudi che avevano invaso i territori della Repubblica di Genova».

 

La Torre del Conte, la fortezza medievale più a sud del mondo
Da leggotenerife.com del 22 ottobre 2020

Andiamo a visitare una delle costruzioni più emblematiche di La Gomera, la torre del Conte.

Si tratta di una fortezza castigliana che risale al XV secolo e si trova nella città di San Sebastian de La Gomera. Questo simbolo architettonico di La Gomera è un edificio di tipo militare, la cui funzione, secondo gli studiosi, “era principalmente quella di rappresentare il potere signorile, e contava sulla mancanza di armi moderne da parte degli indigeni”.
La sua posizione vicino al porto, a una certa distanza da esso, senza posti per le armi da fuoco e in fondo a una valle, conferma questa teoria”.
La torre popolare fu fatta costruire dal conte di La Gomera, Hernán Peraza el Viejo, tra il 1447 e il 1450, e le elite signorili di La Gomera vi si rifugiarono durante la ribellione dei Gomeri.
“Forse all’epoca era il centro di un gruppo più ampio di fortificazioni provvisorie o meno fortificate”, hanno dimostrato gli studi.

Delle torri costruite durante la conquista delle Isole Canarie (Añazo o Gando), quella del Conte è l’unica che rimane oggi. Questa costruzione è di stile tardo gotico, ha una forma prismatica, con un’altezza di 15 metri e un diametro di quasi 40 metri, con pareti spesse due metri.
È imbiancata a calce, con conci rossi agli angoli e ha l’onore di essere l’edificio medievale (in particolare gotico) più meridionale conosciuto.
Il suo progetto originale, dicono i ricercatori, “ha subito diverse riforme, con Jacome Pelearo Fratin e Leonardo Torriani. È stato dichiarato Monumento Storico-Artistico il 13 dicembre 1990″. Ne parla Millares Torres: “Nell’ultimo terzo del XV secolo era un edificio cupo che, come molti altri castelli feudali, fu testimone degli eventi più notevoli della modesta storia di quell’isola”. Si dice che la vedova del conte assassinato si sia rifugiata in questa torre, fuggendo dai suoi sudditi ammutinati, e che Pedro de Vera vi si sia recato per salvarla e che, sotto le sue nere volte, si svolse di nascosto il suo amore per Alonso Fernández de Lugo.
Sulle sue merlature molti dei suoi infelici vassalli furono impiccati senza processo, e nelle sue sale ricevette ospitalità anche il famoso Cristoforo Colombo, mentre passava con le sue caravelle alla scoperta delle Americhe.

Franco Leonardi

 

Summit NATO, primo giorno: discussa risposta comune alla minaccia missilistica russa
Da it.sputniknews.com del 22 ottobre 2020

Summit in videoconferenza dei ministri della difesa dei paesi membri della NATO. All'ordine del giorno anche il contrasto all'arsenale missilistico russo.

Secondo l'Alleanza Atlantica, il potenziale missilistico russo è una "sfida crescente", così si è espresso il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg dopo il primo giorno di lavoro del Consiglio Nord Atlantico in corso oggi e domani.
La "minaccia russa" viene periodicamente agitata come uno spauracchio dai politici di alcuni paesi membri della NATO, in particolar modo paesi baltici e Polonia. Mosca dal canto suo ha ripetutamente sottolineato che la Russia non attaccherà mai nessuno dei paesi della NATO.
Secondo il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, la NATO è ben consapevole che Mosca non ha intenzione di attaccare nessuno, ma sfrutta la "minaccia russa" come pretesto per dispiegare più uomini e mezzi vicino ai confini russi.

"Abbiamo anche discusso del crescente arsenale russo di missili in grado di trasportare testate nucleari. Questa è una sfida seria che sta crescendo in scala e complessità", ha detto Stoltenberg.

Il Segretario Generale della NATO ha anche sottolineato che i paesi membri dell'Alleanza avevano già concordato un pacchetto di misure politiche e militari per rispondere alla "minaccia russa": "Oggi abbiamo valutato i progressi raggiunti in questa direzione", ha spiegato Stoltenberg.
Dalle sue parole si apprendono anche quali siano le direttrici percorse dall'Alleanza Atlantica in materia di forniture militari e sviluppo:

"I paesi NATO stanno acquisendo nuovi sistemi di difesa aerea e missilistica, inclusi i sistemi di difesa aerea Patriot e SAMP / T. Gli alleati continuano ad investire in nuovi progetti, inclusi quelli dei caccia di quinta generazione. Garantiamo anche la sicurezza e l'efficacia del nostro deterrente nucleare, anche attraverso le nostre esercitazioni annuali", ha concluso Stoltenberg.

La posizione dell'Italia

Al summit ha preso parte anche il ministro della Difesa Italiano Lorenzo Guerini, che ha poi intrattenuto un colloquio con l'omologa tedesca Annegret Kramp Karrenbauerhe. Guerini ha confermato l'impegno dell'Italia in seno all'Alleanza Atlantica:

“Siamo riusciti, nonostante la crisi, a mantenere invariate le spese per la Difesa nel 2020 e confermiamo il nostro impegno a tendere verso l’allineamento del nostro budget alla media della spesa dei Paesi europei” - le parole di Guerini riportate da un comunicato stampa del Ministero della Difesa italiano.

Al summit NATO, che vedrà domani la discussione delle missioni in Iraq ed Afghanistan, ha tenuto banco anche la crescente tensione nell'area del Mediterraneo Orientale, dove Grecia e Turchia sono da mesi impegnate in un aspro braccio di ferro.

A questo proposito il Ministro Guerini ha lanciato un messaggio di mediazione:

“Il mediterraneo non deve divenire un’area di contrapposizione tra Alleati, le divisioni interne possono fornire opportunità ai nostri competitor in termini di influenza su di un’area di importanza strategica. L'Italia è sempre disponibile a facilitare il dialogo come fatto finora”.

Trattati INF e START III

Nel 2019, gli Stati Uniti si sono ritirati dal Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio (Trattato INF), accusando la Russia di violarlo. Mosca ha negato tali accuse e si è detta pronta a mostrare il prototipo di missile oggetto delle accuse, ma gli Stati Uniti non sono andati avanti e si sono ritirati dal trattato unilateralmente.
Il ministero degli Esteri russo ha dichiarato che Mosca non è contraria al coinvolgimento di altri paesi nella discussione con gli Stati Uniti su questioni di stabilità strategica.
Il trattato START III tra Russia e Stati Uniti è entrato in vigore il 5 febbraio 2011. Stabilisce che ciascuna parte ridurrà i propri arsenali nucleari in modo tale che in sette anni e in futuro il numero totale di armi sia pari a:

700 missili balistici intercontinentali, missili balistici su sottomarini e bombardieri pesanti

1.550 testate

800 piattaforme di lancio

START III è attualmente l'ultimo e unico trattato sulla limitazione delle armi esistente tra Russia e Stati Uniti, ma scade il 5 febbraio 2021. Se non verrà esteso, non ci saranno accordi al mondo che limitino gli arsenali delle maggiori potenze nucleari.

 

DALLA TORRE SANT ’ EMILIANO PER GUARDARE OLTRE NOI STESSI
Da pugliaeccellente.info del 21 ottobre 2020

Torre Sant’Emiliano è una delle molteplici torri costiere che caratterizzano le coste pugliesi. Luoghi, oggi affascinanti, che la storia ha reso importanti per il loro ruolo di difesa e di comunicazione.
Ci soffermeremo, in particolare, su una torre costiera del Salento, posta sul litorale di Otranto, la prima a nord sull’Adriatico, che domina l’insenatura da Porto Badisco fino a Punta Palascìa (nota per il Faro da cui si gode la prima alba italiana di ogni nuovo anno).
La torre Sant’Emiliano, situata a 100 metri dal mare e ad una altitudine di 50 m, probabilmente prende il nome da una cappella votiva presente nella zona. Non ci sono informazioni relative alla costruzione, tuttavia la torre è presente in molti documenti e nella cartografia storica dal XVI secolo con il nome di Torre di San Milano.
La torre è ormai in totale degrado ma rimane un alto basamento (9 metri di diametro), di forma troncoconica, che si raccorda al residuo del piano agibile. Questo permette di individuare, sul lato monte, la porta levatoia, alla cui base è presente un ampio squarcio, causato da un cedimento.
Arrivare alla torre Sant’Emiliano prevede una lunga scarpinata che vale davvero la pena fare, considerando lo spettacolo paesaggistico immenso, difronte al quale ci si trova.
Tutta la zona circostante è protetta da vincolo paesaggistico e nei fondali vicini alla costa sono stati ritrovati i resti di navigli corsari. Numerosi i percorsi di trekking che portano alla torre e poi scendono verso il mare cristallino e le bellissime spiagge. Il tutto è condito dai profumi della macchia mediterranea. E’ l’orizzonte delle conquiste, dei commerci, di un mondo a noi sconosciuto e lontano, di cui la nostra terra brulicava e intorno a cui costruiva la sua storia. Guardare il mare dalle torri costiere ci conduce alla ricerca delle nostre radici e, perchè no, della nostra anima in fuga, che forse, per un solo istante, in questi luoghi si potrebbe far acchiappare!

Manuela Bellomo

 

Lo scoprono mentre sta caricando in un furgone rame appena rubato
Da oggitreviso.it del 20 ottobre 2020

Nei guai un 19enne di Montebelluna: l'episodio è accaduto al'ex deposito di munizioni di Volpago

Di Gianandrea Rorato

VOLPAGO DEL MONTELLO - Sta rubando del rame ma viene sopreso dai Carabinieri mentre sta caricando il bottino.
È accaduto stanotte alla struttura “ex deposito munizioni - polveriera” di via del Fante, di proprietà’ del comune di Volpago. I militari della locale stazione hanno arrestato in flagranza di reato per furto aggravato, C.D., 19enne di Montebelluna, pregiudicato con alle spalle reati contro il patrimonio.

Il ragazzo, dopo aver rubato materiale in rame per un valore di circa 2.000 euro, è stato sorpreso dai militari mentre stava caricando la refurtiva in un Iveco Daily. Il materiale è stato dunque recuperato e restituito al legittimo proprietario. Il ragazzo è stato arrestato e trattenuto nelle camere sicurezza, in attesa del processo per direttissima in programma questa mattina.

 

Alla scoperta della base Keister, la più grande stazione satellitare terrestre della Nato
Da agenzianova.com del 19 ottobre 2020

Bruxelles, 19 ott 14:19 - (Agenzia Nova) - La più grande stazione satellitare terrestre della Nato, con la capacità di resistere a un attacco nucleare e di lavorare in isolamento per 20 giorni. E' la stazione satellitare "Keister", a Gooik, in Belgio, circa 30 chilometri a ovest di Bruxelles, in cui "Agenzia Nova" è potuta entrare grazie ad un media tour organizzato dall'Alleanza Atlantica. Come definito a Londra nel dicembre 2020, durante il Vertice dei capi di Stato e di governo dei paesi alleati, lo spazio è per la Nato un dominio operativo, insieme a terra, aria, mare e cyber. Non a caso, quindi, il segretario generale Jens Stoltenberg, in occasione del media tour a Gooik, ha dichiarato di aspettarsi che, nella riunione ministeriale della Difesa di questa settimana, i ministri dei paesi alleati acconsentano alla creazione di un nuovo centro spaziale della Nato presso il comando aereo a Ramstein, in Germania. Questo perché il ruolo dello spazio avrà sempre maggior peso e, in questo contesto, le stazioni satellitari terrestri giocano un ruolo fondamentale nel posizionamento, nel targeting, nella ricognizione, nelle comunicazioni, nelle previsioni del tempo e in altri campi. Come fa la stazione di Gooik, che è una delle strutture militari più avanzate e recenti al mondo, con la possibilità di reggere all'urto di un attacco nucleare.
Aperta nel 2019, gestisce il 40 per cento del traffico dati satellitare della Nato, come le comunicazioni tra il quartier generale e le navi, i posti di comando o le videoconferenze classificate. A gestirla l'Agenzia di comunicazione e informazione della Nato (Nato communications and information agency), istituita il primo luglio 2012 all'interno di una riforma della Nato, sebbene in questo campo si conti un'esperienza di 63 anni che va dalla Guerra Fredda alle operazioni nei Balcani, dal teatro dell'Afghanistan al rapido dispiegamento di Intelligenza artificiale alle Unità di integrazione delle forze sul fianco orientale della Nato. Nella stazione Keister, 4 antenne, protette in modo tale che non siano visibili le coordinate a cui mirano, comunicano con i satelliti da un lato e con le unità dispiegabili e con il quartier generale della Nato, permettendo una comunicazione più funzionale. La base è stata smantellata nel 2014 e riaperta nel 2019, con l'accettazione provvisoria del sito ottenuta il 29 novembre, il passaggio di proprietà da Leonardo alla Nato, l'inizio della transizione verso la piena operatività. Ha la capacità di resistere a un attacco nucleare e di lavorare in isolamento per 20 giorni.
Per la Nato è sempre più fondamentale, nello svolgere le sue missioni, sfruttare più efficacemente la tecnologia dell'informazione e riformare i suoi processi aziendali. Quindi, quello che l'Agenzia fa è acquistare, schierare e difendere i sistemi di comunicazione per i decisori politici e i comandi della Nato, un lavoro in prima linea contro gli attacchi informatici e a stretto contatto con i governi e l'industria per prevenire futuri attacchi debilitanti. In questo modo, si aiutano le nazioni della Nato a comunicare e a lavorare insieme in modi più intelligenti, a collaborare e a prendere le decisioni giuste nel momento giusto sia a terra, che in volo e in mare. A questo si aggiunge la collaborazione con l'industria, come Leonardo, e il mondo accademico per fornire una tecnologia resiliente di comando, controllo, comunicazioni, computer, intelligence, sorveglianza e ricognizione con lo scopo di salvare vite e salvaguardare la pace per quasi un miliardo di persone. Un miliardo di euro il volume totale dell'Agenzia di comunicazione e informazione della Nato, con 702 milioni di euro di contratti con l'industria e 300 milioni di euro di ricavi operativi.
Nel 2020 ci sono stati 7 teatri a cui è stato dato sostegno: in Turchia (NS2TUR); nella polizia aerea in Europa, in Kosovo, alla missione Resolute Support in Afghanistan, alla missione Support to African Union (NS2AU), nel controllo del Mediterraneo, in Iraq. Quattro sono le basi, a Bruxelles e a Mons (entrambe in Belgio), all'Aja (Paesi Bassi) e a Oeiras (Portogallo), e sono oltre 150 i servizi che vengono forniti e i progetti chiave vanno dai servizi di comando e controllo al sostegno a esercitazioni e operazioni, fino alla pianificazione del comando e del controllo della difesa, con il sistema di comando e controllo aereo per condurre attività di polizia aerea e di protezione dello spazio aereo europeo della Nato. Altri servizi vanno dalle reti di consultazione e comando, con servizi aziendali centrali per enti e nazioni della Nato alla modernizzazione dell'IT della Nato; dall'intelligence, sorveglianza e ricognizione congiunte ai servizi di sicurezza informatica, con lo scudo informatico della Nato; dalla capacità di risposta agli incidenti informatici della Nato alla partnership informatica del settore della Nato. Attualmente ci sono più di 2 mila satelliti attivi che orbitano intorno alla Terra e, per il 60 per cento circa, sono di paesi alleati.
Tanti i settori che dipendono dal lavoro dei satelliti: commercio, trasporti, previsioni del tempo, telefoni cellulari e servizi bancari per citarne solo alcuni. La Nato utilizza i sistemi spaziali da decenni, ad esempio per la navigazione, la comunicazione, l'intelligence e il rilevamento dei lanci di missili. Ma i satelliti possono essere bloccati, violati, accecati o abbattuti ed è per questo che gli alleati hanno espresso preoccupazione per il comportamento aggressivo di Cina e Russia nello spazio. Per questo, è sempre più importante agire nello spazio e renderlo un dominio operativo permette ai pianificatori della Nato di assegnare obiettivi agli alleati per fornire capacità o una certa quantità di dati per immagini di intelligence. "I sistemi satellitari fanno funzionare il nostro mondo in modi che molte persone a malapena si rendono conto. Commercio, previsioni del tempo, telefoni cellulari e servizi bancari si basano tutti sui satelliti. Lo spazio è anche essenziale per la Nato, anche per la nostra capacità di navigare, raccogliere informazioni, comunicare e rilevare i lanci di missili", ha dichiarato il segretario generale Stoltenberg, in occasione del media tour a Gooik. "Quindi è importante che l'Alleanza abbia una buona consapevolezza di ciò che sta accadendo nello spazio, che continuiamo ad avere un accesso affidabile ai servizi spaziali e che l'Alleanza mantenga il suo vantaggio tecnologico. Comunicazioni satellitari veloci, efficaci e sicure sono essenziali per le nostre truppe", ha aggiunto.
"L'ambiente spaziale è cambiato radicalmente nell'ultimo decennio. Lo spazio sta diventando sempre più affollato e competitivo con centinaia di nuovi satelliti aggiunti ogni anno. E i satelliti sono sempre più vulnerabili. Alcune nazioni, tra cui Russia e Cina, stanno sviluppando sistemi antisatellite che potrebbero accecare, disabilitare o abbattere i satelliti e creare pericolosi detriti in orbita. Dobbiamo aumentare la nostra comprensione delle sfide nello spazio e la nostra capacità di affrontarle", ha proseguito. "I membri dell'Alleanza stanno assumendo un ruolo guida, istituendo comandi spaziali nazionali e investendo in nuovi satelliti e tecnologie per proteggere i satelliti. Mi aspetto che questa settimana i ministri della difesa della Nato acconsentano alla creazione di un nuovo centro spaziale presso il nostro comando aereo a Ramstein. Questo sarà un punto focale per garantire il sostegno spaziale alle operazioni della Nato, condividere le informazioni e coordinare le nostre attività", ha concluso Stoltenberg. (Beb) ©Agenzia Nova

 

UItimo atto sull’ex base Passerà al Comune lo storico sito militare
Da messaggeroveneto.it del 19 ottobre 2020

L’atto conclusivo del passaggio al Comune dell’ex base dell’aeronautica militare di Cordovado sarà dopdomani durante il consiglio comunale con l’approvazione della acquisizione in proprietà del bene dell’ex «area militare 58º gruppo intercettatori teleguidati – zona logistica e controllo».

«Con un atto deliberativo approvato dal consiglio comunale – dice il sindaco Lucia Brunettin – si concluderà il lungo l’iter procedurale iniziato nel 2009 dall’amministrazione Toneguzzo, dove il Comune accetterà la proprietà a titolo gratuito dell’area logistica e di controllo per destinarla ad altre finalità».
Dopo undici anni l’ex base dell’areonautica militare aperta a fine degli anni ’50 diventerà così un bene comunale di circa novemila metri quadrati con una destinazione d’uso ancora da decidere. Era il 1º agosto 1959 quando la base missilistica di Cordovado venne inaugurata, periodo difficile per i blocchi contrapposti est-ovest. Tra gli anni ’60 e ’80 il gruppo aumentò come organico anche con un distaccamento dell’esercito Usa fino a ospitare oltre 300 militari tra italiani e americani inclusi molti giovani di leva.

Diversi militari italiani si stabilirono poi a Cordovado formandosi una famiglia e impegnandosi nell’associazionismo locale e sportivo e, a suggellare il solido legame con il paese nel settembre del 1966 venne conferita al Reparto la cittadinanza onoraria.
«Dopo la chiusura della base nel 2009 iniziò anche il procedimento di acquisizione da parte comunale – aggiunge l’ex sindaco spiega Francesco Toneguzzo – con una intensa corrispondenza con l’amministrazione dell’areonautica militare e con l’allora sottosegretario Crosetto. Nel 2016 fummo chiamati al ministero della Difesa per un incontro con il generale incaricato delle dismissioni di siti militari che impresse, a tutta l’istruttoria, un’accelerazione importante, poi un incontro conclusivo con il Demanio di Udine consentì l’affidamento al Sindaco dell’area in attesa del passaggio finale al Comune che ora verrà concretizzato con la votazione in consiglio comunale».–

 

Un itinerario alla scoperta delle Rocche di Francesco di Giorgio Martini e del Palazzo Ducale di Urbino
Da viverepesaro.it del 19 ottobre 2020

E' stata presentata questa mattina la guida “Itinerario delle Rocche di Francesco di Giorgio Martini e il Palazzo Ducale di Urbino” nell’itinerario della bellezza della Confcommercio Pesaro e Urbino. Nel teatro della Rocca di Sassocorvaro conosciuta anche come Rocca Ubaldinesca, una fortificazione dell'epoca rinascimentale, è stato presentato l'itinerario turistico che racchiude le sette fortificazioni progettate da Francesco di Giorgio Martini, celebre architetto, pittore, ingegnere e scultore.
A servizio come architetto ed ingegnere militare del duca Federico da Montefeltro,  Francesco di Giorgio sostituì Luciano Laurana nel completamento del Palazzo Ducale di Urbino e progettò sei splendide fortezze: la Rocca di Sassocorvaro, la Rocca Malatestiana Feltresca di Fossombrone, la Rocca Roveresca di Mondavio, la Rocca di Gradara, Rocca Torrione a Cagli e la Rocca Martiniana di Pergola.

Le opere progettate dal celebre architetto senese hanno caratterizzato il territorio pesarese rendendolo unico e meraviglioso. Per questo motivo Confcommercio ha pensato ad un itinerario turistico alla scoperta delle fortificazioni rinascimentali della provincia di Pesaro Urbino.
"Vogliamo dare ai turisti un'altra opportunità per visitare il nostro territorio cercando di valorizzare al meglio le eccellenze che ha - commenta il direttore di Confcommercio Marche Nord Amerigo Varotti - indubbiamente le Rocche di Francesco di Giorgio Martini e il Palazzo Ducale di Urbino sono una delle eccellenze della nostra terra".

 

Viaggio nella principale base missilistica Urss ai tempi della crisi di Cuba
Da eastjournal.net del 18 ottobre 2020

Di Martina Napolitano

Il 16 ottobre 1962 scoppiava la crisi dei missili di Cuba, la quale, durata tredici giorni, contrassegnò uno dei momenti più critici e potenzialmente fatali dell’intera guerra fredda. Benché in stato di allerta fosse allora l’intero globo, c’era un luogo in Unione Sovietica che in quei giorni non conosceva pace: la base missilistica di Zeltiņi, nel nord-est dell’attuale Lettonia, non distante dai confini russi ed estoni. Sorta all’interno di una fitta foresta baltica, a 25 km dal primo centro abitato (quello di Alūksne), la base rimase tecnicamente operativa fino al 1984, ma nella sua storia non servì mai nella pratica alla sua funzione – e per fortuna.

Le attuali repubbliche baltiche furono fortemente militarizzate dall’Unione Sovietica nel secondo dopoguerra, costituendone la sua nuova appendice; ma era a Zeltiņi che si concentravano i missili e le testate nucleari: con un raggio di 2000 km (alcune fonti riportano addirittura 3500 km), erano pronte a colpire gran parte dell’Europa, se ne fosse presentata la necessità.

Oggi, dopo anni di abbandono, la base di Zeltiņi si è trasformata in una meta turistica e l’amministrazione locale è all’opera per la realizzazione di audioguide interattive in più lingue. Tra i principali punti di interesse, una gigantesca testa marmorea di Lenin, originariamente appartenente a una statua del leader sovietico collocata nel centro di Alūksne.
Le foto, scattate dal fotografo Marco Carlone nell’estate del 2018, ripercorrono ciò che resta oggi di questa fondamentale base missilistica sovietica.

 

Giornate Fai d'Autunno 2020 a Mantova e provincia: luoghi aperti, orari e prezzi
Da mentelocale.it del 16 ottobre 2020

Attenzione, aggiornamento sabato 24 ottobre 2020, ore 11.30 - Il secondo weekend delle Giornate Fai d'Autunno 2020 è stato annullato in tutta la Lombardia, pertanto le aperture e le visite in programma il 24 e il 25 ottobre non hanno luogo (per info 02 467615399).

Per la prima volta organizzate in due weekend, le Giornate Fai d'Autunno tornano a offrire bellezza in tutta Italia sabato 17 e domenica 18, sabato 24 e domenica 25 ottobre 2020, con circa 1000 aperture a contributo libero in 400 città. Anche a Mantova e nella sua provincia sono in programma aperture straordinarie e visite guidate, ma occhio: nel rispetto delle nuove norme anti Covid-19 vigenti in Lombardia, i posti sono limitati e la prenotazione è straconsigliata (in alcuni casi obbligatoria); nei due weekend, inoltre, è prevista l'apertura di luoghi diversi.
Palazzi storici, castelli, giardini, chiese e tante altre chicche si svelano per due weekend attraverso punti di vista insoliti. In programma visite speciali dedicate in particolare agli interventi per la sostenibilità ambientale dei beni Fai e, più in generale, al patrimonio di natura, ambiente e paesaggio curato e valorizzato dalla Fondazione. Di seguito l'elenco completo degli eventi in programma in provincia di Mantova per le Giornate Fai d'Autunno 2020, con i rispettivi giorni e orari di apertura (attenzione: spesso l'orario dell'ultimo ingresso consentito è diverso dall'orario di chiusura). Per ulteriori informazioni e prenotazioni consultare il sito ufficiale del Fai - dove vengono segnalati anche gli eventuali aggiornamenti o le modifiche al programma - oppure telefonare al numero 02 467615399.

Palazzo Rizzini, Mantova (via Porto 27) - Orari: domenica 25, ore 9.00 -13.00

Chiesa di San Francesco e Cappella Gonzaga, Mantova (piazza San Francesco d'Assisi 5) - Orari: sabato 17 e domenica 18, sabato 24 e domenica 25, ore 14.00 -17.00

Antica Edicola dei Giornali, Mantova (piazza Canossa) - Orari: sabato 17 e domenica 18, sabato 24 e domenica 25, orario da definire

Castello Scaligero, Ponti sul Mincio (via Castello) - Orari: sabato 17 e sabato 24, ore 14.00-18.00; domenica 18 e domenica 25, ore 10.00 -18.00

Forte Ardietti, Ponti sul Mincio (località Mano di Ferro) - Orari: sabato 17 e sabato 24, ore 14.00 -18.00; domenica 18 e domenica 25, ore 10.00 -18.00; con degustazione di prodotti DeCo, ore 12.30 e 13.30

Palazzo dei Vescovi Ludovico Gonzaga, Quingentole (piazza Italia 32) - Orari: sabato 17 e sabato 24, ore 14.30 -18.30; domenica 18 e domenica 25, ore 10.00 -18.30

Chiesa di San Lorenzo, Quingentole (piazza Italia) - Orari: sabato 17 e sabato 24, ore 14.30 -18.30; domenica 18 e domenica 25, ore 11.00 -18.30

Oratorio della Beata Vergine di Loreto, Quingentole (strada provinciale 43, località San Lorenzo) - Orari: sabato 17 e sabato 24, ore 14.30 - 18.00; domenica 18 e domenica 25, ore 10.00 -18.00

Giornate Fai d'Autunno 2020, prezzi e modalità di ingresso
L'ingresso ai luoghi aperti per le Giornate Fai d'Autunno 2020 prevede una donazione libera (del valore minimo di 3 euro) a sostegno del Fai. Alcuni dei luoghi aperti sono accessibili unicamente agli iscritti al Fai: chi non è iscritto può farlo sia on line, sia in loco durante l'evento. Con una donazione on line è anche possibile prenotare la propria visita, assicurandosi così l’ingresso nei luoghi aperti dal momento che, per rispettare la sicurezza di tutti, i posti sono limitati.

 

L'Arsenale militare tra le bellezze delle Giornate D'autunno del Fai
Da cosmpolismedia.it del 16 ottobre 2020

Doppio weekend per il Fondo Ambiente Italiano, che aprirà 1000 luoghi per far conoscere le meraviglie presenti nel nostro paese

A Giulia Maria Crespi, scomparsa lo scorso luglio, è dedicata l’edizione 2020 delle Giornate FAI d’Autunno: mille aperture a contributo libero in 400 città in tutta Italia, organizzate per la prima volta in due fine settimana, sabato 17 e domenica 18, sabato 24 e domenica 25 ottobre. Anche quest’anno promotori e protagonisti sono i Gruppi FAI Giovani, ideali eredi e testimoni dei valori che per tutta la vita hanno guidato la Fondatrice e Presidente Onoraria del FAI – Fondo Ambiente Italiano: l’inesauribile curiosità, la voglia di cambiare il mondo e l’instancabile operosità per un futuro migliore per tutti. Ispirandosi a lei, i giovani del FAI scenderanno in piazza per “seminare” conoscenza e consapevolezza del patrimonio di storia, arte e natura italiano e accompagneranno il pubblico, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza sanitaria, alla scoperta di luoghi normalmente inaccessibili, poco noti o poco valorizzati in tutte le regioni (prenotazione online consigliata su www.giornatefai.it; i posti sono limitati. Nei due fine settimana apriranno luoghi diversi: consultare il sito per controllare il programma).
Storiche dimore signorili, castelli, giardini, sedi istituzionali, chiese, complessi conventuali e tante altre “chicche” come borghi, collezioni private, parchi, luoghi della produzione e del commercio solitamente riservati agli addetti ai lavori si sveleranno attraverso punti di vista insoliti e racconti che meraviglieranno i visitatori, soddisfacendo e, insieme, accrescendo il loro desiderio di sapere, la loro curiosità. Prendere parte alle Giornate FAI d’Autunno 2020 vuol dire non solo godere della bellezza che pervade ogni angolo del nostro Paese e “toccare con mano” ciò che la Fondazione fa per la sua tutela e valorizzazione; vuol dire soprattutto sostenere la missione del FAI in un momento particolarmente delicato. Tutti i visitatori potranno sostenere il FAI con una donazione libera – del valore minimo di 3 € – e potranno anche iscriversi al FAI online oppure nelle diverse piazze d’Italia durante l’evento. La donazione online consentirà, a chi lo volesse, di prenotare la propria visita, assicurandosi così l’ingresso nei luoghi aperti dal momento che, per rispettare la sicurezza di tutti, i posti saranno limitati.
La Delegazione FAI di Taranto e il Gruppo FAI Giovani propongono per entrambi i week end uno straordinario tour all’interno dell’Arsenale Militare Marittimo. Si potrà conoscere la storia gloriosa dell’Arsenale insieme alle sorprendenti competenze delle sue maestranze civili che da oltre un secolo lo rendono grande. Taranto è anche il suo Arsenale, e il FAI offre l’occasione alla cittadinanza di poter finalmente varcare quei cancelli e scoprire un pezzo di storia così importante e così legata a doppio filo all’identità stessa della città. La visita comprenderà anche la Mostra Storica che partecipa alla X edizione del censimento I Luoghi del Cuore promossa dal FAI e da Banca Intesa.
Le visite avverranno in totale sicurezza seguendo i vigenti protocolli anti covid. Nei due week end dalle 10:00 alle 17:00 partiranno ogni 30 minuti gruppi di 15 persone da piazza Ammiraglio Leonardi Cattolica; per questo motivo è fortemente consigliata la prenotazione online attraverso il sito www.giornatefai.it. La prenotazione sarà validata dopo il versamento tramite carta di credito o PayPal del contributo di minimo 3€ a persona e finalizzata con l’invio di un’email di conferma. La Delegazione di Taranto ringrazia il comando Marina Sud e Marinarsen per la fattiva collaborazione e la sensibilità mostrata e l’associazione Taranto Straordinaria per la preziosa partecipazione.

 

La cannoniera di Cima 3
Da imagazine.it del 16 ottobre 2020

Si terrà domenica 18 ottobre alle ore 9.30 sul Monte San Michele l’evento “La cannoniera di Cima 3: storie di roccia, genieri e un giovane capitano”, primo dei quattro appuntamenti carsici previsti dal progetto “Caleidoscopio a nord-est” dedicati a vicende e dinamiche peculiari che caratterizzarono questo sito di primaria importanza per la storia e la memoria della Grande Guerra.
Per quanto riguarda questo primo evento, si tratterà di un’escursione tematica condotta sul Monte San Michele dal ricercatore e autore Marco Mantini che guiderà il pubblico alla scoperta dell’imponente galleria cannoniera, che ancora oggi contraddistingue la Zona Monumentale, per illustrarne la storia e le caratteristiche. La struttura fu scavata dal Genio Militare italiano dopo la Sesta Battaglia dell’Isonzo (agosto 1916) e rappresentò un elemento cardine del “Sistema Difesa Isonzo”. Nel corso del 1917 ospitò il Comando Tattico della Terza Armata italiana e nel primo dopoguerra fu tappa irrinunciabile dei tantissimi pellegrinaggi ai campi di battaglia sul fronte isontino.

Da allora la Cannoniera di Cima 3 non ha mai smesso di affascinare, prova ne sono i numerosi visitatori che rivolgendosi al museo procedono attualmente alla sua visita. Gratuito per il pubblico, l’evento è organizzato dalla Cooperativa sociale Thiel, in collaborazione con il Comune di Sagrado e con il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Il ritrovo è previsto presso il piazzale antistante al Museo del Monte San Michele. La registrazione dei partecipanti avverrà a partire dalle ore 9 (presentarsi con mascherina).

Livio Nonis

 

Arsiè, una discarica nel bunker: ci pensano gli speleologi
Da corrierealpi.it del 15 ottobre 2020

Di RAFFAELE SCOTTINI

C’erano rifiuti abbandonati anche quarant’anni fa nella antica galleria militare. Il gruppo speleologico del Cai di Feltre ha ripulito il bunker della prima guerra mondiale in zona Col del Gallo ad Arsiè da una grande quantità di immondizia accumulata negli anni, recuperando bottiglie di vetro (1,8 metri cubi), materiali ferrosi (0,8 metri cubi), plastica (2 metri cubi), indifferenziata varia (1 metro cubo) e altri materiali ferrosi sfusi (100 chili). Il Comune si è incaricato dello smaltimento.

L’iniziativa si inserisce nella manifestazione nazionale che prende il nome di “Puliamo il buio”, una costola di “Puliamo il mondo” che la società speleologica italiana propone assieme a Legambiente e riguarda in questo caso le grotte e le cavità artificiali.
Per pulire il bunker a Col Del Gallo si sono impegnate una decina di persone, che hanno lavorato per una giornata tra l’estrazione e lo stoccaggio. Il gruppo infatti si è diviso, con una parte dei volontari in cavità e gli altri ad occuparsi del trasporto e della divisione del materiale.
Il presidente del Cai di Feltre, Ennio De Simoi, sottolinea due aspetti, a cominciare dalla «disponibilità dei volontari per rendere più bello il territorio. Onore al merito a chi fa queste cose».
«Oltre ad essere faticoso, perché bisogna portare in superficie materiali anche pesanti, vuol dire che c’è gente disponibile ad andare a sporcarsi le mani», commenta De Simoi. «Queste iniziative poi creano gruppo. Quando aggreghi le persone con un fine di pubblica utilità, ne ricavi soddisfazione.
Un’altra cosa bella è che si va laddove c’è bisogno, senza essere legati a un Comune piuttosto di un altro».
Altro elemento è il fatto che la maggior parte del materiale risalga a diversi anni fa: «È un segnale indiretto di un’accresciuta consapevolezza da parte della gente del rispetto dell’ambiente», prosegue De Simoi. «Principalmente sono immondizie che erano lì da prima dell’avvento degli ecocentri, prima degli anni ’85-’90», conferma il responsabile del gruppo speleologico Ennio De Col. Però non è sempre così: «L’anno scorso eravamo sul monte Avena e avevamo trovato molti più rifiuti e ce n’erano anche di freschi. Non è tutto imputabile alle cattive usanze che c’erano fino a trent’anni fa di usare le cavità come immondezzaio perché lontano dagli occhi di tutti».
Negli ultimi anni, l’attività di pulizia delle grotte da parte della squadra speleo ha messo insieme numeri che fanno riflettere: «Parliamo in media negli ultimi anni di una decina di quintali di materiale riportato alla luce. Poi c’è la difficoltà per i Comuni di smaltirlo», racconta Ennio De Col.
«Le varie amministrazioni comunali hanno sempre dato il loro supporto», evidenzia. «Quello del materiale buttato nelle cavità è un problema, perché molte si trovano a monte di zone da cui si preleva l’acqua». Oltre all’iniziativa di “Puliamo il buio”, il gruppo speleologico è molto attivo. «È una nicchia di appassionati, però è una nicchia che fa ricerca», aggiunge il presidente del Cai De Simoi. «Sono una trentina di soci, che girano le montagne alla ricerca di cavità, facendo attività scientifica, anche in collaborazione con altri gruppi». —

 

Si infiamma la corsa “ipersonica” con le ultime dichiarazioni degli Stati Uniti
Da it.insideover.com del 14 ottobre 2020
Di Paolo Mauri

La corsa per l’ipersonico si infiamma: gli Stati Uniti comunicano che durante l’ultimo test del nuovo missile Common-Hypersonic Glide Body, o C-Hgb, il vettore ha colpito il bersaglio con una precisione centimetrica dopo un volo di circa mille miglia.
Il segretario dell’Esercito americano, Ryan McCarthy, ha riferito in una conferenza tenutasi il 13 ottobre, che il nuovo missile ipersonico ha colpito il suo obiettivo con una tolleranza di una manciata di centimetri. “I missili ipersonici stanno colpendo i loro obiettivi con uno scarto di soli 6 pollici”, ha fatto sapere il segretario durante il suo discorso tenuto virtualmente per un’associazione d’arma statunitense.

McCarthy si riferiva al successo del test di volo del missile C-Hbg, che andrà in servizio nell’Esercito e nella Marina, lanciato dal Pacific Missile Range Facility a Kauai, Hawaii, il 19 marzo scorso. Il Common-Hypersonic Glide Body è volato ed ha colpito a velocità ipersonica “un punto di impatto designato”, secondo le dichiarazioni rilasciate il 20 marzo scorso dal Dipartimento della Difesa. I missili ipersonici sono quelli in grado di volare a velocità superiori a Mach 5 – ovvero cinque volte la velocità del suono – e sono in grado di effettuare manovre e cambi di rotta, variando altitudine e azimut, rendendo più difficile il rilevamento e l’intercettazione da parte dei sistemi difensivi. Il Dipartimento della Difesa statunitense ha sviluppato il sistema C-Hgb in modo che potrà servire come base per i sistemi ipersonici della Marina e dell’Esercito. Il test di marzo ha segnato un importante passo avanti degli Usa nella gara per l’ipersonico, che in questo momento vede al primo posto la Russia che è l’unico Paese a schierare un sistema operativo, il Kh-47M2 Kinzhal, e uno in via di ingresso in servizio, il 3M22 Zircon, seguita dalla Cina. Il sistema C-Hgb, per quanto sappiamo, è costituito dalla testata dell’arma, dal sistema di guida, dal cablaggio e dallo scudo di protezione termica, ma attualmente non ci sono altri dati a riguardo. Sappiamo però che si tratta di una sistema planante, simile quindi agli Hgv (Hypersonic Glide Vehicle) che andranno a equipaggiare i missili balistici intercontinentali russi tipo Rs-28 Sarmat e che sono già stati testati dalla Russia nel recente passato: i sistemi Avangard.
L’Esercito americano sta attualmente accelerando lo sviluppo della sua capacità ipersonica terrestre e prevede di mettere in campo un’arma di questo tipo entroil 2023.
A costruirla sarà sempre la Lockheed Martin, che è il principale assegnatario del contratto di sviluppo per il sistema ipersonico che sarà basato su un veicolo ruotato, mentre la Dynetics Technical Solutions si occupa della costruzione del corpo planante del missile. L’U.S. Army si sta preparando per un altro test nel terzo trimestre del 2021, seguito da un secondo nel primo trimestre del 2022, ha detto il generale Neil Thurgood in un’intervista a Defense News prima della conferenza del 13 ottobre. Successivamente ci saranno altri due test di volo nel terzo trimestre del 2022. La Marina vuole ottenere la capacità di lancio da navi entro il 2023, mentre da sottomarino entro il 2024, invece U.S. Air Force vuole schierare la sua versione aviolanciabile nel 2022.
Le parole del segretario dell’Esercito Usa arrivano in un momento particolare, che non è affatto casuale: solo otto giorni fa la Russia ha mostrato un video di un test di volo del missile Zircon, lanciato da una fregata nel Mar Bianco, che ha colpito il suo bersaglio navale situato nel Mare di Barents dopo un volo ipersonico di circa 450 chilometri.
Sebbene sia solo l’ultimo di una serie di test, tra cui quello di gennaio in cui lo Zircon ha colpito con successo un bersaglio terrestre, i progressi russi sono guardati con apprensione da parte di Washington: la dichiarazione di McCarthy è proprio per ricordare all’opinione pubblica americana, ma anche agli avversari degli Stati Uniti (Russia ma anche Cina), che il programma per i missili ipersonici americani è operativo e che presto si vedranno i primi esemplari entrare in servizio. Washington teme pertanto di dare l’impressione di essere indietro, più che temere effettivamente di esserlo, per una questione di propaganda e di credibilità anche tra i suoi alleati, e quindi dà enfasi ai suoi successi anche se sono passati mesi da quando sono stati ottenuti: si tratta di una guerra di informazioni che si attua tra le varie potenze su più livelli.
Il missile C-Hgb era stato definito dal presidente Trump “super duper” ed è stato al centro di una singolare quanto indicativa vicenda: l’inquilino della Casa Bianca lo aveva definito come “17 volte più veloce” di qualsiasi altro missile esistente, ma evidentemente il presidente si era confuso forse con la velocità di un missile da crociera tipo Tomahawk, che è subsonico: se calcolata rispetto a questa, infatti, otteniamo una velocità di circa Mach 12, che potrebbe essere paragonabile a quella dei sistemi Hgv di fabbricazione russa (l’Avangard, secondo le fonti russe, sarebbe capace di viaggiare a Mach 27).

 

Scozia: Il museo nel bunker della guerra fredda ha vinto il 'Museum of the Year Award 2020
Da inexhibit.com del 14 ottobre 2020

Scozia: Il museo nel bunker della guerra fredda ha vinto il ‘Museum of the Year Award’ 2020

Gairloch è un villaggio di 2300 anime della costa occidentale della Scozia; la città più vicina, a 120 chilometri, è Inverness. E tuttavia, il Gairloch Museum quest’anno condivide con altre 4 istituzioni del Regno Unito il prestigioso ‘Museum of the Year Award‘ (ovvero il premio museo dell’anno) organizzato da Art Fund.
Quella del Gairloch è la storia di una piccola comunità che si è fortemente impegnata per realizzare la nuova casa del museo cittadino, dato che la vecchia sede, ospitata all’interno di una fattoria per circa 40 anni, non era più adeguata alle esigenze espositive e di sicurezza.
La particolarità dell’operazione sta nel fatto che la nuova sede è stata costruita recuperando un vecchio bunker, con muri di cemento spessi oltre 60 centimetri e porte a prova di bomba, che all’epoca della guerra fredda era un luogo per il monitoraggio degli aerei sovietici. Fortunatamente gli aerei non sono mai arrivati e il bunker è invece diventato l’improbabile sede di un luogo che custodisce la memoria della sua comunità.
Gli amministratori del museo hanno convinto il consiglio comunale a cedere il bunker (che era utilizzato come deposito comunale per la manutenzione delle strade) per 1 sterlina, dopo di che hanno intrapreso una campagna di raccolta fondi da 2,4 milioni di sterline necessarie per il recupero e l’allestimento dello spazio. Circa il 10% del denaro è arrivato dalla gente del posto attraverso numerose lotterie e quiz organizzati nei pub.

L’esterno del bunker prima del recupero immagine via The Guardian, foto di Marc Atkins/Art Fund 2020

Una vista dell’interno del Gairloch museum. Immagine via North Coast 500

La collezione del museo, che è stato inaugurato a luglio 2019, è varia e include reperti geologici della zona, comprese le rocce più antiche dell’Europa occidentale, così come molti tessuti, attrezzi, mobili e un importante archivio gaelico.
La creazione del museo ha comportato la rimozione dei muri interni e la creazione di finestre e aperture attraverso gli spessi muri mentre sono state mantenute le originali porte blindate.
Gli organizzatori del premio per questa edizione del premio hanno aumentato il numero dei vincitori per aiutare i musei a far fronte alla crisi del coronavirus.

Gli altri musei che hanno vinto 40.000 sterline ciascuno sono stati il Science Museum di Londra, la galleria d’arte Towner Eastbourne, la galleria d’arte Aberdeen e la galleria South London.

Per maggiori informazioni sul museo Gairloch e su Art Fund: https://www.gairlochmuseum.org/  – https://www.artfund.org/

 

La storia dei rifugi dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale a Latina
Da news-24.it del 13 ottobre 2020

Di Paolo Iannuccelli

Sono in molti gli anziani di Latina che ricordano i rifugi creati nel sottosuolo per evitare i bombardamenti degli anglo-americani nel 1944. Vennero sistemati in fretta con panche e pochi accorgimenti per prestare subito un riparo sicuro ai cittadini pontini. Il più frequentato e importante per capienza era quello posizionato nell’attuale piazza Santa Maria Goretti, altro presso le case Incis – abitazioni riservate agli impiegati statali – uno all’interno dell’amministrazione provinciale, in via Costa, dove trovavano riparo i più abbienti.
Dalla prima volta dell’entrata nei rifugi, le sirene che costringevano i cittadini a scendere nei rifugi per evitare i bombardamenti da parte degli aerei degli Alleati si fecero sempre più frequenti. Anche quando l’allarme cessava sempre tramite le sirene diveniva sempre più pericoloso uscire dai rifugi, soprattutto la notte: vennero impostate direttive specifiche per assicurare “l’oscuramento”.
Così sotto i rifugi si venne a creare una “seconda Littoria” a 15/20 metri di distanza in verticale dalla strada. Le brande venivano messe ovunque senza regole ed erano necessari controlli e interventi per ripristinare gli spazi e i percorsi indispensabili per le varie vie di fuga. Nel rifugio costruito nella zona Icp – ora quartiere Nicolosi – una minuscola osteria rimase attiva finché il Comune non impedì la vendita di vino. Venne creata anche una sorta di “Emporio”, dove venivano barattati generi di prima necessità tra i cittadini.
I bombardamenti non tardarono a distruggere molte case di Littoria e dintorni. A volte succedeva che la sirena suonava per il cessato allarme e i cittadini uscivano dai rifugi per cercare cibo ed altre cose di importanza primaria. Delle sere per ravvivare gli animi si organizzava anche una zona dove si ballava con musica garantita da musicisti improvvisati.

Paolo Iannuccelli

Paolo Iannuccelli è nato a Correggio, provincia di Reggio Emilia, il 2 ottobre 1953, risiede a Nettuno, dopo aver vissuto per oltre cinquant'anni a Latina. Attualmente si occupa di editoria, comunicazione e sport. Una parte fondamentale  importante della sua vita è dedicata allo sport, nelle vesti di atleta, allenatore, dirigente, giornalista, organizzatore, promoter, consulente, nella pallacanestro. In carriera ha vinto sette campionati da coach, sette da presidente. Ha svolto attività di volontariato in strutture ospitanti persone in difficoltà, cercando di aiutare sempre deboli e oppressi. É membro del Panathlon Club International, del Lions Club Terre Pontine e della Unione Nazionale Veterani dello Sport. Nel basket è stato allievo di Asa Nikolic, il più grande allenatore europeo di tutti i tempi. Nel giornalismo sportivo è stato seguito da Aldo Giordani, storico telecronista Rai, fondatore e direttore della rivista Superbasket. Attualmente è presidente della Associazione Basket Latina 1968. Ha collaborato con testate giornalistiche locali e nazionali, pubblicato libri tecnici di basket e di storia, costumi e tradizioni locali Ama profondamente Latina e Ponza, la patria del cuore.

 

Caponiere, nuovo flop Il bando va deserto
Da lanazione.it del 13 ottobre 2020

Il bando del Comune di Spezia per l’affidamento del recupero e della gestione delle 7 caponiere della Cinta Muraria ottocentesca, scaduto il 9 ottobre, è andato deserto. Ma nasce un giallo. Il conduttore della caponiera Porta Castellazzo, Stefano Tinto, che si trova vicino alla Chiesa di San Pio X, ha gestito un ristorante all’interno di essa per dodici anni e contesta che nel...

 

55mila euro per riqualificare il bastione Maiano: «Così si valorizzano e salvaguardano le nostre Mura»
Da ilgiunco.net del 13 ottobre 2020

GROSSETO – La Giunta comunale ha approvato il progetto esecutivo per la riqualificazione del bastione Maiano: sono previsti interventi di pulizia, messa in sicurezza e sostituzione di alcuni parapetti di protezione della terrazza del deposito dell’acqua. Il valore complessivo dell’intervento ammonta a 55mila euro.
Ultimamente il bastione è stato oggetto di numerosi atti vandalici: i vetri che costituivano il parapetto di protezione delle scale e del terrazzo sono stati rotti, così come le ringhiere, mentre sulle mura sono comparsi numerosi segni di imbrattamento.
L’intervento si svolgerà in continuità con le progettazioni e le opere precedentemente compiute. Per la riqualificazione dei parapetti e delle ringhiere esistenti, si procederà tramite la sostituzione delle lastre di vetro con altre recanti lo stesso disegno, a tamponamento degli spazi lasciati vuoti. È inoltre previsto un intervento di pulitura straordinaria per eliminare i graffiti presenti in maggioranza nella parte posteriore dell’antico deposito. Tutto questo in un contesto di pulizia generalizzata della parte muraria, che vedrà l’eliminazione di piante infestanti e il lavaggio con una soluzione specifica in grado di preservare le mura passata con idropulitrice a bassa pressione. Sarà inoltre valorizzata la parte antistante il deposito, caratterizzata da un’area verde, che vede la presenza di percorsi pedonali con pavimentazione in travertino, i cui pezzi ammalorati saranno sostituiti con altri di uguale fattura. È infine prevista la messa a dimora di alcune piante di Lauro che andranno a infittire le siepi che ornano i lati del monumento e, sempre per ottenere il massimo decoro, verranno piantate altre specie di tipologia “dry garden”, che necessitano minime quantità di acqua.

“La sicurezza del territorio passa anche tramite la riqualificazione delle aree più a rischio – spiegano il sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna e Riccardo Megale, assessore ai Lavori pubblici -: le numerose opere che verranno presto messe in atto per ripristinare il decoro urbano sul bastione Maiano si pongono l’obiettivo di valorizzare il nostro patrimonio artistico, andando nello stesso momento ad incrementare la sensibilità della cittadinanza, soprattutto dei più giovani, verso il rispetto e la salvaguardia delle nostre mura, di inestimabile valore storico. Gli atti di vandalismo, infatti, non ledono solo l’estetica della nostra cinta muraria, ma rappresentano anche un grave rischio per la pubblica incolumità. Con questi nuovi interventi sarà possibile tornare a vivere le nostre mura e scongiurare questo tipo di comportamenti.”

 

Ferrara, a cavallo lungo le Mura, al via progetto sperimentale. Il sindaco Fabbri: "Nuovo tassello per valorizzazione cinta muraria"
Da cronacacomune.it del 12 ottobre 2020

Ferrara, 10 ottobre 20202 - A cavallo lungo le mura di Ferrara. Partono domani, in forma sperimentale, gli itinerari promossi dall'Associazione Horse's Fantasy. Una novità presentata oggi all'ex campeggio comunale di via Gramicia, alla presenza del sindaco Alan Fabbri, di molti assessori e dello storico veterinario del Palio Giampaolo Maini. Tre i percorsi previsti, già testati, tutti con partenza proprio dall'ex campeggio comunale, rigorosamente solo per over 14 (come da codice della strada). Li ha illustrati il consigliere comunale Ciriaco Minichiello, tra i promotori dell'iniziativa. Il più breve arriva fino a porta degli Angeli e ritorno (circa un'ora). L'intermedio raggiunge invece il parco urbano (due ore circa). Il più lungo è invece di circa 3 ore e mezza e prevede il giro completo dei 9 chilometri di mura. Le passeggiate a cavallo sono previste il sabato, la domenica e il mercoledì dalle 9 alle 12,30 e dalle 14 alle 19,30 circa. Per prenotare è necessario chiamare il 348 748 0648 dalle 19,30 alle 21,30 tutti i giorni, anche nel fine settimana.
"Le passeggiate a cavallo sono una bella occasione per vivere le mura, una nuova offerta per le famiglie, gli appassionati e per i turisti e rappresentano un nuovo tassello di un grande piano per la valorizzazione della nostra cinta muraria che ci ha già portato a lanciare l'iniziativa: 'Un chilometro di mura all'anno', con un primo investimento di 900mila euro, per il restauro conservativo, contro il degrado, di un chilometro all'anno di tratto di fortificazioni", ha detto il sindaco Fabbri.
"'A cavallo sulle mura' è un progetto sperimentale, che ha già ricevuto l'avallo dell'Asl e che, in questa forma, non ha eguali - assicura Minichiello -. L'obiettivo è scoprire e riscoprire le mura da una prospettiva diversa e valorizzare così un patrimonio straordinario. Posso testimoniare che è un'esperienza davvero emozionante", ha aggiunto.
(Ferrara Rinasce)

 

Corea del Nord, Kim fa sfilare un missile intercontinentale di dimensioni impressionanti
Da repubblica.it del 10 ottobre 2020

Un ordigno enorme, forse il più grande mai sfilato in Nord Corea.

E' apparso durante le celebrazioni del 75mo anniversario del Partito dei lavoratori, su un trasportatore da 11 assi. Un gigantesco missile balistico intercontinentale che uno dei più famosi analisti americani, Ankit Panda, ritiene sia "il più grande mai visto".

E che Harry Kazianis, del think tank americano Center for the National Interest, invece giudica "molto più grande e più potente di qualsiasi altro elemento nell'arsenale" della Corea del Nord.

 

L’artista tappezza il bunker di Mussolini con i pixel colorati: “Un prolungamento dell’assurdità dell’oblio”
Da ildolomiti.it del 10 ottobre 2020

L’intera collina è stata coperta con motivi colorati per attirare l’attenzione sul bunker che vi è nascosto al di sotto, con la forma militare del travestimento che è stata in qualche modo invertita nella sua funzione. Così il bunker del duce è stato “pixelato” dall’artista Catrin Bolt che per la sua opera ha usato particolari sostanze ecocompatibili

Di Tiziano Grottolo

BOLZANO. Come in ogni territorio di confine in Alto Adige ci sono centinaia di bunker e fortificazioni, eredità soprattutto legata al ‘900 in particolare al periodo della Seconda guerra mondiale. Uno di questi, il “bunker 15”, si trovava a Bolzano sud vicino all’autostrada A22 dove ora si incrociano via Einstein e via Agruzzo. Il passato è d’obbligo visto che la struttura principale in calcestruzzo è stata abbattuta mentre la parte restante è stata nascosta sotto una collina durante i lavori per la costruzione della MeBo negli anni ‘90.
Il bunker faceva parte di un complesso più ampio denominato “Sbarramento Bolzano Sud” ma noto anche con il nome di “Vallo alpino del littorio” i cui lavori iniziarono nel 1939 quando al governo c’era Benito Mussolini. Queste fortificazioni avrebbero dovuto difendere l’Italia da una possibile aggressione proveniente da nord, infatti i rapporti con l’alleato nazista (in particolare durante il primo tentativo da parte di Adolf Hitler di annettere l’Austria) non sono sempre stati idilliaci.
Le reminiscenze che rimandano a questo periodo fanno da sempre molto discutere, soprattutto in Alto Adige dove il regime fascista attuò una violenta opera di “italianizzazione”. Politica e opinione pubblica spesso si dividono fra chi vorrebbe rimuovere statue, monumenti o semplici riferimenti a quello che è stato il periodo più buio della storia d’Italia e chi chiede di lasciarli dove sono (talvolta non senza malizia). Da un lato il rischio di “nascondere la polvere sotto al tappeto” senza una reale presa di coscienza, dall’altro il pericolo della glorificazione senza riuscire a contestualizzare il monumento o l’opera in questione.
L’artista viennese Catrin Bolt però ha superato l’ostacolo, mettendo l’accento sul “bunker 15” in un modo del tutto originale, riuscendo in un colpo solo a riportare alla luce una struttura nascosta ma senza in alcun modo mistificarla. Anzi, è persino riuscita a renderla apprezzabile. “Nel mio ruolo di artista con un particolare sguardo verso le dimensioni politiche dei nostri spazi quotidiani – spiega – sono stata invitata ad attirare l’attenzione sul bunker sotto alla collina, sfruttando la mia creatività. Il pensiero di mimetizzare a sua volta la collina, cioè la natura, sembra, inizialmente assurdo. Una collina ricoperta di erba, che si camuffa. Un prolungamento dell’assurdità dell’oblio, quando si tratta di eredità storica, cioè camuffare l’atto del dimenticare. In questo contesto la collina dovrà scomparire, o dissolversi, in tre fasi e in modi diversi. Ma sarà proprio questa mimetizzazione a donarle visibilità”. Bolt ha sviluppato un progetto attorno al tema del nascondersi e del camuffamento. L’intera area è stata coperta con motivi mimetici per attirare l’attenzione sulla collina, con la forma militare del travestimento che è stata in qualche modo invertita nella sua funzione. Il “velo” mimetico posizionato dall’artista è servito ad attirare
l’attenzione su una struttura militare nascosta. A partire dal 2017 la collina ha subito tre interventi, nel primo l’artista ha voluto creare un effetto ottico, con motivi che ricordavano la segnaletica del manto stradale. Nel secondo è stato scelto un motivo camouflage, mentre nella nella terza e ultime fase, la collina è stata completamente “depixelata”, come accade per i territori inaccessibili su Google Earth. I Colori, ecocompatibili e senza sostanze tossiche, hanno coperto il “bunker 15” che grazie all’artista viennese ha ritrovato una propria dimensione lasciando in eredità alla cittadinanza un’opera del tutto fuori dagli schemi ma dal grandissimo impatto visivo.

 

Alla riscoperta dei sentieri della Linea Gustav
Da montagna.tv del 10 ottobre 2020

Di Stefano Ardito

Il Monte Cairo, il Monte Cifalco e i cocuzzoli vicini sono ben diversi dal Lagazuoi, dalle Tofane e dal Paterno. Anche le piccole vette calcaree intorno a Cassino, però, conservano dolorose memorie di guerra. Se i tunnel, le postazioni e le caverne delle Dolomiti e dello Stelvio risalgono al 1915-‘18, quelle del Lazio meridionale, del Molise e dell’Abruzzo facevano parte della Linea Gustav, dove si è combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale.

La Linea Gustav

Tra il 1943 e il 1944, lungo questo sistema di fortificazioni che si allungava dal Tirreno all’Adriatico, i reparti della Wehrmacht tedesca hanno resistito all’avanzata degli Alleati. Un anno dopo, altri durissimi scontri hanno avuto luogo sulla Linea Gotica, tra la Toscana, l’Emilia-Romagna e le Marche. Su entrambi i fronti, accanto ai militari dei due schieramenti, ha sofferto la popolazione civile.
“Tra gennaio e maggio del 1944 questa zona è stata completamente devastata” spiega Gaetano De Angelis Curtis, presidente del Centro Documentazione e Studi Cassinati e del Museo Historiale di Cassino. “Il 15 febbraio è stata bombardata l’Abbazia, un mese dopo è stato distrutto l’abitato. Una parte degli abitanti è sfollata verso Roma, le vittime civili sono state moltissime, chi è fuggito in montagna ha vissuto in condizioni infernali”.
La memoria della Linea Gustav, come quella della Linea Gotica, è durissima. Al dolore causato dalle battaglie (nei due schieramenti sono morti circa 35.000 soldati) e dai bombardamenti si affianca quello delle stragi naziste compiute nelle retrovie, come a Pietransieri e a Collelungo negli ultimi giorni del 1943. Dopo la vittoria alleata, decine di borghi della Ciociaria sono stati teatro delle “marocchinate”, gli stupri da parte delle truppe coloniali francesi resi celebri da Alberto Moravia e da Vittorio de Sica (il primo autore del libro, il secondo regista del film con Sofia Loren) ne La Ciociara.

Camminare nella storia

Dopo il ritorno della pace, gli escursionisti del Lazio e delle regioni vicine hanno iniziato a visitare a piedi le postazioni tedesche delle montagne di Cassino, e poi dei Monti Aurunci, della Majella e delle Mainarde. Ogni anno, milioni di polacchi visitano il luogo che ha visto il sacrificio dei loro padri e dei loro nonni.
Da qualche anno è stata segnalata e pulita dalla vegetazione infestante la Cavendish Road, un tracciato aperto nel febbraio 1944 dai genieri alleati, e utilizzato da carri armati neozelandesi, americani e indiani per attaccare alle spalle Montecassino. L’avanzata, però, fu bloccata dai cannoni anticarro tedeschi. Oggi, al termine del tracciato, che è stato inserito nei sentieri del Parco Regionale dei Monti Aurunci, accoglie gli escursionisti un carro armato trasformato in monumento. Gran parte delle opere di guerra della Gustav, invece, è ancora abbandonata e sconosciuta.

Il progetto dei CAI di Cassino

Segna un cambio di tendenza importante il progetto realizzato nel corso del 2020 dalla Sezione di Cassino del CAI, con il contributo della Regione Lazio, e che è stato presentato nei giorni scorsi a Sant’Elia Fiumerapido. Un gruppo di soci, coordinato da Mario Di Manno, Luisa Grossi, Carlo Trelle e Stefania Verrecchia, ha ripercorso dieci sentieri del Monte Cifalco e del Monte Cairo, toccando e mappando ben 62 postazioni tedesche scavate nella roccia. Ha aiutato il loro lavoro Orazio Grossi, socio del CAI e grande esperto dei sentieri intorno a Sant’Elia Fiumerapido e a Terelle. “Sappiamo di non essere stati i primi a visitare questi luoghi, ma nessuno prima di noi lo ha fatto in modo sistematico. Le fortificazioni tedesche sono un pezzo importante della nostra storia. Con il passare degli anni, questa parte di memoria rischiava di perdersi per sempre” spiega Luisa Grossi, coordinatrice del progetto. “Abbiamo ripercorsi tutti i sentieri intorno a Sant’Elia Fiumerapido e a Terelle, e li abbiamo riportati su due mappe dedicate al Monte Cifalco e al Monte Cairo. Una terza mappa riguarda Montecassino e la Cavendish Road, dove i sentieri erano già stati segnati” aggiunge Mario Di Manno. “Le mappe e le tracce gpx dei percorsi possono essere scaricati dalla pagina ‘Facebook Memoria Storica Gustav’, dove si trovano anche testi, documenti e video storici”.
A consentire l’intervento della Regione a favore del progetto è stata la legge del 2015 che prevede la realizzazione di un Archivio della memoria storica nel Lazio. “Il progetto del CAI di Cassino ci è piaciuto subito. Sottolinea il rapporto della memoria con il presente, valorizza il patrimonio in modo che possa essere utilizzato, può avere ricadute positive sul territorio” spiega Silvana Vitagliano, la funzionaria della Regione Lazio che ha seguito il progetto.
Il convegno di presentazione di Memoria Storica Gustav è stato introdotto da Pietro Miele, presidente della Sezione CAI di Cassino. Hanno proposto di allargare gli interventi ad altri tratti della Linea Gustav anche Umberto Bernabei, presidente della Commissione cultura del CAI Lazio, e il responsabile del CAI Abruzzo Gaetano Falcone. Come già sulla Linea Gotica, potrebbe nascere anche un cammino ufficiale della Gustav, dalla costa di Ortona sull’Adriatico fino a quella di Formia e Gaeta sul Tirreno. Verranno coinvolti negli interventi, immaginiamo, anche le sezioni molisane del CAI, nel cui territorio ricade il Monte Marrone. Qui, nel marzo del 1944, gli alpini del nuovo Esercito italiano, schierato dalla parte degli Alleati, hanno occupato con un colpo di mano la cima, e hanno respinto gli attacchi dei Gebirgsjäger, le truppe da montagna della Wehrmacht tedesca. Un altro evento storico importante, che si scopre per uno spettacolare sentiero.

 

Mura aureliane, trekking culturale
Da romatoday.it del 8 ottobre 2020

Passeggiando lungo le Mura Aureliane. Trekking culturale: mens sana in corpore sano. Il trekking urbano, altro non è che una passeggiata a passo spedito, che permette di scoprire le bellezze e i segreti della nostra città conciliando il perfetto equilibrio fra corpo e mente (difficoltà bassa).

DESCRIZIONE
“Mens sana in corpore sano” locuzione latina tratta da un capoverso delle Satire di Giovenale, per cui l'uomo dovrebbe principalmente aspirare a soli due beni: la sanità dell'anima e la salute del corpo. Questo trekking culturale (poco più di 3 km - percorso circolare di difficoltà bassa) ci permetterà di scoprire allenando mente e corpo, storia e segreti delle Mura Aureliane e Serviane. Uno dei percorsi meno conosciuti dal turismo di massa ma ricco di storia, segreti, aneddoti, antiche vestigia, e trasformazioni stratigrafiche. Un'occasione unica per conoscere ciò che rimane delle Mura Serviane (prima cinta muraria di Roma) e passeggiare lungo le Mura Aureliane, un'opera tanto straordinaria costruita in meno di 10 anni, lunga circa 19 km, che cingono una superficie pari a più di 1.200 ettari, e che la pone tra le cinte murarie antiche più lunghe e meglio conservate al mondo.

Partiremo da piazza Albania dove avremo modo di osservare ciò che rimane della cinta Serviana, per poi proseguire percorrendo parte del circuito delle Mura Aureliane da Porta San Paolo al Bastione del San Gallo, percorrendo poco più di 3 km in un percorso circolare che ci riporterà nella zona della Piramide Cestia, e che ci darà modo di osservare le trasformazioni subite da questo monumento, da mura di difesa in funzione dal III al V sec d.C, a eremo medievale, a abitazione d'emergenza per gli sfollati del primo 900'.

INFO
La visita sarà condotta da: Cristiana Berto, architetto, urbanista e relatrice turistica della città di Roma.
Durata: circa 2 ore.
Difficoltà: facile, consigliamo abbigliamento e scarpe comode. Il percorso circolare ci permetterà di concludere la nostra passeggiata nella stessa area da dove siamo partiti.
Accoglienza e registrazioni da 30’ prima: in Piazza Albania (sotto la statua di Scandenberg)

PRENOTAZIONI
rome4ucristianaberto@gmail.com o inviando un SMS al 3315632913

INDICANDO:
data e titolo della visita, nome e cognome di chi effettua la prenotazione, numero dei partecipanti (specificando l'età di eventuali bambini), numero di cellulare e indirizzo mail. ***La prenotazione è indispensabile per ricevere conferma che la visita partirà, se ci sono ancora posti disponibili, se sarà necessario prenotare l'utilizzo di un auricolare per ascoltare la nostra guida in maniera confortevole nel caso in cui il gruppo superasse i 15 iscritti, e soprattutto per essere ricontattati in caso di variazioni.

COSTO per visita guidata:Adulti: €10 nuovi iscritti; €9 soci, Ragazzi (14-17 anni) €6 nuovi iscritti; €5 soci Bambini (6-13 anni) €3 nuovi iscritti; €2 soci Bambini (0-5 anni) gratis + auricolare €2.

NOTA BENE
Contributi di partecipazione, quote sociali e donazioni, sono i principali strumenti di sostentamento per un'associazione no-profit: questi servono a coprire le spese annuali organizzative, amministrative e di gestione ordinaria e a mantenere in vita il progetto sociale e culturale portato avanti dal direttivo, consentendo di organizzare e promuovere sempre nuove attività per tutti i soci.

SCONTI
2 euro di sconto a chi prenota e partecipa a 2 visite durante la stessa settimana (la settimana va da lunedì a domenica).

 

Le giornate fai d’autunno tornano e raddoppiano con due weekend
Da vocedimantova.it del 7 ottobre 2020

Tornano per due weekend, il 17 e 18 e il 24 e 25 ottobre, le Giornate FAI d’Autunno che per la prima volta appunto raddoppiano e passano da due a quattro giornate. Quest’anno saranno dedicate alla fondatrice del FAI, Giulia Maria Crespi, venuta a mancare di recente all’età di 97 anni, dopo aver vissuto una vita intensa e volta alla difesa e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio storico, artistico e naturalistico del nostro Paese. A lei si ispirano tutti i volontari FAI che con passione portano avanti i suoi insegnamenti.

L’iniziativa, che coinvolge 400 città italiane con 1000 aperture eccezionali, in provincia di Mantova vedrà protagonisti, oltre alle aperture in città, il territorio di Quingentole e quello di Ponti sul Mincio.
Promotore delle Giornate FAI d’Autunno sono come di consueto la Delegazione FAI di Mantova, il Gruppo FAI Giovani di Mantova ed il Gruppo FAI di Castiglione delle Stiviere, che ha curato le iniziative a Ponti sul Mincio.

Scopo dell’evento è diffondere la curiosità per il nostro patrimonio e la voglia di esserci per tutelarlo e rendere migliore il nostro mondo.

Durante i due weekend si terranno, quindi, visite guidate speciali, aperture eccezionali in luoghi normalmente inaccessibili, poco conosciuti o poco valorizzati, occasione quindi per sperimentare punti di vista differenti. Il tutto nel pieno rispetto delle normative sanitarie, che verranno osservate rigorosamente per la sicurezza di tutti. I posti per tutte le aperture saranno limitati, ma è possibile prenotare sul sito www.faiprenotazioni.fondoambiente.it. La prenotazione è consigliata. Inoltre, alcune delle aperture saranno riservate agli iscritti al FAI. A Mantova visite guidate a cura degli Apprendisti Ciceroni del Liceo Scientifico Belfiore alla Chiesa di San Francesco, un luogo speciale per la Delegazione cittadina che ha selezionato la Cappella Gonzaga ivi presente come sito “in evidenza” nella campagna dedicata dal FAI ai Luoghi del Cuore, con la quale il pubblico è invitato a votare i siti che meritano una particolare valorizzazione. Inoltre, solo per gli iscritti al FAI, sarà possibile visitare Palazzo Rizzini in via Porto, dimora signorile oggetto di un recente restauro che presenta un salone di grande pregio. Aperta, poi, l’Antica Edicola dei Giornali in stile liberty in Piazza Canossa con i ragazzi dell’Istituto Superiore Bonomi-Mazzolari oinvolti nel progetto FAI Ponte tra Culture.
A Quingentole si potrà partecipare alle visite guidate alla Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo, datata 1750 con alcuni elementi scultorei del ‘400 e una caratteristica facciata in pietra vista. Aperto anche il Palazzo dei Vescovi, oggi sede del municipio, residenza estiva dei vescovi di Mantova dal ‘400 per volere di Ludovico Gonzaga (vescovo), impreziosita poi nel ‘500 da Ercole Gonzaga che realizzò un bellissimo giardino e chiamò Giulio Romano per le decorazioni interne. Solo per gli iscritti FAI, invece, sarà aperto l’Oratorio settecentesco della Beata Vergine di Loreto.

A Ponti sul Mincio si potrà visitare il Castello Scaligero fondato nel 1260 e il Forte Ardietti, uno dei 16 forti realizzati dal genio asburgico a difesa del territorio di Peschiera. Si terranno anche alcuni eventi collaterali. Le due domeniche pomeriggio degustazione di prodotti del territorio di Ponti e di vini locali accompagnati da racconti teatralizzati. Domenica 25 alle 18.30 al Forte Ardietti, invece, Giacomo Cecchin racconterà il Generale Govone tra armi e passioni.

"Lungo antiche mura", a Nonantola un walking tour a cura dell'Associazione Arianna Eventi a Modena

abato 10 e sabato 17 ottobre, l'Associazione Arianna in collaborazione con l'agenzia Modenatour, organizza il Walking Tour "Lungo le antiche mura: Nonantola e le sue fortificazioni, chiese e palazzi nobiliari".

Il ritrovo è davanti alla pieve di s. Michele, in via della Pieve a Nonantola, adiacente al cimitero e al parcheggio, con partenza prevista per le ore 15.30. Il percorso, della durata di circa due ore, è studiato tutto in esterni e non sono previsti ingressi in luoghi chiusi. In ottemperanza alle norme anticovid-19 i partecipanti sono invitati a presentarsi muniti di mascherina e di gel igienizzante, e sono tenuti a mantenere la distanza di sicurezza.

Definita terra di confine per la sua posizione strategica tra Modena e Bologna, Nonantola è stata in passato teatro di importanti vicende nella lotta tra Papato e Impero, tra Vescovi e Comuni. Dalle chiese fuori le mura, intitolate a s. Michele Arcangelo e a S. Maria dell'Ospitale, il percorso si svilupperà per le vie e le piazze del centro, seguendo il perimetro delle mura castellane, di cui ancora si scorge qualche tratto inglobato in edifici moderni. Si farà tappa davanti all'Abbazia e sul sito della scomparsa chiesa di s. Lorenzo, osservando le belle facciate di alcuni palazzi nobiliari sorti all'ombra delle due torri dei Modenesi e dei Bolognesi.

L’Associazione ARIANNA non percepisce proventi dall’iniziativa. Il tour è condotto da una guida turistica abilitata. Il costo del walking tour è di 10 euro, con prenotazione obbligatoria a questo link oppure chiamando Modenatur al numero telefonico 059 220022.



 
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MURA CITTADINE, NUOVE RISORSE A SOSTEGNO DELLA CONSERVAZIONE, VALORIZZAZIONE E TUTELA DELLE FORTIFICAZIONI DELLA CITTÀ STORICA
Da notizieplus.it del 7 ottobre 2020

Verrà inserito nel bilancio una previsione per interventi di recupero delle fortificazioni

Di Alvise Salice

L’Amministrazione comunale di Treviso promuove nuove azioni per la salvaguardia delle peculiarità naturali e culturali del territorio, fra cui le mura cittadine, sistema difensivo realizzato nel cinquecento.

È stato approvato dalla Giunta l’inserimento nel bilancio dell’ente di una previsione che stabilisca un indirizzo programmatorio di destinazione vincolata di somme per interventi finalizzati alla progettazione e realizzazione del recupero delle mura cittadine, da finanziarsi con le risorse disponibili (avanzo, ecc.) e parametrate al 10% delle entrate derivanti dai contributi di costruzione. Inoltre, è prevista l’introduzione di un indirizzo programmatorio che ponga in essere iniziative finalizzate alla ricerca di contributi e finanziamenti nonché a promuovere e diffondere modelli di partenariato pubblico privato, sponsorizzazioni, ArtBonus e altre forme di coinvolgimento di soggetti privati, che possano partecipare al finanziamento o comunque concorrere al recupero delle mura cittadine.

«L’iniziativa esprime la volontà politica di destinare con continuità nel tempo, le somme e le proposte utili a potere porre in essere progettualità presenti e future, volte alla conservazione, valorizzazione e tutela del sistema monumentale cinquecentesco della città di Treviso», afferma l’assessore all’Urbanistica Linda Tassinari che ha promosso la misura. «Ciò avviene in continuità con le iniziative già avviate nel 2019, tramite l’adesione all’ “Associazione delle Città murate del Veneto”».

 

"Lungo antiche mura", a Nonantola un walking tour a cura dell'Associazione Arianna
Da modenatoday.it del 6 ottobre 2020

Sabato 10 e sabato 17 ottobre, l'Associazione Arianna in collaborazione con l'agenzia Modenatour, organizza il Walking Tour "Lungo le antiche mura: Nonantola e le sue fortificazioni, chiese e palazzi nobiliari".

Il ritrovo è davanti alla pieve di s. Michele, in via della Pieve a Nonantola, adiacente al cimitero e al parcheggio, con partenza prevista per le ore 15.30. Il percorso, della durata di circa due ore, è studiato tutto in esterni e non sono previsti ingressi in luoghi chiusi. In ottemperanza alle norme anticovid-19 i partecipanti sono invitati a presentarsi muniti di mascherina e di gel igienizzante, e sono tenuti a mantenere la distanza di sicurezza.

Definita terra di confine per la sua posizione strategica tra Modena e Bologna, Nonantola è stata in passato teatro di importanti vicende nella lotta tra Papato e Impero, tra Vescovi e Comuni. Dalle chiese fuori le mura, intitolate a s. Michele Arcangelo e a S. Maria dell'Ospitale, il percorso si svilupperà per le vie e le piazze del centro, seguendo il perimetro delle mura castellane, di cui ancora si scorge qualche tratto inglobato in edifici moderni. Si farà tappa davanti all'Abbazia e sul sito della scomparsa chiesa di s. Lorenzo, osservando le belle facciate di alcuni palazzi nobiliari sorti all'ombra delle due torri dei Modenesi e dei Bolognesi.

L’Associazione ARIANNA non percepisce proventi dall’iniziativa. Il tour è condotto da una guida turistica abilitata. Il costo del walking tour è di 10 euro, con prenotazione obbligatoria a questo link oppure chiamando Modenatur al numero telefonico 059 220022.

"Lungo antiche mura", a Nonantola un walking tour a cura dell'Associazione Arianna Eventi a Modena

abato 10 e sabato 17 ottobre, l'Associazione Arianna in collaborazione con l'agenzia Modenatour, organizza il Walking Tour "Lungo le antiche mura: Nonantola e le sue fortificazioni, chiese e palazzi nobiliari".

Il ritrovo è davanti alla pieve di s. Michele, in via della Pieve a Nonantola, adiacente al cimitero e al parcheggio, con partenza prevista per le ore 15.30. Il percorso, della durata di circa due ore, è studiato tutto in esterni e non sono previsti ingressi in luoghi chiusi. In ottemperanza alle norme anticovid-19 i partecipanti sono invitati a presentarsi muniti di mascherina e di gel igienizzante, e sono tenuti a mantenere la distanza di sicurezza.

Definita terra di confine per la sua posizione strategica tra Modena e Bologna, Nonantola è stata in passato teatro di importanti vicende nella lotta tra Papato e Impero, tra Vescovi e Comuni. Dalle chiese fuori le mura, intitolate a s. Michele Arcangelo e a S. Maria dell'Ospitale, il percorso si svilupperà per le vie e le piazze del centro, seguendo il perimetro delle mura castellane, di cui ancora si scorge qualche tratto inglobato in edifici moderni. Si farà tappa davanti all'Abbazia e sul sito della scomparsa chiesa di s. Lorenzo, osservando le belle facciate di alcuni palazzi nobiliari sorti all'ombra delle due torri dei Modenesi e dei Bolognesi.

L’Associazione ARIANNA non percepisce proventi dall’iniziativa. Il tour è condotto da una guida turistica abilitata. Il costo del walking tour è di 10 euro, con prenotazione obbligatoria a questo link oppure chiamando Modenatur al numero telefonico 059 220022.



 
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Ciclo di conferenze e mostra fotografica su “Mestre e la Seconda guerra mondiale”
Da veneziatoday.it del 5 ottobre 2020

Da giovedì 8 ottobre a Forte Marghera una serie di appuntamenti inerenti gli anni dal 1940-1945

Un ciclo di quattro incontri-conferenze e una mostra fotografica: dall'8 ottobre, a Forte Marghera, sarà raccontata attraverso le parole, i ricordi e le immagini una parte importante della città, grazie all'iniziativa dal titolo “Mestre e la Seconda guerra mondiale – Ricerche, ricordi e racconti sull'ultimo conflitto”, promossa dal Comune di Venezia, Direzione Progetti strategici, in collaborazione con la Fondazione Forte Marghera.

In primo piano gli anni dal 1940 al 1945, che saranno rivisitati, spiegati, analizzati, grazie a studiosi e giornalisti che se ne sono occupati, ma anche attraverso racconti, ricordi dei testimoni diretti, nonché immagini in gran parte inedite.
Il ciclo di incontri-conferenze, dal titolo “Mestre e la Seconda guerra mondiale”, si terrà nel bellissimo Centro Studi di Forte Marghera, ogni giovedì, alle ore 21.15: l'8 ottobre toccherà a Pierluigi Rizziato a parlare di “Mestre verso e 'dentro' la guerra”, dove sarà posta in particolare attenzione agli anni che precedono l'inizio del conflitto e alla prima parte di esso; il 15 ottobre Sergio Barizza, con i “I bombardamenti” ci farà rivivere uno dei momenti più tragici della storia della città ; il 22 ottobre sarà la volta di Sandra Savogin con “Resistenza e Liberazione”, che racconterà in particolare gli ultimi momenti del conflitto; infine, il 29 ottobre, Umberto Zane, con “I mestrini e la guerra: ricordi e racconti” darà qualche gustosa anticipazione sul suo ultimo libro, che parla della Seconda guerra a Mestre attraverso la narrazione di una trentina di testimoni diretti. Dialogherà ogni volta con gli autori, il presidente del Centro Studi Storici di Mestre, Roberto Stevanato, che avrà anche il compito da fare da “collante” a quello che diventerà un vero e proprio unico racconto, in quattro puntate, dell'ultimo conflitto a Mestre.
Parallelamente, l'ex chiesetta di Forte Marghera, ospiterà la mostra “1940-45: Mestre ferita”, curata da Umberto Zane, con una sessantina di immagini (spesso inedite), corredate da schede illustrative, che ripercorreranno i cinque anni di guerra, le distruzioni, la paura, la fame, i patimenti, vissuti in città.
La mostra sarà aperta sino al 2 novembre, dal mercoledì alla domenica, con orario 10-18, ed è a ingresso libero. La storia novecentesca della città torna insomma protagonista a Forte Marghera, dopo il ciclo di conferenze, tenutosi due anni fa, che si era occupato del periodo riguardante la “Grande Guerra” (1915-18), di cui di fatto questa nuova iniziativa è una sorta di ideale prosecuzione

 

Alla scoperta del Salento: La cittadella fortificata di Acaya ed il suo splendido Castello
Da corrieresalentino.it del 4 ottobre 2020

Di Cosimo Enrico Marseglia

Nel XII secolo il borgo medievale di Segine venne inglobato nella Contea di Lecce e sotto la dominazione angioina venne ceduto dapprima al Convento di San Giovanni Evangelista di Lecce quindi successivamente, nel 1294, Carlo II d’Angiò lo concesse in feudo a Gervasio dell’Acaya, la cui famiglia lo tenne per circa tre secoli. In seguito alle modifiche effettuate nel XVI secolo, prima da Alfonso dell’Acaya, poi dal figlio Gian Giacomo, Regio Ingegnere Militare e Ispettore Generale delle Fortificazioni del Regno, il borgo mutò il nome in Acaya.
L’opera dei due, padre e figlio, mirò a fortificare militarmente il centro. Alfonso provvide all’edificazione di un primo nucleo del castello nel 1506, mentre Gian Giacomo continuò l’opera con l’aggiunta di bastioni e di un fossato, inoltre si occupò di rinforzare l’intero centro, racchiudendolo in una cinta muraria bastionata ed un fossato. Alla morte di Gian Giacomo, avvenuta nel 1570, Acaya ritornò al Regio Fisco e nel 1608 venne acquistata da Alessandro De Monti. Nel 1714 il centro subì un’incursione da parte di alcuni pirati turchi sbarcati sul vicino litorale, e si tratta dell’unico fatto d’arme cui fu oggetto nel corso della sua storia. Sul finire del XVII secolo, con l’estinzione del ramo principale della famiglia De Monti, il feudo tornò alla Corte Regia che nel 1688 lo alienò ai De Monti-Sanfelice, i quali quasi subito lo rivendettero ai Vernazza: ultimi feudatari fino alla soppressione del feudalesimo, avvenuta sotto il regno di Giuseppe Bonaparte nel 1806. Gian Giacomo dell’Acaya ristrutturò il borgo di Segine nel periodo di tempo che va dal 1521 al 1535. Il progetto era mirato a fortificare e a dare un nuovo assetto urbanistico alla piazza, secondo le concezioni difensive rinascimentali, che la trasformarono in una vera e propria cittadella militare, oltre a terminare la costruzione della chiesa e del Convento dei Frati Minori dedicato a Sant’Antonio.
La piazza presenta una pianta quadrangolare, secondo il classico impianto di un castra romano con un Cardine o Cardo (È il nome dato dai Romani a una delle due linee, quella nord-sud, tracciata dall’augure nel cielo per delimitare il ‘templum caeleste’. Da questi riti augurali, […], derivano, con l’arte dei gromatici, le norme seguite dai Romani per la limitazione delle città e per il tracciamento dei ‘castra’. Enciclopedia Treccani) e un Decumano (Era in origine una delle due linee, e precisamente quella est- vest, per mezzo della quale l’augure romano, erede dell’etrusca aruspicina, divideva in quattro parti il ‘templum’ celeste e poi quello terrestre. Da questo primitivo significato il termine è passato, con la pratica dei riti augurali, all’arte dei ‘gromatici’ e dei ‘castrorum metatores’, per designare una delle due linee, che, tagliandosi ad angolo retto, dividevano in quattro parti una città di nuova fondazione, un territorio assegnato a coloni o un accampamento militare. Accanto a questo, che era il decumano massimo, vi erano decumani minori che correvano paralleli ad esso. Enciclopedia Treccani).
La cittadella si articola su sei strade parallele secondo l’asse nord-sud, larghe 4 metri, equidistanti (17 metri) e quasi tutte con la medesima lunghezza. Secondo la direzione est-ovest, invece, presenta tre assi perpendicolari alle citate strade parallele e dislocate, due alle estremità, mentre la terza centrale che divide la piazzaforte in due settori. Una cinta muraria racchiude il centro, rinforzata con tre imponenti bastioni agli angoli, di cui uno, a nord-est, dotato anche di torretta di avvistamento, mentre al quarto spigolo si colloca il castello. Alla piazza si accede attraverso la Porta dedicata a Sant’Oronzo, risalente al 1535 e su cui campeggiano i blasoni delle varie famiglie feudatarie, sovrastati dalla scudo imperiale di Carlo V, mentre in alto troneggia la statua del Santo, risalente al XVIII secolo.

Il Castello di Acaya è uno splendido esempio dell’architettura militare cinquecentesca e si innesta alle cortine della cittadella in uno degli angoli, precisamente in quello sud-occidentale. Iniziato, come già asserito, nel 1506 da Alfonso dell’Acaya, fu completato da suo figlio Gian Giacomo, nato a Napoli, che lo munì di bastioni e fossato. I lavori terminarono nel 1536, secondo quanto riportato da un’epigrafe inserita nei muri di uno dei bastioni. In seguito a quanto realizzato nel suo feudo e per le sue capacità di abile architetto militare, acquisite studiando le fortificazioni e le tecniche belliche rinascimentali, nonché per la fedeltà dimostrata all’Imperatore Carlo V, opponendo una fiera resistenza nel 1528 all’avanzata francese in Terra d’Otranto, Gian Giacomo ottenne l’incarico di ispezionare i castelli e le mura delle varie città del Regno di Napoli, al fine di fortificarli secondo i nuovi precetti dell’architettura rinascimentale, per renderli inespugnabili. In tale compito collaborò con Francesco Maria della Rovere, Duca di Urbino.

Il 23 settembre 1714 Acaya veniva attaccata ed espugnata dai pirati turchi e gran parte delle donne e bambini residenti si rifugiarono nel castello per volere di Anna Capuano, moglie del feudatario, il Marchese Aniello I Vernazza . Successivamente il feudo ed il castello furono venduti alla famiglia Onofrio Scarciglia di Lecce e da loro ai Rugge. Infine il maniero è stato acquistato dall’Amministrazione Provinciale di Lecce. La struttura, in linea con i canoni costruttivi delle fortezze rinascimentali, si presenta a pianta quadrangolare con bastioni angolari bassi e spessi, idonei a resistere all’urto delle armi da fuoco pesanti. In particolare allo spigolo sud-orientale è posto un bastione scarpato a forma di lancia, mentre agli angoli nordorientale e sudoccidentale si innestano due possenti torrioni cilindrici. I bastioni presentano cannoniere su tutti i livelli sia per il tiro diretto, sia per quello fiancheggiato. In tale sistema difensivo fu sperimentata per la prima volta la difesa radente. Al portale d’ingresso si accede attraverso un ponte in pietra, scavalcante il fossato, che probabilmente sostituisce l’originario ponte levatoio. Il castello comunque non ebbe solo funzioni militari bensì anche residenziali, come confermato dalla splendida sala ennagonale nella torre nordorientale.

Durante recenti lavori di ristrutturazione, sul lato settentrionale del maniero sono emerse le vestigia di una chiesetta bizantina ed alcune tombe violate. Inoltre è stato scoperto un bellissimo affresco risalente alla seconda metà del XIV secolo, ispirato probabilmente ai Vangeli Apocrifi e che rappresenta la morte della Vergine con il Cristo che ne riceve l’anima mentre gli Apostoli assistono all’evento.

"Lungo antiche mura", a Nonantola un walking tour a cura dell'Associazione Arianna Eventi a Modena

abato 10 e sabato 17 ottobre, l'Associazione Arianna in collaborazione con l'agenzia Modenatour, organizza il Walking Tour "Lungo le antiche mura: Nonantola e le sue fortificazioni, chiese e palazzi nobiliari".

Il ritrovo è davanti alla pieve di s. Michele, in via della Pieve a Nonantola, adiacente al cimitero e al parcheggio, con partenza prevista per le ore 15.30. Il percorso, della durata di circa due ore, è studiato tutto in esterni e non sono previsti ingressi in luoghi chiusi. In ottemperanza alle norme anticovid-19 i partecipanti sono invitati a presentarsi muniti di mascherina e di gel igienizzante, e sono tenuti a mantenere la distanza di sicurezza.

Definita terra di confine per la sua posizione strategica tra Modena e Bologna, Nonantola è stata in passato teatro di importanti vicende nella lotta tra Papato e Impero, tra Vescovi e Comuni. Dalle chiese fuori le mura, intitolate a s. Michele Arcangelo e a S. Maria dell'Ospitale, il percorso si svilupperà per le vie e le piazze del centro, seguendo il perimetro delle mura castellane, di cui ancora si scorge qualche tratto inglobato in edifici moderni. Si farà tappa davanti all'Abbazia e sul sito della scomparsa chiesa di s. Lorenzo, osservando le belle facciate di alcuni palazzi nobiliari sorti all'ombra delle due torri dei Modenesi e dei Bolognesi.

L’Associazione ARIANNA non percepisce proventi dall’iniziativa. Il tour è condotto da una guida turistica abilitata. Il costo del walking tour è di 10 euro, con prenotazione obbligatoria a questo link oppure chiamando Modenatur al numero telefonico 059 220022.



 
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Siglato al Forte di Bard il protocollo d’intesa che dà vita alla Rete delle fortificazioni
Da valledaostaglocal.it del 4 ottobre 2020

Tredici le realtà aderenti di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta che si sono confrontate nel corso di una mattinata di lavori,coordinati dal Direttore del Forte di Bard, Maria Cristina Ronc, e che hanno poi sottoscritto la firma dell’accordo di collaborazione triennale.

La Rete vede coinvolti, oltre al Forte di Bard, il Comune di Alessandria, il Comune di Casale Monferrato, il Comune di Vinadio, il Centro Studi e Ricerche Storiche sull’Architettura Militare del Piemonte, la Sezione Piemonte Valle d’Aosta Istituto Italiano Castelli, l’Associazione per gli Studi di Storia e Architettura Militare del Forte di Bramafan, l’Associazione Casalese Arte e Storia, l’Associazione Progetto San Carlo Forte di Fenestrelle, il Museo Pietro Micca e dell’assedio di Torino del 1706, l’Associazione Amici del Museo Pietro Micca e dell’Assedio di Torino del 1706, la Fondazione Artea e l’Istituto  Internazionale di Studi Liguri, referente per il Forte dell’Annunziata di Ventimiglia.
Il Protocollo intende avviare un rapporto di collaborazione teso a concretizzare iniziative comuni rivolte alla valorizzazione del patrimonio fortificato (realizzazione di studi ed iniziative di comunicazione, promozione di studi, ricerche, seminari su temi di comune interesse).

Per raggiungere questi obiettivi si costituirà un Gruppo di lavoro rappresentativo delle 13 realtà coinvolte che si riunirà con cadenze regolari ogni tre mesi a rotazione sulle diverse sedi.
Il Protocollo è stato sottoscritto da Ornella Badery (Presidente del Forte di Bard), Cherima Fteita Firial (Assessore del Comune di Alessandria), Federico Riboldi (Sindaco di Casale Monferrato), Angelo Giverso (Sindaco di Vinadio), Micaela Viglino Davico (Presidente del Centro Studi e Ricerche Storiche sull’Architettura Militare del Piemonte), Enrico Lusso (Presidente della Sezione Piemonte Valle d’Aosta Istituto Italiano Castelli), Pier Giorgio Corino (Presidente dell’Associazione per gli Studi di storia e architettura militare), Antonella Perin (Presidente Associazione Casalese Arte e Storia), Fabrizio Del Prete (Rappresentante dell’Associazione Progetto San Carlo Forte di Fenestrelle), Franco Cravarezza (Direttore Museo Pietro Micca), Fabrizio Zannoni (Presidente Associazione Amici del Museo Pietro Micca), Davide De Luca (Direttore della Fondazione Artea), Daniela Gandolfi (Dirigente e referente del Forte dell’Annunziata di Ventimiglia). i

abato 10 e sabato 17 ottobre, l'Associazione Arianna in collaborazione con l'agenzia Modenatour, organizza il Walking Tour "Lungo le antiche mura: Nonantola e le sue fortificazioni, chiese e palazzi nobiliari".

Il ritrovo è davanti alla pieve di s. Michele, in via della Pieve a Nonantola, adiacente al cimitero e al parcheggio, con partenza prevista per le ore 15.30. Il percorso, della durata di circa due ore, è studiato tutto in esterni e non sono previsti ingressi in luoghi chiusi. In ottemperanza alle norme anticovid-19 i partecipanti sono invitati a presentarsi muniti di mascherina e di gel igienizzante, e sono tenuti a mantenere la distanza di sicurezza.

Definita terra di confine per la sua posizione strategica tra Modena e Bologna, Nonantola è stata in passato teatro di importanti vicende nella lotta tra Papato e Impero, tra Vescovi e Comuni. Dalle chiese fuori le mura, intitolate a s. Michele Arcangelo e a S. Maria dell'Ospitale, il percorso si svilupperà per le vie e le piazze del centro, seguendo il perimetro delle mura castellane, di cui ancora si scorge qualche tratto inglobato in edifici moderni. Si farà tappa davanti all'Abbazia e sul sito della scomparsa chiesa di s. Lorenzo, osservando le belle facciate di alcuni palazzi nobiliari sorti all'ombra delle due torri dei Modenesi e dei Bolognesi.

L’Associazione ARIANNA non percepisce proventi dall’iniziativa. Il tour è condotto da una guida turistica abilitata. Il costo del walking tour è di 10 euro, con prenotazione obbligatoria a questo link oppure chiamando Modenatur al numero telefonico 059 220022.



 
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La fortezza di Civitella del Tronto
Da teleradio-news.it del 4 ottobre 2020

Prima Messina, poi Gaeta e infine Civitella del Tronto, l’ultima fortezza borbonica a cadere. Il nostro autore questa domenica ci racconta la storia commovente e poco conosciuta di quei soldati che la difesero fino all’estremo, eroici cuori biancogigliati

di Lucio Sandon

Il massacro di Forte Apache e la difesa di Forte Alamo sono episodi conosciuti da tutti in tutto il mondo e pubblicizzati a cura dell’industria cinematografica di Hollywood: si trattava di truppe di invasione alla conquista del continente nordamericano, e invece nulla si sa dell’eroica difesa di Civitella del Tronto. Simbolo di Civitella è la sua roccaforte, capolavoro di ingegneria militare che con i suoi venticinquemila metri quadri di superficie è una delle fortezze più grandi d’Europa, seconda in Italia solo a quella di Fenestrelle. A differenza di Civitella però, il complesso piemontese è noto per diverse vicende, che poco hanno a che fare con l’eroismo dei propri militari.
Come si può leggere in qualunque libro di testo scolastico, all’atto della proclamazione del Regno d’Italia  mancavano ancora da riconquistare Roma e le Venezie. Tali testi però omettono di ricordare che, a quella data del 17 marzo 1861, mancava ancora da conquistare anche una fortezza abruzzese, l’ultimo lembo di Regno delle Due Sicilie su cui sventolava il vessillo bianco gigliato dei Borbone: Civitella del Tronto. Si tratta di una pagina di storia pochissimo conosciuta: la vicenda di Civitella e della sua fortezza è quella relativa alla sua resistenza ad oltranza contro l’invasione delle truppe piemontesi verso il Regno delle Due Sicilie: l’ultimo baluardo della Cittadella venne distrutto con una potentissima carica di esplosivo solamente tre giorni dopo la proclamazione del regno d’Italia, senza che i suoi difensori si fossero arresi al feroce assedio.
Civitella del Tronto, in verità era già stata protagonista di episodi di lealtà alla dinastia borbonica e di resistenze impensate, come quella del 1557 contro il Duca di Guisa, e del 1806 contro i francesi del Generale Gouvion St. Cyr. Quando agli inizi del 1860 il timore di un’invasione del Regno delle Due Sicilie cominciava a farsi più consistente, in Abruzzo Ulteriore venne inviata una colonna militare al comando del Generale Giuseppe Pianell.
Nel momento in cui i garibaldini iniziavano a risalire la penisola, nella fortezza già si preparava la difesa, soprattutto in ragione del fatto che si paventava un’invasione piemontese dal nord, in quanto il forte era stato costruito sul fiume Tronto, il confine con lo Stato Pontificio.
Cialdini in posa eroica

L’invasione arrivò il 15 ottobre 1860, e la cittadella si apprestò immediatamente alla difesa, ritenendosi giustamente obiettivo primario.
Il comandante, maggiore Luigi Ascione, decise di proclamare lo stato d’assedio e rispose con ironia a una comunicazione proveniente da Teramo, con la quale il plenipotenziario aveva richiesto di uniformarsi alla resa. La fortezza contava su una guarnigione composta da 530 militari appartenenti ai vari corpi del Real Esercito Borbonico, e su di un parco di artiglieria piuttosto modesto, composto di ventuno cannoni, due obici, due mortai, e una colubrina in bronzo che però era troppo vecchia e non venne mai impiegata. Le forze piemontesi scese dalle Marche avevano come obiettivo quello di incrociare le forze garibaldine che risalivano da sud e di eliminare le restanti forze borboniche in fase di ripiego dopo gli scontri sul Volturno.
Il Generale Cialdini, che comandava il corpo di spedizione, sottovalutando il problema, decise di inviare contro la fortezza solamente un reparto di volontari, la cosiddetta Legione Sannita, che giunta sul posto iniziò le operazioni di assedio il 23 di ottobre.
Il primo colpo di cannone venne sparato il 26 ottobre 1860, ma nonostante il quotidiano bombardamento da parte piemontese, la resistenza della guarnigione proseguiva soprattutto su impulso del capitano Giovine, del sergente di artiglieria Messinelli e del sacerdote Padre Leonardo Zilli, detto Campotosto dal suo paese di origine. Vista l’inutilità dei primi bombardamenti, a capo degli assedianti venne posto il generale Ferdinando Pinelli, già famoso per le atrocità commesse nel corso della guerra, e che sembrava l’uomo giusto per piegare la resistenza della cittadella.
Tuttavia, pur unendo ai bombardamenti minacce di morte per tutta la guarnigione, in assenza di resa e in violazione di qualunque norma di diritto bellico allora vigente, Pinelli ricevette sdegnati rifiuti da parte borbonica.
Il 20 dicembre, gli assediati effettuarono anzi una sortita verso l’abitato di Meria, ove sconfissero e costrinsero alla ritirata un’intera compagnia di bersaglieri. A seguito di tali azioni, Pinelli richiese nuove truppe, portando il numero degli assedianti a 3.500, un numero pari cioè a sette volte quello degli assediati.
A quel punto, la resistenza di Civitella del Tronto cominciava a divenire un problema molto serio per il governo sabaudo, anche da un punto di vista mediatico: l’esistenza del Regno borbonico, infatti, era legata alle tre fortezze che ancora resistevano: Civitella, Messina e Gaeta, dove gli stessi reali partecipavano alla lotta, ma che capitolò il 13 di febbraio con l’esilio di Francesco II a Roma. Il generale Pinelli emise alcuni durissimi bandi contro gli stessi civili, tali da suscitare da parte di stati esteri proteste così violente da costringere il governo piemontese a sollevarlo dall’incarico. A dirigere le operazioni venne così inviato il terzo comandante: il Generale Luigi Mezzacapo. Era costui il recordman dei voltagabbana, essendo stato già ufficiale dell’artiglieria borbonica e generale nell’esercito della Repubblica romana nel 1849, oltre che artefice della capitolazione della fortezza di Gaeta.

Con l’arrivo di Mezzacapo iniziò tra gli assediati la disputa fra chi voleva arrendersi e quelli intenzionati a continuare la difesa del forte. A prevalere furono questi ultimi, che nello stesso tempo dimostrarono tanta tenacia da influenzare anche i civili in paese.
Il 15 febbraio giunsero a Mezzacapo i nuovi cannoni rigati a tiro veloce, e il generale ordinò subito un bombardamento violentissimo della fortezza, che però non diede alcun frutto, difatti l’assedio continuò fino al 12 marzo, giorno in cui si arrese anche la cittadella di Messina.
Il 17 marzo 1861, nonostante la strenua resistenza di Civitella del Tronto, a Torino Vittorio Emanuele di Savoia si fece incoronare primo re d’Italia, conservando però il numero di “secondo” e confermando in tal modo che l’Italia non era stata unita ma semplicemente annessa al Piemonte.
Nello stesso giorno il generale sabaudo Enrico Morozzo Della Rocca ebbe il permesso di entrare nella fortezza: portava con sé un messaggio nel quale Francesco II di Borbone ordinava ai resistenti di arrendersi per non mettere in pericolo le proprie vite, ma essi non riconoscendo la firma del re, rifiutarono di deporre le armi, dando così il via a tre giorni di bombardamenti durante i quali vennero scaricati contro il forte 7.860 proiettili, che alla fine produssero una breccia nelle mura alla base di piazza del Mercato, attraverso la quale i bersaglieri riuscirono finalmente a penetrare nella rocca attraverso Porta Napoli.
Alle 11.45 dello stesso giorno, il vicecomandante della guarnigione, il maggiore Raffaele Tiscar firmò la capitolazione del forte, anche se nella parte più alta della fortezza, un manipolo di soldati borbonici resisteva con le armi in pugno.
Alle 13.45 venne fucilato alla schiena e senza processo il sergente Domenico Messinelli, reo di aver rifiutato le condizioni di resa portate dal generale Della Rocca. Poco dopo subì lo stesso trattamento anche padre Zilli. Alle cinque della sera entrò nel forte di Civitella, con fanfara in testa, tutto lo stato maggiore sabaudo, anche se sulla rocca sventolava ancora la bandiera borbonica. Il giorno successivo Camillo Benso conte di Cavour comunicò alle cancellerie inglese e francese che la questione Civitella era risolta e l’Italia unificata.
Niente di più sbagliato: i militari napoletani si erano asserragliati tra le potenti mura del palazzo del governatore e della chiesa di San Giacomo: il generale sabaudo però a quel punto giudicò che l’assedio era durato anche troppo e con troppe perdite, quindi decise di chiudere la questione con l’esplosivo. Il 22 marzo 1861 vennero accumulate sotto le mura dell’ultimo baluardo diecine di tonnellate di tritolo, che fecero saltare in aria l’intera parte superiore della collina, portando con sé le vite degli ultimi resistenti.
Da notare che, nonostante le condizioni di resa prevedessero salva la vita a tutta la guarnigione, alcuni soldati tra i meno favorevoli alla resa, furono ugualmente catturati e fucilati. Altri 291 uomini dei quali non si conosceranno mai i nomi, vennero deportati in un’altra fortezza, quella di Fenestrelle, dove sparirono per sempre ingoiati nella calce viva, o esposti come reperti nell’inquietante museo di Cesare Lombroso come criminali.

Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio. Notevole è il suo penultimo romanzo, “La Macchina Anatomica”, Graus Editore, un thriller ambientato a Portici, vincitore di “Viaggio Libero” 2019. Ha già pubblicato il romanzo “Il Trentottesimo Elefante”; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: “Animal Garden” e “Vesuvio Felix”, e una raccolta di racconti comici: “Il Libro del Bestiario veterinario”. Il racconto “Cuore di figlio”, tratto dal suo ultimo romanzo “Cuore di ragno”, ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. Il romanzo “Cuore di ragno” è risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto “Cuori sui generis” 2019.

Sempre nel 2019, il racconto “Nome e Cognome: Ponzio Pilato” ha meritatola Segnalazione Speciale della Giuria nella sezione Racconti storici al Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno, mentre il racconto “Cuore di ragno” ha ricevuto la Menzione di Merito nella sezione Racconto breve al Premio Letterario Internazionale Voci – Città di Roma. Inoltre, il racconto “Interrogazione di Storia” è risultato vincitore per la Sezione Narrativa/Autori al Premio Letizia Isaia 2109.

Nel 2020 il libro “Cuore di Ragno” è stato premiato come:
◾ Vincitore per la sezione Narrativo al Premio Talenti Vesuviani;
◾ Miglior romanzo storico al prestigioso XI Concorso Letterario Grottammare;
◾ Best Seller al Premio Approdi d’Autore della Graus Edizioni;
◾ Vincitore alla sezione Romanzo Storico al Premio Nazionale Alberoandronico;
◾ Vincitore per la sezione Romanzo Storico all‘IX Premio Letterario Cologna Spiaggia.

 

Castelli Aperti in Piemonte domenica 4 ottobre: gli orari
Da mentelocale.it del 2 ottobre 2020

Prosegue la rassegna Castelli Aperti in Piemonte. Il patrimonio dell’iniziativa è eterogeneo e formato da castelli, palazzi, ville, torri, giardini, musei e itinerari storici e artistici. Sono numerosi e diversificati gli appuntamenti che anche domenica 4 ottobre vengono proposti ai visitatori in tutto il territorio piemontese. Nel dettaglio:

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

Circondato da un vasto parco con annessa tenuta agricola è tuttora difeso da una cinta muraria e da un fossato risalenti al XIV secolo il CASTELLO DI PIOVERA propone ricchi e articolati percorsi didattici, naturalistici, artistici e storici dal piano nobile del Castello fino alla torre, attraverso cucine, granai, giardini e opere d’arte senza tempo. Il visitatore può scegliere il suo percorso di visita: “Tra cultura e natura”, che permette di accedere al parco e di passeggiare tra gli alberi secolari della tenuta, “Viaggio nel tempo” un itinerario all’interno del Castello dove, attraverso le sale del primo piano e le stanze del secondo, si incontreranno le scoperte che hanno cambiato il mondo, “Raccontami il Castello”, la visita guidata che si snoda lungo i saloni del piano nobile tra arredi, decorazioni e costumi d’epoca, dalla torre fino alle cantine.
La visita libera al Castello parte alle 15.00, 15.30, 16.00, 16.30, 17.00 (massimo 20 persone a turno) e la visita guidata alle 15.00, 15.30, 16.00, 16.30, 17.00 (massimo 10 persone a turno). Dato l'accesso limitato, è obbligatoria la prenotazione.

PROVINCIA DI ASTI

Ultima apertura della stagione per il CASTELLO DI MONASTERO BORMIDA e quindi anche ultima occasione stagionale di godere dei pavimenti a mosaico e soffitti a vela e a crociera affrescati a motivi floreali e geometrici che decorano le stanze del castello. Visite guidate con partenza alle ore 11.00, 15.00, 16.00, 17.00, 18.00. Inoltre, nei sotterranei del castello, è visitabile la mostra di Sergio Unìa “Incontrare la forma”.

PROVINCIA DI BIELLA

A PALAZZO GROMO LOSA è cominciata la rassegna "Selvatica - Arte e Natura in Festival" che fa dialogare le arti visive con le meraviglie naturali del nostro pianeta per stupire, commuovere e far pensare. Quest’ anno all’insegna della monumentalità. Come le sculture lignee di Jürgen Lingl e gli ambienti al centro del progetto fotografico Habitat di Marco Gaiotti. Imponente è anche il lavoro di Margherita Leoni sulla flora amazzonica, così come l’opera di suo marito, lo scultore Luciano Mello Witkowski Pinto, entrato in contatto con le etnie della foresta. Aperto ai visitatori anche lo stupendo “Giardino all’Italiana”. Apertura sabato e domenica h 10.00-19.00.

PROVINCIA DI CUNEO

Riapre, dopo la pausa dovuta al Covid, il CASTELLO DEI MARCHESI DEL CARRETTO A SALICETO che offre ora la possibilità di godere degli stupendi affreschi al suo interno, del borgo medievale e della Parrocchiale di San Lorenzo, una delle più belle Chiese rinascimentali del Piemonte dichiarata monumento nazionale; oltre a tutto ciò anche la Chiesa di Sant' Agostino, oggi sconsacrata ma custode di pregevoli affreschi del quattrocento e la Chiesa di San Martino anch'essa monumento nazionale, dal mirabile campanile romanico e custode all'interno di raffinati affreschi tardogotici, tra i più importanti della provincia di Cuneo. Visite guidate la domenica pomeriggio dalle 14.30, con prenotazione obbligatoria al numero infopoint 342 3570641.

PROVINCIA DI TORINO

Il CASTELLO GALLI A LA LOGGIA è una splendida struttura dal fascino antico ubicata nel comune di La Loggia, a pochi chilometri da Torino. Una visita ricca di storia e contaminazioni. Oggi la parte nord del castello ha conservato il carattere medioevale, mentre la facciata sud è stata rifatta nei primi anni del 1700. Il Castello è anche il luogo attorno a cui è nato il primo embrione di una partecipazione attiva della popolazione loggese alla gestione propria comunità. Quando era ancora in vita l'ultima discendente della famiglia Galli, la contessina Laura, un salone accoglieva i bambini per il catechismo. Visite guidate alle 15.00, 16.00, 17.00

PROVINCIA DI VERBANO CUSIO- OSSOLA

GIARDINI BOTANICI DI VILLA TARANTO Dalle 9.00 alle 17.30. Consigliata la prenotazione al 0323 502372 Email: ente@villataranto.it

 

Visite guidate gratuite alle Mura di Lucca
Da lagazzettadilucca.it del 1 ottobre 2020

Dopo il successo delle visite guidate estive del venerdì, che hanno visto il tutto esaurito per tutte le date, è già pronta una nuova programmazione per il mese di ottobre organizzate dall'ufficio turismo in collaborazione con le associazioni di guide turistiche Turislucca, La Giunchiglia, Lucca Info e Guide. Otto appuntamenti per quattro domeniche per approfondire la conoscenza di questo importante monumento e della relazione con la città, e un gran finale in concomitanza con il trekking urbano, la manifestazione dedicata al "vagabonding" ovvero al turismo a casa propria, quest'anno quanto mai attuale.

Una piattaforma e dieci baluardi disposti lungo quattro chilometri di lunghezza, un'altezza media di 12 metri, 75 ettari di prato su cui spicca il paramento murario di mattoni rossi e sinuosi sotterranei con sortite segrete. Le Mura di Lucca, macchina difensiva costruita tra la metà del '500 e la metà del '600, sono oggi un grande parco urbano sospeso sulla città. Una corona verde, simbolo di pace e di civiltà, di cordiale accoglienza. Non solo una grande architettura militare, oggi le Mura di Lucca, preservate interamente, sono un monumento da conoscere sotto tanti aspetti: la Storia, la botanica, le leggende, i personaggi, che ne hanno fatto il più importante e significativo monumento cittadino. Una promenade, unica al mondo, una ininterrotta e sempre nuova visuale sui monumenti, chiese, palazzi della città nei colori caldi e avvolgenti del foliage autunnale. Questi i titoli delle visite guidate:

domenica 4 ottobre

LE 4 MURA DI LUCCA Storia delle quattro cerchie murarie della città: da quelle romane a quelle medievali; dall'ampliamento quattrocentesco alle mura rinascimentali.

A DIFESA DELLA LIBERTA' E DELL'ARTE Le Mura di Lucca a difesa della libertà e custodi dell'arte serica: itinerario nella zona orientale per scoprire gli elementi caratteristici della fortificazione militare e del quartiere dove ferveva la lavorazione della seta

domenica 11 ottobre

LUCCA 1504-1650 Storia della costruzione delle Mura di Lucca e del sistema difensivo della città.

PEREGRINANDO DALLE MURA AL VOLTO SANTO Il percorso dei pellegrini all'interno della città murata

domenica 18 ottobre

IL VERDE DELLE MURA Dagli alberi sulle Mura ai prati degli spalti, dai giardini realizzati sui baluardi a quelli immediatamente a ridosso delle Mura.

L'ACQUA E LE MURA La storia dell'approvvigionamento idrico della città si intreccia alla storia della Mura in una gradevole passeggiata.

domenica 25 ottobre

LE MURA DALL'OTTOCENTO AD OGGI Storia delle trasformazioni avvenute sulle e attorno alle Mura negli ultimi due secoli: il "pubblico passeggio", le modifiche alla "tagliata", le nuove porte, i monumenti sui baluardi

GIARDINI POSSIBILI E IMPOSSIBILI Giardini possibili e impossibili delle e dalle Mura di Lucca.

A conclusione del mese, durante la giornata del 31 in concomitanza con la giornata del Trekking Urbano saranno proposti, in contemporanea, tutti i titoli proposti durante il mese, tra cui scegliere. Sono 68 quest'anno le città i tutta Italia dove si svolgerà il trekking urbano. Quest'anno il titolo è "Com'è verde la mia città", un invito ad osservare quei piccoli dettagli che spesso sfuggono agli occhi dei visitatori e Lucca non poteva che dedicarlo alle Mura. Le visite guidate di ottobre si svolgeranno la domenica in orario mattutino e pomeridiano. Ogni gruppo sarà composto da 20 persone. Per info e prenotazioni: iat lucca piazzale verdi tel 0583 583150 - turismolucca@metrosrl.it - iat lucca piazza curtatone tel 442213 - info@turismo.lucca.it