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ANNO 2025

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La Cina sta costruendo enormi bunker a Pechino: “si preparano alla guerra nucleare”
Da meteoweb.eu del 31 gennaio 2025

Immagini satellitari pubblicate dal Financial Times dimostrano imponenti preparativi per una guerra nucleare da parte della Cina

L’esercito cinese sta costruendo un enorme complesso nella parte occidentale di Pechino che, secondo i servizi segreti statunitensi, servirà come centro di comando in tempo di guerra molto più grande del Pentagono, secondo quanto riferito da attuali ed ex funzionari americani al Financial Times.

Le immagini satellitari ottenute dal Financial Times, che sono al vaglio dell’intelligence statunitense, mostrano un sito di costruzione con buche profonde che, secondo gli esperti militari, ospiteranno bunker di grandi dimensioni e temprati per proteggere i leader militari cinesi in caso di conflitto, inclusa potenzialmente una guerra nucleare.

 

NB. L'immagine si sinistra è a scopo illustrativo ed è statab realizzata da MeteoWeb con l'intelligenza artificiale

 

Selinunte, inaugura un nuovo percorso alla scoperta delle mura di cinta e dei passaggi segreti dell’antica città
Da primapaginacastelvetrano.it del 30 gennaio 2025

Domenica 2 febbraio ingresso gratuito tra visite, videomapping e bici

Scoprire le mura fortificate, entrare nei passaggi segreti e chiedersi dove vadano a finire i cunicoli, notare vicino porta Nord le feritoie quadrate da dove gli abitanti riversavano sui nemici, migliaia di frecce. È veramente un’esperienza straordinaria quella che si sta preparando a Selinunte e che sarà “testata” in queste prima domenica del mese a ingresso gratuito (2 febbraio, dalle 9 alle 17), prima di diventare uno dei percorsi di punta della prossima estate.

“Non si può mai affermare di conoscere Selinunte perché è un sito che mostrerà sempre qualcosa di inedito – dice il direttore del Parco, Felice Crescente – Stiamo studiando i passaggi per scoprire esattamente il loro percorso, ma intanto questa visita permetterà di comprendere l’importanza dell’antica città”.

Ma la raccomandazione è quella di passare un’intera giornata al Parco archeologico di Selinunte: per scoprire i templi protagonisti della Collina orientale, l’acropoli fortificata affacciata sul mare, il paesaggio mediterraneo su 270 ettari, per il più esteso sito archeologico d’Europa. Nei mesi scorsi è stata completato un imponente intervento di ripulitura e sistemazione del verde del parco archeologico, permettendo di vedere nella loro interezza, porzioni delle antiche mura di Selinunte, finora coperte dalla vegetazione.

La cinta muraria, oggi anche perfettamente illuminata, è ritornata alla luce, con tutto il suo reticolo di vie di fuga verso il mare e oltre il fiume Modione. Alle 11 CoopCulture proporrà la visita guidata inedita e gratuita "Le mura di Selinunte ed i suoi passaggi segreti”, per scoprire il sistema difensivo dell’antica città. Ogni antico abitato aveva una cinta muraria che proteggeva i suoi abitanti dagli attacchi nemici: le mura di Selinunte sono il testimone muto di un passato glorioso (e della distruzione) riletto sulle sue fortificazioni.

Il trekking costeggerà il sistema murario e ciò che resta delle porte, veri e propri punti strategici con torri a intervalli regolari, da dove le sentinelle controllavano giorno e notte gli accessi alla città e avvisavano di eventuali pericoli; entrando da un varco all’altezza di Porta Nord, si imboccherà un passaggio segreto per ritrovarsi sul lato che si affaccia sul santuario di Demetra Malophoros. Durante la visita si accennerà all’arte della poliorcetica ovvero tutti gli stratagemmi, le tecniche e gli strumenti messi a punto in campo militare per assediare la città.

Durata: 45 minuti. 3 euro la navetta fino all’Acropoli. Percorso non adatto ai bambini sotto i 10 anni e alle persone con difficoltà motorie.

DOMENICA GRATUITA AL PARCO.Tutto il Parco di Selinunte, il più esteso d’Europa, è una continua scoperta, con il colpo d’occhio dei templi maestosi, vere e proprie dimore eterne, innalzate dai greci per gli Dei, circa due millenni fa. Templi che, tra l’altro, possedevano colori caldi e sontuosi, come racconta un bellissimo videomapping su questa inattesa policromia, partendo anche dal mito del Ratto di Europa, proiettato sull’anastilosi del Tempio Y.

Lo troverete al Museo Baglio Florio, dove questa domenica SicilytoBike in collaborazione con il liceo artistico G. Bonachia di Sciacca organizza anche il concorso “Colora La Sicilia su due ruote” gli studenti hanno decorato delle e-bike ispirandosi alla cultura siciliana, trasformandole in opere d'arte itineranti. Per chi invece preferisce prendersi il proprio tempo e scoprire l’intero sito archeologico in solitaria, ci sono sempre a disposizione le bici da noleggiare (dalle 9 in poi) e seguire, mappa alla mano, i percorsi indicati.

Infine si può sempre sottoscrivere la Card Selinunte 365, pensata per le famiglie, per entrare liberamente nel Parco archeologico 365 giorni l'anno, ma anche avere accesso a sconti e vantaggi per gli eventi e i servizi.

 

Si presenta a Montopoli ‘Castelli e fortezze in un’area di frontiera medievale’
Da ilcuoioindiretta.it del 30 gennaio 2025

Il volume è a cura di Monica Baldassarri, direttrice del museo civico e sistema museale del paese. Presenti la sindaca Vanni e l’assessora Gabbanini

Appuntamento sabato (1 febbraio) alle 11 nella sala consiliare del Comune di Montopoli in Val d’Arno con la presentazione del volume Castelli e fortezze in un’area di frontiera medievale: Marti, Montopoli e San Romano a cura di Monica Baldassarri, direttrice del museo civico e sistema museale di Montopoli in Valdarno.

Il libro racconta il ruolo cruciale dei castelli nell’evoluzione del territorio di frontiera e di cerniera, e invita a cogliere l’urgenza di preservare ciò che resta di questi testimoni materiali, custodi di una storia che riguarda ciascuno e che merita ancora di essere raccontata.

Per i saluti istituzionali saranno presenti la sindaca Linda Vanni e l’assessore alla cultura Marzio Gabbanini. Interverranno Gabriella Gazzella, presidente della Società storica pisana, e Andrea Vanni Desideri, docente all’università degli studi di Firenze e direttore del Museo Civico di Fucecchio.

Saranno presenti inoltre la curatrice e gli autori.

 

Bunker e caserme: 200 tracce della Grande Guerra. E da Pasqua aprono i campeggi
Da corriere.it del 30 gennaio 2025

Di Manuela Croci

La batteria Vettor Pisani oggi trasformata in museo

 

Si affacciano sul lungomare, nel tratto di terra tra Jesolo e Venezia. Qui nei prossimi mesi le spiagge si riempiono di turisti, soprattutto provenienti dal nord Europa

Un museo all'aperto lungo la costa di dune sabbiose di Cavallino Treporti, tra Jesolo e Venezia. In questo tratto, che da aprile a ottobre fiorisce di turisti campeggiatori con parchi acquatici, spa e ristoranti (qui è nato il primo 5 stelle d'Italia), si trovano anche circa 200 strutture belliche tra batterie, torri telemetriche, caserme, polveriere e bunker.

Costruite tra il 1845 e il 1919 per difendersi dagli austroungarici, oggi sono in buona parte conservate e, talvolta, adibite a musei. Come nel caso della Batteria Vettor Pisani (nella foto) che ha al suo interno un percorso dedicato alla Grande Guerra (viadeiforti.it).

Più che una destinazione di vacanza, un fenomeno del turismo contemporaneo: Cavallino Treporti - con quasi 7 milioni di presenze nel 2023 - è entrata di diritto nella top ten italiana del valore aggiunto turistico (il suo nome spunta dopo big del calibro di Roma, Milano, Venezia, Firenze, Rimini, Napoli). Il merito va a quello che la natura ha donato a questa piccola località lagunare tra Venezia e Jesolo: la spiaggia, prima di tutto, 15 km di sabbia dorata che sono diventati il paradiso di chi viaggia in famiglia con campeggi che si susseguono uno dietro l'altro.

Strutture anche 5 stelle come lo storico Union Lido la cui storia è comincia nel 1955 o il Marina di Venezia che si allunga con la sua spiaggia fino al fare da cui si scorge piazza San Marco. Al loro interno grandi piscine attrezzate con scivoli, spa, ristoranti di carne o pesce, supermarket e intere aree adibite a chi in vacanza arriva insieme al proprio cane. Per l'accoglienza ci sono piazzole per tende, camper o roulotte - scelte soprattutto dai turisti tedeschi, olandesi, danesi, polacchi che qui arrivano a migliaia ogni anno - oltre a vere e proprie abitazione, alcune con vasca idromassaggio, terrazzo e postazione barbeque.

Veduta della zona dove passa la pista ciclabile

 

Si aggiungono la pineta e il paesaggio unico delle barene, plasmato dalle maree.

Per godersi lo spettacolo della natura, il consiglio è la ciclabile del Pordelio (completata con tutte le piazzole di sosta), un percorso di circa 7 km di cui 5 sospesi a sbalzo sulle acque della Laguna, con una vista che spazia dalle vette dolomitiche a Murano e Burano.

Fino ad addentrarsi nella laguna per raggiungere minuti isolotti come il borgo di Lio Piccolo che conta una ventina di abitanti.

 

Forte di San Moritio: al Colle della Roussa una struttura "stellare"
Da lunanuova.it del 27 gennaio 2025

I ruderi sulle montagne di Coazze fra alpeggio Sellery e rifugio Fontana Mura: eretto nel 1628 e teatro di varie battaglie con i francesi

Una veduta aerea del Forte di San Moritio (foto Federico Dovis)

La rubrica mensile “Fai una visita”, che abbiamo lanciato su queste pagine da fine ottobre 2024, si arricchisce di un ulteriore tassello: il contributo dei volontari del Gruppo Fai della Val Sangone, parte della Delegazione Fai di Torino, che ringraziamo per la preziosa collaborazione.

A rotazione con i ‘colleghi’ della Delegazione Fai Valle di Susa, presenteranno uno dei siti valsangonesi che custodiscono beni storici, artistici e architettonici di pregio: il viaggio fra le bellezze del territorio, in particolare quelle più nascoste, continua.

La Valle del Sangone, a differenza delle altre vallate alpine, non possiede testimonianze di grandi fortificazioni. Tuttavia conserva ancora le tracce di diverse piccole opere di difesa erette tra il XVII e il XVIII secolo, tra le quali spicca certamente il Forte di San Moritio presso il Colle La Roussa, sul territorio di Coazze.

I ruderi della struttura fortificata di forma stellare occupano un modesto rilievo, il Truc del Fort, che si eleva fra l’alpeggio del Sellery, a valle, e il rifugio Fontana Mura. Sul Colle La Roussa (2035 metri), che separa la Valle del Sangone da quella del Chisone, correva la linea di confine tra i territori del Ducato di Savoia, di cui la Val Sangone faceva parte, e il Delfinato francese. Il piccolo forte nacque nel 1628...

 

Rocca di Anfo, da presidio militare a bellezza architettonica

Da quibrescia.it del 25 gennaio 2025

La Rocca di Anfo è un’imponente fortezza militare situata sulla sponda occidentale del Lago d’Idro, in provincia di Brescia, Lombardia. La sua posizione strategica le consente di dominare la valle circostante e il lago, rendendola un punto di osservazione e difesa importante nella storia della regione. Ecco alcune informazioni chiave sulla Rocca di Anfo:

Storia:

Origini: La Rocca di Anfo fu costruita tra il XV e il XVI secolo, principalmente per volere della Repubblica di Venezia, che controllava il territorio all’epoca. Successivamente, la fortezza passò sotto il controllo del Ducato di Baviera e dell’Austria.

Funzione militare: La fortezza ha avuto un’importante funzione difensiva, servendo come posto di avvistamento e come base militare. È stata coinvolta in vari conflitti, tra cui le guerre napoleoniche e la Prima Guerra Mondiale.

Architettura: La Rocca è caratterizzata da una struttura massiccia con mura di pietra e torri, adattata al rilievo montano. Presenta una pianta a forma di triangolo e si articola su più livelli, con cunicoli e sentieri interni.

Visita:

Accessibilità: La Rocca di Anfo è accessibile mediante sentieri che partono dal lago e dalle zone circostanti. Una volta raggiunta, offre pannelli informativi sulla storia e sull’architettura del luogo.

Panorami: Dalla rocca si possono godere panorami spettacolari sul Lago d’Idro e sulla valle circostante, rendendo la visita particolarmente affascinante per gli appassionati di fotografia e natura.

Attività: Oltre alla visita della fortezza, la zona circostante offre possibilità per escursioni, trekking, mountain bike e sport acquatici sul lago. Sono disponibili anche aree pic-nic per una sosta in mezzo alla natura.

Conservazione:

La Rocca di Anfo è oggetto di interventi di restauro e conservazione per preservare la sua struttura storica e permettere la fruizione da parte di turisti e appassionati di storia. Visitarla consente di scoprire un’importante parte del patrimonio storico e culturale della Lombardia, godendo al contempo delle bellezze naturali della zona. Se sei interessato alla storia militare e alle fortificazioni, la Rocca di Anfo rappresenta una tappa obbligatoria durante una visita nella Val Sabbia

 

Anche le Marche hanno il loro cammino: alla scoperta del “Cammino dei Forti”
Da capocronaca.it del 23 gennaio 2025

Di Giorgia Clementi

Dopo la Via degli Dei in Emilia-Romagna e Toscana o il Cammino delle Terre Mutate in Abruzzo, anche le Marche si aggiungono al panorama dei grandi cammini italiani con il nuovo Cammino dei Forti. Il percorso, un anello di circa 120 chilometri suddiviso in cinque tappe, attraversa alcuni dei luoghi più suggestivi dell’entroterra maceratese, offrendo un’immersione totale tra natura, storia e tradizioni.

Un viaggio tra fortezze, borghi e paesaggi

Il Cammino dei Forti parte e si conclude a San Severino Marche, toccando i comuni di Serrapetrona, Castelraimondo, Gagliole e Matelica. Attraverso un percorso ben segnalato, i camminatori possono ammirare antiche fortezze, borghi medievali e panorami spettacolari dell’Alta Marca Maceratese, in un viaggio che unisce la bellezza del trekking con l’emozione della scoperta storica e culturale.

Ogni tappa regala scorci da ricordare: dalle mura del Castello di San Severino alla suggestiva Rocca di Varano, passando per il borgo di Pitino e le atmosfere medievali di Gagliole. Non mancano soste presso fonti naturali, abbazie e luoghi che raccontano la storia e le tradizioni di questa terra.

Le cinque tappe del Cammino dei Forti

San Severino Marche – Crispiero (14,5 km): la prima tappa si snoda tra paesaggi collinari e punti panoramici come il parco eolico di Serrapetrona, conducendo al borgo di Crispiero.
Crispiero – Rastia: in questa tappa si attraversano luoghi iconici come la Torre del Cassero e la Rocca di Varano, con una sosta presso la suggestiva fonte Acqua dell’Olmo.
Rastia– Elcito: Nella tappa, anche la deviazione verso la vetta del Monte San Vicino.

Elcito– Pitino: Questa tappa si distingue per i paesaggi collinari e bellezze da scoprire come la Torre di Aliforni, il Castello di Serralta e il Castello di Pitino, piccolo gioiello medievale.
Pitino – San Severino Marche (25,3 km): L’ultima e più lunga tappa riporta i camminatori a San Severino, passando per le fortezze di Serralta e Aliforni.

Come organizzarsi

Il Cammino dei Forti è adatto a camminatori di ogni livello grazie al suo tracciato variegato e ben organizzato. Lungo il percorso sono presenti strutture per il pernottamento, ma per gli amanti dell’avventura è possibile anche bivaccare in tenda nei luoghi consentiti.

Prima di partire, è consigliabile consultare il sito ufficiale del Cammino dei Forti (www.camminodeiforti.it), dove è possibile scaricare le mappe, registrarsi e richiedere il salvacondotto, un ricordo simbolico del percorso.

 

Scoperti passaggi segreti finora ignoti sotto il Castello Sforzesco di Milano
Da domusweb.it del 22 gennaio 2025

È successo grazie all’analisi condotta dai ricercatori del Politecnico di Milano, che stanno lavorando a un gemello digitale della storica costruzione.

Di Ilaria Bonvicini

Recenti indagini condotte dal Politecnico di Milano, realizzate in collaborazione con il Castello e con il supporto tecnico di Codevintec, hanno rilevato la presenza di numerosi passaggi sotterranei sotto il Castello Sforzesco, collocati in corrispondenza della Ghirlanda, la cinta muraria con torri angolari del quadrato sforzesco demolita nel 1893. Secondo i ricercatori, tra questi potrebbe trovarsi il leggendario collegamento che Ludovico il Moro avrebbe fatto costruire per raggiungere la tomba della moglie Beatrice d'Este nel Santuario della Basilica di Santa Maria delle Grazie, riportato anche nei disegni di Leonardo da Vinci.

I passaggi, situati a pochi decimetri di profondità, sono stati individuati utilizzando georadar e laser scanner, che hanno consentito di creare una mappatura precisa del sottosuolo e delle sue strutture. “L’obiettivo”, ha spiegato il docente di Geomatica del Politecnico Franco Guzzetti, “è creare un digital twin del Castello Sforzesco, un modello digitale che non solo rappresenti l’aspetto attuale del Castello ma che consenta anche di esplorare il passato, recuperando elementi storici che non sono più visibili”.

I gemelli digitali, ovvero controparti virtuali di oggetti o processi reali, sono uno strumento ideale per ricercatori e progettisti, soprattutto grazie alle possibilità esplorative e di co-progettazione immersiva che sono in gradi di offrire. Nel caso della scoperta del Politecnico di Milano, oltre ad arricchire la documentazione storica, i dati raccolti potranno essere integrati con tecnologie di realtà aumentata, consentendo lo sviluppo di futuri studi sui passaggi segreti del castello.

Immagine di apertura: Castello Sforzesco, foto di Daniel via Flickr

 

La Meccanica delle Fortezze, un nuovo percorso divulgativo
Da ansa.it del 22 gennaio 2025

Gorizia, Palmanova, Gradisca d'Isonzo. Offerta anche per GO!2025

L'ingegnere veneziano Giulio Savorgnan per Palmanova, lo scienziato Leonardo Da Vinci per Gradisca d'Isonzo e l'ingegnere, matematico e astronomo Edmond Halley per Gorizia racconteranno le principali soluzioni tecniche adottate nella realizzazione delle rispettive Fortezze.

Una dama di fine '800 accompagnerà in un viaggio di visita e conoscenza tra il Castello di Gorizia, la Fortezza di Gradisca d'Isonzo e i Bastioni Unesco della Città Fortezza di Palmanova. Un itinerario storico culturale nel territorio, che arricchisce l'offerta turistica in occasione di Go!2025.

Si tratta de "La Meccanica delle Fortezze", percorso divulgativo permanente e diffuso sull'applicazione delle scienze e tecniche militari, realizzato grazie al contributo della Regione Friuli Venezia Giulia.

Il percorso, realizzato in italiano, inglese e sloveno, è composto da 12 brevi video narrativi che raccontano, attraverso ricostruzioni storiche, immagini da terra o aeree e dialoghi, questi tre luoghi e l'evoluzione delle tecniche costruttive fortificatorie dal Medioevo fino al Rinascimento.

Sono stati prodotti, oltre ai video ambientati e in costume, anche mappe con illustrazioni originali, approfondimenti storici e collegamento tramite qrcode ai video stessi e relativa cartellonistica da interno ed esterno.

 

Intese tra diversi enti per valorizzare siti Unesco a Bergamo e Varese
Da lombardianotizie.online del 21 gennaio 2025

Di Giuseppe Meduri

Assessore Caruso: tuteliamo e valorizziamo il patrimonio culturale della Lombardia

Formali intese per gestire e promuovere i siti Unesco transnazionali ‘Monte San Giorgio’ (Varese) e ‘Opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Terra – Stato da Mar occidentale’ (Bergamo). È quanto ha deciso la Giunta regionale su proposta del presidente Attilio Fontana, di concerto con l’assessore alla Cultura Francesca Caruso.

L’iniziativa si inserisce in un programma più ampio che coinvolge i dieci siti Unesco della Lombardia, rendendola la più ricca in Europa per numero di riconoscimenti. Nello specifico, queste intese, sottoscritte da Regione Lombardia con il Ministero della Cultura, il Comune di Bergamo, la Fondazione Bergamo nella Storia e la Comunità Montana del Piambello, non prevedono oneri finanziari diretti per la Regione, ma stabiliscono un quadro istituzionale per coordinare e ottimizzare le attività di tutela e promozione.

“Questi accordi – ha dichiarato l’assessore Caruso – rappresentano un modello di gestione condivisa e integrata, finalizzato alla tutela, alla conservazione e alla promozione dei siti Unesco lombardi. Luoghi come il Monte San Giorgio di Varese e le fortificazioni veneziane di Bergamo sono testimonianze uniche del nostro patrimonio culturale e naturale. Attraverso queste iniziative vogliamo connettere le comunità locali e internazionali, valorizzandone l’unicità”.

Dal 2019 Regione Lombardia ha già destinato 768.000 euro ai due siti coinvolti nelle intese. “Puntiamo – ha sottolineato l’assessore Caruso – a fare del patrimonio Unesco un motore di sviluppo culturale, turistico ed economico, con un approccio sostenibile e accessibile a tutti. La mostra fotografica itinerante multisensoriale, che sarà inaugurata a maggio a Palazzo Lombardia, e le attività didattiche per le scuole sono esempi concreti del nostro impegno per coinvolgere i cittadini di ogni età”.

“Regione Lombardia – ha concluso – conferma così il proprio impegno nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio culturale”.

Tra le azioni già realizzate si segnalano la creazione di un’identità visiva condivisa per i siti Unesco lombardi, la realizzazione di campagne fotografiche e promozionali e l’elaborazione di una strategia coordinata di valorizzazione.

 

Cavriana Sotterranea: alla scoperta del bunker antiaereo e del Buco della Lumaca
Da scintilena.com del 21 gennaio 2025

Un viaggio guidato nella storia sotterranea di Cavriana in occasione della Fiera di San Biagio

Un appuntamento speciale per riscoprire Cavriana

In occasione della tradizionale Fiera di San Biagio, il comune di Cavriana, in provincia di Mantova, apre le porte di due affascinanti siti sotterranei: il bunker antiaereo risalente alla Seconda Guerra Mondiale e il Buco della Lumaca, una struttura avvolta nel mistero.

L’iniziativa, organizzata dall’Associazione Xtreme Adventure in collaborazione con Xplora e patrocinata dal Comune, si terrà sabato 1 e domenica 2 febbraio 2025.

L’evento rappresenta una rara opportunità per esplorare luoghi normalmente chiusi al pubblico, offrendo una prospettiva unica sulla storia locale.

Il bunker antiaereo: testimonianza della Seconda Guerra Mondiale

Costruito verso la fine del 1944, il bunker antiaereo di Cavriana rappresenta un esempio di rifugio civile progettato per proteggere la popolazione dagli attacchi aerei. Nonostante il paese non ospitasse infrastrutture strategiche, come ponti o fabbriche, era considerato un possibile obiettivo a causa della presenza di campi di reclutamento e addestramento delle SS e delle camicie nere.

Durante la visita guidata, i partecipanti potranno percorrere i corridoi sotterranei e conoscere le condizioni in cui la popolazione locale si rifugiava per sfuggire ai pericoli dei bombardamenti.

La struttura offre uno spaccato autentico della realtà vissuta durante la guerra, permettendo ai visitatori di comprendere meglio il contesto storico dell’epoca.

Il misterioso Buco della Lumaca

Il Buco della Lumaca, accessibile tramite una scala a chiocciola che scende a circa 40 metri di profondità, è una struttura ancora oggi oggetto di studio da parte degli storici.

Sebbene non vi siano fonti certe sulla sua funzione originale, l’ipotesi più accreditata suggerisce che si trattasse di una ghiacciaia.

La visita al Buco della Lumaca offre non solo un’esperienza suggestiva, grazie alla sua particolare architettura, ma anche l’occasione di riflettere sull’ingegno costruttivo del passato.

Le guide accompagneranno i partecipanti in un percorso che combina elementi storici, tecnici e archeologici, rendendo l’esperienza adatta anche ai più giovani.

Orari e modalità di partecipazione

Le visite guidate si svolgeranno in diversi turni, distribuiti su entrambe le giornate.

Gli orari di inizio sono: 10:00, 11:00, 12:00, 14:00, 15:00, 16:00, 17:00 e 18:00. La durata complessiva di ogni turno è di circa un’ora e mezza.

La quota di partecipazione è di 10 euro per gli adulti, mentre i minori di 14 anni possono accedere gratuitamente.

È possibile scegliere di visitare solo uno dei due siti, al costo di 6 euro.

La tariffa comprende l’esplorazione guidata, l’assicurazione, il contributo all’associazione organizzatrice, oltre all’uso di casco e torcia, forniti in loco.

Per garantire un’esperienza sicura e confortevole, si consiglia ai partecipanti di indossare calzature comode e abbigliamento adatto alle temperature sotterranee.

Modalità di prenotazione

Per partecipare all’evento è necessario prenotarsi in anticipo, contattando l’organizzazione via WhatsApp al numero 335487010 oppure inviando un’e-mail a info@xtremeadventure.it, specificando il turno di visita desiderato.

Il punto di ritrovo è fissato in Piazza Castello, a Cavriana. Per agevolare gli spostamenti, è disponibile una mappa online al link fornito dagli organizzatori.

Iniziativa per la raccolta fondi annuale

L’evento rientra nell’ambito delle attività di raccolta fondi annuali dell’Associazione Xtreme Adventure, che si occupa di promuovere la valorizzazione del territorio e delle sue peculiarità storiche e ambientali.

Adatto a tutte le età

Le esplorazioni sono state pensate per coinvolgere un pubblico ampio, dai bambini agli adulti.

Grazie alla presenza di guide esperte, ogni visita sarà accessibile e arricchente, offrendo contenuti adeguati a diverse fasce d’età e livelli di interesse.

Informazioni utili

L’evento si svolgerà anche in caso di maltempo. Per gli spostamenti all’aperto tra un sito e l’altro si consiglia di portare con sé un ombrello.

Gli organizzatori assicurano che le condizioni di sicurezza saranno garantite per tutti i partecipanti.

Per aggiornamenti e ulteriori dettagli, è possibile seguire il canale Telegram ufficiale dell’Associazione Xtreme Adventure al link dedicato.

Con questa iniziativa, Cavriana invita cittadini e turisti a scoprire un patrimonio nascosto, offrendo una finestra sulla storia e sul mistero che si cela nel sottosuolo del borgo.

 

Rifugi antiaerei in Norvegia
Da italiaoggi.it del 21 gennaio 2025

Il governo impone l’obbligo di predisporre un bunker in ogni edificio di nuova costruzione. Saranno finanziati dai cittadini con 2mila euro a persona

Di Filippo Merli

Il pericolo potrebbe arrivare dal cielo. Ecco perché il governo norvegese ha imposto l’obbligo di prevedere rifugi antiaerei negli edifici di nuova costruzione che superino i mille metri uadrati. Il ministro della giustizia di Oslo, Emilie Mehl, esponente dell’esecutivo laburista presieduto da Jonas Gahr Store, ha invitato i cittadini a prendere in considerazione «il peggiore degli scenari» in seguito all’invasione della Russia in Ucraina.

«C’è più incertezza intorno a noi», ha spiegato Mehl. «Dobbiamo prenderci cura della popolazione civile in caso di guerra o attacco armato. I rifugi antiaerei sono una delle misure di protezione di cui abbiamo bisogno. Stiamo stabilendo un requisito per cui gli edifici di oltre mille metri quadrati dovranno obbligatoriamente essere forniti di bunker».

Il governo norvegese ha proposto strutture che soddisfino i requisiti dei design moderni e che proteggano da sostanze chimiche, radiazioni nucleari e da esplosivi ad alto potenziale, oltre che dagli ordigni convenzionali sganciati dai velivoli. «Possono essere garage, tunnel o altre strutture sotterranee che hanno anche una funzione importante e distintiva nella nostra vita quotidiana», ha aggiunto il ministro della giustizia.

Il Paese vuole prepararsi a future ed eventuali crisi

Saranno gli stessi cittadini a pagare per la costruzione delle strutture pertinenti. I rifugi, secondo i calcoli, costeranno circa 2mila euro a persona, prezzo che verrà incluso nel valore d’acquisto degli appartamenti dei nuovi edifici. «Abbiamo imparato molto sulla guerra moderna e secondo il nostro parere i rifugi antiaerei sono essenziali per proteggere i civili», ha detto ancora Mehl. «Dobbiamo averli anche in Norvegia e devono far parte della preparazione del paese per eventuali future crisi».

La Norvegia, vicina della Russia e membro della Nato, ha rinunciato all’obbligo dei rifugi antiaerei nel 1998, dopo l’implosione dell’Unione sovietica e la fine della guerra fredda. Attualmente il paese scandinavo dispone di rifugi in grado di ospitare circa il 45% della sua popolazione rispetto al 90% della Finlandia, all’80% della Danimarca e al 70% della Svezia. Oslo, tra le altre misure previste in caso di allargamento del conflitto, vuole aumentare il numero di persone mobilitabili nella Protezione civile da 8mila a 12mila, oltre a incrementare l’autonomia alimentare per raggiungere un tasso di autosufficienza del 50% entro il 2030.

Il governo ha anche diffuso una guida alla sopravvivenza

Lo scorso novembre il Dipartimento della difesa civile norvegese aveva distribuito una guida alla sopravvivenza a tutte le famiglie con suggerimenti in caso di emergenza nazionale. «Viviamo in un mondo sempre più turbolento, tormentato dai cambiamenti climatici e nei casi peggiori da atti di guerra», si leggeva nell’opuscolo. Il consiglio era di accumulare scorte alimentari non deperibili per almeno una settimana: cracker o fette biscottate, legumi in scatola, frutta secca, cioccolato, miele, biscotti, noci, barrette energetiche. Senza dimenticare i medicinali, comprese scorte di pastiglie di iodio in caso di attacco nucleare. La stessa cosa era accaduta in Svezia, dove il governo aveva preparato una brochure di 32 pagine intitolata «Se arriva una crisi o una guerra». Il libretto iniziava spiegando che «i conflitti armati sono arrivati nel nostro angolo di mondo» e che in caso di attacco ogni cittadino avrebbe dovuto fare la sua parte «per difendere l’indipendenza e la democrazia».

 

Il Castello Muscettola si rifà il look
Da buonasera24.it del 21 gennaio 2025

Arrivano diversi frutti dalla sinergica quanto costante collaborazione dell’Amministrazione guidata dal Sindaco Vincenzo Damiano con la Regione Puglia.

E’ notizia proprio di questi ultimi giorni dell’ennesimo contributo regionale arrivato a beneficiare la comunità di Leporano, inerente il dissesto idrogeologico del locale territorio. L’importo complessivo messo a terra è di una certa rilevanza per la comunità rivierasca jonica, come precisato dallo stesso Assessore ai LL.PP. del Comune di Leporano Vincenzo Zagaria. Nello specifico la pianificazione finanziata ammonterebbe a circa 1000000,00 e prevede 250000,00 euro per gli interventi già cantierizzati per la messa in sicurezza delle strade di via San Francesco, via Arachidi e str. Vicinale Pegna.

Circa 300000,00 euro invece andranno all’importante progetto relative al restauro conservativo dei bastioni e della cinta muraria del noto castello Muscettola.

Tutti lavori che intendono non solo preservare dal degrado i beni della municipalità leporanese (vedi soprattutto il decoro delle attinenze del castello Muscettola) ma contribuiscono enormemente a tutelare anche la pubblica incolumità di chi usufruisce di questi beni. “Abbiamo fatto questo perché rappresentava una vera e propria priorità - ha precisato l’assessore Zagaria nella nota -, cercando di creare sinergie e interlocuzioni con istituzioni competenti sul dissesto idrogeologico, che ci consentissero di agire a tutela della pubblica incolumità, impegnando il poco personale a nostra disposizione. La situazione nel nostro territorio è sotto costante controllo e in continuo monitoraggio”.

Nel sottolineare che dei circa un milione di euro ben 550000,00 euro sono stati finanziati in capo alla Regione Puglia, ben si capisce allora il lavoro sotterraneo effettuato dall’Ufficio Tecnico Comunale di Leporano insieme all’Assessore Vincenzo Zagaria i quali, con questo piano di lavoro, danno un grande colpo positivo soprattutto alle attività restaurative del castello Muscettola. Un bene quest’ultimo non solo storico e dell’intera comunità locale, ma divenuto nel tempo fiore all’occhiello di Leporano stessa, che andrebbe preservato essendo pluriutilizzato nel corso di tantissime cerimonie

 

Tremori: sfondamento di bunker nucleari
Da it.topwar.ru del 21 gennaio 2025

La Bomba Mark 8

Nel materiale “Raggiungere il fondo: i limiti di ciò che è possibile per le munizioni anti-bunker” abbiamo esaminato le capacità delle munizioni anti-bunker convenzionali. Per molti versi, la loro evoluzione si è fermata; si basano sugli sviluppi teorici dell’inizio del XX secolo; i materiali strutturali e gli esplosivi sono migliorati, ma non di ordini di grandezza e nemmeno di parecchie volte.

Infatti, se si confrontano le munizioni anti-bunker della Seconda Guerra Mondiale (Seconda Guerra Mondiale) e le munizioni moderne di calibro comparabile, la loro efficacia è diventata solo 1,5-2 volte superiore, nella migliore delle ipotesi, e l'aumento di efficacia è dovuto principalmente a dando munizioni anti-bunker “ad alta precisione”, ma dalla comparsa dei calcoli teorici dell'ingegnere progettista inglese Barnes Wallace, il fondatore dell'anti-bunker оружия, sono passati quasi cento anni.

D’altra parte, l’esercito non ha avuto alcun incentivo speciale per sviluppare munizioni convenzionali anti-bunker sin dal momento in cui sono apparse le armi nucleari. È chiaro che la sua potenza non è paragonabile a quella degli esplosivi convenzionali, quindi l’umanità si è concentrata sui “bunker busters” nucleari.

Una delle prime munizioni anti-bunker nucleari fu la bomba nucleare Mark 8 (Mk.8), fornita alle forze armate statunitensi nell'aprile 1952 - una munizione molto interessante, realizzata secondo il design di un cannone - nel caso più semplice, si tratta di due pezzi di uranio arricchito, che sparano l'uno verso l'altro. Il circuito è inefficace in termini di efficienza, ma semplice e affidabile.

 

La bomba Mark 8 aveva un sistema di detonazione molto semplice, senza alcun circuito elettrico. Per far esplodere la carica di polvere che innescava un'esplosione nucleare, furono utilizzate tre spolette pirotecniche ad azione ritardata, installate una a prua e due al centro, su entrambi i lati dello scafo. La decelerazione variava da 60 a 180 secondi e veniva installata dall'aereo da trasporto prima del rilascio le micce venivano accese al momento della separazione dall'aereo;

Sezione della bomba Little Boy

Secondo i dati aperti, una bomba nucleare Mark 8 potrebbe penetrare per 6,7 metri nel cemento armato, 27 metri nella sabbia compattata, 37 metri nell’argilla o 13 centimetri nell’acciaio temprato di un’armatura. L'equivalente TNT di una bomba nucleare Mark 8 era di 15-20 kilotoni; ciascuna bomba richiedeva circa 50 chilogrammi di uranio-235, arricchito al 90%;

In teoria, questa potrebbe essere la fine della revisione delle munizioni nucleari anti-bunker, ma non perché non si siano sviluppate e non si siano evolute ulteriormente, ma perché le loro reali capacità sono strettamente nascoste da un velo di segretezza. È chiaro che le munizioni nucleari anti-bunker possono arrivare a 40-60 metri di profondità, come i loro “fratelli” non nucleari, ma quale sarà il loro potere distruttivo?

Nonostante l'opinione di una parte significativa della popolazione secondo cui anche poche esplosioni nucleari avrebbero portato a un disastro, in realtà sono stati effettuati oltre duemila test nucleari, una parte significativa dei quali erano sotterranei, e non è successo nulla di terribile su scala globale. Il 5 agosto 1963 fu firmato a Mosca il Trattato che vietava gli esperimenti di armi nucleari nell'atmosfera, nello spazio e sott'acqua; le parti contraenti erano l'URSS, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Questo trattato entrò in vigore il 10 ottobre 1963 e successivamente vi aderirono altri 131 paesi. A questo proposito, una parte significativa delle esplosioni nucleari sotterranee è stata effettuata per testare nuove munizioni e testare le prestazioni di quelle vecchie, ma un numero significativo di esplosioni nucleari sotterranee è stato effettuato a diverse profondità per valutare l'impatto delle armi nucleari sull'ambiente. crosta terrestre e il loro utilizzo per vari scopi pacifici.

Pertanto, una certa comprensione del potere distruttivo delle esplosioni nucleari sotterranee può essere ottenuta sulla base delle informazioni sull'uso delle armi nucleari per scopi pacifici: queste informazioni non sono così tabù e alcune di esse sono liberamente disponibili.
Oggi parleremo delle esplosioni nucleari avvenute negli Stati Uniti e nell'URSS e, sulla base delle informazioni ricevute, cercheremo di farci un'idea delle reali capacità delle munizioni nucleari anti-bunker.

Stati Uniti

Nell'estate del 1957, con decisione della Commissione americana per l'energia atomica, fu adottato il programma Ploughshare, il cui compito era studiare le possibilità di utilizzo delle esplosioni nucleari per scopi industriali e scientifici.

Geografia del trattato che vieta i test sulle armi nucleari nell'atmosfera, nello spazio e sott'acqua. Immagine: Wikipedia Coomons/Allstar86

"Elmetto protettivo"

Nell'ambito di questo programma, il 15 febbraio 1962, nel Nevada Test Site, durante l'esperimento Hardhat, gli specialisti americani fecero esplodere un ordigno esplosivo da 4,5 kilotoni situato a una profondità di 290 metri nella roccia granitica, provocando la formazione di una cavità con un diametro di circa 38 metri.

"Danny ragazzo"

Durante i test "Danny Boy" del 5 marzo 1962, nel Nevada Test Site fu prodotta un'esplosione nucleare a bassissima potenza, l'equivalente di sole 420 tonnellate. La carica è stata collocata in rocce basaltiche ad una profondità di 34 metri. Come risultato dell'esplosione si formò un cratere con un diametro di 65 metri e un'altezza di 19 metri, un'onda base con un diametro di 884 metri e un'altezza di 305 metri si sollevò 30 minuti dopo l'esplosione, una nuvola di polvere; raggiunse un'altezza di 610 metri. Solo circa il 4% delle particelle radioattive cadde sotto forma di precipitazione, per lo più depositandosi entro un raggio di 3,2 chilometri dal punto dell'esplosione.

"Berlina"

Il 6 luglio 1962 negli Stati Uniti fu condotto un altro esperimento nucleare nell'ambito del progetto Sedan. Una carica nucleare con una capacità di 100 kilotoni, che è abbastanza coerente con i parametri delle moderne testate nucleari, è stata collocata in una miniera a una profondità di 194 metri. A seguito dell'esplosione, nel terreno si formò un cratere con un diametro di 366 metri, una profondità di 98 metri e un volume totale di circa 5 milioni di metri cubi. Come nel caso degli esperimenti Hardhat e Dunny Boy, così come di altri test nucleari sotterranei, la maggior parte delle particelle radioattive rilasciate dal cratere si sono depositate nelle immediate vicinanze del cratere. L'onda d'urto era compresa tra un quinto e un decimo di quella che sarebbe stata generata da un'esplosione terrestre di potenza comparabile; la zona di pericoloso impatto sismico si estende per una distanza di circa quattro chilometri;

Il cratere dell'esplosione del Progetto Sedan è mostrato nell'immagine all'inizio dell'articolo.

Le moderne bombe nucleari a gravità penetrante possono avere una potenza di carica variabile da 5 a 100 kilotoni (secondo alcune fonti, la gamma regolabile è ancora più ampia - da 2 a 320 kilotoni

URSS

Notevole attenzione è stata prestata all'atomo pacifico in URSS, tra le prime proposte è stata presa in considerazione la creazione di bacini con una capacità di 3-5 milioni di metri cubi per le esigenze dell'agricoltura nelle regioni aride della Siberia.

Il 15 gennaio 1965, una carica nucleare con una capacità di 178 kilotoni fu fatta esplodere nel sito di test di Semipalatinsk in Kazakistan, ad una profondità di 140 metri.

Il cratere formatosi a seguito dell'esplosione aveva un diametro di 408 metri e una profondità di 100 metri, la cresta del cratere si alzava di 20-35 metri.

Circa il 20% dei prodotti radioattivi del decadimento nucleare sono entrati nell'atmosfera nel giro di pochi giorni, il livello di radiazione sulla cresta del collasso è salito a 20- 30 roentgen all'ora (R/h) - questo è molto. Il 10 ottobre 1965 fu effettuata la seconda esplosione sperimentale: una carica nucleare con una capacità di 1,1 kilotoni fu collocata nel sito di test di Semipalatinsk a una profondità di 48 metri.

Il cratere risultante aveva originariamente un diametro di 107 metri e una profondità di 31 metri.

Nei tre mesi successivi, sotto l'influenza dell'acqua artesiana, il diametro dell'imbuto è aumentato a 124 metri, la profondità è scesa a 20 metri. Solo il 3,5% dei prodotti radioattivi del decadimento nucleare è entrato nell'atmosfera e cinque giorni dopo l'esplosione il livello di radiazione sulla cresta del crollo ha raggiunto 2-3 R/h.

"Taiga"

Il 23 marzo 1971, nell'ambito dei lavori per la creazione del canale Kama-Pechora, fu deciso di condurre un esperimento nucleare chiamato "Taiga", durante il quale tre cariche nucleari con una potenza di 100 ciascuna furono fatte esplodere simultaneamente 128 km a nord di la città di Krasnovishersk ad una profondità di 15 metri ciascuno. Di conseguenza, si formarono una serie di crateri lunghi circa 700 metri e larghi 340 metri.

Un'ora dopo, nel sito del test è stata registrata una dose di radiazioni di 50-200 R/h; dopo otto giorni, a una distanza di 8 chilometri nella direzione del vento, la radiazione era di soli 23-25 microroentgen all'ora; (μR/h) - per confronto, in un normale appartamento nella maggior parte delle città russe il livello di fondo è di irca 10-15 μR/h.

"Cristallo"

Il 2 ottobre 1974, nell'ambito del programma Crystal, una carica nucleare con una capacità di 98 kilotoni fu fatta esplodere vicino al villaggio siberiano di Udachny a una profondità di 1,7 metri.

I lavori sono stati eseguiti per ordine del Ministero della metallurgia non ferrosa dell'URSS e della compagnia mineraria di diamanti Yakutalmaz con l'obiettivo di creare un piccolo lago per lo stoccaggio dei rifiuti minerari.
Il risultato fu un tumulo a forma di cupola con un diametro di 180 metri e un'altezza iniziale di 60 metri, che si assestò nel tempo fino ad un'altezza media di 10 metri sopra la superficie originaria.

 

Opportunità limitate

In effetti, ci sono state esplosioni nucleari significativamente più pacifiche; solo quelle selezionate sopra erano quelle più vicine in profondità al possibile punto di detonazione di un'arma nucleare che distrugge i bunker: difficilmente ha senso considerare l'opzione quando una carica nucleare rimane sotterranea per un periodo. chilometro o più e solo allora esplode.
Molto probabilmente, una munizione anti-bunker nucleare sarà in grado di raggiungere approssimativamente la stessa profondità di una munizione antibunker non nucleare, cioè circa 50-60 metri.

Come possiamo valutare le esplosioni nucleari pacifiche discusse sopra in relazione all'impatto sui bunker sotterranei altamente protetti?

Ad esempio, durante l'esperimento Hardhat, un'esplosione di 4,5 kilotoni ha creato una cavità di 38 metri di diametro nella roccia granitica a una profondità di 290 metri.
Durante le esplosioni nucleari sotterranee con una potenza di 100-140 kilotoni a una profondità di 100-200 metri, sulla superficie si formarono crateri con un diametro di diverse centinaia di metri. Anche a seguito dell'esplosione di un'arma nucleare equivalente a sole 420 tonnellate ad una profondità di 34 metri, si formò un cratere con un diametro di 65 metri e un'altezza di 19 metri. Certo, nessuno ha cancellato la regola “dove è sottile, si rompe”, quindi è logico che la maggior parte dell’energia di un’esplosione nucleare si propaghi verso l’alto, non verso il basso. Tuttavia, nei casi in cui i prodotti di un'esplosione nucleare non sono emersi in superficie, nei terreni, anche resistenti come il granito o il basalto, si sono formate cavità di diametro sufficientemente grande.

Doomsday bunker - Complesso sotterraneo del NORAD a Cheyenne Mountain

Pertanto, si scopre che meno sono sepolte le munizioni anti-bunker e maggiore è la loro potenza, maggiore è la probabilità che la maggior parte dell'energia dell'esplosione vada verso l'alto senza danneggiare il bunker sotterraneo. Di conseguenza, il fattore critico è la capacità di un bunker nucleare di raggiungere la massima profondità prima della detonazione. L'influenza delle cinture di protezione del bunker sotterraneo è in discussione. Da un lato, un forte tetto di cemento può impedire alle armi nucleari di penetrare a una profondità significativa. D'altra parte, se viene comunque penetrato e la carica nucleare esplode, allora la piattaforma di cemento può fungere da schermo, dirigendo la maggior parte dell'energia dell'esplosione verso il basso, rispetto alla situazione in cui non ci sarebbe alcuna piattaforma di cemento. Pertanto, un altro fattore importante è comprendere la struttura di protezione del bunker sotterraneo attaccato, che consentirà di scegliere la potenza di carica ottimale e la profondità della sua detonazione. Si può presumere che i bunker sotterranei altamente protetti, situati a una profondità di circa 300 metri, siano completamente invulnerabili alle munizioni antibunker non nucleari e siano abbastanza ben protetti dalle munizioni anti-bunker nucleari singole, indipendentemente dalla loro potenza.

I bunker sotterranei altamente protetti, situati a una profondità di circa 200 metri, sono molto probabilmente invulnerabili anche alle munizioni anti-bunker non nucleari, ma la loro protezione contro le munizioni anti-bunker nucleari è già in discussione.
È chiaro che tutti i bunker sotterranei altamente protetti situati a una profondità superiore ai valori specificati saranno protetti ancora meglio. Naturalmente, la composizione del terreno in cui si trova il rifugio giocherà un ruolo significativo qui, ad esempio, le rocce granitiche avranno un chiaro vantaggio qui; Potenzialmente è possibile raggiungere un bunker sotterraneo situato a grandi profondità utilizzando diverse armi nucleari in successione, ma ciò richiede la comprensione della frequenza con cui tali cariche devono essere utilizzate.

Se si muovono in un gruppo denso, la prima carica che esplode può distruggere le altre. Se vengono utilizzati con un ritardo significativo, potrebbe verificarsi una situazione in cui il collasso e la sinterizzazione della roccia nel cratere di un'esplosione nucleare neutralizzeranno parzialmente l'effetto dell'esplosione della carica precedente.

È come scavare un buco nella sabbia, le cui pareti si sgretolano continuamente: quasi nessuno può contare sul fatto che le successive esplosioni nucleari saranno in grado di "perforare" un pozzo verticale.

Va detto anche per quanto riguarda le uscite dei bunker sotterranei, che in caso di attacco, soprattutto con l'uso di munizioni anti-bunker nucleari, molto probabilmente verranno bloccate: qui ci sono molte domande e ipotesi.
Sì, molto probabilmente le uscite direttamente sopra il bunker saranno bloccate, ma quante uscite di emergenza ci sono? Ne sono tutti consapevoli? Quanto si estendono oltre il bunker?
È possibile che ci sia un certo numero di uscite verso altre strutture sotterranee, ad esempio le linee della metropolitana, che sarebbe difficile far crollare completamente? È possibile che ci siano delle uscite di riserva dai bunker, che prima escono orizzontalmente dal bunker, per poi risalire in superficie, ma non escono, cioè alla fine ci sono delle attrezzature in grado di superare le poche decine rimanenti di metri.

Dov'è la garanzia che le attrezzature minerarie nei bunker particolarmente importanti non vengano messe fuori servizio? Ora esistono modelli abbastanza compatti e molto efficaci: a proposito, anche questo è un argomento importante di discussione.

Risultati

Sulla base dei test e dell'uso delle cariche nucleari per scopi pacifici, possiamo concludere che con l'aiuto di singole munizioni nucleari anti-bunker, è possibile garantire la distruzione di qualsiasi bunker sotterraneo altamente protetto situato a una profondità di circa 100 metri. Sono a rischio i bunker sotterranei altamente protetti situati a una profondità di circa 200 metri. I bunker sotterranei altamente protetti, situati a una profondità di circa 300 metri, sono relativamente sicuri dai singoli bunker buster nucleari, ma possono potenzialmente essere distrutti a seguito dell'impatto sequenziale di due o più bunker buster nucleari. Per quanto riguarda i bunker sotterranei altamente protetti situati a profondità significativamente maggiori, per ora metteremo questo problema "fuori parentesi" - sono stati condotti alcuni studi teorici e modellizzazione sulla distruzione di tali obiettivi, forse torneremo su questo argomento più tardi . Le esplosioni nucleari sotterranee discusse in questo materiale ci consentono di trarre una serie di conclusioni interessanti, di cui parleremo nel prossimo materiale.

• Andrey Mitrofanov

 

I Borghi Autentici della Capitanata in assemblea a Deliceto
Da pugliaplanet.com del 20 gennaio 2025

DELICETO (Foggia) – I 16 “Borghi Autentici” della Provincia di Foggia, venerdì 24  gennaio 2025, alle ore 16.30, si riuniranno in assemblea a Deliceto, nella sala della Biblioteca comunale “Marina Mazzei” in Corso Margherita 55.

All’incontro, che sarà presieduto da Rosanna Mazzia, presidente di Borghi Autentici, oltre ai sindaci dei 16 comuni parteciperanno Gianfranco Lopane, assessore al Turismo della Regione Puglia, e Pasquale De Vita, presidente del Gal Meridaunia.

Borghi Autentici è l’associazione nazionale che unisce i Comuni impegnati a costruire un modello di sviluppo locale sostenibile, rispettoso dei luoghi e delle persone, attento alla valorizzazione delle identità locali, con l’obiettivo di promuovere i borghi italiani quali luoghi da vivere, sostenere, preservare. In tutta Italia, sono circa 300 i comuni che aderiscono alla rete e, di questi, 16 si trovano in provincia di Foggia: Accadia, Biccari, Candela, Casalnuovo Monterotaro, Casalvecchio di Puglia, Castelnuovo della Daunia, Celle di San Vito, Deliceto, Faeto, Peschici, Rignano Garganico, San Giovanni Rotondo, San Nicandro Garganico, San Marco La Catola, Vieste e Volturara Appula.

L’assemblea di Deliceto è stata convocata per presentare il nuovo Statuto, il regolamento associativo che è stato rinnovato, e per discutere delle iniziative e attività da intraprendere nel 2025.

GLI OBIETTIVI. I Borghi Autentici intendono lavorare insieme per favorire l’emersione di una nuova forma di economia sociale come risposta allo spopolamento e all’inoccupazione. Sono tre le principali direttrici di sviluppo su cui la rete intende agire: welfare culturale nei piccoli borghi; atlante e piano del cibo; l’ampliamento e la rifunzionalizzazione degli spazi pubblici.

La strada maestra individuata è quella di massimizzare l’impatto sociale degli investimenti e delle attività culturali, per creare le migliori condizioni affinché i giovani siano sostenuti nel creare un nuovo futuro “per” e “nei” borghi”.

 

“Nuova base militare nel Parco: ecco perché è una scelta sbagliata” /Cristiana Torti
Da larno.it del 20 gennaio 2025

La recinzione dell'ex area militare di Coltano

Cominciamo dai fatti e dai dati: con decreto-legge 29 giugno 2024 n. 89 convertito l’8 agosto 2024, il Governo Meloni ha individuato nel CISAM l’area “per la realizzazione delle nuove sedi dei Reparti di specialità dell’Arma dei Carabinieri (GIS e 1° Reggimento Tuscania)”, e ha destinato la realizzazione di una pista e di un poligono al Comune di Pontedera.

L’intervento al Cisam avrà un’estensione di circa 90 ettari, quello su Pontedera ne occuperà circa 40. In tutto 130 ha, ovvero 1.300.000 metri quadri.

La nuova base è quasi il doppio di quella precedentemente prevista nel 2022 per Coltano dal Decreto Guerini, la quale, pur già parecchio grande, occupava 73 ettari; è assai aumentata anche la spesa, visto che si passa dai precedenti 190 milioni ad una stima di almeno 520 milioni di euro.

Non conosco i bisogni logistici dei carabinieri, né mi permetto di esprimere giudizi nei confronti di un’Arma stimabile e stimata, ma non c’è dubbio che la cifra sia molto molto elevata e che l’estensione geografica dell’operazione sia notevole.

Anche se, a differenza di quello di Coltano, il progetto di questa base non è stato ad oggi reso noto (furono divulgate 4 slides scolorite), nella legge si trova la planimetria, che consente di capire alcuni elementi: il primo è la grandezza e la precisa localizzazione; il secondo è la densità della vegetazione presente in quell’area.

Non è difficile dunque calcolare il numero di alberi che saranno, usando un eufemismo, interessati, ovvero abbattuti.

Non saranno tre o quattro, come afferma qualche burlone, e nemmeno, purtroppo, 2500, come sta scritto nel Verbale del Tavolo interistituzionale firmato da Ministero, Arma, Provincia, Regione, Parco e Comune di Pisa nel Settembre 2023.

Intendiamoci, 2500 alberi sono già tantissimi! Ma non basteranno, perché, considerando appunto la planimetria, si arriverà a circa diecimila. Naturalmente gli alberi si possono ripiantare, ma non è la stessa cosa. Perché se si distrugge un habitat secolare, occorreranno decenni e decenni perché si ricostituisca, e non si tornerà mai allo status quo ante. Con irreversibili ferite ambientali.

 

Planimetria presente nella legge (a sx)

Edifici esistenti (a dx)

Sempre dalla planimetria, si vede con chiarezza come gli edifici già esistenti siano pochissimi e di poca consistenza. Uno di essi, oltre tutto, è il reattore spento e da bonificare, e, accanto, c’è un deposito di scorie radioattive (civili e militari) per le quali al momento non si è trovata collocazione. Dunque è scontato che, a differenza di quanto detto, si dovrà costruire e consumare nuovo suolo, e non poco. E suolo prezioso.

I problemi non sono finiti. La base sorgerà in una pregiatissima zona boscata nell’Area Interna del Parco MSRM, un habitat Natura 2000 di bosco planiziale costituito da foreste con alberi secolari di latifoglie con dominanza di farnia e pinete di pino domestico, Habitat Natura 2000, protetti a livello internazionale. Essa fa parte della Selva Pisana (Scheda IT5170002) ed è tutelata dall’Unesco. Se sarà devastata, è quasi certo che il Parco non potrà mantenere il prestigioso riconoscimento di riserva della Biosfera UNESCO, ed è assai probabile che l’Unione Europea apra una procedura di infrazione, per il danneggiamento di un bene naturale protetto.

Qualcuno ha parlato di “compensazioni”. Da solo il termine fa capire che se ci sono compensazioni vuol dire che si sono fatti dei danni. Ma è bene ricordare che nella documentazione finora NON si parla mai di compensazioni, ed esse al momento restano uno specchietto per le allodole. Esattamente come le presunte ricadute economiche, possibili ma da nessuno quantificate né dichiarate con precisione.

Per finire, nel nuovo Piano integrato del Parco in approvazione in Regione, il CISAM è stato inserito nelle aree antropizzate a destinazione militare (DAM), di recente invenzione. E in esse ad oggi sono permesse opere di urbanizzazione primaria senza limiti e costruzioni per addizione volumetrica pure senza limiti.

Se niente cambia, dati alla mano possiamo dire addio a questa consistente parte di Selva Pisana, ambientalmente pregiatissima e gioiello del Parco, ed è bene esserne consapevoli.

Per costruire una base militare, si possono trovare altre localizzazioni e si possono utilizzare edifici già presenti, magari sottoutilizzati o addirittura vuoti, come le molte caserme esistenti sul territorio.

Per tutte queste ragioni, farò quanto posso per evitare questo grave scempio ambientale.

 

Il piano di Varsavia per diventare lo «Scudo orientale» dell'Europa: trincee, bunker, mine e droni
Da corriere.it del 19 gennaio 2025

Di Francesca Basso

Entro il 2028 la Polonia vuole completare l'«East Shield», lo scudo orientale che correrà per 800 chilometri lungo il confine con la Bielorussia e l’enclave russa di Kaliningrad e ha l'obiettivo di ostacolare un’eventuale invasione russa via terra

Il valico stradale di Polowce-Peschatka, circa 200 chilometri a est di Varsavia, chiuso dal giugno del 2023 per ragioni di sicurezza nazionale

Dalla nostra inviata

POŁOWCE Se c’è un messaggio che la Polonia di Donald Tusk sta lanciando con forza agli altri 26 Paesi dell’Unione europea è che Varsavia sta proteggendo i confini orientali dell’Europa: dall’immigrazione irregolare certo ma anche e soprattutto dalla minaccia della Russia. I prossimi sei mesi, che vedono Varsavia alla guida della presidenza di turno dell’Unione europea, saranno usati proprio per questo, per «garantire che l’Europa — prendendo a prestito le parole del premier Tusk — inizi a pensare in modo più polacco in molti settori».

Il primo ambito è la difesa perché per Varsavia la minaccia di Mosca è reale,anche se la Polonia è un membro della Nato e attaccarla vorrebbe dire scontrarsi con tutti e 32 i componenti dell’Alleanza Atlantica. La «deterrenza» torna ad essere un termine di attualità in Europa come ai tempi della Guerra Fredda. È anche il termine usato dal colonnello Mariusz Ochalski del Genio militare, per spiegare a un gruppo di media europei tra cui il Corriere, come funziona l’«East Shield», lo scudo orientale che correrà per 800 chilometri lungo il confine con la Bielorussia e l’enclave russa di Kaliningrad per ostacolare un’eventuale invasione via terra. È la risposta di Varsavia all’aggressione dell’Ucraina da parte di Mosca. «Lo facciamo per scoraggiare il nemico», aveva detto Tusk nel maggio scorso lanciando il progetto che dovrebbe essere completato entro il 2028, costo 10 miliardi di zloty (2,3 miliardi di euro). «Proteggiamo i confini della Polonia, ma anche il fianco orientale dell’Unione europea e della Nato», ha sottolineato Ochalski.

Quello che si vede al valico stradale di Połowce-Peschatka, circa 200 chilometri a est di Varsavia, chiuso dal giugno del 2023 per ragioni di sicurezza nazionale, è però il «muro anti-migranti» che la Polonia ha iniziato a erigere nel 2022 per bloccare il passaggio irregolare degli stranieri spinti oltre il confine da Bielorussia e Russia in quelli che ormai vengono considerati «attacchi ibridi»: la strumentalizzazione della migrazione per destabilizzare il Paese e di riflesso l’Unione europea. Lungo la frontiera con Minsk sono dispiegati circa 6 mila soldati che possono arrivare fino a 17 mila.

L’«East Shield» è però qualcosa di più di un muro di acciaio, cemento e filo spinato. Lo scudo prevede trincee, bunker, fossati anticarro e anche strisce di terra con mine antiuomo. Tutto contribuirà a frenare l’avanzata russa sul territorio. Il progetto prevede l’uso di ostacoli naturali esistenti sul terreno, come foreste, paludi, fiumi e scarpate, ma anche la costruzione di fortificazioni, rifugi, depositi per il materiale militare e un sistema di rilevamento e tracciamento dei droni che utilizza radar, immagini termiche e monitoraggio acustico. La guerra del Novecento, che pensavamo superata, accanto agli strumenti più sofisticati della guerra tecnologica. L’obiettivo dello scudo è «rafforzare le capacità polacche di non essere colte di sorpresa, ridurre la mobilità delle truppe nemiche, garantire la mobilità delle nostre truppe e rafforzare la sicurezza», ha spiegato Stanisław Czosnek, vice capo di Stato Maggiore delle Forze armate polacche.

La difesa ha un costo e quest’anno la Polonia arriverà a spendere il 4,7% del suo Pil ma tra i Paesi aderenti alla Nato lo scorso anno ancora otto non raggiungevano l’obiettivo del 2% che si era dato l’Alleanza nel 2014 e tra questi ci sono l’Italia (1,49%), la Spagna (1,28%), il Belgio (1,3%) ma anche il Canada (1,37%). Giovedì scorso a Varsavia, nella conferenza stampa con il presidente ucraino Zelensky, il premier Tusk è stato molto chiaro: «Non ci devono essere dubbi al prossimo vertice Nato, non ci dovrebbe essere più spazio per quei Paesi che spendono poco in difesa».

 

Il castello dimenticato: "Moneta fuori da ’Limes’. L’assessore chiarisca"
Da lanazione.it del 19 gennaio 2025

Di Alessandra Poggi

Il progetto è finanziato per 200mila euro dal Ministero del Turismo. La Pro loco Fossola se la prende con il Comune: "Unvero disappunto". .

La Pro loco Fossola Moneta interviene per esprimere il proprio disappunto per la mancata adesione del Comune al progettoLimes, quello volto a valorizzare siti archeologici, castelli e fortificazioni storiche tra Levante ligure e Alta Toscana. Un progettofinanziato dal Ministero del Turismo con 203.130 euro, e di cui il Comune della Spezia è capofila.

"Con estremo stupore e disappunto vediamo che si conferma, in quanto non smentita, la notizia della mancata adesione del Comune diCarrara al progetto Limes per il rifacimento del Castello di Moneta – scrivono dalla Pro loco –. La faccenda stride se si tiene contodell’affidamento dell’incarico dato poco tempo fa all’architetto Tinfena per fare una rivisitazione del progetto di recupero già a suo tempodallo stesso elaborato, se poi non ci affacciamo sui fondi messi a disposizione".

Limes coinvolge 66 comuni tra Liguria e Toscana e si propone di promuove la cooperazione tra i comuni della provincia della Spezia, della Lunigina, della Garfagnana e dei comuni di Massa, Carrara e Montignoso, aree storicamente legate da scambi culturali e vie di comunicazione tra mare e montagna. La missione è rafforzare l’attrattività turistica dell’area, creando una destinazione integrata che valorizzi la diversità del territorio, dai paesaggi marini alle montagne e ai borghi storici.

"Altra amarezza è data dal decidere in modo esclusivista, senza offrire una possibilità collaborativa quale quella della Pro loco Fossola Moneta, che insieme a Italia Nostra sezione apuo-lunense e al gruppo ‘Salviamo il Castello di Moneta’ – proseguono da Pro – loco –, si sono prodigate negli ultimi anni per riaccendere un faro su un importante attrazione culturale, ma anche enologica della nostra città, promuovendo anche sull’onda dell’entusiasmo del ‘Cammino di Aronte’ attività tendenti anche a promuovere una attenzione verso Moneta e Fossola".

 

Le Rocche albornoziane a "Paesi che vai...luoghi, detti, comuni..."
Da rai.it del 19 gennaio 2025

Alla scoperta delle fortezze umbre realizzate dal cardinale Egidio de Albornoz

Nella puntata di “Paesi che vai... luoghi, detti, comuni…”, in ondadomenica 19 gennaio alle 14.00 su Rai 2, Livio Leonardi condurràil pubblico in Umbria per un viaggio storico tra le Rocche realizzate,nel XIV secolo, dal cardinale spagnolo Egidio de Albornoz. Saranno protagoniste della puntata le fortezze di Spoleto, Narni e Assisi,capisaldi dell’ampio progetto di riconquista ideato dall’Albornoz.Gli spettatori potranno quindi andare alla scoperta delle Rocche albornoziane cominciando con la maestosa Rocca di Spoleto,fulcro del complesso sistema di controllo del territorio elaboratoda Egidio de Albornoz, che fu progettata per vigilare su importantivie di comunicazione e accessi alla regione. In seguito, diventò residenza pontificia e, successivamente, carcere di massima sicurezza.

Soltanto in tempi più recenti, la Rocca è stata trasformata nella sede dell’attuale Museo Nazionale del Ducato di Spoleto.

La narrazione proseguirà con la Rocca di Narni, che da una posizione strategica domina la valle del Nera e può essere considerata la sentinella della porta meridionale dell'Umbria. Le sue mura possenti hanno sopportato attacchi devastanti, come quello perpetrato dai Lanzichenecchi, che raggiunsero Narni alritorno dal Sacco di Roma del 1527.
Il cammino si concluderà con la Rocca di Assisi, un’antica fortezza distrutta più volte e riedificata dal cardinale spagnolo nel 1362: oggi la Rocca offre scorci suggestivi, come il camminamento sotterraneo lungo più di cento metri o l’alta torre poligonale che si affaccia su un panorama mozzafiato. Ma soprattutto dal 1961 laRocca, che in passato è stata simbolo di sopraffazione, è diventata la meta della Marcia della pace che ogni anno parte da Perugia egiunge alla città di San Francesco.

Spazio poi al rapporto tra questi luoghi e il mondo della fiction televisiva e, a seguire, alle bellezze naturalistiche del suggestivo Lago di Piediluco.

 

LA VARESE NASCOSTA. La storia delle Torredi Velate tra gabinetti d'epoca romana efortificazioni
Da varesenoi.it del 18 gennaio 2025

E' uno dei simboli di Varese e del rione ai piedi del Sacro Monte. Eccola sua storia e la sua antica funzione

Torna l'appuntamento con la rubrica dedicata alla storia, agli aneddoti, alle leggende e alpatrimonio storico e culturale di Varese e del Varesotto in collaborazione conl'associazione La Varese Nascosta. Ogni sabato pubblichiamo un contributo per conosceremeglio il territorio che ci circonda.

Lo sapevate che “ sotto “ la torre di Velate vi erano ( in realtà ci sono ancora ) dei gabinettipubblici di epoca romana?…si ma questa è un altra storia…

LA TORRE DI VELATE TRA STORIA, GEOGRAFIA E ARCHITETTURA

Sin dal toponimo che la denomina, la Torre di Velate indica la frazione ove si erge, ovverol'antico borgo di Velate, parte della città di Varese. Il borgo sorge in una zona pedemontana inprevalenza boschiva sviluppatasi su di una terrazza di origine morenica e presenta, per l'azioneerosiva dei corsi d'acqua presenti sul suo territorio, «un aspetto tutt'altro che monotono»: ilpaesaggio, infatti, è caratterizzato dalla presenza di piccoli dislivelli, zone pianeggianti,terrazzamenti e solchi torrentizi.

La torre si erge più precisamente su un altopiano nella zona meridionale del borgo a 482 metrid'altezza, nei pressi di un'antica chiesa dedicata ai Santi Ippolito e Cassiano; collocata in una posizione privilegiata della vallata a Nord del Lago di Varese è inoltre visivamente collegata conil Sacro Monte di Varese, ai piedi del massiccio del Campo dei Fiori.

Nonostante un importante restauro avvenuto nel 1994 volto principalmente a consolidarne lastabilità, la torre si presenta nella configurazione attuale almeno dalla fine del XIX secolo:dell'imponente costruzione medievale, sono rimaste solamente due pareti e l'improntaplanimetrica quadrangolare. Delle due pareti conservate, quella rivolta a Nord risulta piùincompleta in quanto probabilmente più esposta a crolli e sottrazioni di materiali mentre laparete Est conserva ancora all'incirca le stesse dimensioni e un consistente numero di elementiarchitettonici: in questo paramento murario, infatti, sono ancora ben riconoscibili, grazie allapresenza di mensole in pietra e buchi nella muratura per l'alloggiamento delle travi in legno, letracce di cinque solai oltre il piano terra e delle buche pontaie.

Sono inoltre chiaramente distinguibili quattro monofore a doppia strombatura con terminazioniad arco e quattro porte di accesso ai piani in corrispondenza del corpo scala. Sul lato esternodella parete Est è addossato il camino delle scale, di forma rettangolare e molto regolare,accessibile attraverso un'apertura collocato in corrispondenza del piano di spiccato; la partesommitale della torre, anch'essa parzialmente conservata, raggiunge un'elevazione di circa 33metri.

La datazione e la funzione di questa costruzione vengono spiegate dalle indagini storiografiche,che ne hanno stabilito una funzione prevalentemente difensiva,e successivamente, nellecomprove derivanti dalle ricerche archeologiche che, grazie a scavi e analisi in situ, ne hannoconfermato la funzione e hanno permesso una ricostruzione temporale più precisa.

Il manufatto, la cui costruzione è ormai attribuita intorno al XI-XII secolo, fu eretto su un anticopresidio tardo-romano presumibilmente appartenente a un sistema di difesa più ampio: il LimesPrealpino. Esso era un sistema di fortificazioni in comunicazione visiva reciproca concepito percontrastare l'invasione barbarica da settentrione e comprendeva una fascia di territoriocongiungente la zona del Lario con la zona del Verbano. Durante il periodo carolingio, nel VIIsecolo, nonostante il decadimento del sistema difensivo, l'insediamento mantenne la suafunzione di avvistamento. Difatti al posto dell'insediamento romano fu eretta una casa-forte ingrado di garantire, proprio grazie alla sua posizione strategica, la capacita di avvistamento adampio raggio e il controllo degli accessi al paese da sud.

Nel XII secolo, la zona di Velate, divenne anche territorio della famiglia capitaneale dei DaVelate, economicamente legata all'antico Santuario della Madonna del Monte, da cui provenneGuido Da Velate, Arcivescovo di Milano tra 1l 104) e il 1069. Questo illustre legamespiegherebbe la presenza di una costruzione così imponente e di grande capacità tecnica in unterritorio a vocazione agricola e pastorale come quello della Velate medievale. Secondo lericerche, la torre rimase in attività per meno di un secolo finché non venne irrimediabilmentecompromessa nel periodo compreso tra la seconda metà e la fine del XII secolo, durante leguerre tra le signorie dei Della Torre di Como e i Visconti di Milano.

Dai documenti storici pervenuti risulta che, dopo questo periodo, la torre, duramente colpitadalle continue battaglie, cadde progressivamente in disuso e quindi abbandonata,consegnandola al destino di rudere. Nel corso dei secoli il suo aspetto è stato modificatoulteriormente come esito di crolli accidentali e, a partire dal XV secolo, di rimozione gradualedel materiale lapideo di due delle quattro pareti, fino ad assumere l'aspetto attuale.

La torre è riuscita fortunatamente a resistere fino ai giorni nostri grazie alla sua mole e allaperizia costruttiva, ed è diventata tra le più significative strutture che connotano il paesaggiovaresino. Nel 1989 il FAI, riconosciutone il valore storico e simbolico, acquisisce il manufatto eavvia subito una serie di indagini volte a consolidarne la stabilità e a conservarne le condizionidei materiali. Il primo studio volto a quantificare i danni subiti nel tempo e fermare il processodi degrado in vista di un intervento di consolidamento più profondo è stato effettuato daRenato Bazzoni, architetto milanese e fondatore dello stesso Fondo Ambiente Italiano.

Nel 2001 ha inizio una campagna di scavi archeologici che ha visto collaborare laSoprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia e il Fondo Ambiente Italiano. L'esito diquesta operazione ha portato al rinvenimento di importanti resti grazie ai quali è stato possibilericostruire con precisione alcune tappe della vita della torre.

I primi reperti, infatti, hanno permesso di identificare un insediamento di epoca tardo-romanarisalente al V secolo, confermando l'origine del sito e spiegando le ragioni della posizioneadiacente all'antica chiesa di San Cassiano, nell'area archeologica della quale sono stati ritrovatireperti appartenenti alla stessa epoca.

Gli approfondimenti effettuati con ulteriori scavi hanno permesso di riconoscere fondazionimurarie solide e immaltate riconducibili a quella che doveva essere una casa fortificatarisalente a un periodo compreso tra il VI e il VII secolo e edificata sui resti del precedente sitotardo-romano. Le stesse analisi, infine, hanno consentito di avanzare l'ipotesi che, sebbenecaduto gradualmente in disuso, la funzione di abitazione fortificata dell'edificio longobardo èstata mantenuta almeno fino alla costruzione della torre nella conformazione giunta fino adoggi condizionandone posizione e orientamento.

(fonte: Fabio Luce, Giovanni Carlo Luongo)

 

Camp Century: il segreto nucleare che emerge dai ghiacci della Groenlandia
Da hdblog.it del 17 gennaio 2025

Un'ombra inquietante si cela sotto la calotta glaciale della Groenlandia: Camp Century, una base militare americana risalente alla Guerra Fredda, abbandonata e dimenticata sotto metri di neve e ghiaccio. Costruita nel 1959, questa cittadella sotterranea custodiva un segreto ancora più oscuro: il Progetto Iceworm, un ambizioso piano per nascondere missili nucleari nei tunnel di ghiaccio e minacciare l'Unione Sovietica.

Oggi, Camp Century è una reliquia del passato, un fantasma che riemerge a causa dello scioglimento dei ghiacci. Ma c'è un grosso problema: migliaia di litri di rifiuti radioattivi, carburante, piombo e PCB minacciano di contaminare l'ambiente e innescare una crisi diplomatica tra Stati Uniti, Danimarca e Groenlandia.

Presentata come centro di ricerca, Camp Century era in realtà un'imponente base militare con 21 tunnel sotterranei che si estendevano per quasi 3 chilometri. Costruita in una delle regioni più inospitali del pianeta, con temperature che toccavano i -57°C e venti a 190 km/h, la base doveva ospitare il Progetto Iceworm.

L'idea era audace: creare una rete di tunnel nella calotta glaciale per nascondere missili nucleari e sorprendere l'Unione Sovietica con un attacco improvviso. Tuttavia, la natura dinamica e instabile del ghiaccio rese il progetto irrealizzabile. Nel 1967, Camp Century fu abbandonata, lasciando intrappolati nel ghiaccio circa 178.000 litri di rifiuti radioattivi.

Trasporti diretti a Camp Century. Foto Storica

La verità su Camp Century e il Progetto Iceworm emerse solo nel 1995, grazie a un'inchiesta del Parlamento danese. I documenti rivelarono l'ambizioso piano dell'esercito americano: una rete di missili che si estendeva per oltre 135.000 chilometri quadrati, tre volte la superficie della Danimarca.

Camp Century fu una straordinaria impresa ingegneristica. Costruita con la tecnica del "taglia e copri", la base comprendeva trincee parallele che ospitavano alloggi, laboratori, un ospedale e addirittura una centrale nucleare portatile, il PM-2A.

Nonostante le moderne tecnologie, la base dovette fare i conti con le sfide dell'ambiente artico. La pressione del ghiaccio deformava le trincee, rendendo necessari continui interventi di manutenzione.

Anche il sistema di smaltimento dei rifiuti creò problemi, con perdite di liquami che contaminarono il ghiaccio circostante.

Il reattore nucleare PM-2A, presentato come una soluzione per l'approvvigionamento energetico, si rivelò una fonte di problemi.

A causa di perdite di neutroni e altri inconvenienti, il reattore funzionò solo per due anni, contaminando l'ambiente con isotopi radioattivi.

Nel 2016, un team di scienziati ha lanciato l'allarme: lo scioglimento dei ghiacci, accelerato dal cambiamento climatico, potrebbe riportare alla luce i rifiuti tossici di Camp Century entro il 2100.

Questa minaccia incombe sull'Artico e sulla comunità internazionale, che deve affrontare la questione della responsabilità e della bonifica del sito. Camp Century, un tempo simbolo dell'ambizione e della potenza americana, è oggi un monito sui rischi delle tecnologie e sull'impatto a lungo termine delle attività umane sull'ambiente.

 

 

Un convegno sul paesaggio scavato nel fossato punico
Da marsalalive.it del 17 gennaio 2025

La direttrice del PALM, Anna Occhipinti, e la dottoressa Maria Grazia Griffo, archeologa del Parco, interverranno oggi pomeriggio a Trapani, nella sala conferenze OAPPC (Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Trapani), in via Fardella, al convegno dal tema “Paesaggio scavato nel fossato punico” – Valorizzazioni delle fortificazioni di Lilibeo, che dà diritto ai partecipanti a 3 crediti formativi.

Assieme a loro, da Marsala, interverranno anche l’archeologo Marco Correra, presidente del CDA “ArcheOfficina”, Società Cooperativa Archeologica, e l’architetto Antonio Mauro, direttori dei lavori del 1° step e progettista del futuro parco.

Tra gli interventi è in programma anche quello del professor Renzo Lecardane, del Dipartimento di Architettura dell’Università di Palermo.

A introdurre i lavori sarà l’architetto Giuseppe Giammarinaro. I saluti saranno portati dallapresidente dell’Ordine degli Architetti, Giuseppina Pizzo, e da Vito Maria Mancuso, presidentedella Fondazione Architetti nel Mediterraneo “F. La Grassa”.

 

"Le Mura di Genova raccontano": la nuova guida storica di Enzo Gavino
Da lavocedigenova.it del 15 gennaio 2025

Il volume, dedicato alle mura di Genova, propone un percorso che collega le antiche fortificazioni con il tessuto urbano contemporaneo. “Sono il nostro patrimonio storico, ma troppo spesso sono trascurate," spiega Gavino, invitando i cittadini e i turisti a riscoprire la città a piedi o in bicicletta attraverso itinerari poco conosciuti

Genova, con la sua ricchezza storica e culturale, offre ai suoi abitanti e ai turisti una continua scoperta. Enzo Gavino, appassionato della città e delle sue antiche difese, ha recentemente pubblicato il libro Le Mura diGenova raccontano, una guida che porta alla riscoperta di un patrimonioaffascinante e talvolta nascosto. Il volume, edito da De Ferrari Editore notiziepropone un itinerario che si snoda tra le antiche mura medievali e quellepiù recenti, unendo storia, paesaggio e memoria collettiva.

"La ragione principale che mi ha spinto a scrivere questa guida – raccontaGavino – è che, da decenni, percorriamo quotidianamente il parco urbanodelle mura, situato sulla collina. Un’area che è stata recuperata evalorizzata sotto diversi punti di vista, ma che spesso lascia fuori alcunetestimonianze più nascoste, come quelle delle mura nel suburbano dellacittà ." Secondo l'autore, molte di queste testimonianze sono difficili daapprezzare per via della loro discontinuità, ma potrebbero essere ricomposte in un percorso che colleghi le diverse epoche, da quellemedievali a quelle più moderne.

" Mi sembrava che ci fosse una certa disconnessione, un’interruzione nellacontinuità delle mura che, in alcuni tratti, non venivano abbastanzavalorizzate ," prosegue Gavino. " Non sempre, naturalmente, ma alcunitratti sono difficili da osservare, perché sono nascosti o inglobati neltessuto urbano. Ma anche quelli che sembrano più nascosti, come le muradel Barbarossa, sono ancora visibili in alcune parti e potrebbero essererecuperati attraverso il racconto storico e il percorso suggerito."

L’idea della guida nasce quindi dalla necessità di dare unità e organicità aquesto patrimonio urbano, che non è solo materiale, ma anche simbolico,come sottolinea l’autore: " Le mura sono il nostro patrimonio storico ,ma troppo spesso sono trascurate, non vissute pienamente, e quindi laguida vuole restituire loro l’attenzione che meritano. Propongo dipercorrere la città in modo diverso, con uno sguardo più attento, perriscoprire una parte della nostra storia."

Uno degli aspetti che rende unica la guida è la sua vocazione ad essereun’opera "aperta", ovvero un invito a tutti, non solo agli storici o aglistudiosi, ma anche ai cittadini comuni, a riscoprire la città e a contribuireal racconto collettivo. " Le mura raccontano anche storie personali.Chiunque può riscoprire ricordi, percezioni, legami emotivi legati ailuoghi e aggiungere al mio lavoro la propria esperienza, " afferma Gavino." Mi piacerebbe che la guida fosse un punto di partenza per ampliare laconoscenza collettiva della città, e che chiunque la legga possaaggiungere alla storia qualcosa di proprio."

L'itinerario proposto nella guida è un'opportunità per "guardare la cittàcon un occhio più attento ", anche per i genovesi che potrebbero pensaredi conoscere già ogni angolo della città. " Genova è una città che vivenella sua complessità storica, e ogni angolo ha una storia da raccontare,spesso nascosta dietro un muro che tutti vediamo ma pochi conoscono."

Nel corso della ricerca per il libro, Gavino ha fatto alcune scopertesorprendenti, tra cui quella delle Fronti Basse, un’area della città chenasconde tracce significative del passato.

Costituivano il tratto di mura che doveva varcare la zona pianeggianteverso la foce del Bisagno, stretta tra i colli di Montesano e Carignano. "

La cosa che mi ha sorpreso di più è stata la vicinanza delle FrontiBasse ," racconta. " Si tratta di una zona che è stata trasformata radicalmente: i bastioni furono abbattuti nel 1892 per favorire l'espansione della città. Oggi, però, si trovano solo due reperti che sonostati messi in vetrina, ma sono praticamente inaccessibili. Sono custoditi all'interno di un parcheggio, senza alcuna segnalazione esterna."

Questo stato di abbandono delle testimonianze storiche non è stato l'unico elemento che ha colpito Gavino: "Molti di questi reperti non sono neppure illuminati, e le vetrine sono impolverate. È un peccato che un patrimonio così importante sia trattato con tanta indifferenza. Il recupero di questi luoghi dovrebbe essere una priorità."

La guida non si limita a un racconto storico, ma propone anche un'esperienza di fruizione diretta della città, suggerendo percorsi a piedi e in bicicletta. "La città offre un’opportunità straordinaria per chi vuole esplorarla, sia a livello turistico che come residente. Ecco perché, oltre alla ricchezza storica, il percorso delle mura rappresenta anche un’opportunità per fare turismo in modo diverso," spiega Gavino. "L'itinerario permette di scoprire la città da un punto di vista diverso, lontano dai percorsi tradizionali, e di godere di un'esperienza unica per chi vuole camminare o pedalare attraverso la storia."

Gavino sottolinea che la riscoperta delle mura non è solo un piacere estetico, ma anche un'opportunità educativa: "Vivere in una città che ha una così grande ricchezza storica ci rende più consapevoli, più legati al nostro passato. E quando ci si accorge di quanto sia stratificata la storia di Genova, si comincia a guardarla con occhi diversi." Gavino non è uno storico, ma un appassionato della sua città, e la sua passione per la storia di Genova nasce da molto tempo. "Faccio parte della Federazione Ambiente Bicicletta e, da anni, organizziamo gite e pedalate per scoprire la città," racconta. "Anche questo è stato un modo per riscoprire il mio territorio. La passione per Genova è qualcosa che mi è stata trasmessa fin da piccolo, e questo libro è il mio modo di raccontare la città che amo."

La guida Le Mura di Genova raccontano non è solo un invito a riscoprire la città, ma anche a viverla in modo più consapevole, valorizzando la storia che si nasconde dietro ogni angolo, sotto ogni pietra e, soprattutto, dietro ogni muro.

Enzo Gavino invita tutti, cittadini e turisti, a camminare o pedalare lungo le tracce delle antiche mura per scoprire una Genova mai vista prima, unita dal filo invisibile della storia.

 

Alla scoperta del Salento: la scomparsa Torre di SanCataldo
Da pugliaplanet.com del 15 gennaio 2025

San Cataldo, l’antico Porto di Adriano, scalo portuale di Lecce in epoca romana, disponeva di unafortezza ora scomparsa. Infatti, nel tomo di Antonio De Ferraris, noto come Il Galateo: De situYapygiae, pubblicato a Basilea nel 1553, è riportata la seguente frase che per ragioni di comoditàtraduciamo in Italiano dall’originale in Latino: “Chi procede da lì per 10 miglia s’imbatte nel castello che prese il nome da San Cataldo, antichissimo arcivescovo dei Tarantini, per il fatto che egli provenendo dall’oriente toccò dapprima questi luoghi, dove c’è anche un piccolissimo tempio a lui dedicato. Gualtiero fondò anche questo castello per emporio dei Leccesi più vicino alla città […]”.

Il Gualtiero cui si accenna era uno dei Conti di Lecce, appartenente alla famiglia de Brienne, ed il castello in questione doveva essere più probabilmente una torre, forse più imponente delle altre disseminate lungo la costa, infatti in un altro testo manoscritto dei primi anni del XVII secolo: ICastelli di Terra d’Otranto tra il 1584 e il 1610 in una relazione manoscritta del 1611, è riportato: “LaTorre di S. Cataldo sta in funzione di guardia di un molo […]” ed il suo armamento nel 1610 consisteva in quattro pezzi di artiglieria leggera tipici dell’epoca rinascimentale: “Tre falconetti” e “Unosparviero”.

Anche in alcune carte dell’epoca è rappresentata la posizione della fortezza, in particolare in una diesse appare la dicitura Castello di San Cataldo, che confermerebbe il fatto di trattarsi di una torre di dimensioni maggiori rispetto alle altre.

di Cosimo Enrico Marseglia

 

L'Italia valorizza il patrimonio storico-culturale diCartagena
Da ansa.it del 13 gennaio 2025

Il progetto presentato dall'ambasciatore in Colombia Curcio

BOGOTA, 13 GEN - Nel quadro delle celebrazioni per i 160 anni direlazioni bilaterali tra Italia e Colombia, il governo italiano ha approvato un progetto di cooperazione a favore del comune di Cartagena di 3 milioni di euro. Si tratta delmaggiore progetto di cooperazione internazionale concesso da un singolo donantericevuto da Cartagena ed è destinato a lavori sulla Cattedrale e sulle sue storichefortificazioni oltre che alla formazione di artigiani, venditori ed operatori turistici.

L'annuncio del progetto, da effettuarsi tramite l'Agenzia Italiana per laCooperazione allo Sviluppo per promuovere il turismo nella città, restaurare emodernizzare importanti beni e luoghi di interesse culturale e rafforzare l'economiapopolare, è stato dato dall'Ambasciatore d'Italia in Colombia, Giancarlo MariaCurcio, e sindaco di Cartagena, Dumek Turbay venerdì 10 gennaio nel Palazzo dellaDogana, storica sede dell'ufficio del primo cittadino sindaco della città caraibica.

"In occasione dei 160 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Colombia,l'Ambasciata ha sviluppato importanti attività con le Autorità colombiane durante tutto il 2024. In particolare, nel quadro della cooperazione allo sviluppo, il nostro Governo ha approvato un progetto per valorizzare il patrimonio culturale e storico di Cartagena, le cui mura sono state costruite da un ingegnere italiano, Battista Antonelli, che nel XVII secolo lavorò per la corona spagnola. In questo modo, l'Italia vuole rafforzare il suo impegno verso la Colombia e, in particolare, Cartagena,dando nuova vita alle sue iconiche opere architettoniche e puntando sul turismo sostenibile e comunitario", ha sottolineato l'Ambasciatore d'Italia.

A 40 anni dalla dichiarazione dell'Unesco, il progetto servirà per interventi sullaCattedrale di Santa Catalina di Alessandria, sulla sua piazza esterna dove si trova lastatua di Giovanni Paolo II; sulla fortificazione di Santa Catalina e sul molo di LaTenaza; per la costruzione di una passerella pedonale parallela alla Murallita delDiablo, e per la costruzione di un ponte elevato tra le fortificazioni di San Ignacio eSan Francisco Javier.

Inoltre, i fondi dell'Italia saranno destinati a rafforzare e ordinare l'economiapopolare nel Centro Storico, formando e dotando di nuovi arredi 74 artigiani,venditori di frutta e acqua di cocco; così come per la formazione di oltre 3.600operatori turistici.

"Siamo molto felici di poter contare su questo importante supporto dall'Italia perconservare in modo integrale il patrimonio architettonico e culturale di Cartagena,beneficiando la comunità locale in termini socioeconomici e garantendo lapreservazione a lungo termine delle risorse storiche e culturali. Il nostro turismo,così come sostenibile, deve essere un motore di inclusione socioeconomica per lecomunità più vulnerabili", ha detto il sindaco Dumek Turbay. (ANSA).

 

"Gira le Mura!", passeggiate sulle mura medievali alla scoperta di luoghi e segreti della storia padovana. Il programma completo

Da ilgazzettino.it del 13 gennaio 2025

Anche quest'anno l'associazione Comitato Mura di Padova organizza (con il patrocinio del Comune) "Gira le Mura!", il tour completo, a tappe, delle mura padovane con passeggiate lungo le mura e l’ingresso agli ambienti interni attualmente visitabili.

L'iniziativa

Occasioni uniche per scoprire le mura medievali, che per molto tempo hanno protetto il centro della città per poi essere dimenticate e superate dalle fortificazioni successive. Un segno della storia di Padova che può essere ancora scoperto e ripercorso.

Il tour 2025 prevede dieci tappe con appuntamenti domenicali da gennaio a luglio e da settembre a dicembre, in orari mattutino (9.30-12.30 circa).

 

Il programma

Mura rinascimentali (otto tappe)

Prima tappa
12 gennaio + 23 marzo + 8 giugno + 12 ottobre
Dal torrione Impossibile al baluardo San Prosdocimo - ritrovo al parcheggio del centro Kofler, via Bronzetti angolo via Medici; la passeggiata termina alla breccia di via San Prosdocimo

Seconda tappa
19 gennaio + 30 marzo + 15 giugno + 19 ottobre
Da porta San Giovanni al torrione Ghirlanda - ritrovo in piazzale San Giovanni, davanti alla porta, lato interno città; la passeggiata termina al torrione Ghirlanda

Terza tappa
26 gennaio + 6 aprile + 22 giugno + 26 ottobre
Dal torrione Alicorno al baluardo Santa Croce - ritrovo in via San Pio X, al ponte pedonale Goito; la passeggiata termina alla breccia di via d'Acquapendente

Quarta tappa
2 febbraio + 13 aprile + 29 giugno + 2 novembre
Dal torrione Santa Giustina al baluardo Cornaro - ritrovo all'incrocio tra via Sanmicheli e via d'Acquapendente (ingresso del roseto comunale); la passeggiata termina in via Cornaro

Quinta tappa
9 febbraio + 27 aprile + 6 luglio + 9 novembre
Il ponte delle gradelle di San Massimo e il Castelnuovo - ritrovo in via Cornaro di fronte all'ex Macello; la passeggiata termina alla Golena San Massimo

Sesta tappa
16 febbraio + 4 maggio + 7 settembre + 16 novembre
Dal torrione Venier al torrion Piccolo - ritrovo davanti alla scuola "E. Luzzato Dina" in via Gradenigo; la passeggiata termina al Torrion Piccolo in via Loredan

Settima tappa
23 febbraio + 11 maggio + 14 settembre + 23 novembre
Da Porciglia al torrione della Gatta - ritrovo in largo Meneghetti, davanti al Liceo Selvatico; la passeggiata termina al sacello, sotto la torre dell'acquedotto

Ottava tappa
2 marzo + 18 maggio + 21 settembre + 30 novembre
Dal torrione della Gatta al Baluardo Moro II - ritrovo in piazza Mazzini, all'ingresso dei giardini della Rotonda; la passeggiata termina al baluardo Moro II in via Citolo da Perugia 104

Mura comunali (due tappe)

Nona tappa
9 marzo + 25 maggio + 28 settembre + 7 dicembre
Dal castello carrarese alla riviera dei Mugnai - ritrovo in piazzetta Accademia Delia; la passeggiata termina in riviera dei Mugnai

Decima tappa
16 marzo + 1 giugno + 5 ottobre + 14 dicembre
Da porta Molino al castello - ritrovo presso Porta Molino; la passeggiata termina al ponte dell'Osservatorio

Costi e informazioni

La partecipazione è gratuita ed è riservata ai soci del Comitato Mura: è possibile iscriversi al momento, pagando la quota annuale di 20 euro.

Comitato Mura di Padova via Raggio di Sole 2, Padova 348.2585005 - 347.6145908 info@muradipadova.it, www.muradipadova.it

 

La Turchia ha testato un “missile anti-carri armati” lanciato da un drone Anka
Da avia-pro.it del 13 gennaio 2025

Il drone turco Anka, sviluppato da TUSAS e noto come “cacciatore di carri armati”, è stato testato con successo con il nuovo missile guidato LUMTAS. Questo sistema missilistico anticarro a guida laser, creato da Roketsan, aumenta significativamente le capacità di combattimento del drone. I test sono stati dimostrati in registrazioni video, in cui il missile ha colpito un bersaglio finto con elevata precisione.

L-UMTAS, che sta per Sistema missilistico anticarro a guida laser a lungo raggio, è uno degli ultimi sviluppi nel settore della difesa turco. È progettato per distruggere obiettivi sia fissi che mobili, inclusi veicoli corazzati, fortificazioni e personale nemico.

Una caratteristica fondamentale del missile è il suo sistema di guida laser semi-attivo, che fornisce un’elevata precisione grazie alla capacità di mirare prima e dopo il lancio. Ciò consente al missile di essere utilizzato in condizioni di combattimento dinamiche, dove i bersagli possono cambiare la loro posizione. Il missile è in grado di funzionare in qualsiasimomento della giornata, il che lo rende un'arma universale per le moderne operazioni di combattimento.

Le caratteristiche tecniche di L-UMTAS sono impressionanti. Il missile, con un diametro di 160 mm, una lunghezza di 1,8 metri e un peso di 37,5 kg, è dotato di una testata tandem che combina funzioni di perforazione e frammentazione ad alto potenziale esplosivo. Ciò lo rende efficace contro una varietà di tipi di bersagli, inclusi carri armati, veicoli corazzati efortificazioni. La portata del missile raggiunge gli 8 km, il che ne consente l'utilizzo a notevole distanza dal bersaglio. Inoltre, il missile è insensibile al fuoco delle armi leggere, il che ne aumenta la stabilità in condizioni di combattimento.

Gli sviluppatori notano che l'integrazione dell'L-UMTAS nell'arsenale di Anka apre nuove possibilità per il drone, rendendolo ancora più efficace nelle operazioni d'attacco. Secondo i rappresentanti di Roketsan, questo missile può diventare non solo un elemento chiave dell’esercito turco, ma anche un’offerta interessante per i clienti internazionali.

L'Anka, che si è già dimostrato una piattaforma versatile per operazioni di ricognizione e attacco, è ora in grado di distruggere efficacemente sia veicolicorazzati che obiettivi fortificati. Ciò lo rende uno strumento importante per le moderne operazioni militari, soprattutto in condizioni di elevatamobilità nemica.

Gli esperti osservano che lo sviluppo di tali tecnologie indica le crescenti capacità dell’industria della difesa turca, che sta entrando attivamente nelmercato globale delle armi. L-UMTAS e Anka potrebbero rappresentare una proposta interessante per i paesi che cercano soluzioni ad alta tecnologiama relativamente convenienti per i loro eserciti.

 

Una fortezza dimenticata nei monti del Caucaso riscrive la storia
Da futuroprossimo.it del 12 gennaio 2025

Una fortezza dell’Età del Bronzo emerge tra le colline georgiane: nuove ricerche cambiano la nostravisione dell’antichità.

Di Gianluca Riccio

C'era qualcosa di insolito nel terreno che gli archeologi stavano scavando, ma nessuno avrebbe potuto prevedere ciò che i droni avrebbero rivelato dall’alto. Dmanisis Gora, la fortezza dell’Età del Bronzo situata nel Caucaso, non era solo una costruzione difensiva: era un’enorme città fortificata, le cui mura si estendevano per oltre un chilometro.

È una scoperta che cambia la nostra comprensione dell’urbanizzazione preistorica, e dimostra quanto la tecnologia moderna possa riscrivere la storia.

Un mistero sepolto nel tempo

Quando il team di archeologi è arrivato per la prima volta tra le colline della Georgia, il sole d’estate illuminava solo frammenti di mura di pietra. L’area sembrava una delle tante rovine sparse per il Caucaso, ma c’era qualcosa di insolito: la disposizione dei resti non combaciava con le dimensioni delle tipiche fortezze dell’epoca. La vera rivelazione, dettagliata in questo studio pubblicato tre giorni fa su , mesi dopo, con è arrivata nell’autunno successivo.

Con l’erba secca e il terreno più visibile, si intuì che le mura non erano isolate: altre strutture affioravano dal suolo, delineando quello che sembrava un insediamento molto più grande. Era solo l’inizio.

Le immagini sono state poi confrontate con fotografie dei satelliti spia della Guerra Fredda, declassificate nel 2013. Un confronto che non solo ha confermato l’antica grandezza della fortezza, ma ha rivelato anche l’impatto delle moderne attività agricole, che nel tempo hanno eroso parte del sito.Un’antica città fortezza tra guerre e pastori

Gli studiosi ipotizzano che Dmanisis Gora fosse un crocevia strategico per le popolazioni nomadi della regione. La suaposizione tra le montagne del Caucaso la rendeva ideale per il commercio e la difesa, ma anche per un fenomeno raramente documentato nell’Età del Bronzo: l’urbanizzazione stagionale.

Secondo Nathaniel Erb-Satullo, archeologo del Cranfield Forensic Institute, la fortezza potrebbe essere stata un centro che cresceva e si riduceva in base ai movimenti delle popolazioni pastorali, che si insediavano nei mesi più freddi e si spostavano altrove in estate. Questo modello di urbanizzazione dinamica offre una nuova prospettiva sugli insediamenti dell’epoca.

Il futuro della ricerca

Ora gli archeologi vogliono approfondire la vita dentro la fortezza: quante persone vi abitavano? Come si sostenevano economicamente? Studiando i resti agricoli, la distribuzione delle abitazioni e i percorsi dei pastori, sperano di ricostruire il modo in cui questa città antica viveva e si trasformava nel tempo.

Questa scoperta è l’ennesimo esempio di come la tecnologia moderna, dai droni alle immagini satellitari, possaportare alla luce città dimenticate e svelare le dinamiche urbane di migliaia di anni fa.

È successo anche in Amazzonia, e al centro dell'Europa, con risultati eclatanti. Forse, nel Caucaso, altre fortezze sepolte aspettano ancora di essere scoperte.

Gianluca Riccio, direttore creativo di Melancia adv, copywriter e giornalista. Fa parte di Italian Institute for the Future,World Future Society e H+. Dal 2006 dirige Futuroprossimo.it , la risorsa italiana di Futurologia. È partner di Forwardto -Studi e competenze per scenari futuri.

 

Castello di Vogogna, porte aperte ai visitatori
Da ossolanews.it del 11 gennaio 2025

Tutti i fine settimana è possibile scoprire la storia e i tesori conservati nella fortezza viscontea

Le porte del Castello di Vogogna sono aperte a tutti coloro che vogliano scoprire la storia del borgo medievale e della sua fortezza. Tutti i fine settimana, oltre ai giorni festivi e i ponti, è dunque possibile visitare il castello, dalle 10.00 alle 17.00.

Il castello sorge a settentrione del borgo, addossato alla montagna; insieme alle mura che cingevano l’abitato e alla rocca superiore formava una struttura difensiva a controllo della valle e della viabilità verso i laghi e i passi alpini. Nel suo ruolo di avamposto a difesa del Ducato di Milano e a controllo dei traffici commerciali, il castello fu principalmente sede militare.

L’aspetto attuale del castello è dovuto a interventi di epoche diverse; si presume che le porzioni più antiche siano una prima torre di guardia, la torre quadrata, e una porzione di fabbricato più a monte, ampliati nel XIV secolo. Quando nel 1328 Vogogna divenne capoluogo dell’Ossola Inferiore, soggetta al comune di Novara, Giovanni Visconti vescovo e signore decise di adeguare il borgo al nuovo ruolo amministrativo. Il Visconti nel 1348 fece edificare Palazzo Pretorio, broletto di tipo lombardo; risale probabilmente a quel periodo la cinta muraria a protezione del borgo. L’ampliamento del castello, con la costruzione del corpo centrale e della torre semicircolare non è datato ma si presume che risalga allo stesso periodo visconteo, così come l’edificazione del portale a sesto acuto con bugnato di marmo di Crevola munito di ponte levatoio, visibile oltre il cancello.

Nel piano terra della fortificazione è custodito il gioiello archeologico dell’Ossola, la testa celtica di Dresio, del III-II secolo a.C.. I visitato ritrovano quindi delle sale di ambientazione medievale, l’esposizione “Con l’acqua, con il ferro e col fuoco” relativa a macchine ed armi progettate disegnate da Leonardo da Vinci, una sezione di tema scientifico-ambientale sul ritorno del lupo sulle Alpi, curata dal Parco Nazionale Val Grande che ha la propria sede in paese nonché una sezione di rievocazione storica con la riproduzione di armi, l'allestimento di una prigione e la storia dellaBattaglia di Crevola.

 

Parco lineare delle Mura, il municipio va inpressing. “Non ci sono fondi, ora vanno trovati”
Da romatoday.it del 10 gennaio 2025

I lavori che stanno partendo e che interessano le Mura Aureliane e Serviane sono destinati essenzialmente alla loro conservazione. Maurizia Cicconi (lista Calendamunicipio I): "Giusto provvedere alla sicurezza, ma servono fondi anche per la valorizzazione"

Di Fabio Grilli

Non ci sono soldi per realizzare “il Parco lineare delle Mura”. Le risorse a disposizione sono infatti quasi del tutto destinate alla conservazione delle preziose vestigia. Poco o nulla invece, com’è emerso nel corso della commissione speciale PNRR del municipio I, è destinato alla loro valorizzazione.

Sono otto gli interventi che finanziati con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza che interessano i bastioni che difendevano l’antica Roma. Uno di questi riguarda le Mura Serviane, i restanti sette invece sono dedicati alle Mura Aureliane. Complessivamente interessano solo 2,5 chilometri, quindi ben poca cosa rispetto ai quasi 19 km che perimetrano la Capitale. E solo in minima parte gli interventi sono già partiti.

I lavori previsti con i fondi PNRR

“Dalla prossima settimana – hanno spiegato i funzionari della Soprintendenza capitolina– partiranno i lavori nel tratto B, quello che si sviluppa tra via Campania e Corso d’Italia” . Sono invece già iniziati sulle Mura Serviane e dal 19 dicembre hanno preso avvio nel “tratto H-G” vale a dire quello che interessa la porzione tra porta Asinaria, dunque Piazza San Giovanni, e viale Castrense. In molti casi sono estremamente ridotte le porzioni interessate dai prossimi lavori, come nel caso del “tratto M” che, pur sviluppandosi tra Porta San Paolo ed il Tevere, non coinvolgono la zona di viale Porta Ardeatina da cui, il Comune, ha chiesto di rimuovere gli stalli dei bus turistici.

Quali sono gli interventi presenti? “La priorità è stata data al consolidamento” hanno spiegato i funzionari della Sovrintendenza, “quindi sulle porzioni che presentavano criticità sul piano strutturale o conservativo”. I soldi del PNRR vengono spesi anche per operazioni di diserbo orizzontale e verticale e, quindi, per liberare le mura da piante infestanti che come il “bagolaro o l’ailanto” rischiano di comprometterne la tenuta. I soldi sono usati anche per migliorare la fruibilità, ma solo quando sono state soddisfatte le altre due priorità. E così, ad esempio, un impianto di videosorveglianza è previsto nel tratto H-G, quello di Porta Asinaria, ma probabilmente soltanto lì.

Fondi per la conservazione e non per la valorizzazione

Tutti i fondi a disposizione, 20 milioni di euro, dovranno essere impiegati per lavori che dovranno concludersi entro giugno 2026, come previsto dal Pnrr. “È sicuramente giusto e necessario mettere in sicurezza lo stato di conservazione delle Mura. Ma dopo: come si intende valorizzare il monumento principale della nostra città, renderlo davvero fruibile,se non ci sono le risorse per finanziare i progetti di valorizzazione, accessibilità, illuminazione?” ha obiettato Maurizia Cicconi (Lista Calenda), presidente della commissione speciale PNRR e Giubileo che ha inoltre fatto notare come il tratto tra Porta San Paolo e Porta San Sebastiano, con quest’operazione, non riceverà alcun intervento.

Il Parco lineare delle Mura è un obiettivo fissato nel Piano regolatore. Tuttavia, ad oggi,è stato fatto solo in minima parte. In Campidoglio, nel 2024, è stata votata una delibera con cui si chiedeva di realizzarlo. Nell’atto, portato in aula dal consigliere Giovanni Caudo, “La trasformazione dell'invaso perimetrale della cinta muraria in Parco cittadino Lineare, oltre ad avvalorarlo come percorso artistico e architettonico di pregevole importanza potrebbe farne assumere la connotazione di corridoio ecologico di estrema rilevanza per la biodiversità”. Non solo.

Le richieste di appositi stanziamenti

“Il Parco lineare delle Mura potrebbe diventare una risorsa per percorsi di mobilità alternativa” ha osservato la presidente della commissione PNRR municipale. Però non c’è un euro destinato allo scopo. “Chiederò nella variazione di bilancio di mettere dei fondi appositi per realizzare il Parco Lineare” ha promesso Cicconi in commissione.Una richiesta simile era stata già formulata da Giovanni Caudo. L’ex assessore all’urbanistica di Ignazio Marino, aveva proposto a Gualtieri di accantonare, ogni anno,delle risorse per realizzare il progetto del parco. La proposta, formalizzata nel 2023, è caduta nel vuoto.

 

Il Garda veronese tra castelli e fortezze
Da quotidianoneit del 10 gennaio 2025

Un itinerario ideale tra colline e lago, lungo l’Adige e il Mincio, visitando le più belle città fortificate come Soave e Legnago

Di GRAZIELLA LEPORATI

Il castello di Soave

Castelli, fortificazioni e bastioni formano il fil rouge per scoprire il territorio veronese: tra le colline e leacque del lago, tra le testimonianze storiche e le narrazioni leggendarie, nel corso dei secoli ben 14 città si sono protette dietro alte mura che, varcata la porta d’accesso, svelano gioielli artistici e architettonici.

Ovviamente Verona è il punto di partenza di questo itinerario: passeggiare nel capoluogo scaligero all’interno del perimetro fortificato equivale a immergersi in una storia lunga oltre 2000 anni. Le mura sono la cornice in cui la città è nata e si è sviluppata, testimoniandone il ruolo chiave dalla dominazione romana, a quello scaligero,veneziano e infine asburgico.Tutta la città va visitata perché ogni angolo offre meraviglie da scoprire, da quelle più note (Arena, balcone di Giulietta, piazza delle Erbe) a quelle meno note ma sempre affascinanti come il bastione delle Maddalene, il cortile del mercato vecchio che risale all’epoca romana o il giardino dei Giusti con statue antiche e sentieri tortuosi.

Da Soave a Malcesine fra vino e castelli

Lasciata la città scaligera proseguiamo il nostro itinerario alla scoperta dei borghi murati raggiungendo i Monti Lessini ai cui piedi sorge Soave. Il delizioso borgo medioevale, conosciuto per la produzione di vino bianco, è dominato da uno scenografico castello – fortezza, dotato di una imponente cinta muraria che scende lungo le pendici del colle, scandita da 24 torri.

Torri del Benaco

Da qui, costeggiando il lago di Garda, si incontra l’incantevole borgo di Malcesine: le piazzette e i vicoli sempre animati basterebbero a rendere questa località “a picco sul lago” irresistibile, ma molte altre sono le caratteristiche che hanno gratificato Malcesine con omaggi di artisti del passato, quali Goethe e Klimt, a partire dallo splendido castello ricostruito dagli Scaligeri nel XIII secolo, oggi sede del Museo di Storia Naturale del Baldo e del Garda.

Da non perdere la salita al Monte Baldo con la moderna funivia dotata di cabine rotanti a 360°: da lassù si può ammirare il lago in tutta la sua imponenza e negli scorci più belli, scoprirne le cittadine che lo popolano, comeTorri del Benaco con il castello scaligero e le tre torri merlate, il porticciolo medioevale attorniato da palazzi veneziani.

Lazise, gemma del Benaco

Poco più in là, collocati nell’anfiteatro morenico nelle colline tra il lago e l’Adige, avvolti da un paesaggio dominato da vigneti, oliveti, frutteti, e boschi di roveri e carpini, Rivoli veronese e Pastrengo, dotate di fortificazioni austriache, ma è Lazise la gemma di questo segmento di lago.

Per mantenere la sua indipendenza e proteggere il Castello Scaligero si dotò presto di una cinta muraria.

Più a sud, merita attenzione Peschiera del Garda, centro strategico militare durante il Medioevo: le mura difensive veneziane, Patrimonio UNESCO dal 2017, la forma peculiare pentagonale della fortezza e la sua posizione spettacolare in mezzo alle acque del Mincio, i sitipalafitticoli dell’arco alpino , anch’essi iscritti nella lista Patrimonio dell’umanità UNESCO, la rendono una meta imprescindibile durante una vacanza al Lago di Garda.

Da Valeggio sul Mincio e Legnago

L'Arco dei Gavi e Castel Vecchio

Sulle rive del fiume Mincio sorge un piccolo borgo pittoresco: Valeggio sul Mincio con il suo Castello Scaligero,una fortezza difensiva arroccata su una collina a fianco del centro, la Torre Tonda. Insieme alla frazione di Borghetto - riconosciuta uno dei borghi più belli d’Italia, un unicum urbanistico al cui centro si pongono il rapporto simbiotico con il fiume Mincio e le antiche fortificazioni risalenti al periodo medievale, in un dialogo ininterrotto tra storia e natura – Valeggio si guadagna uno spazio importante. In questo itinerario, che lentamente si allontana dalle sponde del lago per la provincia sud di Verona, più precisamente Villafranca di Verona, la roccaforte degli Scaligeri nella pianura veronese, come dimostra l’elegante castello, da visitare unitamente al Museo del Risorgimento, e a Villa Gandini Morelli-Bugna, che racchiude la sala del Trattato franco-austriaco del 1859.

Arriviamo fino all’estremità orientale della provincia veronese per una visita a Cologna Veneta , borgo agricolo fondato nel 170 a.C. e, in epoca medievale, trasformato in piazzaforte.

Una ventina di minuti sono sufficienti, infine per raggiungere Legnago , adagiata lungo le sponde del fiume Adige.

Solitamente ricordata per aver fatto partetra il 1848 e il 1866 del Quadrilatero, il famoso sistema difensivo austriaco nel Lombardo-Veneto, Legnago ha da sempre svolto un importante ruolo militare e commerciale: le sue fortificazioni sono citate già in documenti del Xsecolo.

Luogo di nascita del musicista Antonio Salieri, al quale è dedicato l’ottocentesco Teatro, dell’antica rocca conserva, in piazza della Libertà, il rudere del Torrione del XVI secolo.

 

Info: www.visitverona.it - www.lagodigardaveneto.com

 

 

 

3 Castelli da visitare in Sardegna questa settimana tra fortezze che raccontano la sua storia millenaria
Da viaggiando-italia.it del 7 gennaio 2025

La Sardegna non è solo mare cristallino e spiagge incantevoli, ma anche terra di antiche fortezze che raccontano la sua storia millenaria.

Tra i castelli più affascinanti, il Castello della Fava a Posada regala un’esperienza unica, combinando storia e panorami mozzafiato.

Questa fortezza medievale, che domina il borgo, consente di immergersi nel passato e di ammirare viste spettacolari sulla costa. Dopo la visita, una passeggiata tra le stradine di Posada completa l’esperienza con un tocco di autenticità sarda.

Spostandosi nell’entroterra, il Castello di Burgos, situato in cima a un’altura nell’omonimo borgo, regala un viaggio nel tempo e una vista che si estende fino al Monte Limbara. Costruito nel XII secolo, conserva un’atmosfera suggestiva e racconta la storia delle lotte tra i giudicati sardi. 

Nei dintorni, il borgo di Burgos invita a esplorare la vita rurale e le tradizioni locali, con la possibilità di scoprire la vicina foresta di Burgos, ideale per escursioni nella natura.

Infine, il Castello di Malaspina a Bosa è una tappa imperdibile. Questa fortezza, arroccata su una collina, domina il colorato borgo sottostante e il fiume Temo.

Al suo interno si possono ammirare affreschi e conoscere la storia della potente famiglia Malaspina.

 

Come Amburgo ha reso “cool” un bunker della Seconda guerra mondiale
Da ilpost.it del 5 gennaio 2025

A guardarlo non sembra neanche un bunker perché si sviluppa in altezza

Di Gianluca Cedolin

Il bunker dopo i lavori di recupero

Il quartiere Sankt Pauli di Amburgo, in Germania, è noto per essere culturalmente e politicamente molto attivo, “alternativo”, diciamo. Del resto è il quartiere del club calcistico St. Pauli, che ha tutto un culto attorno per la sua vocazione popolare. Proprio dove sorge lo stadio della squadra c’è un imponente edificio grigio costruito durante la Seconda guerra mondiale: il Flakturm IV, che oggi quasi tutti chiamano semplicemente il “Bunker”. Fu costruito dai nazisti per la difesa e il contrattacco ai bombardamenti aerei degli Alleati, ma dopo la guerra il suo utilizzo e la sua storia sono cambiati; adesso all’interno ci sono palestre, gallerie d’arte, scuole di musica, mentre nei piani superiori, che sono stati aggiunti di recente, hanno aperto un hotel e altre attività, ed è stato ricavato un giardino sul tetto. Nonostante il suo passato oscuro e il suo aspetto brutalista, oggi il Bunker viene accettato come parte del quartiere, ed è un luogo frequentato e apprezzato dai residenti e dai turisti.

Flakturm significa torre antiaerea. Il numero IV invece indica che quello di Amburgo era il quarto di otto edifici di questo tipo, fatti costruire dal regime nazista a partire dal 1940. Ne fece tre a Berlino, tre a Vienna e due ad Amburgo, tra i quali appunto il IV, la cui costruzione fu completata tra il 1942 e il 1943 in meno di un anno: furono impiegate circa duemila persone ai lavori forzati, in condizioni disumane. Molti di loro erano prigionieri del vicino campo di concentramento di Neuengamme.

Solo uno di questi edifici è stato demolito del tutto, il Flakturm Tiergarten di Berlino, che fu il primo a essere costruito e venne distrutto dagli inglesi nel 1947. Le altre torri sono rimaste più o meno in piedi, soprattutto perché demolirle sarebbe stato costoso e complicato, visto che furono pensate per essere quasi impossibili da abbattere. Tra le varie riqualificazioni fatte dopo la guerra, quella della numero IV è considerata probabilmente la più riuscita e oggi il Bunker è un luogo cool e centrale nella vita di Sankt Pauli.

Immagine d'archivio del Flakturm nel 1945

La parola “torre” forse è un po’ fuorviante per definire il Bunker diHeiligengeistfeld, l’area di Sankt Pauli dove sorge (significa “campo dello Spirito Santo”). È una costruzione massiccia e compatta, larga circa 70 metri e alta in origine 38, con una pianta quadrata e quattro torri a base ottagonale agli angoli. Il Flakturm IV serviva come detto sia per difendersi, visto che circa 18 mila persone potevano ripararsi al suo interno durante i raid aerei degli Alleati angloamericani (e pare ce ne fossero spesso molte di più), sia per rispondere a questi attacchi, perché in cima era attrezzato con artiglieria pesante per abbattere gli aerei nemici. È per questa duplice funzione che, a differenza di altri bunker, il Flakturm non si sviluppa sottoterra ma verso l’alto. Le pareti e il soffitto in cemento armato, spessi circa tre metri e mezzo, contribuivano allo scopo difensivo. All’interno, oltre alle munizioni, erano conservati anche cibo e acqua per permettere a chi si rifugiava di sopravvivere per giorni.

La decisione del regime nazista di costruire due strutture del genere anche ad Amburgo, oltre a Berlino e Vienna, fu dovuta all’importanza strategica della città.

Amburgo era (è) la seconda città tedesca per numero di abitanti e il principale porto della Germania, costruito sul fiume Elba che sfocia nel mare del Nord poco più su, e qui si produceva il petrolio e si costruivano le navi e i sottomarini impiegati dall’esercito nelle battaglie navali. Per questo motivo fu uno dei posti più colpiti dagli attacchi degli Alleati: già solo nella cosiddetta operazione“Gomorrah”, durante la quale inglesi e statunitensi bombardarono la città per otto giorni nel luglio del 1943, furono uccise quasi quarantamila persone e fu distrutto circa il 60 per cento delle case di Amburgo.

Dopo la guerra il Bunker è stato usato per un breve periodo come magazzino, mentre nel 1952, grazie a un’antenna piazzata sul tetto, per la prima volta in Germania fu trasmessa in televisione una partita di calcio, quella tra Amburgo eAltona. Col tempo l’edificio cominciò a diventare un luogo di cultura occupato da studi artistici e locali notturni, rispettando lo spirito del tempo e del quartiere Sankt Pauli, tra i più vivaci della città.

Oggi all’interno, nei primi piani, ci sono una palestra di arrampicata e una di arti marziali miste, una scuola di musica e un’accademia di musica dedicata ai generi metal e rock, una casa di produzione cinematografica, una galleria d’arte,una discoteca e altri spazi creativi e per il tempo libero. La scorsa estate è stata completata l’aggiunta di cinque piani in cima all’edificio, che ora è alto 58 metri, e sono state aggiunte le due scale esterne: il progetto è costato circa 100 milionidi euro.

Sulle terrazze di questi piani superiori sono state piantate circa 23mila piante,tra le quali 4.700 alberi: una specie di giardino pensile in cui il verde crea, soprattutto se visto da lontano, un contrasto netto con il grigio del Bunker. Dall’alto si ha una vista di tutta Amburgo, dal centro storico fino alle imponenti gru del porto. Le scale esterne, anche queste costruite in cemento, consentono alle persone di girare intorno all’edificio fino a raggiungere il nuovo tetto del Bunker, su cui c’è un giardino.

Mappa con la dislocazione delle Flakturm

L’accesso è libero e gratuito, ma per salire le scale bisogna passare dei controlli di sicurezza. Negli ultimi cinque piani sono stati aperti due bar, un ristorante,una sala concerti e un hotel gestito da Hard Rock con 134 camere: a luglio, poco dopo l’apertura, un giornalista del Financial Times ci ha soggiornato e ne ha raccontato lo «stile industrial chic, con tubature a vista e bagni in cemento spatolato, abbinato a un arredamento colorato a tema musicale»: un omaggio alla grande influenza musicale della città. Una camera doppia costa tra i 200 e i 300 euro a notte.

Oltre alla sua stessa struttura, oggi nel Bunker non rimangono molte testimonianze evidenti dell’utilizzo fatto durante la Seconda guerra mondiale, a eccezione di alcuni cartelloni che, in quello che una volta era l’ultimo piano, raccontano la storia del luogo. Alcuni ritengono necessario problematizzare e ricordare questo passato, e infatti c’è un piano per creare uno spazio dedicato alla memoria delle vittime del regime nazista (solo nel campo di concentramento di Neuengamme morirono oltre 40mila persone) e in particolare dei lavoratori morti per costruire il Flakturm IV.

Già solo il fatto di aver reso un rifugio antiaereo della guerra un luogo di incontro e scambio culturale viene comunque considerato un successo dalla maggior parte delle persone che ci vivono intorno.

Sempre che in futuro non debba esserne ripristinato l’utilizzo originale, visto che il governo tedesco sta facendo un censimento dei bunker in cui i cittadini potrebbero ripararsi in caso di attacco.