SAGGI

I forti austriaci dell’era Conrad: progetti e realizzazioni 1907 – 1914

1. La funzione strategica del Sudtirolo fino al 1860

A partire dall’età medievale, con la costruzione dei primi castelli in Trentino, iniziò la funzione strategica del Sudtirolo quale punto di passaggio tra l’Europa orientale ed il bacino del Mediterraneo. Con l’introduzione delle prime armi a fuoco nell’età moderna, i castelli non ebbero più nessuna funzione difensiva dato che le loro murature non potevano resistere ai primi proiettili d’artiglieria.

Il superamento della funzione difensiva dei castelli nel Trentino risale al 1703 con l’occupazione delle truppe francesi del generale Véndome. Durante il periodo napoleonico l’ispettore generale del genio, l’arciduca Giovanni, con uno suo Stato Maggiore, elaborò un piano di difesa per l’impero asburgico che non prese in considerazione il Sudtirolo.

I primi provvedimenti  per la difesa del Tirolo vennero presi a partire dal 1830 con l’inizio dei lavori di costruzioni del Quadrilatero.

Soltanto dopo infinite discussioni fu possibile la costruzione degli sbarramenti di Fortezza (1833 – 1838)[1], posta a controllo della Val Punteria e di Nauders, posta a difesa della Valle dell’Inn (1837 – 1841). Secondo l’opinione condivisibile di Rainer, “il contributo più importante dell’Austria al sistema di sicurezza e di fortificazioni dopo il Congresso di Vienna, fu la costruzione del quadrangolo di fortezze nell’Italia settentrionale progettato contro i movimenti francesi e più tardi anche contro quelli italiani ( il “Quadrilatero” Verona, Peschiera, Mantova e Legnago), nonché la Franzensfeste – Fortezza di Francesco, la quale doveva sbarrare l’accesso al Brennero e allo stesso tempo anche attraverso la Val Punteria l’accesso alla Carinzia[2].

Per meglio comprendere l’importanza e la sua funzione strategica, basti citare i costi per la costruzione di Franzensfeste, 2.6000.000 gulden (fl) una cifra enorme per il bilancio dell’Impero.

Franzensfeste era costituita da due corpi di fabbrica separati: il forte principale sul fondo della Valle dell’Isarco e quello superiore, detto anche “cittadella”, sito a 80 metri circa di dislivello su un dosso naturale della montagna, verso occidente ed in una posizione dominante. Le due parti dell’opera erano collegate da una scala sotterranea  di 452 gradini, scavata nella roccia. L’intero complesso era costituito da una serie di casermette affiancate e sovrapposte, a prova di bomba, in grado di ospitare 1.200. uomini, mentre in tempo di pace, l’opera era presidiata da soli 70 uomini di guarnigione e di piazzole per 130 pezzi d’artiglieria[3].

Questa tipologia di opera fortificata era assimilabile alle cittadelle, fortificazioni molto grandi che dalla metà dell’ottocento non vennero più costruite dati gli elevati costi e la vulnerabilità alle artiglierie allora in uso. 

Dopo la guerra del 1848, i comandi militari austroungarici dovettero apportare modifiche al sistema difensivo, dato che con lo sfondamento delle linee nel Tonale di formazioni irregolari lombarde, si capì che le fortificazioni fino ad allora erette erano insufficienti.

Per ridurre i pericoli di una futura invasione del Sudtirolo, il comando della difesa territoriale di Bolzano, con appositi decreti, ordinò di rendere più sicuri i confini con il Lombardo – Veneto tramite costruzioni fortificate nelle zone di confine come il Pian delle Fugazze, attorno alla città di Trento e al Passo del Tonale.

Il primo piano difensivo che esaminò in modo dettagliato il Trentino fu quello steso dal generale Johann Karl Huyn[4] il 31 agosto 1859. Il corposo documento, chiamato Denkschrif, per la prima volta partendo dallo studio del teatro geomorfologico della zona di confine tra il Trentino e il Lombardo – Veneto, individuò le zone dove si potevano erigere delle fortificazioni[5].

Così Bardelli parla del documento del generale Huyn: “La mente di questo piano fu il Generale Maggiore Huyn che con una squadra di valenti topografi, genieri come 50 anni prima l’arciduca Giovanni, condusse una serie di dettagliatissime ricognizioni sul posto e le cui conclusioni furono riportate in un ricco e voluminoso Denschrift datato Bolzano, 31 agosto 1859. Fanno la loro comparsa per la prima volta i rilievi a linee orizzontali (curve di livello).

Questo memoriale individua con precisione 11 porte di accesso principale che andranno subito fortificate e sono partendo da nord: Tubre, Trafori, Ossana, Tonale, Strino, Mostizzolo, Rocchetta, Buco di Vela, Loppio, alto Garda, Lardaro e Ampolla.

In un secondo tempo dovranno rinforzarsi le linee più arretrate individuate nei seguenti luoghi: passo Palade, Mendola, Madonna di Campiglio, Molveno, passo Bollino. Questo studio non si sofferma solo nell’esatta indicazione sulle carte e sui rilievi topografici dei punti da fortificarsi ma fornisce talvolta, allegato ad ogni capitolo che tratta specificatamente la singola vallata, forma e dimensione delle opere da progettarsi.

In questo piano troviamo quindi un abbozzo di “abaco” dei tipi da impiegarsi nella varie situazioni. La forma base di partenza in pianta è il cerchio che innalzato diviene torre, torre di massimiliana memoria. Il riferimento a noi più vicino ed evidente è il forte Wohlgemuth di Rivoli.  Il generale Huyn non rimane comunque prigioniero della forma circolare e pur partendo da essa propone delle soluzioni più articolate: a ventaglio (Strino, Ossana), ad “L” con teste arrotondante a semicerchio (Lardaro). Queste soluzioni troveranno in parte conferma, con l’apporto di qualche modifica, nelle successive realizzazioni[6]

L’armamento delle fortificazioni in esame consisteva di 4 cannoni da 12 cm M 61 per la difesa frontale e 4 pezzi d’artiglieria da campagna da 10 cm M 63 per la difesa ravvicinata in casamatte: il loro campo di tiro, vista la loro collocazione in feritoie, era di 46º.   

 

2. Le opere fortificate in Trentino e lo stile Vogl 1860 – 1904

Con la fine della 3ª Guerra d’indipendenza e la perdita del Veneto da parte dell’Austria – Ungheria, il Trentino divenne una regione di confine.

Tale mutamento fece in modo che la regione Sudtirolese venne a rappresentare il principale baluardo difensivo e offensivo dei confini meridionali dello stato Austro - Ungarico.  Il fautore di un nuovo ruolo strategico per il Sudtirolo fu l’allora comandante della difesa territoriale, feldmaresciallo Franz Kuhn von Kuhnenfeld: a partire dall’agosto del 1866 aveva scritto in un voluminoso memoriale, le proprie opinioni riguardanti le potenzialità del nuovo quadro geopolitico susseguenti alla sconfitta di Königgratz.

Il generale Kuhn, fu il primo sostenitore dell’importanza del Sudtirolo quale base di partenza per un’azione offensiva verso l’Italia, idea che venne presa a prestito anche dal suo successore Conrad.  Quindi: le opere fortificate avrebbero rappresentato sia punti di difesa sia un luogo di deposito per le truppe che dovevano attaccare l’Italia.

Per la realizzazione del pianto operativo, che prevedeva anche un attacco verso la Russia, dovevano esser realizzate oltre 30 fortificazioni al confine con l’Italia (dallo Stelvio sino a Cortina d’Ampezzo). Inoltre Trento doveva diventare una città fortezza e dovevano esser costruite nuove difese all’interno del campo trincerato di Bressanone. Infine gli sbarramenti già costruiti nel periodo 1860 – 61 dovevano esser riammodernati[7].

Un passo in avanti nello sviluppo dell’architettura militare austroungarica si ebbe negli anni ’80 dell’800 con la costruzione dei forti “stile Vogl”. Il progetto, ideato dal colonnello del Genio Julius Vogl, divenuto poi direttore delle costruzioni del Sudtirolo, portò innovazioni sia sul campo architettonico che strategico.

 Le caratteristiche delle opere Vogl, chiamate anche “Gebirgsfort”, vengono così riassunte da Bardelli: “La nuova potenza di fuoco messa in campo dalle artiglierie abbiamo visto obbliga una risposta che registra, almeno in termini quantitativi, un impressionante salto di scala nelle soluzioni finali adottate. Il parametro dimensionale è, infatti, il più evidente, che porta generalmente ad un raddoppio delle strutture, nonché degli sviluppi in pianta ed in alzato. Seppur più compatti, i forti di questo periodo, hanno ingombri medi di larghezza /lunghezza di 40/50 mt. Fino ad allora i forti in stile trentino raggiungono i 20/30 mt. con profondità del corpo di fabbrica molto contenute (10 – 15 mt.).

In verticale la complessità delle relazioni interne con le nuove funzioni obbliga a raddoppiare anche i livelli; scelta questa che non va comunque a scapito dei bassi profili esterni, di fatto, sempre più interrati per defilarsi dal nemico. L’aumentata specializzazione interna che fa del forte una complessa macchina porta, accanto ai soliti vani che oggi definiremmo tecnici. Ciò si riflette con nuove figure e mansioni all’interno della guarnigione: telegrafisti, macchinisti, addetti ai riflettori. Guarnigione che passa da un numero medio di 50 – 70 uomini ai 150 – 200 di questa fase[8].

In merito alle innovazioni che lo stile Vogl apportò nelle costruzioni fortificate Bardelli distingue tre fasi delle opere Vogl: “

a.        il primo legato al forte San Rocco, vero prototipo per quelli che seguiranno, tipica opera di transizione con presenza di elementi legati alla fase coeva (1882). Costruito in piena epoca “leggera”, anticipa di circa un decennio la nuova fase confermando come l’ambiente montano e quello Trentino in particolare sia terreno fecondo di sperimentazione (vds. prime cannoniere di Civezzano).

b.       il secondo tipo, di fine anni ’80, coincide con lo sbarramento di Tenna, dove nella soluzione in pianta spezzata su due o tre ali tendente al ferro di cavallo ripropone il concetto difensivo, seppur a scala dilatata, del sottotipo trentino a. dei forti precedenti. Resistono alcuni elementi come la saponiera in pietra per il tiro di fiancheggiamento di forme composite: bilodate, circolare, a triangolo…la parziale copertura in terra della sommità, la corte aperta all’entrata (Tenna). Un caso a parte il forte Corno di Lardaro che, ancorato ad uno sperone roccioso aggettante sulla valle, si modella completamente ad esso riproponendo l’anarchia in pianta dell’antica architettura castellana.

c.       il terzo momento quello della fase matura, di fine anni ’90 primi anni del nuovo secolo, si consolida in forme sempre più raccolte e regolari tendenti al quadrato. Spariscono le corti aperte interne all’opera o addossate e cinte da muri troppo esposte al preciso tiro delle artiglierie. Le saponiere vengono sostituite da cofani corazzati, muniti in genere di una o due mitragliatrici, staccati sempre più dalla costruzione principale uniti a questa con lunghi corridoi/Poterne a prova di bomba (cfr. Dossaccio, Strino)[9].

Nel periodo 1900-1905, il Parlamento stanziò  6.86.000 corone (K) per le fortificazioni mentre 14.000.000. K per l’armamento. In quegli anni ci fu una diminuzione verso i forti di 10.00.000. K. il 30% del totale[10].

A causa della situazione militare e politica, che nel corso degli anni era mutata, il programma sviluppato dallo Stato maggiore imperiale prevedeva come provvedimenti urgenti il rafforzamento del confine di sud – ovest, valeva a dire il Tirolo ed il porto di Cattaro. All’interno del territorio tirolese, erano previste opere a Trento, Riva ed al Tonale, una nuova costruzione a Fortezza e, a partire dal 1907, il completamento di uno sbarramento a Cortina che doveva fungere da punto di sostegno per la difesa attiva. Per la difesa di Cattaro si doveva rafforzare il fronte a mare e la sicurezza degli impianti marittimi presso Teodo. La somma prevista di 20.500.000 di corone era così divisa: 8.800.000 per il fronte galiziano, il Tirolo 3.600.000 di corone e 6.000.000 per Pola e Cattaro; nonostante il programma la riduzione della spesa era stata del 20% in Galizia, del 40% per il Tirolo e della zona costiera del 54%[11].

Alla fine del 1904, fu studiato un programma per i successivi 10 anni, considerando come la cosa più urgente il rafforzamento delle difese di sud-est, e, in secondo luogo della zona di Cattaro. Per il Tirolo, i punti importanti da fortificare erano Trento, Riva, Tonale, Fortezza e dal 1907 venne previsto anche uno sbarramento a Cortina.   

 

3. I progetti e la realizzazione dei forti corazzati “Conrad” 1905 – 1915.

Con decreto imperiale, il 18 novembre 1906, veniva nominato Capo di Stato Maggiore di tutte le forze armate di terra dell’Austria - Ungheria il generale Franz Conrad von Hötzendorf. Nella primavera del 1906 era spuntata la sua candidatura per sostituire il generale d’armata, barone Beck, che reggeva il comando da un quarto di secolo. Il nome di von Hötzendorf era appoggiato dall’erede al trono Francesco Ferdinando che si era reso conto delle grandi capacità del generale durante le manovre imperiali del 1905 nel Sudtirolo, dove Conrad comandava la fazione che doveva penetrare nel sud della regione. In quell’occasione anche l’imperatore Francesco Giuseppe[12] rimase molto impressionato da Conrad. Il rafforzamento delle fortificazioni situate lungo il confine meridionale del Tirolo testimoniò il sospetto da lui nutrito nei confronti dell’Italia, oltre che la sua antica passione per l’artiglieria da montagna (già manifestata in un suo studio intitolato Zum studium taktik del 1891)[13].

Nel 1906, quando il generale Conrad divenne Capo di Stato Maggiore dell’esercito, circolava tra i circoli di potere la convinzione che l’impero Austro – Ungarico stesse gradualmente per dissolversi; quindi per evitare ciò si doveva dare nuova linfa al sistema politico. Due problemi si dovevano risolvere: la posizioni dell’Ungheria all’interno della monarchia e la Russia che, dopo aver perso la guerra contro il Giappone, avrebbe cercato nuovamente di rinforzare le influenze sui Balcani, dato che era in buoni rapporti con la Serbia.

In questo quadro politico, avvennero alcuni cambiamenti all’interno delle alte sfere politiche e militari della monarchia. Venne sollevato dall’incarico di primo ministro ungherese, il generale Fejervay, a seguito del patto tra la monarchia asburgica per l’aumento del contingente annuale di reclute e per la soluzione della lingua da adottare nell’esercito comune[14].

Il nuovo primo ministro fu il liberale Wekerle. Poi fu sostituito il ministro comune della guerra Pitreich. Queste nuove nomine in Ungheria non furono molto importanti per i tempi futuri. Mentre delle altre nomine in seno al governo di Vienna portarono veri e propri cambiamenti.

Il 3 giugno, il barone Max Vladimir Beck, per alcuni anni consigliere civile di Francesco Ferdinando, diventò primo ministro dell’Austria. Il 24 ottobre il conte Galuchovskij fu sostituito dal conte Alios Lexa Aehrenthal al Ministero degli Esteri e il General der In fanterie barone Franz von Schönaich, considerato un uomo forte, prese il posto di Pitreich al Ministero della guerra. La serie di nuove nomine si concluse con l’incarico di Capo di Stato Maggiore conferito in novembre al Feldmarschalleutmant Franz Conrad von Hötzendorf, che subentrò a Beck[15].

Come fa notare giustamente Rothenberg, queste nuove nomine, in particolar modo quella di Conrad, erano state volute dall’erede al trono, Francesco Ferdinando. Da quel momento Francesco Ferdinando divenne il maggior responsabile della politica militare dell’impero. Attorno a lui ebbe uno Stato Maggiore che entrò in “rivalità” con la cancellerie militare dell’imperatore.

Le idee militari dell’erede al trono erano diverse da quelle offensive di Conrad Francesco Ferdinando, pur non amando la Francia. La Casa Savoia e la Russia, era contrarie a qualsiasi attacco preventivo, mentre le sue preoccupazioni furono rivolte all’Ungheria. A partire dal 1906, i sentimenti ostili che l’erede al trono nutriva per i magiari, sostiene Rothenberg “erano ormai diventati un’ossessione che improntava di sé ogni suo pensiero e ogni sua azione: questo suo atteggiamento si palesava tanto nelle piccole che nelle grandi cose.

Francesco Ferdinando considerava l’esercito prima di tutto uno strumento contro “il nemico interno”, che una volta indicò in “ebrei, massoni, socialisti e ungheresi”, e ritenne sempre che una rivoluzione fosse di gran lunga più verosimile che una guerra con un nemico straniero[16].

L’esercito austroungarico, quando assunse il comando Conrad non si trovava in ottime condizioni.  Il materiale d’artiglieria era antiquato ed il continuo ostruzionismo degli ungheresi non faceva altro che peggiorare la situazione. In una lettera che il Capo di Stato Maggiore inviò all’amico Feldmaresciallo Auffenberg nei primi mesi del 1907, così parlava della situazione dell’esercito imperiale: “Quando ho assunto la mia carica attuale; sapevo che l’esercito era in un cattivo stato, ma non aveva assolutamente idea fino a che punto davvero lo fosse[17].

Dal 1905 al 1907 ci fu una diminuzione dei fondi destinati all’esercito, si passò dal 13,2% del totale dell’intero bilancio della monarchia al 12,2% del 1907. Pur  con una netta diminuzione di soldi per la difesa, Conrad riuscì ad ottenere uno stanziamento straordinario di 13.752.755 corone per l’acquisto di nuovi mezzi per l’artiglieria e per il suo pallino, vale a dire le fortificazioni di confine.   

Sempre parlando di cifre, basta fare un confronto con il bilancio per l’esercito nel 1905 ammontava a 308.009.175 corone mentre nel 1909 era di 322.000.000, con un aumento che come ribadì Rothenberg “un incremento, certo, ma molto modesto rispetto agli sforzi fatti dalle altre potenze europee. Allo stesso tempo, il numero di reclute -  e quindi la dimensione dell’esercito – rimase fermo a 126.000 unità annue, in virtù del limite imposto dalla cifra fissata nel 1889.

Come risultato, le unità attive dell’esercito erano notevolmente sotto organico e ogni mobilitazione portava nell’esercito un gran numero di riservisti scarsamente addestrati e persino reclute senza addestramento[18].

Conrad fin dai primi tempi del suo incarico fece tutto il possibile per migliorare l’esercito austroungarico nei suoi punti deboli che si erano evidenziati nell’ultimo periodo di comando di Beck. I cambiamenti apportati da Conrad, pur con le poche risorse finanziarie che poteva disporre, riguardarono la struttura di comando, l’addestramento, la dotazione di materiali e l’organizzazione della forza armata.

Conrad per quanto riguardò la struttura del comando nominò ad ogni singolo generale ispettore dell’esercito, che in caso di guerra avrebbe comandato un’armata, uno Stato Maggiore, inoltre propose il limite per il pensionamento a 60 anni; proposta che trovò molte critiche da parte degli alti ufficiali.

Oltre a ciò, il nuovo comandante per aumentare l’efficienza degli ufficiali di Stato Maggiore “Conrad esigeva che i suoi ufficiali si preparassero fisicamente e trascorressero regolarmente dei periodi in servizio nelle truppe della loro arma di origine, e trasformò le escursioni annuali dello Stato Maggiore in vere e proprie esercitazioni fisiche. Tutto ciò generò ostilità, non solo presso il Ministero della Guerra, ma anche fra i ranghi del Corpo di Stato Maggiore[19]

L’armamento sia individuale che le artiglierie allora in uso erano alquanto vecchie ed antiquate, così grazie ad un po’ di fortuna, Conrad ottenne i  nuovi cannoni modello 1905 e a partire dal 1906 iniziò un programma per lo studio e la successiva produzione da parte dell’industria Skoda di un obice da 305 mm che venne prodotto a partire dal 1911.

Anche Rothenberg, parlando dell’artiglieria fa un cenno alla fortificazione permanente “Conrad esercitò una costante pressione per ottenere cannoni più pesanti, sia per il riarmamento delle nuove fortificazioni necessarie per il Tirolo, sia per abbattere i forti italiani che sbarravano la strada verso la pianura padana[20].

Il primo documento steso da Conrad, quando nel 1905 era comandante dell’VIIIª divisione di fanteria di Innsbruck, fu lo Studie üeber Sudtirol.

Da qui ha senza dubbio inizio la nuova fase fortificatoria in Trentino, zona che ai limiti meridionali dell’Impero, acquistò importanza e fama nelle strategie di difesa complessiva[21]

Il documento, dopo una premessa, nella quale si analizzava l’opportunità o meno di un attacco preventivo, si studiavano due ipotesi: la prima consisteva in un attacco di sorpresa all’Italia tramite un’offensiva che partendo dal Tirolo raggiungeva l’Isonzo, mentre la seconda soluzione consisteva in un arretramento delle truppe imperiali dal saliente trentino, per fare in modo di accorciare le varie linee difensive. In entrambe le soluzioni, Conrad poneva come misura fondamentale per l’attuazione della sua strategia era fortificare il trentino, data la sua importanza geostrategica, però tale soluzione avrebbe comportato un enorme sforzo finanziario. Dopo queste considerazioni, il generale Conrad al termine di questi prima parte introduttiva del documento, sosteneva come unica via praticabile per lo sviluppo del suo piano strategico la difesa estrema della regione del Sudtirolo e quindi di una sua fortificazione[22].

Un’attenta lettura del documento, sostiene Bardelli, “sembra quindi parzialmente sfatare quanto riportato da vasta letteratura su una iniziale volontà del feldmaresciallo di un’offensiva verso l’allora alleato italiano per fare posto ad un ragionamento di ben altro respiro e molto più articolato[23].

Il Capo di Stato Maggiore, riprendendo alcuni concetti già sviluppati da precedenti studi di Huyn  Salis von Soglio e Vogl, ribadiva l’importanza di trattenere il nemico ai confini mediante opportuni sbarramenti e, con un’efficace rete di comunicazioni interna, organizzare il contrattacco.

Passava poi in rassegna le opere da costruire nel Sudtirolo:

“-   Tonale, completamento anche con chiusura della via Pezzo – Cogolo;

-          Lardaro, Blockhaus al Doss dei Morti e tutti a prova di bomba per i vecchi forti;

-          Riva, nuovo forte Tombio e posto osservazione sulle alture vicine (Rocchetta) e nuovo forte Brusson a nord di Drena;

-          Val d’Adige nuovo forte Gatter nw di Oldeno e Blockhaus alle spalle dello Scannucchio;

-          Lavarone nuovo forte e strada della Fricca, Blockhaus al passo Eichberg (m. Rover);

-         Valsugana modernizzazione dei forti Tenna e C. delle Benne, Blockhaus sul Selvat e sulla Panarotta a chiusura del Vetriolo.

-         A nord di Trento la rimessa in ripristino del forte Rocchetta e un nuovo forte sopra Denno”[24].

Per quanto riguardava la piazzaforte di Trento, si pensò di riammodernare e riarmare i forti già costruiti escludendo la loro demolizione. Le questioni prioritarie rimanevano però altre alle opere sopra elencate, la costruzione di un nuova strada in Valsorda e Lavarone e relativi nuovi forti. Altre strade da costruire o da ampliare erano: Vigolo Vattaro – Lavarone, Lavis – Modrano, Faedo – Cembra, Cembra – Baselga di Pinè, Zambrano – Terlago – Vezzano, Molveno – Nembia, Trento – Bondone, Salorno – Anterizzo[25]

Oltre a ciò, Conrad dispose le truppe in modo nuovo affinché esse fossero ben addestrate all’ambiente montano e fossero raggruppate in compagnie al cui interno fossero rappresentati i vari reparti (Genio, Fanteria, Artiglieria).

Per il Trentino Conrad propose addirittura compagnie miste formate cioè da italiani e tirolesi, dimostrandosi in questo modo di vedute estremamente aperte. Ed era solito citare ad esempio il corpo degli Alpini.

Conrad, nella parte dedicata alla descrizione delle fortificazioni che lui propose, sosteneva che le moderne opere corazzate dovevano resistere alle moderne artiglierie, inoltre dovevano essere autonome in modo che potevano resistere per lungo tempo in caso di un prolungato attacco avversario. L’armamento in cupola corazzata girevole  doveva essere sia con obici che da cannoni e mitragliatrici. Oltre al blocco delle batterie,  ci doveva essere un fortino avanzato, detto controscarpa, che assieme al fronte di gola doveva resistere ad un bombardamento dai cannoni da montagna e di medio calibro.

Il sistema fortificato progettato da Conrad doveva esser finito già nel periodo di pace, per essere utilizzabile quando scoppiava un conflitto[26].

La difesa attiva elaborata dal Capo di Stato Maggiore poggiava sulle fortificazioni dei confini sud-orientali. In quei settori era stato ipotizzato lo scontro decisivo con le forze italiane. Dopo una strenua resistenza italiana, il primo attacco nemico avrebbe dovuto dividere gran parte delle forze avversarie dislocate tra Piave e Tagliamento[27].

Secondo l’analisi geografica delle varie vie di penetrazione da occidente e da meridione, già sufficientemente protette, le altre vie d’invasione dovevano esser rafforzate se non progettate nuovamente. I piani operativi erano stati progettati l’Italia aveva iniziato lavori di fortificazione in alcune zone (Altipiano di Asiago, Valsugana, Val d’Adige), dove fino ad allora l’Austria – Ungheria non aveva fatto nulla in merito. Oltre agli Altipiani Trentini, secondo gli intendimenti dello Stato Maggiore imperiale, si doveva ridefinire il ruolo strategico della piazzaforte di Trento, no più un campo trincerato di stile ottocentesco, oramai superato, ma una moderna cintura, dotata di fortificazione capaci di poter resistere alle nuove armi del novecento. Per poter realizzare questi progetti, dopo alcune insistenze da parte del generale Conrad, venne convocata la Commissione imperiale per le fortificazioni, dove il capo di Stato Maggiore espose le sue proposte. Tali soluzioni non vennero accettate, dato l’elevato costo che non poteva esser sostenuto dall’erario, però venne deciso di costruite opere difensive nella zona di Lavarone e di Grigno in Valsugana[28].

Nel luglio del 1907 venne istituiva a Trento una Commissione di difesa, con il compito di individuare, dopo aver eseguito alcuni sopraluoghi le zone dove costruire alcune fortificazioni. Di tale organo militare fecero parte l’Ispettore generale del genio, generale Egmund Geldern zu Arcen, il feldmaresciallo Eduard Beschi, Ispettore dell’artiglieria da fortezza, il generale Ernest Hugetz, comandante della fortezza di Trento e il generale Rudolf Langer, rappresentate dello Stato Maggiore. Al termine dei lavori, vennero redatti rapporti che poi furono raccolti in studi che riguardarono la fortificazione dell’Altipiano di Lavarone, la ridefinizione della fortezza di Trento, il completamento dello sbarramento della Val d’Adige ed infine lo sbarramento della Valsugana.  

Il protocollo finale della Commissione, che si chiuse il 18. 7. 1907., riporta, come conclusione, la sintesi dei costi così preventivati e ripartiti:

1.   Lavarone                                                                                                             corone 3.445.000.   

1.      Gatter (Garniga)                                                                                                  corone 2.154.000

2.      Grigno                                                                                                                 corone 6.213.000.

Totale                                                                                                             corone 11.812.000[29].

Si fece l’ipotesi alternativa di costruire lo sbarramento di Grigno in quel di Tenna; la spesa totale si sarebbe così ridotta in modo drastico: 1.212.000 corone per Tenna contro le  7.311.000K per Grigno[30].          

Inoltre, se si ritenevano necessari i lavori per la cintura di Trento, la somma da stanziare subito era di 321.300 corone.

Un documento molto importante per lo sviluppo dell’attività fortificatoria in Trentino, fu una relazione del 16 ottobre 1907. Questo documento, redatto dopo una serie di nuove ispezioni nelle zone dove dovevano venir erette le fortificazioni contiene innovazioni che riguardano la difesa della zona di Lavarone e Vezzena, con le fortificazioni a Oberleiten nelle vicinanze dell’abitato di Lavarone ed un’altra al Basson. In questo documento non si analizzò il settore di Folgaria, perché gli alti comandi austriaci non avevano ancora considerato l’importanza geostrategica della zona[31].

Le conclusioni di questo documento vennero successivamente modificate, dato che non venne costruito nessun forte a m. Rust e la posizione venne sostituita da Gschwendt o Oberleiten, mentre il Basson con Cima Campo di Luserna.

Con la ridefinizione delle nuove posizioni dove costruire i forti, per la prima volta venne analizzata la zona di Folgaria e si individuò il punto debole di possibile invasione nel settore occidentale della zona di Lavarone: se l’Italia avesse conquistato il territorio compreso tra i Fiorentini e Sella Girardi, venivano compromesse le comunicazioni verso Folgaria che quindi doveva essere fortificata[32].      

Questa considerazione, che metteva in gioco la validità del sistema difensivo, non passò inosservata agli occhi di Conrad, in quegli anni grande sostenitore della costruzione delle fortezze. Egli sosteneva che, per la difesa del settore di Folgaria, si doveva costruire una fortificazione a Sommo Alto.

Conrad, a termine del suo viaggio in Sudtirolo, suggeriva che i lavori di fortificazione seguissero il criterio qui di seguito esposto:

“ a. I suddetti lavori devono corrispondere ad un’idea operativa globale, tener conto cioè delle probabilità di una guerra e nascere un progetto unitario e non come il risultato di una serie di interventi che si sommano anno per anno slegati fra loro;

b. si dovrò dare fondo ad un’unica consistente spesa rispondente ai bisogni effettivi e cono come fin qui avvenuto con un continuo lavoro di rappezzo (Flickwerk) dove alla fine, tirate le somme risulta anche essere più costoso;

c. tuttavia per contenere le uscite sarà opportuna una distinzione tra le opere permanenti (costruite da imprese esterne) e opere provvisorie o campali, e tra queste eventualmente anche le strade, quale completamento delle prime la cui costruzione può essere demandata al corpo dei pionieri. Si propone perciò che nell’ambito dei corsi formativi di tali truppe vi sia l’esperienza diretta sul campo con l’esecuzione di detti lavori dato che uno stato con un numero ridotto di forze deu Modus è adottato dallo stato italiano come aveva già evidenziato nello studio del 1905 gli obbiettivi della sua politica militare erano: 

-          la difesa attiva del Sudtirolo;

-          una grande offensiva che parta dal Tirolo verso l’Italia”[33].

Questo documento, come primo punto voleva rafforzare con nuove difese la città di Trento, perché le già presenti opere permanenti erette negli anni precedenti non erano più sufficienti, perché i pericoli derivanti dalle varie valli che confluivano nelle piana trentina erano aumentati. Per la realizzazione del secondo punto, non si doveva concedere al nemico zone di territorio, dal quale l’invasore poteva trarre vantaggio[34].

La funzione dei forti, fino ad allora costruiti, era di ostacolare l’offensiva nemica, per il tempo necessario per approntare una buona  difesa.

Conrad facendo riferimento all’impero austro-ungarico sosteneva che:

uno stato con scarse risorse deve prendere in considerazione quelle zone geografiche che gli consentano di costruire un gruppo fortificato in cui entrambi gli scopi siano presenti[35].

Per un attacco all’alleato italiano si doveva tener conto di due aspetti:

-          le truppe (quanto meno la fanteria e l’artiglieria da montagna) dovevano trovarsi per quanto possibile, alla minor distanza rispetto alle fortificazioni avversarie;

-         una volta messe a tacere queste ultime, si doveva aprire la strada al grosso delle truppe.

Il Capo di Stato Maggiore, cominciava quindi a trattare dei compiti che i singoli fronti fortificati dovevano svolgere.

Fronte ovest: tale settore non doveva partecipare all’offensiva principale condotta dalle forze schierate in Val d’Adige visto che questa era rivolta in direzioni sud-est ; il fronte aveva compiti di copertura alle spalle, per questo erano importanti i gruppi del Gomagoi e ancor più del Tonale. Sul Tonale erano in fase di ristrutturazione il forte Strino e in costruzione l’opera di Velon.

Gruppo Giudicarie - Riva: erano in costruzione il forte Tombio e la tagliata stradale staccata (Campo Pranzo) e in previsione il riammodernamento del gruppo di Lardaro.

Sbarramento Val d’Adige: ad esso era stata data particolare rilevanza in quanto la dislocazione delle forze presso Trento, pronte ad un’offensiva verso la Valsugana, Lavarone-Folgaria o valle del Sarca, era consentita solo se il nemico poteva essere efficacemente contrastato in Val d’Adige[36].

Il completamento dello sbarramento doveva rispondere ai seguenti requisiti:

1.        “dominio della valle, specie nella zona a sud di Acquaviva;

2.        controllo della discesa dello Scannucchio;

3.        adeguata risposta ad azioni nemiche in val di Cei;

4.      coinvolgimento del Bondone nel sistema difensivo attraverso la realizzazione di fortificazioni

Altopiano Lavarone - Folgaria: rivestiva particolare importanza data la sua posizione geografica. Posto tra la Valsugana e la Val d’Adige da cui si poteva, se dotato di fortificazioni e con buoni collegamenti con Trento, condurre azioni offensive nelle due direzioni. Esso chiudeva al nemico le vie d’accesso che dalla Vallarsa e dalla Val d’Astico conducono alla città di Trento e cosa importante, consentiva una controffensiva in queste direzioni”[37].

Per ottenere questi risultati i forti dovevano essere disposti in modo da impedire qualsiasi accesso al nemico e in modo da essere attrezzati come una piazza d’armi.       

A causa delle difficoltà finanziarie, queste costruzioni non potevano per il momento essere edificate. Lo sbarramento doveva quindi essere arretrato all’altezza di Levico dove già esistevano due opere permanenti (Tenna e Col delle Benne), da riammodernare. Si dovevano inoltre costruire altri forti a q. 1209 sul gradone Persico - Sella, sul Busa Grande, sul Panarotta e 2 Blockhaus al passo Vetriolo - Weitjoch[38]. Conrad concludeva la sua ampia relazione sostenendo che: “Bisogna adoperarsi con ogni mezzo affinché le fortezze del Sudtirolo siano concluse al più presto[39].

Un’importante ruolo nella struttura difensiva ideata da Conrad doveva assumere lo Sperre Grigno. Fin dal 1905 con lo Studie über Südtirol, il generale Conrad aveva capito che uno dei pericoli per lo stato asburgico poteva arrivare dalla Valsugana, visto che gli italiani con i primi lavori per la costruzione del forte Cima di Campo sopra Col Perer avevano fatto capire le loro intenzioni offensive verso la zona di Caldonazzo[40].

L’importanza che Conrad diede alle fortificazioni del Tirolo nel documento sopraccitato, non fu inferiore all’artiglieria, dato che solo attraverso artiglierie pesanti si potevano distruggere i forti italiani in corso di costruzione nella zona di frontiera. La corsa agli armamenti a livello europeo progredì molto più velocemente rispetto allo sviluppo architettonico delle nuove difese permanenti.

Benchè in concetti tattici di Conrad non dessero grande peso all’artiglieria, in questo caso il suo interesse era motivato dalla sua preoccupazione strategica di una guerra con l’Italia. Come comandante dell’8ª Divisione, egli aveva sollecitato con forza una più adeguata fortificazione del Tirolo meridionale, in modo da farne una base sicura per un’offensiva nella pianura padana.

Poco dopo Conrad era divenuto Capo di Stato Maggiore, una commissione nominata allo scopo di accertare lo stato delle fortificazioni in Tirolo sostenne con vigore le sue valutazioni in merito; grazie a finanziamenti speciali messi a disposizione nel 1907, furono avviate le opere per il riarmamento e, in taluni casi, per la ricostituzione dei forti di frontiera.

Ma dal momento che anche l’Italia stava potenziando le proprie fortificazioni, Conrad era impaziente di ottenere l’artiglieria pesante d’assedio per abbattere le nuove cupole corazzate e le casematte italiane[41].

Per tale motivo si dovevano effettuare nuovi lavori, dato che i forti Col delle Benne e Tenna, costruiti alla fine dell’800 erano oramai antiquati e non più adatti alle nuove armi in uso ai primi del ‘900. Per questi motivi, Conrad nel 1906 presentò un vasto programma di fortificazione che prevedeva anche alcune opere in Valsugana, due fortificazioni sul monte Cicogna e Picosta, una tagliata stradale a Grigno e un’opera nell’Altipiano della Barricata o in Val d’Antenne. In questo piano lo sbarramento di Grigno era uno dei primi provvedimenti da prendere in considerazione e faceva intendere che i pericoli dall’Italia potevano arrivare dalla Valsugana[42].

Il Capo di Stato Maggiore, preoccupato dei lavori di fortificazione italiani al confine ed anche delle fortificazioni ottocentesche di Primolano, oltre alle fortificazioni già esistenti, voleva rinforzare lo sbarramento “mediante l’approntamento di una batteria aperta di mortai da 24 cm. Il loro compito era di “far tacere” (!) i forti italiani di Primolano[43]. I lavori per il rafforzamento degli sbarramenti nel settore Brenta – Cismon furono interpretati dallo Stato Maggiore austriaco “come una provocazione e una iniziativa inequivocabilmente offensiva dato che esso si trovava soltanto a cinquecento metri dal confine di stato e bloccava non solo la Valsugana ma poteva dominare anche parte dell’altopiano della Barricata. Questa circostanza non può non essere sottolineata considerato che negli anni seguenti si assisterà ad una vera e propria corsa agli armamenti nel settore delle fortificazioni[44].

Nel 1907, quando venne riunita la Commissione imperiale delle fortificazioni, i membri dell’organo militare apparvero dubbiosi sulle decisioni da prendere per lo sbarramento di Grigno, dato che i progetti esistenti prevedevano un enorme spesa ed anche difetti strategici, dovuti alle posizioni dove erigere le fortificazioni. All’interno dell’organo ministeriale vennero fatte varie proposte, tra cui una che prevedeva la costruzione di opere a monte Cicogna e Picosta, mentre nel cosiddetto settore sud, dovevano essere eretti i forti Col Meneghini e Costa Alta[45].

Questa soluzione venne considerata dalla Commissione all’ultimo posto dei vari interventi da compiere, dato che i maggiori sforzi erano nel settore di Lavarone. Con i forti di Lavarone, lo sbarramento di Tenna oramai, inutile, poteva esser smantellato, data la sua inefficienza. Inoltre come punto di collegamento tra gli altipiani e la Valsugana vennero proposte un opera sul Panarotta, posizione molto elevata e due batterie d’artiglieria a Busa Grande e Weitjoch.

Con la nomina del generale Ernst von Leithner alla carica di ispettore generale del Genio, iniziarono i primi scontri tra lui ed il Capo di Stato Maggiore Conrad. Uno dei problemi di queste diverse vedute fu lo Sperre Grigno. Dopo le ricognizioni sui luoghi, il generale Leithner bocciò le proposte di Conrad sulle opere da erigere nell’altipiano della Barricata, dato che quella zona era facilmente controllabile dagli italiani appostati a Cima Campo, visto che la posizione italiana teneva sotto tiro l’unica via di comunicazione della vallata. Inoltre anche per le funzioni difensive lo sbarramento così come era stato progettato era inutile perché troppo arretrato.

Leithner, come ci fa notare Rosner “cercò infine di convincere Conrad del fatto che sarebbe stato un grave errore voler far tacere le fortificazioni nemiche per mezzo dei forti, come egli continuamente richiedeva, queste potevano infatti essere più agevolmente eliminate con l’impiego dell’artiglieria pesante[46].

L’idea proposta da Leithner ebbe la conferma con la guerra: il forte Verena venne messo fuori combattimento da un obice da 305 mm e non dalle artiglierie dei forti austriaci, incapaci di colpire con le loro artiglierie il “Dominatore degli Altipiani”.

La soluzione al problema Valsugana, non fu molto facile. Nel 1908 Leithner propose di sbarrare la vallata a Borgo, opzione che venne subito scartata per problemi dovuti alla situazione locale. Quindi nel 1910 venne deciso di erigere il forte Picosta.

Come si può capire un solo presidio, non poteva risolvere il problema della difesa di una valle. Nel 1913 furono iniziati i primi lavori per la costruzione dei forti Agaro e Cicogna, di una strada nell’altipiano della Barricata, nuove opere a Tenna, Panarotta e Busa Grande. Di tutte queste opere nessuna venne mai eretta a causa dello scoppio del conflitto, ma furono realizzate solo le strade d’accesso. I motivi dell’incompiutezza dello Sperre Grigno furono molteplici: scarse risorse finanziarie, diverse opinioni negli alti comandi militari etc[47].

Il 19 novembre 1907 l’ispettore Generale del Genio, scrisse una relazione nella quale formulava l’ipotesi di realizzare un forte presso Albaredo attrezzato con 4 torri per obici da 100 mm, e uno sbarramento stradale a prova di cannone da montagna armato di sole mitragliatrici a Moscheri. Le discussioni in proposito si protrassero e soltanto in seguito ad un’ulteriore ricognizione effettuata nella primavera del 1908 da Leithner e dall’ispettore generale dell’artiglieria, si definì la proposta di uno sbarramento da collocare all’altezza degli abitati di Valmorbia e Matassone, coadiuvato da un forte corazzato da costruire a Monte Zugna.

In questo periodo, Conrad fece la proposta relativa alla costruzione di un Blockhaus d’artiglieria sulla sommità del Pasubio dotato di 2 torri corazzate- Si trattò solamente di un’ipotesi che incontrò subito la netta opposizione del direttore del genio di Trento, colonnello Ernst Friedl, il quale riteneva questa conclusione troppo costosa e con eccessive difficoltà di carattere tecnico per la sua realizzazione[48].

Mentre fervevano i primi lavori per la costruzione delle fortificazioni negli altipiani trentini, ci fu la crisi dell’annessione tra il 1908 e il 1909 in Bosnia Erzegovina, periodo molto difficile per la monarchia asburgica. Grazie al carattere molto deciso Conrad riuscì ad ottenere nuovi finanziamenti sia per le fortificazioni che per l’istituzione di un nuovo corpo d’armata, il XVI a Ragusa, per disporre di una maggior dotazione d’artiglieria e per dare mitragliatrici alle unità di fanteria[49].

Dopo la fine della crisi nei Balcani ci fu un cambiamento all’interno dell’esercito nella composizione della forza armata. Fino al 1909 il nucleo fondamentale della forza armata imperiale era rappresentata dalla fanteria, il 70 % dell’intero esercito. Con la riforma passò al 68% sia per dare maggiore importanza all’artiglieria che passò dal 0,76% a 1%, ma secondo me anche perché l’artiglieria doveva esser utilizzata come forza militare di guarnigione per le nuove opere fortificate.

Con questa riforma “nel 1909 la composizione dell’esercito si era leggermente modificata. Mentre nel 1906 la fanteria costituiva ancora il 70 per centro dell’esercito, nel 1909 la sua percentuale era scesa a 68, e l’artiglieria era passata dallo 0,76 a quasi l’1 per cento. Ad ogni modo, l’esercito i. e r. rimase per lo più forza di fanteria, la cui linfa era costituita dai suoi 102 reggimenti di fanteria; dai 4 reggimenti di Kaiserjäger tirolesi, dai 26 battaglioni di Feldjäger e dai 4 reggimenti di fanteria bosno – erzegovese[50]

Secondo l’opinione del suo biografico Sondhaus “dopo l’insediamento di Conrad nella carica di Capo di Stato Maggiore, la crescita più significativa – in dimensioni e risorse – intervenuta nella forze armate interessò la Landwehr e la Honved. Se da un lato i parlamenti di Vienna e Budapest si opponevano energicamente agli schemi riguardanti un ampliamento dell’esercito regolare comune, dall’altro manifestavano l’interesse a finanziare il potenziamento delle forze di riserva amministrate separatamente dall’Austria e dall’Ungheria.

Conrad accrebbe la velocità d’impiego dell’esercito in vista di uno scontro con l’Italia – e più in generale sul fronte alpino – datando di uno speciale equipaggiamento un terzo reggimento di Landeschützen tirolesi e due reggimenti di Landwehr carinziano. Assieme ai due reggimenti Landeschützen similmente attrezzati all’epoca in cui Conrad prestava servizio ad Innsbruck, i quattro reggimenti Kaiserjäger ed il 14° (Alta Austria) Reggimento fanteria formavano, per una guerra alpina, una potente forza d’urto.

Anche nel caso dei tre reggimenti, la sostituzione delle uniformi e dell’equipaggiamento fu ultimata entro il 1906[51]

Nel settembre del 1909, il generale Leithner effettuò una ricognizione sul territorio della Val d’Adige e Vallarsa, indicando alcuni punti dove si dovevano edificare delle fortificazioni.

Quattro erano le località considerate:

-         Cornalè;

-         Serravalle;

-         Villetta presso Chizzola;

-         Matassone, in modo più esteso[52].

Nel settembre del 1909, il generale Leithner effettuò una ricognizione sul territorio della Val d’Adige e Vallarsa, indicando alcune zone dove si dovevano edificare le fortificazioni.

Per la zona della Val Lagarina, la posizione del Cornalè era favorevole per poter battere la stazione ferroviaria di Ala, mentre nelle vicinanze di Serravalle venne progettata una batteria con il compito di controllare chi proveniva dalla strada Chizzole – Cornalè. Inoltre con l’armamento disponibile si poteva battere la zona Santa Lucia – Villetta[53]

A completare lo sbarramento di fondovalle era prevista una tagliata stradale armata di 6 mitragliatrici che batteva il territorio tra Serravalle – Chizzola. Infine era stata anche proposta la costruzione di un osservatorio fortificato nella località di Sajori.

Per quanto riguardava la Vallarsa, fu identificato nei luoghi di Matassone e Valmorbia, il posto dover poter erigere un sistema fortificato date le sue caratteristiche strategiche e geografiche. Secondo questo studio, l’opera principale doveva essere Matassone, mentre dall’altra parte della vallata del Leno a Valmorbia doveva esserci un’opera complementare per attuare la cosiddetta difesa a tenaglia[54].   

Nel gennaio del 1907, venne convocata una Commissione con il compito di studiare la nuova sistemazione difensiva delle coste dell’impero asburgico. I punti più importanti della zona costiera  segnalati furono le bocche di Cattaro e Lussino (base per le operazioni avversarie contro Pola e Fiume). Lissa era il punto centrale fra il gruppo delle isole dalmate perché secondo gli alti comandi militari il pericolo che si doveva scongiurare era quello dell’interruzione dei collegamenti verso la Dalmazia del sud. Sebenico rappresentava il porto militare che fungeva da riparo e da base centrale della flotta imperiale.

Nella zona dell’Isonzo fu prevista la costruzione di alcune opere a Tolmino, Grätz Monfalcone e il completamento delle difese di Malborghetto e Predil. Tutte queste opere non vennero mai realizzate data la mancanza di finanziamenti statali. La città di Trieste doveva restare aperta, mentre data l’impossibilità di fortificare tutti i punti di sbarco, vennero rafforzate Pola e messe in stato di difesa Sebenico e Trieste mentre non venne preso in considerazione il rafforzamento di Cattaro perché troppo costoso[55].

Le nuove opere da eseguire vennero raggruppate in alcuni gruppi: il gruppo A comprendeva i lavori in fase di esecuzione e che dovevano proseguire nel 1907 con lo stanziamento di 2.500.000 di corone, che erano divisi in 900.000 per Cattaro, Pola e Lussina con 500.000; il gruppo B considerato molto urgente necessitava di una somma pari a 18.700.000 di corone per gli anni 1908 – 1911 che comprendeva le zone di Riva, Trento e Lussino[56]. Dopo la realizzazione di questo gruppo di opere si sarebbe passati al gruppo C con una spesa di 10.700.00 corone, suddivisa per Sebenico 4.300.000, Pola 2.700.000 e la modernizzazione dei forti di Lardaro e Gomagoi con 1.200.000 e 1.000.000 per Trento; ultimo gruppo era il D che prevedeva Trieste con 800.000 corone e la conclusione dei forti di cintura di Cracovia e Przemysl con 700.000 corone. La somma totale per la realizzazione di questo progetto ammontava a 33.470.00 dei quali 44.000.00 per l’armamento[57].

Le difese di Ragusa non vennero approntate, mentre venne mantenuto il forte imperiale egli sbarramenti di Flitsch, Cave del Predil e forte Hermann. L’ispettore generale del genio Leithner, prima della crisi in Bosnia – Erzegovina di quegli anni, aveva visitato i luoghi e redatto un memoriale dove individuava le zone che necessitavano di fortificazioni. Questo teatro operativo era considerato di secondo piano anche se necessitava in particolar modo di vie di collegamento ed impianti idrici visto che quelle zone erano prive di qualsiasi risorsa idrica. Leithner considerava importante il rafforzamento della fortezza di Sarajevo e Kalinovick come punto di deposito.

Il ministro della guerra  Franz von Schönaich in carica dal 1906, dopo aver ultimato le ricognizioni sul campo, ebbe un’idea precisa di provvedimenti da prendere in merito alle fortificazioni. Date le già note difficoltà finanziare dello Stato, il costo più elevato era per Sebenico con 50.000.00 per le costruzioni e 20.000.00 per l’armamento, seguiva il Tirolo con 25.490.00 di corone, la Galizia con 20.000.00, la Bosnia – Erzegovina con 18.600.00, Pola con 6.600.00, Cattaro con 2.800.000 e la Carinzia con 70.000 corone. In totale per la prima ipotesi la spesa era di 124.290.000 per le fortificazioni e 113.100.00 per l’armamento mentre per la seconda soluzione i costi erano pari a 152.900.000 corone[58].

I primi lavori di costruzione delle opere complementari, vale a dire strade, acquedotti ecc., iniziarono tra la primavera (per i forti di Luserna e Busa Verle) e l’autunno del 1908 (per lo sbarramento di Folgaria).

Per i forti Luserna, Cherle e Busa Verle era attiva l’impresa Emanuele Bompi, mentre i lavori preparatori per i forti Sommo Alto e Doss del Sommo furono concessi in appalto l’8 giugno 1908 alla ditta Westermann e Company[59]

Il caso del forte Cherle fu molto singolare dato che i lavori di costruzione della strada e delle baracche furono affidati ad una ditta locale, la Maso Valzagher di Folgaria; i contratti comprendevano non solo la costruzione degli oggetti fortificatori, ma pure i trasporti e i cosiddetti lavori minori o accessori - Nebenaurbeiten[60].

Nel giugno del 1909 furono anche avviati i lavori di costruzione dell’impianto idrico di Cueli concesso in appalto all’impresa Cellerin e Company di Vienna. Per la realizzazione di questo obiettivo di importanza fondamentale per le opere permanenti di questo settore. Il lavoro comprendeva la centrale di Cueli, vasche ed edificio di pompaggio, la stazione di malga Mora e 6908, 4 metri di condutture[61].

Tale impianto idrico fu fondamentale durante la costruzione dei forti di Folgaria – Lavarone il comando dell’impianto faceva capo al cantiere del forte Doss del Sommo. Vennero inoltre determinate le quote d’acqua che dovevano affluire dei vari cantieri:

per forte Cherle                                                                                                        mc 9

per forte Sommo Alto e Doss del Sommo                                                               mc 4 per ciascuno

cui corrispondeva la durata di attivazione delle macchine di pompaggio

pompe Cueli                                                                                     9 ore al giorno verso forte Cherle

                                                                                                         8 ore al giorno verso malga Mora

pompe malga Mora                                                                          6 ore al giorno[62].

Nel frattempo si stavano aprendo i primi tre grossi cantieri dei forti:

1) Luserna (15 luglio 1908), dove i lavori erano diretti dal capitano Eduard Lakom. Secondo il preventivo la spesa complessiva doveva aggirarsi attorno a K. 1.605.400, mentre, secondo il progetto di massima della direzione di Trento doveva essere di K. 1.090.000 corone; il costo definitivo fu di K. 2.259.658[63];

2) Busa Verle (22 ottobre 1908);

3) il cantiere del Belvedere (8 maggio 1909), diretto dal capitano Rudolf Schneider, fino al 1912 e poi dal capitano Edgar Weingaertner. Secondo una rigida normativa del Ministero della Guerra, la direzione di ciascun cantiere doveva essere affidata, da un alto ufficiale, in qualità di direttore dei lavori, a un capo cantiere militare, un sottoufficiale ed un pioniere della 5ª o 1ª compagnia con cambio trimestrale.

Inoltre ciascun cantiere doveva provvedere alle spese di sussistenza che furono così quantificate:

per i direttori dei lavori                                                                                                              K. 60

per il capo cantiere                                                                                                                     K. 30

per l’inserviente                                                                                                                          K. 6

per il riscaldamento della baracca di cancelleria                                                                        K. 11

per l’illuminazione del cantiere                                                                                              K. 120[64].

Un altro problema che si pose fin dall’inizio del funzionamento dei cantieri fu la fornitura di materiali e di vie di comunicazione con l’Altipiano. La fornitura di materiali avveniva tramite la stipulazione di contratti a lunga scadenza con alcune grosse imprese: la Perlmoos fu incaricata della fornitura di 4.000 tonnellate di cemento nei cantieri dell’Altipiano di Lavarone negli anni 1908 -1913,  mentre per la zona di Folgaria, per la fornitura di cemento e ferro fu incaricata l’impresa Salzberger[65].

Per quanto riguardava le vie di comunicazione, la direzione del Genio di Trento si accorse ben presto che l’unica via a disposizione, dalla stazione ferroviaria di Caldonazzo a Lavarone, non poteva bastare per completare i forti Busa Verle, Belvedere e Luserna entro i termini stabiliti.  Venne perciò decisa la costruzione di una teleferica da Caldonazzo a Monterovere, affidata all’impresa Eissler e Brueder, con un costo previsto di circa K. 200.000.

Contemporaneamente iniziarono i lavori per l’adeguamento della strada esistente pure affidata all’impresa Eissler e Brueder, sulla base di un preventivo di spesa di K.19.980[66]. Il 12 settembre 1910 iniziarono anche i lavori per la strada della Fricca, ma tale opera viaria contribuire all’aumento dell’afflusso di materiali in direzione dei cantieri solamente nell’ultima fase dei lavori (1913-14)[67].

Un altro problema fu il trasporto delle cupole corazzate, l’appalto venne affidato all’impresa Zontini per una somma di K.1.054.000, si provvide inoltre all’allargamento della strada Calliano – Folgaria nonché delle singole strade d’accesso ai forti. Secondo un’importante direttiva del Ministero della Guerra, i vari cantieri delle opere, dovevano ricevere, entro un anno dall’apertura dei lavori, un primo assetto difensivo per far fronte ad un eventuale scoppio delle ostilità.

Per tale motivo il cantiere doveva essere protetto da un piccolo campo trincerato e da cannoni da campagna da 9 cm M. 75/96; i direttori dei lavori dovevano inoltre redigere un piano di equipaggiamento dell’obiettivo loro assegnato. Generalmente i termini per le costruzioni non vennero rispettati. Lo sbarramento di Lavarone venne completato (eccetto l’opera dello Spitz Vezzena) solo negli anni 1912 -1913 (invece che nel 1911 come stabilito), mentre lo sbarramento di Folgaria venne terminato soltanto alla fine del 1914, due anni più tardi della data stabilita[68].

I primi lavori iniziarono a partire dalla fine del 1907 nelle vicinanze di Cima Campo di Luserna, che doveva ospitare un’opera fortificata. Le più moderne opere della cosiddetta cintura dei forti degli altipiani, erano quelle dello sbarramento di Folgaria, Cherle, Sommo Alto e Doss del Sommo.

Gli elaborati relativi ai tre forti dello sbarramento di Folgaria (Cherle, Sommo Alto, Doss del Sommo), furono sottoposti all’esame del Ministero della Guerra una settimana più tardi rispetto alla scadenza prestabilita, il 23 gennaio del 1909 (protocollo n. 114).

In questo periodo furono prese in esame tutte le condizioni materiali (approvvigionamenti idrici, collegamenti telefonici, materiali di costruzione, costi) per la costruzione dell’intero sbarramento di Folgaria, secondo le intenzioni del nuovo direttore del Genio, colonnello Ernst Friedl (il suo predecessore Oskar Guseck von Glankirchen a Innsbruck[69].

In luogo dei consueti preventivi sui costi si preferì fornire una stima sommaria calcolata in base agli stanziamenti assegnati a ciascuna opera, seguendo in questo modo un singolare principio suggerito nel Bericht del 19 novembre 1907 dall’Ispettore generale del genio von Leithner. Secondo tale principio,  per ciascuna cupola corazzata con obice andava calcolato un costo di K. 300.000, per ogni cannone in casamatta da 8 cm M 05, K. 150.000

Forte Cherle e impianto staccato                            K. 1.500.000.

Opera intermedia Sommo                                       K.    900.000.

Forte Serrada                                                           K. 1.200.000.

Impianti staccati, impianto idrico                            K.    4.00.000.

Totale                                                                       K. 4.000.000[70].

I tre forti dello sbarramento di Folgaria risentirono, nella loro concezione generale, dell’esigenza dettata da considerazioni di carattere economico, di un minimo distanziamento tra i singoli blocchi, a tal punto che una separazione tra il blocco delle casamatte e il blocco delle batterie venne del tutto eliminato a favore di un accentramento delle varie postazioni in un’unica costruzione. Tale esigenza fu destinata ad essere superata dalle stesse condizioni del terreno che tendevano a suggerire al contrario una certa articolazione dei singoli impianti[71].

Dopo il 1908, furono avviati gli studi per la realizzazione dell’ultimo grosso obiettivo fortificato previsto sugli altipiani, l’osservatorio Beobachtungsposten Vezzena. Nato dall’esigenza di collocare sulla cima una postazione d’osservazione di sostegno alle artiglierie e al tempo stesso un’azione diretta in Valsugana in collegamento con il sottostante forte Busa Verle, l’osservatorio era previsto sulla vicina cima dello Spitz Leve Levespitz e, solo all’inizio del 1910, dopo alcuni studi ai quali partecipò lo stesso capo della 7ª ripartizione del Ministero della Guerra Feldmaresciallo Alexander von Krobatin, si optò per lo Spitz di Vezzena[72].

L’apertura dei cantieri dei forti Busa Verle e Luserna permise alla direzione del Genio di Trento e ai vari organi competenti di raccogliere dati ed esperienze che risultarono poi assai preziosi tanto per la progettazione quanto per la costruzione dei successivi forti.

Per il dimensionamento del corpo delle casamatte si rivelarono di fondamentale importanza gli studi relativi alle sale macchine e agli accumulatori elettrici, proporzionati alla potenza necessaria ad alimentare i riflettori e le lampade interne, per la cui definizione fu decisivo il contributo del rappresentante del Comitato Tecnico Militare di Vienna, capitano Oktavian Kodolitisch e del direttore dei lavori dello sbarramento Bauleiter der Sperre, maggiore Emil Rohn von Rohnau[73].

Sempre seguendo l’esperienza accumulata nei diversi cantieri, nel 1909, in concomitanza con la stesura dei progetti dei forti di Folgaria di aumentare lo spessore delle coperture da 2.15 a 2.50 m,. queste erano inizialmente previste soprattutto in calcestruzzo grezzo e solo nel 1910 il ministero della guerra formalizzò definitivamente l’impiego per le spese fortificate a prova di bomba – fortifikatorische, bombensichere Aljekten del calcestruzzo. Esso raggiungeva lo spessore di 2.50 m nei punti più deboli fino ad un massimo di 5 m nelle coperture piane mentre le volte non dovevano superare 1.50 m di spessore[74].     

Il Luserna e i forti Spitz Verle e Busa Verle appartenevano alla prima fase delle opere volute da Conrad perché l’avancorazza era molto più debole rispetto a quella che venne utilizzata negli altri forti degli altipiani. Questo fu uno dei motivi dei gravi danni subiti da queste fortificazioni.

I lavori di costruzione delle opere di Vezzena, diretti dal capitano Eduard Lehmayer, terminarono nel 1913.

In quegli anni, oltre al Sommo Alto, fervevano anche i lavori anche del forte Cherle, sotto la direzione del capitano Eugen Luschinsky, al forte Belvedere, guidati dal capitano Rudolf Schneider, e al forte Doss del Sommo, diretti dal capitano Rudolf Mayer.

Gli ultimi forti, che erano sotto la giurisdizione della direzione del Genio di Riva, furono quelli del settore della Vallarsa dove secondo il progetto di Conrad, dovevano sbarrare la via verso Rovereto. A causa di discussioni tra il capo di Stato Maggiore e l’Ispettore generale del Genio. I lavori iniziarono solamente a partire dal 1912 per il Pozzacchio e dal 1913 per il Coni Zugna e allo scoppio della guerra nel 1914, erano ancora alle fasi iniziali. Per tale motivo il Pozzacchio non aveva le cupole corazzate, mentre forte Coni Zugna non venne mai costruito, come per altro il forte del Pasubio; i lavori in questo settore erano diretti dal capitano Stefan Pilz.

Dopo gli avvenimenti in Bosnia – Erzegovina del 1908, maggior attenzione venne posta nel territorio balcanico, visto che i paesi confinanti, il Montenegro, la Serbia erano ostili. Quindi la Bosnia – Erzegovina rappresentava un punto fondamentale per la difesa dell’Ungheria del sud e della Slovenia. In caso di guerra contro le due nazioni sopraccitate i forti previsti dovevano rappresentare la barriera che impediva all’invasore qualsiasi possibilità, in questo modo Cattaro diveniva un punto di deposito e come zona di partenza per un’offensiva contro il Montenegro da svilupparsi nella zona di Bilek, Trebinje e Gacko[75]

Per realizzare questo piano offensivo era necessario fortificare Sarajevo per renderlo il punto principale di deposito, Kalinovik come punto intermedio verso il Montenegro e si dovevano costruire delle teste di ponte nella Drina. Particolarmente difficile era il problema della fortificazione costiera, sia per gli elevati costi che si aggiravano attorno ai 300 – 305.000.00 corone contro i 160 – 200.000 per tutte le opere terrestri sia per la quantità di truppa da utilizzare per la difesa infine l’ispettore generale del genio scelse come porto militare Spalato[76].

Dopo la crisi balcanica, dove Conrad ebbe degli scontri con il ministro degli esteri Aerenthal, perché secondo gli intendimenti del Capo di Stato Maggiore il 1908 dopo l’annessione all’impero asburgico della Bosnia poteva essere il momento favorevole per agire militarmente contro la Serbia, dal momento che la Russia non si era ancora del tutto ripresa dalla sconfitta subita per mano del Giappone. Con la Russia temporaneamente fuori gioco, l’Austria – Ungheria avrebbe potuto concentrare la propria attenzione a sud, dove le sue forze, interamente mobilitate, avrebbero potuto sopraffare la Serbia, il Montenegro e l’Italia assieme.

Risoltasi la crisi balcanica senza l’utilizzo della forza militare, a seguito di questi avvenimenti ci fu la revisione dei piani bellici austriaci. La sezione operativa del Comando Supremo preparò le nuove versioni dei piani standard B, R, ed I (per i Balcani, la Russia e l’Italia). allo scopo di assicurare all’esercito la massima flessibilità in tutti i possibili teatri bellici, Conrad lo frazionò in tre scaglioni di mobilitazione. L’ordine di battaglia del scaglione A prevedeva l’impiego di nuove (su sedici) corpi d’armata, il I (acquartierato a Cracovia), il II (Vienna), il III (Graz), il V (Bratislava), il VI (Kaschau), il X (Prezmysl), XI (Leopoli), il XII (Sibiu) ed il XIV (Innsbruck), per un totale di ventotto divisioni di fanteria e dieci di cavalleria[77].

Lo scaglione B contava 4 corpi d’armata: il IV (Budapest), il VII (Timisoara), l’VIII (Praga) ed il IX (Litomerie) per un totale di dodici divisioni di fanteria ed una di cavalleria. Infine, la Minimalgruppe Balkan comprendeva i restanti tre corpi, il XIII (Zagabria), il XV (Sarajevo) ed il XVI (Ragusa), per un totale di otto divisioni di fanteria. Secondo quanto fu stabilito da Conrad, lo scaglione A sarebbe stato la principale forza d’urto da contrapporre all’Italia e alla Russia, mentre la Minimalgruppe avrebbe assunto un atteggiamento difensivo in caso di attacco da parte della Serbia e del Montenegro, ritenuto probabile qualora l’Austria si fosse impegnata in una guerra contro l’Italia o la Russia. Lo scaglione B, una sorta di “riserva strategica”, avrebbe rinforzato lo scaglione A in caso di intervento contro l’Italia o la Russia, oppure la Minimalgruppe Balkan contro la Serbia[78].

Il 2 febbraio 1910, il ministro della guerra, dopo essersi accordato con il Capo di Stato Maggiore dell’esercito su un programma minimo per la difesa dello Stato, presentò il progetto all’imperatore. Questo documento poneva l’attenzione sull’importanza della fortificazione permanente che si era potuto notare anche nella guerra russo – giapponese del 1905, dove le opere permanenti avevano giocato un ruolo importante nelle vicende belliche; i punti dove necessitava intervenire erano:

-         il fronte ovest del Tirolo fino alla zona di Riva;

-         il fronte sud del Tirolo fino alla Valsugana dove era previsto uno sbarramento a Grigno e Tenna;

-         al fronte ovest e in Carinzia erano previsti dei completamenti delle opere già costruite;

-         una fortezza a Trieste per la sicurezza del porto e del cantiere navale di Muggia;

-         l’ampliamento del porto militare di Pola;

-         il rafforzamento delle difese di Cattaro tramite le posizioni di Vermac e la fortificazione a Kricosje;

-         in Bosnia – Erzegovina si dovevano rafforzare i fronti d’attacco di Sarajevo, Trebinje e Bilek e modernizzare la piazzaforte di Mostar;

-         terminare i lavori per l’armamento delle opere in Galizia[79].

Il progetto in esame prevedeva sei livelli d’urgenza; i livelli 1º, 3º e 5º in caso di guerra contro l’Italia, il 2º e 4º in caso di guerra nei Balcani e solo l’ultimo livello il 6º nel caso di un conflitto contro la Russia. Il livello 1º riguardava il Tirolo, Trieste e Pola per 33.000.00 per le costruzioni e 38.00.000 per l’armamento, al 2º livello comprendeva Cattaro, Trebinje, Bilek, Sarajevo e Visegrad con 21.100.00 di corone, il 3º riguardava lo sbarramento della val d’Adige con 3.100.00 di corone, il 4º era rivolto a Sarajevo, Mostar e la difesa di alcuni snodi ferroviari con 7.400.00, il 5º gli sbarramenti della Carinzia con 1.700.00 ed infine l’ultimo livello che comprendeva Cracovia, Przemysl con 3.400.000 di corone. In totale la spesa prevista era di 90.000.00 per le opere fortificate e 65 milioni per le artiglierie. Questo nuovo progetto delle fortificazioni, fu approvato dall’imperatore, il quale in attesa di aver delle notizie in merito ad un nuovo punto di sostegno in Dalmazia, poneva il nuovo disegno difensivo come base per l’attività fortificatoria dei successivi dieci anni.

Come abbiamo potuto notare fin d’ora, dopo la fine della crisi balcanica del 1908, Conrad accantonò l’idea di una guerra contro la Serbia e la Russia e focalizzò la sua attenzione verso l’alleata Italia. L’atteggiamento dell’Italia verso l’Impero Asburgico era sempre stato molto strano. Solo per citare un esempio nel maggio del 1907 l’alto comando militare italiano propose la stesura di piani operativi più dettagliati per le operazioni congiunte delle nazioni facenti parti la Triplice Alleanza.

Questa richiesta fu vista con sospetto dallo Stato Maggiore austriaco “Conrad espresse dei seri dubbi circa le reali intenzioni dell’Italia, sostenendo che la proposta italiana non era che un espediente per ottenere informazioni sulle comunicazioni e sui piani austriaci. In ogni caso, il sospetto reciproco portò ad un’intensificazione sia degli armamenti che dell’attività di intelligence lungo la frontiera italo – austriaca; tanto i giornali austriaci che quelli italiani – ma anche la stampa in generale – scrivevano con frequenza circa la possibilità di una guerra fra i due alleati nominali. Al centro della discussione c’erano la situazione dell’esercito, delle fortificazioni e della marina dei due paesi; commentò l’influente “Neie Freie Press” di Vienna: “Entrambe le parti stanno prendendo in seria considerazione l’eventualità della guerra[80].

Le idee offensive di Conrad trovarono un acerrimo nemico nella figura del ministro Aehrenthal. Fin dal 1906, la linea di politica estera adottata dal ministro era stata di distensione verso l’Italia, come per altro era contrario a delle soluzioni offensive verso la Russia e la Serbia; questi furono i punti per i quali più volte si scontrarono il Capo di Stato Maggiore ed il ministro degli esteri, due visioni strategiche nettamente all’opposto.

Così parla Sondhaus dei rapporti molti tesi tra Conrad ed Aehrenthal: “si rilevò infine il motivo della sua rovina, che arrivò non a causa della Serbia o del bilancio, bensì dell’Italia. Dopo essersi soffermato nel 1907 sulla minaccia italiana, nel 1908 – 9 l’attenzione di Conrad valse ai Balcani, per poi ritornare all’Italia nel corso del 1910 con grande disappunto di Aehrenthal. Anche in quell’occasione Conrad era convinto che i suoi sospetti fossero assolutamente fondati.

L’Italia si era opposta all’annessione della Bosnia – Erzegovina e, a partire dal 1909, aveva ingaggiato una competizione navale con l’Austria – Ungheria nell’Adriatico. L’esercito italiano tenne le manovre autunnali del 1909 in Lombardia, dove fu simulato un attacco austriaco proveniente dal Tirolo. Nel mese di novembre il generale Asinai di Bernezzo, comandante italiano di corpo, tenne a Brescia quello che Conrad definì “un discorso irredentista”. 

Il governo italiano condannò il suo operato, ma i gruppi patriottici di tutta la penisola lo appoggiarono con entusiasmo.

Nella tarda primavera del 1910 Conrad condusse un’Esercitazione a cavallo di Stato Maggiore lungo l’Isonzo, simulando “la difesa contro un’offensiva italiana”. In estate ne tenne un’altra nel Tirolo meridionale. Nell’agosto incontrò a Trento Francesco Ferdinando; nel corso di una gita in macchina lungo la frontiera, Conrad illustrò all’arciduca la necessità di rafforzare le fortificazioni lungo il confine alpino con l’Italia. In seguito, dopo che ebbe preso parte alle manovre militari della Svizzera, Conrad rafforzò questo suo convincimento.

Nel mese di giugno condusse un’altra esercitazione a cavallo lungo la frontiera italiana, attraversando stavolta la zona di Malborghetto, Traverso e Klagenfurt[81].

Come si può vedere sia da parte austriaca che italiana si stava approntando tutto il necessario per un eventuale guerra, quindi non si può confermare l’opinione di alcuni studiosi che Conrad era un “guerrafondaio” mentre gli italiani non facevano nulla. I fatti ed i documenti attestano che sia l’Italia sia l’Austria – Ungheria erano pronte all’azione.

Conrad nelle sue valutazioni annuali per il 1909 e 1910 non fu soddisfatto dei finanziamenti stanziati per la difesa. Si lamentò delle inefficienze per quanto riguardò le fortificazioni, il materiale d’artiglieria e l’organizzazione dei reparti. “Conrad lamentò che le difese delle monarchia erano inadeguate in modo critico; deplorò la carenza di uomini, sollecitò la realizzazione di altre fortificazioni in Tirolo e chiese la fornitura di artiglieria pesante per l’abbattimento dei nuovi forti costruiti dagli italiani[82].

Pur con le lamentele di Conrad la situazione non cambiò. Le critiche del Capo di Stato Maggiore erano dovute agli insufficienti finanziamenti che la Monarchia asburgica destinava per il ministero della guerra. Solo per capire meglio la situazione cito un esempio fatto da Rothenberg “Nel 1911, per esempio il bilancio annuo per la difesa della Duplice Monarchia era di 420 milioni di corone, contro i 1.786 milioni della Germania, i 1.650 della Russia e i 528 dell’Italia. Entrambe le metà della monarchia, tuttavia, spendevano ingenti somme, che ammontavano a oltre il 20 per cento del loro bilancio totale, per le ferrovie, anche se, specialmente in Ungheria, dove si cercava di promuovere l’autonomia economica, le nuove linee non sempre si conformavano alle priorità strategiche dello Stato Maggiore[83].

L’arretratezza militare austroungarica era dovuta alle continue lotte fra gli austriaci e gli ungheresi sullo sviluppo dell’esercito comune ed anche per le varie idee che c’erano all’interno del governo, basti pensare ai contrasti già ricordati tra Aehrenthal e Conrad. Negli anni successivi Conrad continuò a lamentarsi dei pochi soldi a disposizione con il governo fino ad arrivare al 1911, anno in cui Conrad venne allontanato dal suo prestigioso incarico.

In quell’anno ci fu un cambio al dicastero della guerra, il generale Schönaich venne sostituito con il Feldmaresciallo von Auffenberg, mentre il generale Conrad continuava a chiedere insistentemente di poter attaccare l’Italia, perché secondo lui quello era il momento propizio per eliminare il problema Italia. Aehrenthal era stato favorevole alla nomina di von Auffenberg a ministro della guerra, perché considerato una personalità debole mentre propose all’erede al trono Francesco Ferdinando di esonerare Conrad dall’incarico di Capo di Stato Maggiore, soluzione che Francesco Ferdinando non accettò.

L’acuirsi dello scontro tra Aehrenthal e Conrad si ebbe nel settembre 1911, quando Conrad venuto a conoscenza dei preparativi italiani per la guerra contro la Turchia presentò la proposta di un attacco preventivo verso l’Italia, che avrebbe avuto successo dato che le truppe italiane erano impegnate in altri compiti. 

Con l’inizio della guerra da parte dell’Italia in Libia, Aehrenthal, oramai disperato di fronte alle continue richieste del Feldmaresciallo, si rivolse all’imperatore per ricordare al Capo di Stato Maggiore che non poteva intromettersi nelle decisioni di politica estera. Conrad non si fermò nemmeno davanti al monito dell’imperatore, così che il 15 novembre “l’imperatore lo convocò e gli disse che “la mia politica è la pace, e tutti vi si devono conformare”. Di lì a due settimane Francesco Giuseppe riconvocò Conrad, informandolo che era stato sollevato dai suoi “attuali compiti”, e gli riaffilò l’incarico di generale ispettore di fanteria. “Le mie ragioni”, dichiarò l’imperatore “le sono note, perciò non serve che ne discutiamo”. L’esercito considerò la rimozione di Conrad un punto di svolta fondamentale, anche se non necessariamente una catastrofe. “Le sue idee”, scrisse un soldato su una rivista militare, “si sono radicate nell’esercito[84].

La rimozione dall’incarico di Conrad, fu come sottolinea Rothenberg “fu il trionfo di Aehrenthal, anche se egli non visse abbastanza a lungo per goderselo: morì infatti poco tempo dopo, il 17 febbraio del 1912[85].

Il successore di Conrad, fu il generale Blasius Schema, così definito da Rothenberg :“Un ufficiale di Stato Maggiore, descritto alquanto ingiustamente da Ritter come uno zero[86]. La situazione dell’esercito austroungarico quando assunse il comando Schema era la seguente: “era in una condizione di debolezza; fra le sue priorità figuravano l’approvazione della legge sull’esercito – troppo a lunga dilazionata, stanziamenti per l’artiglieria campale e da assedio, le fortificazioni in Tirolo, equipaggiamento per le trasmissioni, e per l’aviazione e, infine, finanziamenti sufficienti a garantire, se necessario, una mobilitazione di tre mesi[87].

L’esilio di Conrad non durò molto, il 7 dicembre 1912 venne convocato dall’erede al trono Francesco Ferdinando il quale gli comunicò che poteva riassumere la carica di Capo di Stato Maggiore, inoltre venne sostituito il ministro della guerra Auffenberg con il Feldmaresciallo Alexander Krobatin, amico di Conrad; quindi con questa nuova carica il “partito della guerra” sembrò avere la supremazia[88].

Negli anni immediatamente precedenti lo scoppio del conflitto i maggiori sforzi furono negli altipiani di Folgaria – Lavarone – Vezzena dove vennero realizzati tutte le fortificazioni in programma, mentre rimasero solamente sulla carte lo sbarramento di Grigno in Valsugana, le opere alla rada di Trieste non vennero mai costruite anche per le proteste dell’erede al trono Francesco Ferdinando che le riteneva inutili e costose. Le opere di Cattaro e Pola rimasero incompiute visto che nel 1914 i lavori erano ancora in corso, così come le opere in Bosnia. I forti in Galizia, oramai antiquati rispetto alle moderne artiglierie non subirono nessun intervento per il loro riammodernamento. Facendo un bilancio delle spese effettuate per il rafforzamento dei confini con opere fortificate basti pensare che nel periodo fra il 1868 – 1912 in totale si spesero solo 178.000.000 di corone. La spesa annuale del ministero della guerra ammontava a 367.400.00 di corone di questa cifra solamente 3.900.000 erano per le fortificazioni. In fin dei conti una cifra irrisoria rispetto al bilancio del dicastero della guerra[89].       

Conrad sosteneva che i forti del Tirolo occidentale, per cui non si era prevista la costruzione, sarebbero stati molto importanti in caso di neutralità della Svizzera e per questo, dovevano essere modernizzati. Nel nuovo piano strategico, il centro di comando venne inoltre spostato da Trento sugli altipiani: quindi il fronte sud-est doveva attraverso costruzioni in vicinanza della frontiera assicurare uno spazio di manovra per il gruppo d’armate del Tirolo e appoggiare uno sfondamento verso Venezia.

Attraverso questa previsione offensiva, il Capo di Stato Maggiore, voleva far capire al Parlamento che solamente con il possesso delle alture strategicamente più rilevanti si poteva difendere il confine dagli Italiani e, con l’ausilio di batterie dislocate nelle vicinanze delle opere fortificate si potevano distruggere i forti italiani, primo ostacolo per l’attacco verso il Veneto.

Per la buona riuscita del piano operativo Conrad, sosteneva che dovevano essere costruite opere fortificate lungo l’Isonzo, ma a causa di problemi finanziari dell’impero non vennero mai realizzate e sostituite da opere campali da costruirsi solo in caso di mobilitazione. 

Un pericolo per l’Austria poteva derivare dalla flotta italiana, che annientata quella avversaria, era libera di entrare nel golfo di Trieste. Per evitare ciò il Capo di Stato Maggiore, propose lo sbarramento del Golfo lungo la linea Grado – Salvare con opere costiere e con forti negli intervalli completati da sbarramenti di mine[90].

Come già detto queste opere, assieme ad una costruzione analoga sulle alture di Trieste e Nobresina, con batterie annesse nella penisola di Muggia, rimasero sulla carta. Sempre per quanto riguardava la difesa costiera data la mancanza di adeguati mezzi finanziari, i progetti di sostituire il porto militare di Pola con Sebenico, idea appoggiata dal Capo di Stato Maggiore della marina, oppure Spalato (sostenuta invece da Conrad e da Leithner), si cercò di migliorare il più possibile Pola, completando il fronte a mare con artiglieria a lunga gittata, in installazioni protette, mentre, per il fronte a terra poco venne fatto, anche perché esso era in posizione geografica sfavorevole e per le opere antiquate che lo costituivano totalmente insufficienti per la difesa del porto di Pola. Il secondo porto militare, Cattaro era anche esso deficiente, perché composto da opere antiquate che furono appoggiate da nuove batterie.   

Allo scoppio della guerra con l’Italia solo 1/3 dei forti proposti fu realizzato. Il motivo dell’incompiutezza del sistema difensivo progettato da Conrad era dovuto all’opposizione non solo dei militari, ma anche del ministro degli esteri Aehrenthal, che secondo il Capo di Stato Maggiore “in ogni preparativo di guerra rivolto contro l’Italia vedeva un intralcio alla sua politica[91], ma anche dal principe ereditario Francesco Ferdinando. Dopo una visita fatta assieme a Conrad, il principe cambiò idea, tanto da diventare uno dei suoi più ferventi fautori. Le decisioni prese da varie Commissioni fortificatorie, non soddisfarono mai in pieno le richieste, ma risultarono di compromesso ed incomplete. Per l’insieme di questi fattori, allo scoppio del conflitto nella zona tra la Valsugana e il Garda, al massimo un terzo delle opere richieste dal Capo di Stato Maggiore furono costruite, quelle di Folgaria e Lavarone. Rimasero sulla carta quelle del Pasubio, dello Zugna e della cintura tra Ala e il Garda, le opere di Grigno[92].

Per tale motivo secondo Conrad, per l’offensiva del 1916, vennero così  a mancare degli appoggi per la manovra alla sinistra (Valsugana) ed alla destra (Vallarsa), mentre negli altipiani di Folgaria e Lavarone l’azione ebbe successo grazie all’appoggio delle opere corazzate. Conrad così tratta nelle sue memorie: “La mancanza delle opere sui fianchi di Vallarsa fu la causa del rallentamento che ostacolò l’intera impresa! Così le trascuratezze del tempo di pace si scontrarono sul teatro di guerra”[93].   

Allo scoppio del conflitto, la maggior parte delle opere costruite al confine con l’Italia, all’infuori della cintura degli altipiani trentini di Folgaria – Lavarone – Vezzena, vennero disarmate perché oramai antiquate come ad esempio quelle del fronte dolomitico oppure quelle della cintura di Trento. Tali fortificazioni costruite seguendo i dettami dello stile Vogl non potevano resistere ai bombardamenti italiani degli obici da 280 mm, cosa che effettivamente si potè riscontrare negli effetti che i proiettili ebbero sui forti Haideck, Prato Piazza, Tresassi e La Corte che subirono grossi danni. La zona dolomitica, pur essendo considerata dal generale Conrad come secondaria, data la topografia che consentiva nella zona circostante Cortina soluzioni di enormi dimensioni e molto costose. “I cannoni, una volta smontati, costituirono la spina dorsale dell’artiglieria senza dubbio scarna, dato il potenziamento della difesa regionale del Tirolo, e le attrezzature di quelle fortificazioni – mitragliatrici, proiettori, gruppi elettrici, cisterne etc- ebbero un’immensa importanza nei giorni di maggio 1915 per la difesa del fronte alpino, debole sia dal punto di vista del personale che dal punto di vista dei materiali. Le loro guarnigioni rappresentarono una sorta di nucleo della difesa nelle prime settimane che seguirono alla dichiarazione di guerra dell’Italia: fornirono le istruzioni d’uso per l’artiglieria e le mitragliatrici, i contingenti dei Landeschützen delle guarnigioni di fanteria in molti casi era l’unica truppa regolare a piedi al fronte e di distaccamenti posti a presidio delle opere offrivano specialisti tecnici di ogni tipo. Vista così, le pur obsolete opere del fronte dolomitico – anche se non secondo la loro originaria destinazione! – hanno comunque assolto al loro compito[94].  

 

4. Conclusioni

A partire dal 1800, la regione trentina divenne una zona molta importante per la difesa dello Stato asburgico. Con la nomina del generale Conrad a Capo di Stato Maggiore, che già in precedenza facendo degli studi sulla guerra in montagna e sulla zona di confine tra l’Italia e l’Austria – Ungheria, si capì l’importanza fondamentale del saliente trentino quale base di lancio per un attacco da parte dell’Austria verso l’alleata Italia che aveva già iniziato a fortificarsi.

I problemi che il Feldmaresciallo dovette affrontare furono molti. I più importanti: le scarse risorse finanziarie destinate al Ministero della guerra e l’opposizione ai suoi progetti sia dell’imperatore Francesco Giuseppe ma soprattutto del ministro degli Esteri Aehrenthal, contrario ad un attacco preventivo verso l’Italia ed anche i problemi di politica interna nei rapporti con gli ungheresi.

Allo scoppio della guerra nel 1914, il sistema difensivo su cui Conrad aveva molto combattuto per la sua realizzazione era incompleto. Mancavano le fortificazioni in Vallarsa, in Val Lagarina ed in Valsugana che rimasero dei rimpianti per Conrad.  

L’autore per l’aiuto fornitogli per la stesura del saggio ringrazia l’Archivio di Stato di Trento, l’Archivio Provinciale di Bolzano, il Centro di Documentazione di Luserna, Il Servizio Beni Culturali della Provincia di Trento, in particolar modo l’arch. Cunaccia  e l’arch. Gerosa, il prof. Maino per le traduzioni dal tedesco. Infine un ringraziamento per la revisione e l’accurata correzione del testo all’amico dott. Pier Paolo Cervone.


 

[1] MAURIZIO RUFFO, Franzensfeste – La fortezza di Francesco I. Storia di una fortezza, in Studi Storico – Militari 1997, (2000),  pp. 221 – 270.

[2] JOHANN RAINER, Gli sbarramenti austriaci in Tirolo, in Studi Trentini di Scienze Storiche, sez. 2°,  a. LXX  (1991), p. 72. 

[3] MAURIZIO RUFFO, Franzensfeste, cit., p. 226.

[4] Huyn Johann Karl Reichsgraft, nato a Vienna il 10 febbraio 1812 e morto a Gmunden il 1 settembre 1889.  Nominato sottotenente nel 1831 e tenente nel 1835,  nel 1840 capitano, nel 1848 maggiore, tenente colonnello nel 1850, colonnello nel 1857 ed infine nel 1865 feldmaresciallo. Nel 1848 partecipò alla campagna di Ungheria, nel 1849 in Italia. Nel 1860 direttore dell’ufficio scientifico al Quartier Generale Militare.  Dal 1866 al 1870 comandante di Divisione di vari corpi. Il 30 aprile 1870 è comandante a Praga. Nel 1874 presidente del Senato della giustizia militare. In pensione nel 1876 riceverà ancora innumerevoli onoreficienze per la sua cinquantennale attività, nominato soprintendente a vita alla Camera dei Reichsrat (LUCIANO BARDELLI, La catalogazione, cit, p. 100) . 

[5] ARCHIVIO PROVINCIALE DI BOLZANO (d’ora in avanti APB), raccolta Luciano Bardelli, b. 4, Denkschrif generale Huyn, Bolzano, 31 luglio 1859.

[6] LUCIANO BARDELLI, La catalogazione delle fortificazioni trentine, in Comune di Riva del Garda, Comune di Torbole, I forti austroungarici nell’alto Garda: che farne? a cura di DONATO RICCADONNA, Musei Civici Riva del Garda, Riva del Garda, Quaderno di Storia n. 1, 2003, pp. 101 - 102. 

[7]WILLABALD ROSNER, La difesa del confine orientale del Sudtirolo mediante fortificazioni, in Una trincea chiamata Dolomiti, a cura di EMILIO FRANZINA, Udine,Gaspari, 2003, p. 20.

[8] LUCIANO BARDELLI, Catalogazione, cit., pp. 102 – 103.

[9] Ivi, pp. 103 – 104.

[10] Ibidem.

[11] WALTHER WAGNER, Die  K.u. K. – Gliederung und Aufgabenstellung, in AA.VV., Die Habsburgermonarchie 1848 –1918, Vienna, Verlag, band V°, Die Bewaffnete Macht, 1987, p. 409.

[12] GIANNI  PIEROPAN, 1915, Obiettivo Trento, Milano, Mursia, 1982,  p. 34.

[13] LAWRANCE SONDHAUS, Franz Conrad l’anti Cadorna,  Gorizia, Goriziana, 2003, cit., p. 101.

[14] GUNTHER E. ROTHENBERG, L’esercito di Francesco Giuseppe, Gorizia, Goriziana, 2004, p. 272.

[15] Ivi, p. 273.

[16] Ivi, p. 275.

[17] Ivi, p. 285.

[18] Ivi, p. 286.

[19] Ibidem.

[20] Ivi, p. 287.

[21] PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, I forti austriaci in Trentino IV a, I forti corazzati, a cura di LUCIANO BARDELLI, Trento, 1996-1997, p. 7.

[22] APB, raccolta Luciano Bardelli, b. 62, articoli e studi sulla fortificazione in generale e particolare, Studie üeber  Sudtirol.

[23] Ivi, p. 8.

[24] Ivi, p. 9.

[25] Ibidem.

[26] Ibidem.

[27] Ivi, p. 10.

[28] APB, raccolta Luciano Bardelli, b. 7, fortificazione in Trentino, 1907 – 1910, relazione della commissione di difesa, Trento, 1907.

[29] Ivi, p. 11.

[30] Ibidem.

[31] APB, raccolta Luciano Bardelli, b. 7, fortificazione in Trentino, 1907 – 1910, relazione sullo stato delle difese, s.l., 16 ottobre 1907.

[32] Ibidem.

[33] PROVINCIA AUTONOMA DI  TRENTO I forti, cit., p. 12.

[34] APB, raccolta Luciano Bardelli, b. 7, fortificazione in Trentino, 1907 – 1910, relazione sullo stato delle difese.

[35] Ivi, p. 14.

[36] Ivi, p. 15.

[37] Ivi, p. 17.

[38] Ivi, p. 18.

[39] Ivi, p. 19.

[40] APB, raccolta Luciano Bardelli, b. 62, articoli e studi sulla fortificazione in generale e particolare, Studie üeber Sudtirol.

[41] GUNTHER E. ROTHENBERG, L’esercito, ci., p. 288.

[42] APB, raccolta Luciano Bardelli, b. 7, fortificazione in Trentino, 1907 – 1910.

[43] WILLIBALD ROSNER, Le fortificazioni, cit., p. 81.

[44] Ivi, p. 82.

[45] Ibidem.

[46] WILLBALD ROSNER, Le fortificazioni, cit., p. 84.

[47] A.PB, raccolta Luciano Bardelli, b. 62, articoli e studi sulla fortificazione in generale e particolare, relazione sulla commissione di difesa del 1913 in Valsugana e Vallarsa, s.l, 1913.

[48] PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, I forti austriaci in Trentino IV B,  I forti corazzati 1907-1915, a cura di LUCIANO BARDELLI, Trento, 1996-1997, p. 11.

[49] GUNTHER E. ROTHENBERG L’esercito, cit., p. 288.

[50]  Ibidem.

[51] LAWRENCE SONDHAUS, Franz Conrad von Hötzendorf, l’anti Cadorna, Goriziana, Gorizia, 2003, pp. 126 – 127.

[52] Ivi, p. 1.

[53] APB, raccolta Luciano Bardelli, b. 7, fortificazione in Trentino, 1907 – 1910, relazione del generale Leithner del 1909, s.l, 1909.

[54] Ibidem.

[55] WALTHER WAGNER, Die, cit. , p. 411.

[56] Ibidem.

[57] Ibidem.

[58] WALTHER WAGNER,  Die, cit., p. 412.

[59] PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, I forti austriaci in Trentino IV A, cit., p. 14.

[60] Ibidem.

[61] Ibidem.

[62] Ivi, p. 15.

[63] ARCHIVIO DEL CENTRO DI DOCUMENTZIONE DI LUSERNA ( d’ora in avanti ACDL)., diario del forte Luserna, allegato.

[64] PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, I forti austriaci in Trentino IV A, cit., p. 15.

[65] Ibidem.

[66] Ivi, p. 16.

[67] Ibidem.

[68] Ivi, p. 17.

[69] ARCHIVIO DI STATO DI TRENTO (ASTN), fondo “Genio militare austriaco”, b. 56, f. 1.

[70] PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, I forti austriaci in Trentino IV A, cit., p. 10.

[71] Ibidem.

[72] Ibidem.

[73] Ibidem.

[74] Ivi, p. 12.

[75] WALTHER WAGNER, Die, cit., p. 408.

[76] Ibidem.

[77] Ivi, p. 137.

[78] Ivi, p. 137.

[79] Ivi, p. 413.

[80] GUNTHER E. ROTHENBERG L’esercito, cit., pp. 291 – 292.

[81] LAWRENCE SONDHAUS, Franz Conrad, cit., p. 143.

[82] GUNTHER E., ROTHENBERG, L’esercito, cit., p. 309.

[83] Ivi, p. 310.

[84] Ivi, p. 316.

[85] Ibidem.

[86] Ibidem.

[87] Ibidem.

[88] Ivi, p. 322.

[89] WALTHER WAGNER Die, cit.,  p. 415.

[90] Ivi, p. 249.

[91] FRANZ CONRAD VON HÖTZENDORF, Aus meiner dienstzeit 1906-1915, Vienna,  Rikola, 1921, vol. 1, cit, p. 431.

[92] Ibidem.

[93] Ivi, p. 432.

[94] WILLIBALD ROSNER, La difesa, cit., p. 28.